8 Aggregazione, interattività, multimedialità e compagnia bella.

Fabrizio Venerandi

Faccio previo che io non ho una risposta al riguardo di quanto ha scritto Gino Roncaglia nel Capitolo 6, ma pongo alcune questioni di fruizione.

La prima riguarda il punto in cui Gino scrive che questa granularità non viene accumulata, ma è fine a se stessa. Capisco il suo discorso, anni fa mi lamentavo del perenne grado zero teorico/critico che stagnava nei gruppi usenet dedicati alla scrittura, ma non sono convinto che – ad esempio – l’accesso a risorse tecniche granulari non porti ad un arricchimento anche culturale di chi le legge.

Penso ai forum destinati ai programmatori dove (troppo) spesso trovo risorse e specifiche non ufficiali essenziali per il mio lavoro di digitalizzazione. E’ vero che quei granellini non si accumulano per una loro struttura informatica, ma l’accumulo avviene all’interno delle mie competenze o nelle dispense che scrivo per la formazione. Anche il post di Facebook di Gino da cui ha avuto origine questa pubblicazione, è vero che dopo cinque/sei settimane dalla pubblicazione sarà disperso nel farraginoso database di Facebook, ma quanta parte di quel post ha comunque modificato/arricchito il mio personale bagaglio culturale? E parlo di oggi che l’ho letto, senza aver avuto bisogno di aspettare un suo prossimo libro.
Per questo parlo di servizio che sostituisce il prodotto, perché anche l’attività intellettuale, in digitale, ha più il valore della performance che della tesi definitiva.

La seconda è che in rete trovo sempre più ambienti di aggregazione granulare che “fanno rete” e che – a differenza di Facebook – hanno una gestione mirata a creare e fornire conoscenza. Penso ad esempio a stackoverflow, un sito di domande e risposte per programmatori. Può stackoverflow sostituire un libro? Non lo so, la mia esperienza mi dice che oggi ho competenza di alcuni ambienti/linguaggi informatici senza aver mai toccato un testo di carta che ne parlasse, ma leggendo moltissimo elementi granulari costruiti da altri. Il libro, o comunque il testo coerente, diventa un passo successivo alla conoscenza. Non leggo un libro per conoscere un argomento, ma per cementare eventualmente una serie di conoscenze che ho già assorbito nell’esperienza d’uso.

La terza è nell’ebook come raccoglitore di questi granuli, eliminando il rumore di fondo. Quando Gino scrive che i post, i tweet si perdono nel mare magnum di internet, penso a realtà come global voices che questi materiali li raccoglie, li raccorda e li traduce. L’ebook da questo punto di vista è un passo successivo: faccio setaccio di sabbia e oro e tengo solo i granuli culturamente validi, raccogliendoli in un’opera che non è un libro-saggio, ma una raccolta di fonti, sulle quali posso costruire anche una mia proposta di interpretazione. E’ un esperienza editoriale che abbiamo proposto e i risultati in alcuni casi sono stati molto interessanti.

La quarta è sul testo del futuro, sull’interattività, sulla multimedialità e compagnia bella. Io credo che se ne vedano pochi in giro perché richiedono molte risorse. Molte. La progettualità di un lavoro che sia radicalmente pensato in digitale e in ipertestualità (non solo come concetto di linking, ma di iper-testo in senso più ampio) necessita di un cambiamento di prospettiva già in fase di scrittura, marcatura, informazione e raccordo del testo. E’ molto più facile mettere del testo a scorrere con qualche link e un filmato in mezzo ogni tanto. Io credo che la terza dimensione della scrittura sia nella sua profondità, nella sua relazionabilità e nella sua interrogabilità, ma si tratta di elementi costosi e sicuramente meno appariscenti di molti wunderkammer che vedo in giro.

Quando ne ho scritto poco tempo fa nel blog di quinta, facendo un piccolo esempio, il commento più frequente è stato, bellissimo, ma una cosa del genere quanto ti costa?

Mi fermo.