10 Lettere 271 – 300

271.

13 giugno 1932

Carissimo Carlo,

ho ricevuto la tua raccomandata del 3, col vaglia di 100 lire. Ti ringrazio di cuore. Se ora sei meno oberato di lavoro e ne hai la voglia (e nell’ipotesi che non abbia già provveduto diversamente) ti prego di inviare a Tatiana questi libri che erano nel pacco che hai preso con te: 1) André Maurois, La vie de Disraeli; 2) Ferdinando Martini, Confessioni e ricordi; 3) Thornton Wilder, Il ponte di San Louis Rey; 4) Giuseppe Prezzolini, Codice della vita italiana.

Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


272.

19 giugno 1932

Carissima mamma,

ho ricevuto le due lettere di Grazietta e di Mea del 15 e faccio tanti complimenti a Franco e Mea per l’esito brillante dei loro esami. Attendo la lettera di Franco con molta ansia; spero che mi voglia spiegare come gli piaccia studiare dopo il primo anno di scuola ora compiuto. Il primo esame è una cosa molto importante nella vita; ora si può dire che Franco è entrato nella società degli uomini, è diventato un cittadino, perché ha cercato di far vedere ciò che vale per la sua età ad altri uomini e questi lo hanno giudicato ed hanno affermato che va bene. È una cosa molto piú importante della prima comunione, mi pare. Cosí spero che anche Mea mi darà altre spiegazioni. Non so se Carlo le ha già inviato i pastelli; in ogni modo lo solleciti e li faccia spedire subito. – Ringrazio Grazietta delle notizie che mi ha mandato; mi aveva già scritto della morte di Emilio e Patrizio Carta, non però di Angelico. Me ne dispiace, specialmente per la loro madre che ricordo molto bene come una bravissima donna. Ricordo molto bene anche le Spada, «Conca e fresa», sebbene non ne sapessi piú nulla da chissà quanti anni. Per me le cose vanno sempre allo stesso modo.

Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


273.

19 giugno 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua cartolina del 13 e la lettera del 15. L’abbonamento al «Corriere» non l’ho sospeso di mia iniziativa: è stata sospesa la concessione di leggere i giornali quotidiani, ecco tutto. Avrei potuto scrivere all’amministrazione del giornale e fare mutare l’indirizzo, al tuo nome. Ma siccome occorreva mandare un vaglia da una lira e perciò sarebbe occorso fare delle pratiche di almeno 10 giorni, avresti ricevuto 7 o 8 numeri; non valeva la pena. Ho ricevuto il pacchetto dei medicinali; l’estratto Bovis si è versato per metà, perché si era rotto il recipiente. Se è vero che le vitamine sono necessarie all’organismo e che alcuni malesseri sono dovuti all’assenza di vitamine nel consueto nutrimento (e certamente è vero) credo che questo estratto possa giovarmi. Del resto da qualche giorno sto meglio, perché posso dormire qualche ora in piú del solito.

È possibile che il numero della «Riforma Sociale» sia stato rispedito; io però non l’ho ricevuto. Mi pare che anche qualche altra rivista non sia giunta. Controllerò coi prossimi numeri, quando potrò vedere se qualcosa manca e non si tratta solo di ritardi. Per ciò che riguarda la Corrispondenza Marx-Engels ti avevo già scritto da un pezzo di non fare spedire questo genere di letteratura. Come ti avevo scritto, alla istanza fatta al Capo del Governo nel novembre dell’anno scorso in proposito, non è stata data risposta ancora e credo che, in ogni caso, occorra rifarla. Ma non ne ho voglia. Occorrerà fare istanze per poter leggere libri molto piú ortodossi e conformisti che quelli di quel tipo. Credo che siano finite le buste, se non la carta da lettere. Ti sarei grato se mi porterai una borsa di gomma per tenere il tabacco riparato dagli effetti dello scirocco e dell’aridità: la borsa che mi hai mandato nel 1928 è andata già in pezzi. Cosí mi potrai portare un po’ di «Sirolina Roche» contro le malattie dei bronchi: ho l’impressione, da quando è incominciato il caldo, che mi ritorni il catarro e qualche dolore alle vie respiratorie. La Sirolina mi aveva fatto bene l’anno scorso. Credo di non aver bisogno particolare di biancheria, eccetto che di calze. Veramente non so nemmeno io quello che ho disponibile. Un giorno dovrò fare un inventario dei capi in buone condizioni. Carissima, ti abbraccio teneramente

Antonio


274.

27 giugno 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua cartolina del 20 e la raccomandata con le lettere di Giulia e di Delio. Però non so cosa scrivertene. Le mie riflessioni sono anodine e poi la persuasione dell’impossibilità di intervenire attivamente nel processo psichico della malattia di Giulia mi toglie ogni volontà e iniziativa. Ho l’impressione che Giulia non voglia dire (o non possa dire, appunto a causa del suo male) qualcosa, che ci sia in lei un certo ordine di giudizi e di sentimenti che si sente raffrenata dall’analizzare e dal comunicare, ma che appunto solo la conoscenza di essi potrebbe aiutare a comprendere il suo stato e a intervenire per superarlo. Pare che Giulia si senta in colpa, per aver pensato in un certo modo nel passato, e che questo sia ora una sorgente di rimorsi che la tiene abbattuta e prostrata. Scrive in modo allusivo, ma genericamente. Né credo che sia utile cercare di interpretare, in questo ordine di sentimenti; un errore grossolano (e niente è piú facile che errare) potrebbe farle credere che l’«interpretazione» delle sue allusioni sia a sua volta un rimprovero per colpe che le si sono attribuite, e destare quindi nuovi rimorsi e nuovi raffrenamenti: aggravare il male e non aiutare a superarlo. Del resto io sono ancora persuaso che nel male di Giulia entri come causa, diventata cronica, la poca preoccupazione della vita fisica; alimentazione non adeguata, riposo male organizzato, sforzi di lavoro eccessivi per l’energia di cui si dispone, e tutto ciò inutilmente, non per necessità, per forza maggiore, ma per mancanza di metodo e per uno spirito di sacrifizio inteso irrazionalmente e puerilmente. Ora, cosa si può fare, come si può intervenire? Io non lo vedo, non riesco a vederlo. Se tu potrai aiutarmi, te ne sarò molto riconoscente. – Le lettere di Delio sono interessanti, è vero? Ma che significato hanno i versi sull’acqua primaverile coi quali chiude la lettera a me? (cioè: a che fine li ha trascritti, perché voleva che io li conoscessi?) – Ti pare che sia da spedirgli l’edizione illustrata italiana del Pinocchio? Una edizione illustrata dal pittore Attilio Musini esiste (edita dal Bemporad di Firenze), ma, se ben ricordo, le illustrazioni non sono ben riuscite, o almeno a me piacevano poco. Mi ero formato, da ragazzo, una mia immagine di Pinocchio, e vederne poi una materializzazione che era diversa da quella della mia fantasia, mi indisponeva e mi rivoltava. Perciò mi pare che sia stato bene che a Firenze non abbiano lasciato fare il monumento a Pinocchio; per i ragazzi fiorentini avrebbe significato l’imposizione, dall’esterno, di un’immagine standard, che avrebbe impedito ogni fantasticheria arbitraria. Ma non è in questo arbitrio della fantasia il maggior piacere dei bambini nel leggere i libri come Pinocchio? – Ho ricevuto il fascicolo arretrato della «Riforma Sociale» e quello dei «Problemi del Lavoro». Cosí ho ricevuto il fascicolo secondo (aprile-giugno) della «Cultura», ma non avevo ricevuto il fascicolo primo (gennaio-marzo): ti prego perciò di richiederlo, ringraziando per gli altri due.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio


275.

27 giugno 1932

Carissima Iulca,

ho ricevuto i tuoi foglietti, datati da mesi e giorni diversi. Le tue lettere mi hanno fatto ricordare una novellina di uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean, credo, che era un piccolo impiegato in una amministrazione municipale di Parigi. La novella si intitolava Un uomo in un fosso. Cerco di ricordarmela. – Un uomo aveva fortemente vissuto, una sera: forse aveva bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’ allucinato. Uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig-zag per la strada, cadde in un fosso. Era molto buio, il corpo gli si incastrò tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse, per timore di precipitare ancora piú in fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà perché lo considerava ancor vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e i primi bagliori dell’alba, incominciò a passar gente. L’uomo si mise a gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto; era uno scienziato che ritornava a casa, dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale. Che c’è? domandò. – Vorrei uscire dal fosso, rispose l’uomo. – Ah, ah! vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu della volontà, del libero arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti, vorresti! Sempre cosí l’ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della statica, e sei caduto per le leggi della cinematica. Che ignoranza, che ignoranza! – E si allontanò scrollando la testa tutto sdegnato. – Si sentí altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere, e fumava la pipa: Ah! ah! sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubbriacato, ti sei divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire, come ho fatto io? – E si allontanò, col passo ritmato dal grugnito del maiale. – E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva uscire dal fosso: era cosí bello, tutto argentato dai lumaconi, con un nimbo di erbe e fiori selvatici sotto il capo, era cosí patetico! – E passò un ministro di dio, che si mise a imprecare contro la depravazione della città che si divertiva o dormiva mentre un fratello era caduto nel fosso, si esaltò e corse via per fare una terribile predica alla prossima messa. – Cosí l’uomo rimaneva nel fosso, finché non si guardò intorno, vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò, fece leva con le braccia e le gambe, si rizzò in piedi, e uscí dal fosso con le sole sue forze. – Non so se ti ho dato il gusto della novella, e se essa sia molto appropriata. Ma almeno in parte credo di sí: tu stessa mi scrivi che non dai ragione a nessuno dei due medici che hai consultato recentemente, e che se finora lasciavi decidere agli altri ora vuoi essere piú forte. Non credo che ci sia neanche un po’ di disperazione in questi sentimenti: credo che siano molto assennati. Occorre bruciare tutto il passato, e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarci schiacciare dalla vita vissuta finora, o almeno bisogna conservarne solo ciò che fu costruttivo e anche bello. Bisogna uscire dal fosso e buttar via il rospo dal cuore. Cara Iulca, ti abbraccio teneramente.

Antonio


276.

4 luglio 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera con la recente lettera di Giulia. Oggi non ho voglia di scrivere a lungo. Tuttavia ti voglio dire che questa lettera di Giulia mi ha fatto una impressione molto buona e che mi pare che ella si trovi in condizioni psichiche molto migliori di quanto poteva apparire dagli scritti precedenti. Non so se tale sia stata anche la tua impressione. Voglio risponderle con molta ponderazione. Speriamo che finalmente sia giunta a una svolta della sua malattia e che rapidamente si metta in grado di riprendersi.

Ti abbraccio teneramente

Antonio


277.

12 luglio 1932

Carissima Tania,

questa settimana non ho potuto leggere nessun tuo scritto. Una tua lettera raccomandata è certamente giunta, perché è stata aperta in mia presenza per vedere se vi fossero contenuti dei valori, ma non mi è stata ancora consegnata. Carissima, parecchie volte ti ho scritto che spesso tu non ti rendi conto perfettamente di quali siano le mie condizioni di esistenza e che dimentichi che cosa è un carcerato. Cosí altre volte ti ho scritto che il troppo zelo è nocivo invece di essere giovevole. Forse avrei dovuto insistere un po’ di piú, ma talvolta mi faceva cader le braccia il vedere come tu non riuscissi a comprendere le mie insistenze. Credo utile perciò di insistere ancora una volta, avvertendoti: 1° Che nelle tue lettere è bene che tu non mi parli di altro che delle cose famigliari, nella forma piú chiara e perspicua che è possibile. Naturalmente devi pensare che chiarezza deve essere intesa non solo per te, ma per chiunque altro può leggere la lettera, senza conoscere i fatti a cui ti riferisci; chiaro significa appunto che non presenti niente che possa apparire non tale. 2° Che non puoi spedirmi niente, altro che oggetti di biancheria. Non che io desideri avere degli oggetti di biancheria. È un avvertimento generale: non posso ricevere da fuori nulla, né generi alimentari, né tabacco o cartine, né medicinali o qualsiasi altro oggetto. – Carissima, ho un fortissimo mal di testa e provo una certa difficoltà a scrivere. La settimana ventura, quando avrò letto la tua lettera e la lettera di Giulia, ti scriverò piú a lungo e scriverò a Giulia. Ti prego, appena avrai ricevuto questa lettera, di mandarmi una cartolina illustrata, coi semplici saluti. Tieni conto dei suaccennati avvertimenti e nello scrivermi esagera magari nel senso della semplicità e della scarsezza delle notizie piuttosto che nel senso contrario per evitare ogni forma di contrattempo e di ritardo. Ti abbraccio teneramente.

Antonio


278.

18 luglio 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la lettera raccomandata del 3 luglio e la cartolina del 15. Sí, realmente, da circa un mese non sto molto bene. Verso la metà di giugno ho avuto qualche giorno di febbre abbastanza alta (sono giunto a 38.7) che ha continuato per qualche tempo, sebbene a un grado inferiore (37.7 e poi 37.3 per qualche giorno). L’unico rimedio per far cessare la febbre è la dieta rigorosa, ma il mangiar poco indebolisce i nervi e sopravviene una depressione generale che schiaccia ogni volontà e iniziativa. Sono stato per molti giorni al regime di solo latte, ma ogni forma di cibo mi è diventata repellente e risento i conati di vomito come qualche anno fa. In ogni modo sono diventato incapace di qualsiasi forma di concentrazione intellettuale, anche di quella minima necessaria per scrivere una lettera. Vorrei scrivere a lungo a Giulia, ma non riesco a seguire un ragionamento connesso e coerente. Carissima, ti abbraccio

Antonio


279.

18 luglio 1932

Carissima Iulca,

ho avuto due tue lettere, del 24 giugno e del 3 luglio. Sono stato un po’ male in questi ultimi tempi (da un anno a questa parte ciò mi capita un po’ piú spesso di prima) e non ho la disposizione per scriverti un po’ a lungo. Però voglio dirti che le tue ultime lettere mi hanno dato un po’ di felicità: mi pare proprio che tu sia diventata definitivamente piú forte e piú sicura di te stessa. Sono anche contento che non abbia piú la fissazione della cura psicanalitica, che, per quel poco che posso giudicare allo stato delle mie conoscenze, mi pare troppo imbevuta di ciarlataneria e tale, se il medico curante non riesce in poco tempo a vincere la resistenza del soggetto e a strapparlo con la sua autorità alla depressione, – da aggravare le malattie nervose invece di guarirle, suggerendo all’ammalato motivi di nuove inquietudini e di raddoppiato marasma psichico. Cara, penso che la mamma, con la sua espressione di farti diventare un «elefante», si sia dimostrata il medico piú sicuro e piú affidante. Sono felice di ciò che mi scrivi di Giuliano e delle sue domande sul conto mio, ma questo mi fa ripensare a ciò che altra volta ti ho scritto, che per i bambini io devo essere uno strano papà che se ne sta sempre lontano e non si occupa mai di loro, a differenza di ciò che fanno gli altri. Penso che nonostante tutto, ciò deve gettare un certo velo di ombra nel loro animo, specialmente di Giuliano, se egli è un po’ timido e rinchiuso come tu lo descrivi. Ti abbraccio teneramente.

Antonio


280.

25 luglio 1932

Carissima mamma,

ho ricevuto la lettera di Grazietta del 15 luglio. Carlo non scrive piú neanche a me, nonostante le molte promesse fatte durante l’ultima sua visita. In queste ultime settimane sono stato un po’ indisposto, ma spero di rimettermi tra breve.

Attendo ancora la lettera di Franco e di Teresina. Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


281.

25 luglio 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua cartolina postale del 19 e l’illustrata del 22. Sono stato ancora male, coi soliti disturbi. Il sanitario mi ha consigliato di fare qualche giorno di dieta assoluta, bevendo solo delle limonate. Mi ha giovato. Del resto non potevo piú mangiar nulla; anche il semplice latte negli ultimi giorni mi dava dei conati di vomito. Queste diete mi hanno indebolito meno di quanto si poteva pensare; in ogni caso non ho piú le forti emicranie, ma solo il vuoto e un certo sbalordimento. È una vera fortuna che non si siano avuti qui ancora dei calori intollerabili come quelli degli anni scorsi. Ti auguro che anche il tuo malessere sia di poco conto. Ti abbraccio teneramente

Antonio


282.

1° agosto 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto le tue lettere del 26 e 28 luglio con la lettera di Giulia e le fotografie. Le fotografie, nonostante le deficienze che tu hai notato, mi sono piaciute lo stesso. Mi pare che Giulia, se si vede che ha sofferto molto, tuttavia non sia in condizioni fisiche tali da non potersi rimettere abbastanza rapidamente, purché abbia cura di se stessa. Ho letto con grande interesse la lettera della mamma e mi pare che confermi il giudizio comune che le nonne sanno scrivere sui bambini meglio delle loro mamme.

In questi ultimi giorni mi sono un po’ rimesso. Per lo meno ho cambiato di malessere e mi sento piú leggero. Non in questo momento che scrivo, però. È incominciato anche qui un gran caldo: ogni piccolo sforzo che faccio, mi inonda di un bagno di sudore spiacevole e debilitante. La dieta che ho dovuto fare non era «liquida» come hai capito, ma «idrica», cioè non ho mangiato proprio nulla, ma solo bevuto qualche limonata per circa tre giorni, in due riprese. Posso invece bere pochissimo latte; altro che tre litri! Se bevo, nella giornata, piú di un litro di latte, mi sento molto male e non riesco a digerire. Tuttavia, nel complesso, ho migliorato la funzione digestiva. Devo però mangiare poco, se non voglio che immediatamente sopravvengano dei dolori viscerali, e ciò mi lascia debole, specialmente con il caldo e la mancanza di riposo per la difficoltà del dormire. È un complesso abbominevole e si vede che la mia provvista di pazienza e di resistenza era molto grande se mi ha permesso di cavarmela finora. Purché duri ancora per un pezzo. Ma in qualche modo me la caverò e non voglio rattristarti oltre misura. Ti abbraccio teneramente.

Antonio


283.

1° agosto 1932

Carissima Iulca,

ho ricevuto la tua lettera del 15 luglio. Ti ringrazio per il tuo scrivere frequente. Ho ricevuto le fotografie dei bambini e tua ed esse mi aiutano ad immaginare un po’ piú concretamente la vostra vita e a fantasticare meno. La tua ultima lettera mi ha dato anche una prova che le tue condizioni di salute sono migliorate; ho voluto rileggerla proprio come «referto»… medico e ho constatato che non c’è neanche un errore di ortografia e di lingua in generale. Ciò vuol dire che il tuo italiano è ancora solido e che il tuo processo di ideazione è ridiventato limpido e chiaro, senza dubbi, pentimenti, irrisolutezze, come non appariva essere precedentemente, almeno qualche volta. – Ricordi ancora quando ti ho raccontato la storiella dei rospi che si posano sul cuore degli addormentati in campagna? Sono appunto circa 10 anni: quante fanfaluche ti ho raccontato in quel mese trascorso al sanatorio! Nello scrivere la novellina dell’uomo nel fosso mi è ritornato alla memoria improvvisamente, e mi sono ricordato che allora ti era rimasto impresso con un accompagnamento di sensazioni comiche. – Anche ciò che scrivi di Delio e Giuliano e delle loro inclinazioni, mi ha fatto ricordare che qualche anno fa credevi che Delio avesse molta inclinazione per l’ingegneria costruttiva mentre pare che oggi questa sia l’inclinazione di Giuliano e Delio invece sia piuttosto portato alla letteratura e alla costruzione… poetica. Ti dico, in verità, che non credo a queste inclinazioni generiche cosí precoci e che ho poca fiducia nella tua capacità di osservare le loro tendenze verso un orientamento professionale. Credo che in ognuno di essi sussistano tutte le tendenze, come in tutti i bambini, sia verso la pratica che verso la teoria o la fantasia e che anzi sarebbe giusto guidarli in questo senso, ad un contemperamento armonioso di tutte le facoltà intellettuali e pratiche, che avranno modo di specializzarsi a suo tempo, sulla base di una personalità vigorosamente formata in senso totalitario e integrale. L’uomo moderno dovrebbe essere una sintesi di quelli che vengono… ipostatizzati come caratteri nazionali: l’ingegnere americano, il filosofo tedesco, il politico francese, ricreando, per dir cosí, l’uomo italiano del Rinascimento, il tipo moderno di Leonardo da Vinci divenuto uomo-massa o uomo collettivo pur mantenendo la sua forte personalità e originalità individuale. Una cosa da nulla, come vedi. Tu volevi chiamare Leo Delio; come mai non abbiamo pensato a chiamarlo Leonardo? Pensi che il sistema educativo Dalton possa produrre dei Leonardi, sia pure come sintesi collettiva? Ti abbraccio.

Antonio


284.

9 agosto 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua del 4 agosto con le lettere di Giulia. Adesso mi pare proprio si possa positivamente affermare che Giulia è «uscita fuor del pelago alla riva» e che incomincia per lei una vita nuova. – Non attendo da te delle diagnosi a distanza e per corrispondenza sui miei mali. Nello scriverti mi sfogo un po’, ed è tutto qui; non devi darti troppo pensiero di queste mie geremiadi. Mi dispiace anzi quando tu credi poter dare dei consigli che poi è impossibile seguire, ma che a te sembrano plausibili e fattibili. Ciò mi fa sempre pensare che tu non hai ancora una opinione chiara di ciò che sia la vita in carcere e le sue condizioni effettive e dopo cinque anni e mezzo non è questa una vita allegra. Il tuo consiglio ancora ripetuto di prendere le minestrine, per esempio, può essere esilarante o viceversa, secondo i temperamenti. Eppure tu sai che questo è uno spunto delle caricature umoristiche sulla professione sanitaria: quante volte non si son viste vignette su medici che raccomandano a dei pezzenti una cura di montagna, con vini generosi, polli ecc. ecc. Questo spunto è sempre di una comicità irresistibile. Non sempre però la comicità è irresistibile per i pazienti. Invece la cura delle limonate è fattibile, igienica, di poco costo, non dà nessun disturbo e, bisogna dirlo, è anche efficace. Ed è di venerabile età. Conosci la novella del Boccaccio sul modo seguito dal brigante Ghino del Tacco per ottenere la guarigione dell’abate di Cluny e rendergli superflua una cura delle acque? Ecco dunque che già al tempo di Ghino del Tacco questa cura era benissimo conosciuta e a quanto pare in ogni uomo, anche in quello ridotto alla piú squallida indigenza, c’è sempre appiattato un abate di Cluny. – Mi pare che l’accenno di Giulia al tuo sentimento di «solitudine» non sia difficile da spiegare con l’insieme del brano. Giulia crede che tu rimanga a Roma e non ti decida a raggiungere i tuoi genitori perché non sai deciderti a troncare i rapporti di relativa vicinanza con me. Non so se abbia ragione e se questa sia la ragione sola o anche quella prevalente che ti trattiene. Se cosí fosse, dovresti prendere una decisione e partire senz’altro. Niente mi dispiacerebbe di piú della convinzione che la tua vita possa in qualche modo essere intralciata per causa mia.

Ti abbraccio.

Antonio


285.

9 agosto 1932

Carissima Iulca,

mi congratulo vivamente per la levità e la vivacità delle tue ultime lettere, specialmente di quella più recente (del 27 luglio). Si capisce che fai dei progressi giganteschi, di settimana in settimana, verso condizioni generali fisiche e psichiche di piena sanità e di superiore equilibrio. Mi interessano i tuoi programmi di nuova attività, anche se generici e vaghi. Tuttavia non vedo come io possa aiutarti e che cosa tu possa aspettare da me. Non so, oggi, se davvero io sia mai stato piú forte di te; che lo sia in questo momento, poi, ne dubito fortemente e forse farei bene a negarlo senz’altro. Intanto credo di essere terribilmente invecchiato. Da quattro anni non mi vedo nello specchio e pertanto non saprei dire quali cambiamenti effettivi siano avvenuti nei tratti della fisionomia. Certo però abbastanza grandi devono essere anche i cambiamenti esterni se devo giudicare da quelli interni. Devo essere mezzo demolito. Perciò non contare su di me, non aspettare né molto né poco. Forse sono diventato vecchio piú di quanto io stesso possa pensare. Da quattro anni passo le intere giornate solo solo (tre ore al giorno di compagnia) e non posso sapere fino a che punto si sono sviluppate l’irascibilità impulsiva, l’ipercritica, l’insoddisfazione di tutto e di tutti, che mi pare siano i tratti piú caratteristici della vecchiaia precoce. D’altronde sono già sufficientemente anziano anche per l’età: 41 anno e mezzo. Tuttavia mi farà piacere essere informato di ciò che ti proponi di fare e che realmente farai. Ma per carità, non proporti come problema il sapere se sia meglio «scrivere molto senza molta attenzione allo stile, alla sua perfezione, o scrivere poco ma cercare la perfezione nello stile». Questi problemi hanno trastullato e trastullano ancora molta gente oziosa, ma non credo che il tuo modello debba essere il De Amicis dell’Idioma gentile o qualche famoso arciconsolo dell’Accademia della Crusca. A meno che, davvero, tu non sia terribilmente invecchiata, piú di me e di quanto io credo di me. Mi pare che abbia preso troppo sul serio e alla lettera il mio giudizio che tu scrivi con uno stile quasi classico italiano. Voglio darti una piccola delusione: io intendevo dire che nel tuo modo di scrivere c’è una certa complessità sintattica e organicità massiccia del periodo che non si trova nel modo con cui gli stranieri scrivono l’italiano, che è spesso saltellante, a piccoli membretti ecc. Spero che non vorrai davvero imitare i classici o imitare un umanista calabrese, un certo Diego Vitrioli, che per dire a un contadino di accorciargli le staffe cosí si esprimeva: «Appropinquati, villico; accorciami questi perpendicoli sostentacoli, che per troppo equitare, si fer prolissi». Ecco dove può condurre la ricerca del poco ma buono o del molto ma mediocre nelle quistioni di stile e anche in altre quistioni. Ti abbraccio

Antonio


286.

15 agosto 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 9 agosto con la lettera di Giulia. È certo consolante che ella scriva con tanta assiduità. Molte cose sono però mutate in questi ultimi tempi e io non so davvero se riuscirò piú ad essere il corrispondente che ella desidera o sembra desiderare. E non già solamente per le condizioni di salute. In questi ultimi giorni mi sono rimesso notevolmente dai disturbi intestinali e non ho piú quei malesseri che mi tormentavano fino a una diecina di giorni fa. Ma tutto l’insieme mi produce uno stato di disinteresse profondo per tutte quelle cose che prima mi attiravano e mi seducevano. Sono sempre sbalordito, incapace di concentrare l’attenzione su un soggetto e la memoria si è svaporata e non funziona che a scatti. E ho sempre paura di stancarmi troppo, di entrare in quello stato quando il cervello, eccitato volontariamente per uno sforzo di energia, sembra che funzioni per proprio conto come una macchina impazzita che nessuno piú riesce a guidare e indirizzare. E poi mi pare che Giulia si sia formata anche lei una concezione falsa del mio modo di vivere. Come può credere che dopo cinque anni e otto mesi di galera, io possa essere in grado, sia pure superficialmente, di dare indicazioni su libri italiani e francesi. Io non ci tengo per nulla ad essere compianto e ad affliggere nessuno. Ma anche mi dispiace che si abbiano delle idee cosí false sulla mia vita, che il carcere sia immaginato in modo cosí idillico ed arcadico. Una delle fonti di giudizio per la formazione di una tale immagine allo sciroppo di rose mi pare che devi essere tu, che hai dimostrato di essere provvista di un ottimismo inesauribile e invincibile, tanto che talvolta mi incuti veramente paura, perché non so mai quali catastrofi saranno provocate dal tuo zelo. Ma credo che possa esserci qualche altra fonte ancora, forse piú superficialmente ottimista e tendenziosa. Pazienza. Del resto non devi preoccuparti: vorrei anzi che non ti preoccupassi affatto e che non ti ponessi mai in testa di fare questa o quella cosa. Tante volte ti ho detto di non prendere nessuna iniziativa che mi riguarda, senza avermene parlato e avere avuto il mio consenso. E di non credere che questo io ti dica per voler fare dei complimenti sciocchi: lo dico proprio per «egoismo». Sarò contento di tutto quello che vorrai fare per le feste di Delio e Giuliano: al libro di esperimenti per Delio avevo pensato anch’io, una volta: l’editore Hoepli ha una raccolta di questo genere, dovuta a un certo Ghersi, dedicata ai ragazzi, che ha avuto parecchie ristampe, ma io non la conosco. Ti abbraccio teneramente.

Antonio


287.

15 agosto 1932

Carissima Iulca,

ti ho già scritto precedentemente spiegandoti come io non possa esserti di nessun aiuto nell’attività che ti proponi di svolgere nel prossimo avvenire. La tua lettera del 2 agosto mi persuade di aver avuto ragione. Come vuoi che io sia in grado di indicarti quali libri italiani contemporanei e caratteristici di questo tempo tu possa leggere? Io sono completamente tagliato fuori da ogni attualità e attualità significa già quasi sei anni dacché sono in carcere. In questi ultimi anni (almeno quattro anni) non ho letto nessun libro di poesia italiano (e anche non italiano); gli ultimi libri che ho letto, piú di quattro anni fa, di carattere artistico, sono due romanzi: uno di Sibilla Aleramo, Amo, dunque sono!, e l’altro di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo. Il mio bagaglio, come vedi, è molto leggero e magro. Sono, su per giú, nelle tue condizioni, se non peggiori. Le mie letture sono molto circoscritte e quasi sempre degli stessi libri. Leggo un certo numero di riviste e in esse sono contenute novelle e anche qualche romanzo; ma in Italia le riviste non seguono da vicino il movimento intellettuale del paese, non offrono per nulla un quadro o il quadro sempre in movimento della vita. Hanno quasi sempre un carattere piuttosto archeologico, e non solo per la letteratura. Articoli su Giacomo Puccini, su Enrico Panzacchi, sul Savonarola, sul Machiavelli, su Virgilio ecc. Del resto in alcune riviste leggo delle recriminazioni sul distacco dell’arte dalla vita, sulla letteratura che non rispecchia l’attualità della vita nazionale, sull’esaurirsi dei giovani in ricerche formali di stile, di metrica, di linguaggio, recriminazioni che possono avere un interesse in se stesse, ma dimostrano un certo deserto ambiente. Del resto, come anche ho scritto a Tania, appare dalla tua lettera e anche dalle precedenti che tu ti sei formata o hanno formato in te con informazioni inesatte, un concetto troppo idillico e di maniera della mia vita, che è vuota, terribilmente e squallidamente vuota di ogni contenuto interessante, di ogni stimolo cerebrale, di ogni soddisfazione che faccia la vita degna di essere vissuta. Vivo appena, e male, l’esistenza animale e vegetativa. Non voglio rattristarti, ma non voglio neanche che tu abbia idee oleografiche e malvacee sul mio modo di passare il tempo. Del resto mi sono abituato. E sopporto. E ho pazienza, se non certo rassegnazione. Ma il dubbio che gli altri pensino la realtà affatto diversa da quella che è e mi immaginino immerso in qualsivoglia attività utile e interessante, mi irrita in sommo grado e un po’ mi rivolta. Mi fa sentire piú duramente quanto sia isolato e staccato dalla vita.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio


288.

22 agosto 1932

Carissima mamma,

da parecchio tempo nessuno mi scrive e cosí manco di tue notizie. Tatiana mi ha trasmesso qualche settimana fa alcune fotografie dei bambini di Teresina che mi sono piaciute molto. È vero che Mimma rassomiglia molto a Emma quando era piccola. Del resto è meraviglioso come questi bambini hanno i lineamenti di famiglia (anche Delio e Giuliano hanno molto marcati questi lineamenti); pare di vedere facce già viste tante volte che affiorano al ricordo di tanti anni di lontananza. Diddi mi pare che rassomigli tanto a Teresina come era quando abitavamo ancora a Sorgono e andavamo all’asilo delle monache; non è però ricciuta e bionda come era Teresina. L’ultima fotografia di Delio che ho ricevuto mi ha dato l’impressione di rivedere Mario quando aveva otto anni; cosí Giuliano ha un faccino che nei lineamenti generali mi ricorda Nannaro e specialmente zio Alfredo, che a dire il vero, non mi è stato mai molto simpatico sebbene rassomigli tanto a quei di casa (a differenza di zio Cesare che sembrava di altra famiglia). Ma forse sono impressioni superficiali dovute alla suggestione piú che ad altro. Ma perché non avete lasciato nel gruppo dei bambini l’altra figura che era ritratta? Doveva trattarsi di Paolo, credo. Attendo tue notizie. Stimola Teresina e Grazietta a scrivermi.

Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


289.

22 agosto 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto due tue rapide cartoline del 14 e del 17. Spero davvero che la tua malattia sia di poca gravità e che riesca a curarti rapidamente e senza troppo fastidio. Qui ha incominciato a fare un caldo molto gravoso e seccante; del resto le cose procedono col solito tran-tran. Attendo la lunga lettera che mi annunzi.

Ti abbraccio

Antonio


290.

29 agosto 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 24 con la lettera di Giulia. Ho riflettuto molto a ciò che hai scritto a proposito della possibilità che mi faccia fare una visita esauriente da un medico di fiducia. Mi pare che le tue considerazioni siano giuste in linea generale, e che il progetto sia da prendere in considerazione. Ecco il mio punto di vista: – Sono giunto a un punto tale che le mie forze di resistenza stanno per crollare completamente, non so con quali conseguenze. In questi giorni mi sento cosí male come non sono mai stato; da piú di otto giorni non dormo più di tre quarti d’ora per notte e intere notti non chiudo occhio. È certissimo che se l’insonnia forzata non determina essa alcuni mali specifici, li aggrava però talmente e li accompagna con tali malesseri concomitanti, che il complesso dell’esistenza diventa insopportabile e qualunque via d’uscita, anche la piú pericolosa e accidentata diventa preferibile alla continuazione dello stato presente. Tuttavia, prima di entrare nella via da te proposta, voglio ancora fare un tentativo presso il signor direttore del carcere e se necessario presso il signor giudice di sorveglianza, per vedere se sia possibile ottenere che siano rimosse le condizioni che determinano l’attuale stato di cose. Ciò non è per nulla impossibile e lo preferirei per evitare le spese notevoli che la visita di un medico di fiducia porta con sé. D’altronde anche un tal medico non potrebbe non giungere alla conclusione che le mie condizioni disastrose sono in tanta parte dovute alla mancanza di sonno, che la quistione si presenterebbe in questi termini e in essi occorrerebbe risolverla almeno inizialmente. Si tratta di rimandare, nella peggiore delle ipotesi, la realizzazione della tua proposta per il mese di settembre. Alla fine di settembre dovrò per forza giungere a una conclusione, se non voglio diventare pazzo o entrare in una fase che io stesso non so immaginare tanto sono stremato. Credi che non ne posso proprio piú e mi spaventa il fatto che sto perdendo il controllo dei miei impulsi e degli istinti elementari del temperamento. La tua proposta perciò è da essere considerata: tu puoi perfezionarla, fissandone i dettagli e facendo magari i passi necessari per vedere quanto si spenderà e chi può essere il medico da scegliere, perché credo che nell’istanza in cui si domanderà l’autorizzazione della visita occorrerà farne il nome con tutte le generalità. Carissima, ti abbraccio teneramente.

Antonio


291.

29 agosto 1932

Carissima Iulca,

ho ricevuto la tua lettera del 14. Oggi non mi sento di scriverti molto. Leggo sempre con grande interesse i tuoi scritti ed essi mi danno qualche ora di serenità e di contentezza. Penso che tu, nei giorni della loro festa, avrai detto tante cose anche a mio nome, a Delio e a Giuliano. Tu puoi fare ciò meglio di me stesso, perché puoi parlare loro secondo l’immagine che essi si sono fatti di me. Carissima, ti abbraccio teneramente.

Antonio


292.

5 settembre 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 26 agosto, che però è quasi tutta occupata dalla trascrizione della lettera di Giulia a te. Non mi hai scritto nulla della tua malattia e delle cure che dovevi fare. Io ho ripreso a fare la cura del «Sedobrol» e spero che finirà col calmarmi l’esaltazione nervosa in cui ero venuto a trovarmi. Essa era diventata cosí acuta che ogni piccola cosa finiva con darmi delle vere strappate dolorosissime. La lettera che Giulia ti ha scritto mi è piaciuta molto; credo che ormai si possa essere rassicurati sul conto delle sue condizioni di salute. Vorrei sapere se tu intendi inviarle dei libri, perché di qualcheduno ti potrei indicare il titolo, secondo i criteri che ho indicati nella mia lettera odierna a lei. Per esempio, ella dovrebbe avere a sua disposizione tutta una serie di vocabolari specializzati, a mio modo di vedere. Un dizionario che non dovrebbe mancarle è quello del Rezasco che è intitolato su per giú Dizionario (o Vocabolario) della lingua italiana storico-amministrativa che è indispensabile per leggere la letteratura storico-politica italiana, per i riferimenti che vi si trovano di termini giuridici, politici, amministrativi, degli ordinamenti militari ecc. Ma questo dizionario è esaurito e si trova solo nei negozi di antiquaria e deve costare parecchio. Puoi informarti da qualche antiquario romano, ma non devi fidarti del prezzo che ti diranno: i prezzi d’antiquaria sono molto elastici e occorre confrontarne parecchi prima di comprare. Il meglio sarebbe ricorrere a uno specialista di fiducia che sia in grado di studiare i cataloghi delle principali ditte. Potresti invece mandarle, se vuoi, la Storia della Letteratura Italiana di Francesco De Sanctis, che è realmente una storia della civiltà italiana (esiste una edizione economica Treves, in due volumi, che deve costare 8 lire); ma la Storia del De Sanctis ha un valore a sé, non può servire come manuale, mentre un manuale molto accurato, preciso e di grande valore è la Storia della Letteratura Italiana di Vittorio Rossi (in 3 volumetti stampati dall’editore Vallardi). Io leggo pochissimo: dimentico da un momento all’altro. È strano che mentre ricordo con molti particolari avvenimenti passati, non ricordo le cose del giorno prima e anche di qualche ora prima. Tuttavia leggerò con molto interesse i Colloqui con Mussolini del Ludwig e il libro del prefetto Mori sulla Mafia. Un libro che leggerei con molto interesse è anche quello del prof. Adolfo Pagani dell’Osservatorio di Economia Agraria per l’Emilia, intitolato I braccianti della Valle Padana, edito dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria, e l’Annuario della Banca Commerciale sul «Movimento economico» italiano, che gli anni scorsi ho sempre ricevuto. Carissima Tania, informami della tua salute. Ti abbraccio.

Antonio


293.

5 settembre 1932

Carissima Iulca,

riprendo la tua lettera del 14 agosto. Ciò che scrivi di Leonardo da Vinci non mi pare né giusto né esatto; probabilmente di Leonardo tu hai avuto occasione di vedere molto poco come artista e di conoscere ancor meno come scrittore e come scienziato. Ma è certamente inesatto il giudizio che mi attribuisci, secondo il quale «avere dell’amore per uno scrittore od un altro artista non è lo stesso che avere per lui della stima». Non ho potuto mai scrivere una simile… banalità; me ne avrebbe tenuto lontano, se non altro, il ricordo di un certo numero di lavori teatrali ispirati dal filisteismo universale, in cui questi temi dell’«amore senza stima» e della «stima senz’amore» hanno trovato tutta una serie di applicazioni alla vita coniugale. Forse io ho distinto il godimento estetico e il giudizio positivo di bellezza artistica, cioè lo stato d’animo di entusiasmo per l’opera d’arte come tale, dall’entusiasmo morale, cioè dalla compartecipazione al mondo ideologico dell’artista, distinzione che mi pare criticamente giusta e necessaria. Posso ammirare esteticamente Guerra e Pace di Tolstoi e non condividere la sostanza ideologica del libro; se i due fatti coincidessero Tolstoi sarebbe il mio vademecum, «le livre de chevet». Cosí si può dire per Shakespeare, per Goethe e anche per Dante. Non sarebbe esatto dire lo stesso per il Leopardi, nonostante il suo pessimismo. Nel Leopardi si trova, in forma estremamente drammatica, la crisi di transizione verso l’uomo moderno; l’abbandono critico delle vecchie concezioni trascendentali senza che ancora si sia trovato un ubi consistam morale e intellettuale nuovo, che dia la stessa certezza di ciò che si è abbandonato. – Per ciò che riguarda la prossima ripresa della tua attività, i consigli che ti posso dare sono molto scarsi e generici. Mi pare tuttavia che possano essere di una qualche utilità, se ti decidi a seguirli. A me pare che non si tratti di leggere questo o quel libro, quanto di avere un indirizzo e pertanto di proporsi dei fini determinati. I fini che tu potresti e dovresti proporti, per utilizzare una parte non indifferente della tua attività passata, sarebbero secondo me, questi: di diventare una traduttrice dall’italiano sempre piú qualificata. Ecco cosa io intendo per traduttrice qualificata: non solo la capacità elementare e primitiva di tradurre la prosa della corrispondenza commerciale o di altre manifestazioni letterarie che si possono riassumere nel tipo di prosa giornalistica, ma la capacità di tradurre qualsiasi autore, sia letterato, o politico, o storico o filosofo, dalle origini ad oggi, e quindi l’apprendimento dei linguaggi specializzati e scientifici e dei significati delle parole tecniche secondo i diversi tempi. E ancora non basta: un traduttore qualificato dovrebbe essere in grado non solo di tradurre letteralmente, ma di tradurre i termini, anche concettuali, di una determinata cultura nazionale nei termini di un’altra cultura nazionale, cioè un tale traduttore dovrebbe conoscere criticamente due civiltà ed essere in grado di far conoscere l’una all’altra servendosi del linguaggio storicamente determinato di quella civiltà alla quale fornisce il materiale d’informazione. Non so se mi sono spiegato con abbastanza chiarezza. Credo però che un tale lavoro meriterebbe di essere fatto, anzi meriterebbe di impegnarvi tutte le proprie forze. Aggiungo che sarei molto felice se tu ti dedicassi ad esso in modo sistematico e continuo, in modo da raggiungere il massimo di qualifica, la specializzazione. Carissima Iulca, ti abbraccio teneramente.

Antonio


294.

12 settembre 1932

Carissima mamma,

ho ricevuto una lettera di Grazietta del 24 agosto con le notizie sul raccolto e sulla casa nuova dove è andata ad abitare Teresina. Ricordo benissimo il cortile, dove giocavo con Luciano e la vasca dove facevo manovrare le mie grandi flotte di carta, di canna, di ferula e di sughero, distruggendole poi a colpi di schizzaloru. Ricordi quanta fosse la mia abilità nel riprodurre dalle illustrazioni i grandi vascelli a vela e come conoscessi tutto il linguaggio marinaresco? Parlavo sempre di brigantini, sciabecchi, tre alberi, schooners, di bastingaggi e di vele di pappafico, conoscevo tutte le fasi delle battaglie navali del Corsaro Rosso e dei Tigrotti di Mompracem, ecc. Mi dispiaceva solo che Luciano possedesse una semplice robusta barchetta di latta pesante che in quattro movimenti affondava e speronava i miei piú elaborati galeoni con tutta la complicata attrezzatura di ponti e di vele. Tuttavia ero molto orgoglioso della mia capacità costruttiva, e quando il tolaio che aveva la bottega nell’angolo dove incominciavano le case basse verso la chiesa, mi pregò di fargli un modello di grande veliero da riprodurre in latta in serie, fui proprio orgoglioso di collaborare come ingegnere a tanta industria.

Carissima mamma, mi sono sempre dimenticato di domandarti informazioni del figlio del geometra Porcelli, Giacomino, che da ragazzetto si era tanto affezionato a me e al mio falco e voleva sempre stare in mia compagnia. C’è un Giacomo Porcelli, cattolico molto battagliero, che scrive dei libri ed articoli sulla letteratura francese; è lo stesso? Certo i suoi zii lo sapranno. Ma chi sopravvive di tutta la famiglia Corrias?

Fammi scrivere un po’ piú spesso. Perché Teresina non mi ha ancora spedito la lettera tante volte promessa?

Ti abbraccio affettuosamente e tutti di casa.

Antonio

Un bacio speciale a Franco che nella lettera di Grazietta ha aggiunto i suoi saluti.


295.

12 settembre 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto due tue cartoline e due lettere, dell’8 e del 10. Quest’ultima specialmente, te lo confesso, mi ha molto indispettito. Quando si tratta di medici e di medicine tu ti sfreni in progetti e fantasticherie, mentre io ti ho raccomandato tante volte di essere sobria e di non abbondare nello zelo. Quando ero al ginnasio (un piccolo ginnasio comunale a Santu Lussurgiu, in cui tre sedicenti professori sbrigavano con molta faccia tosta, tutto l’insegnamento delle 5 classi) abitavo in casa di una contadina (pagavo 5 lire mensili per l’alloggio, la biancheria del letto e la cucinatura della molto frugale mensa) che aveva una vecchia madre un po’ scema, ma non pazza, che appunto era la mia cuoca e governante, la quale ogni mattina, quando mi rivedeva, mi domandava chi ero e come mai avevo dormito in casa loro ecc. Ma questa è un’altra storia. Ciò che mi interessa ora è che la figlia voleva sbarazzarsi della madre, voleva che il Municipio la inviasse a sue spese nel Manicomio provinciale e perciò la trattava in modo cosí aspro e scellerato da vedere di costringerla a commettere qualche grave eccesso per aver modo di affermarne la pericolosità. La vecchina sempre diceva alla figlia che le parlava col voi secondo il costume: «Dammi del tu, e trattami bene!» Non so veramente se l’aneddoto possa riferirsi a te; in ogni modo anch’io sono costretto a dirti di essere meno premurosa con me, perché questo è il modo migliore di mostrarmi il tuo affetto, a cui tengo molto. Insomma devi fare alla lettera solo ciò che io ti scrivo e non condirlo di intingoli di tua invenzione, che talvolta possono fare andare di traverso il boccone, non fantasticarci su, fare ipotesi incongrue ecc. Del resto sto un po’ meglio e spero di andar migliorando sempre più e questa, ti pare? è la sola cosa importante in tutta la faccenda.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio


296.

19 settembre 1932

Carissima Tania,

appena ho letto la tua cartolina del 16, sono entrato in un accesso furioso di atrabile. Nel primo momento ho pensato di non scriverti piú, poi di scriverti, incominciando – «Signorina Schucht!», poi «Signorina Tatiana!» ecc. Ma ci volevano ancora tre giorni fino a questo momento, e cosí mi sono purgato, e la bile mi è passata e mi sono finalmente messo a ridere e ho pensato che la colpa di tutto era solamente mia, e mi sono ricordato di tutte le storie scritte per dimostrare che le donne non mantengono mai la parola data e che io ero stato già scottato più di una volta e tante volte ti avevo scritto per avvertirti e rimproverarti, sempre inutilmente ecc. ecc. Questa volta però l’hai fatta piú grossa delle altre volte, e se realmente hai fatto come accennavi nella lettera del 10 settembre non c’è dubbio che mi hai messo in un imbarazzo serio, più serio di ciò che tu puoi pensare nel tuo, dirò cosí, dilettantismo irresponsabile. Ora voglio ricordarti se ho ragione di essere preoccupato del tuo modo di operare e di prendere per il futuro certi provvedimenti. Nella lettera tua del 24 agosto scrivi: «devi essere assolutamente tranquillo quanto alle mie presunte iniziative a tua insaputa e che potrebbero riguardarti, aver qualche attinenza alle tue condizioni… una delle ragioni che mi hanno sempre trattenuto di non fare nulla di simile è proprio la rinuncia totale da parte mia a qualsiasi iniziativa personale, a qualunque azione… a cui rinunziavo a priori per non infrangere l’ostacolo del tuo divieto di intraprendere nulla senza il tuo consenso». – Dopo avermi poi esposto il disegno della possibile visita medica di fiducia riprendi: «… è superfluo che insista oltre per assicurarti che non farò nessun passo, né prenderò nessuna misura, né cercherò di avere qualche informazione che solo nel caso che tu mi darai il tuo beneplacito e lo farò nel modo che vorrai. Basterà poi che tu mi dica di non farne niente almeno per ora e non te ne scriverò nemmeno piú, finché tu stesso non vorrai tornare sull’argomento». Ti pare abbastanza preciso quanto scrivevi? Anche troppo, mi pare oggi perché in Italia si dice che siccome due negazioni affermano e immagginarsi tre o quattro negazioni, non bisogna fidarsi di chi insiste troppo. – L’8 settembre riaccenni alla quistione a proposito del ribasso per la Fiera del Levante e dici: «Però prima di estendere la richiesta attendo la tua lettera ultima», cioè attendevi un mio «beneplacet» che certamente non venne; anzi io fui molto chiaro in proposito tanto che tu nella lettera del 10 settembre scrivi esattamente: «Però non devi avere presente massimamente la quistione economica, della spesa ferroviaria, questa considerazione deve essere l’ultima nella serie di quelle considerazioni che puoi fare per voler rimandare o meno la visita a piú tardi». Continui a parlare a vanvera di non so quale richiesta per l’autorizzazione alla rimozione «delle attuali condizioni di sorveglianza» da allegare all’istanza, senza capire, permetti che te lo dica, quello che dici, sebbene tu aggiunga «se lo credi opportuno e vuoi che sia fatto». – In ogni modo, fino al 10, nonostante molte oziosità inutili e quindi dannose, molto verbalismo che irrita quanto piú si pensa che tu non ti rendi conto di lanciare sassi nel buio e puoi spaccare delle teste che non se lo aspettano, fino al 10 ti mantieni nel terreno del preciso impegno di non far nulla senza il mio permesso, se io non lo credo opportuno e per il merito e per il momento. Il 16 settembre, cosí, bruscamente e dandomi la notizia quasi en passant, scrivi che hai fatto l’istanza. Cosa è successo dal 10 al 16 perché ti ritenessi autorizzata a mancare cosí brutalmente ai tuoi impegni, senza sapere quale era la mia situazione e cosa io avessi fatto per conto mio, secondo che chiaramente ti scrissi nella risposta alla tua lettera del 24 agosto? È proprio stupefacente, per non impiegare termini piú appropriati sebbene piú drastici. E quale può essere il mio atteggiamento dopo una tale scottatura se non quello di non accennarti piú nulla che possa mettere in effervescenza il tuo cervello e farti entrare in frenesia di attivismo a tutti i costi? Non sono incollerito, te lo assicuro, e il mio affetto per te non è diminuito di nulla. Ma ho finito per capire che sei realmente pericolosa con le tue premure, e che devo controllarmi in ogni parola. L’idea che io sia come una palla di football che dei piedi anonimi possono lanciare da una parte all’altra d’Italia come è avvenuto nel passato, che da quattro anni e quattro mesi io sia il numero di matricola 7047 che non può avere volontà propria e non gode dei diritti del cittadino (per pochi che siano) non ti è ancora entrato in testa e perciò non ti preoccupi di dare, al caso, il tuo colpo di piede alla palla e di ricordarmi che anche per te sono un numero di matricola. Naturalmente, sono costretto a prendere le mie precauzioni. Del resto ti abbraccio col solito affetto

Antonio

Ti prego almeno di informarmi minutamente di ciò che hai fatto, dell’esito che avrà la tua pratica se non è possibile interromperla decentemente e dell’indirizzo del prof. Arcangeli dato che, interrotta la pratica, dovessi io ulteriormente farne una per conto mio quando lo ritenessi opportuno.


297.

27 settembre 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua cartolina del 21. Tu scrivi che facendomi certe domande non avevi altra intenzione che di venire a conoscenza della mia volontà niente altro. Non lo metto in dubbio, ma non è una giustificazione. Io scrivo le mie lettere dopo molte riflessioni, e se non voglio dirti la mia volontà prima di un certo momento? Dovresti credere che posso avere delle ragioni per far cosí. D’ora in avanti queste ragioni si sono moltiplicate, solo perché io ti ho accennato a ciò che forse avrei voluto si facesse che tu hai senza altro fatto senza avvertirmi non solo, ma dopo aver promesso ripetute volte che non avresti mosso un passo senza il mio preventivo consenso. Ti ringrazio dei numeri del «Selvaggio» che hai procurato. […]. Ti abbraccio teneramente.

Antonio


298.

27 settembre 1932

Carissima Iulca,

Tania sostiene che esiste una legge cosmica, che si verifica con la ferrea necessità di una legge siderale e per la quale tu scrivi con una certa abbondanza e frequenza quando i bambini sono lontani da te, mentre cessi di scrivere del tutto quando i bambini sono a te vicini. Io non voglio ancora credere alla scoperta di una tale legge da parte di Tania, la quale, come troppo spesso fanno gli scienziati, raddoppia il fatto e chiama il doppio legge siderale. Non posso credere che tu possa essere paragonata, anche parzialmente, come foemina scribens, a un pezzo di materia inerte e senza coscienza e volontà, che ubbidisca alle sole leggi naturali, che tu debba appartenere alla natura inanimata, ecc. Pure comincio a dubitare. Vedremo. Fammi scrivere da Delio e da Giuliano le loro impressioni sulle vacanze. Anch’io riprenderò a scrivere e parlerò della famosa danza delle lepri.

Ti abbraccio teneramente

Antonio


299.

3 ottobre 1932

Cara Tatiana,

ho ricevuto la tua cartolina del 29 settembre. Non mi ha soddisfatto per nulla. Fino a qualche tempo fa, attendere lettere e corrispondenza era la mia piú grande felicità. In tutti questi anni tu sei stata la mia corrispondente piú assidua e diligente: ero sempre sicuro che ogni settimana almeno una tua cartolina non sarebbe mancata. Ora invece ho quasi paura di ricevere tue corrispondenze. Qualche mese fa, e precisamente nella prima quindicina di luglio, ti ho scritto una serie di lettere molto brevi e ti ho raccomandato di non trattare nelle tue lettere che di cose famigliari. Certo tu non hai riflettuto al fatto e non sei stata capace di trarne nessuna conseguenza per il tuo comportamento. Ripensando in questi giorni alle cose passate, mi sono persuaso che quando Giulia mi scriveva due o tre lettere all’anno, sempre uguali, stereotipate e in cui si sentiva l’imbarazzo e lo sforzo, ciò non era dovuto che parzialmente alla sua malattia; era dovuto certamente a una proposta che le avevi fatto nei miei riguardi, che era disonorevole per me e che ella aveva tutte le ragioni per credere dovuta alla mia iniziativa. Come spiegare altrimenti certe sue espressioni sibilline recenti, in cui ella scrive che ha riconosciuto di essere stata ingiusta nelle sue opinioni al mio riguardo? Cara Tatiana, io ti voglio molto bene e so che tu in questi anni mi hai aiutato come nessun altro a superare le crisi periodiche che il carcere, aggravando la mia nevrastenia abituale, mi ha fatto attraversare. Ma devo dirti che il tuo atteggiamento verso la vita di tutti questi anni, aspra e dura, è l’atteggiamento che si può ricavare dalla lettura della Biblioteca rosa di Madame de Ségur; sei d’un ottimismo sbalorditivo, le tue ipotesi sono sempre quelle che ti farebbero piacere si avverassero, hai conservato una ingenuità e una freschezza di sentimenti che sono incantevoli e inteneriscono; hanno intenerito anche me, negli anni che ci siamo spesso intrattenuti insieme a discorrere e a discutere, nonostante che avessi sempre creduto, per le esperienze fin da bambino, di essere immunizzato da tali «debolezze». Tuttavia, nonostante tutto questo, nonostante che la mia tenerezza per te sia immutata, devo pregarti di modificare completamente i nostri rapporti, dato che tu voglia continuarli in queste condizioni. Tu non devi piú interessarti in nessun modo della mia vita in carcere e devi conseguentemente modificare, se non vuoi interrompere del tutto, la tua corrispondenza in questo senso. Ti prego di non discutere questo mio desiderio, perché sarei costretto a respingere le tue lettere o cartoline. E ti prego anche di non averti a male di quanto ti ho scritto. Se un giorno potremo rivederci in condizioni di uguaglianza, cioè essendo io libero, credo che forse ti farei piangere; ma l’ipotesi non credo sia molto probabile. Io so già ciò che tu potresti obbiettarmi; è perfettamente inutile che tu mi registri il catalogo delle tue buone intenzioni; come dice il proverbio italiano «la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni». Del resto non devi credere che io abbia intenzione di suicidarmi o di abbandonarmi, come un cane morto, al filo della corrente. Mi dirigo da me da molto tempo e mi dirigevo da me già da bambino. Ho incominciato a lavorare da quando avevo 11 anni, guadagnando ben 9 lire al mese (ciò che del resto significava un chilo di pane al giorno) per 10 ore di lavoro al giorno compresa la mattina della domenica e me la passavo a smuovere registri che pesavano piú di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo. Ho conosciuto quasi sempre solo l’aspetto piú brutale della vita e me la sono sempre cavata, bene o male. Neanche mia madre conosce tutta la mia vita e le traversie che ho passato: a lei ricordo qualche volta quella piccola parte che in prospettiva sembra ora piena di lietezza e di spensieratezza. Adesso le addolciscono la vecchiaia perché le fanno dimenticare le traversie ben piú gravi e le amarezze ben piú profonde che ella ha subito nello stesso tempo. Se ella sapesse che io conosco tutto quello che conosco e che quegli avvenimenti mi hanno lasciato delle cicatrici, le avvelenerei questi anni di vita in cui è bene che dimentichi e che vedendo la vita lieta dei nipotini che ha intorno confonda le prospettive e pensi realmente che le due epoche della sua vita sono la stessa e una. Cara Tatiana, ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


300.

10 ottobre 1932

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 7 con la copia dell’istanza da te fatta al Capo del Governo. Non voglio farti nessuna osservazione su di essa. Se l’istanza verrà accolta e il prof. Arcangeli potrà venire a visitarmi, spiegherò a lui esattamente come stanno le cose. A quest’ora avrai certamente ricevuto la mia lettera di lunedí scorso. Sebbene l’ira mi sia sbollita, ti prego di persuaderti che essa è stata scritta molto sul serio, sebbene con molto rincrescimento e dolore. Mi dispiace anche perché d’ora in avanti sarò costretto a controllare talmente ciò che ti scrivo, che non saprò piú cosa dirti. Ti abbraccio teneramente.

Antonio