4 Attualità storica, etica e politica della Resistenza

a cura di Giorgio Forti

La rete degli Ebrei Contro l’Occupazione (ECO), una piccola associazione di ebrei italiani che si oppongono alla politica ultranazionalista e chiaramente razzista di Israele, ha in comune con l’ANPI i fondamentali valori morali e politici della libertà delle persone e dei popoli, della giustizia e dell’uguaglianza: i valori che sono quelli, applicati all’attualità di oggi, della Resistenza alla tirannia in Europa e nel mondo, e sono la base per la fraternità.

ECO è impegnata nell’attuazione politica di questi valori, che hanno guidato la resistenza nell’Europa assoggettata alla dittatura nazi-fascista tra il 1922 ed il 1945 (in Spagna e Portogallo, la lotta è durata fino al 1976) ed alla lotta per gli stessi valori dei palestinesi e di chi, in Israele e nel mondo, li appoggia e sostiene contro l’oppressione nazionalista-razzista di Israele. Israele infatti ha scelto di essere lo Stato-Nazione degli ebrei, invece di uno stato libero e democratico per tutti gli esseri umani che abitano quella regione tra il Mediterraneo ed il fiume Giordano da molti secoli.

Per l’ANPI impegnarsi, idealmente e concretamente nell’azione politica, per la lotta di liberazione del popolo palestinese è coerente con la sua storia, e potrebbe essere un modo di dare significato attuale nel mondo ed in Italia agli ideali con cui è sorta, e che sembrano oggi un po’ appannati, dimenticati dalle forze politiche oggi al potere e limitati come sono a celebrazioni rievocative della lotta antifascista del secolo scorso. A queste celebrazioni i giovani di oggi si sentono sempre più estranei, proprio perché le vedono come celebrazioni di un passato sempre più lontano, e trasformato nella retorica ufficiale prevalente nel nostro Paese, avulsa da qualsiasi azione politica sul vivo dei problemi di libertà e giustizia vissuti dalle società umane di oggi.

ECO pochi mesi orsono ha rinnovato la propria presentazione etica e politica dopo aver discusso, a volte duramente, il come presentarsi ed il che fare nelle attuali circostanze.

Riporto qui il documento conclusivo di questa discussione:

ECO – chi siamo?

Rete ECO – Ebrei contro l’occupazione (ONLUS) – è un’associazione nata nel 2001 e diffusa a livello nazionale. Siamo una rete di ebrei italiani che si mobilitano contro le ingiustizie perpetrate dallo Stato di Israele nei confronti della popolazione palestinese. I governi israeliani, infatti, portano avanti dal 1948 una politica di espropriazione, colonizzazione, segregazione, emarginazione e repressione, punteggiata da attacchi militari, volta a rendere impossibile la vita dei palestinesi sulle loro terre. Il risultato è una strisciante pulizia etnica, a rincarare la dose dopo le espulsioni di massa avvenute nel 1947-1948 (Nakba) e nel 1967 (Naksa).

Accomunati dall’impegno per l’eguaglianza, i diritti umani e la pace quali principi universali, riteniamo che le numerose e continue violazioni di tali principi da parte dei governi israeliani vadano condannate apertamente e con forza; ed è la falsa accusa di antisemitismo spesso rivolta da Israele e dai suoi sostenitori come tattica di intimidazione contro chiunque critichi le politiche israeliane o il sionismo che ci spinge ad alzare la nostra voce di dissenso, identificandoci come ebrei.

Siamo convinti che la riconciliazione e la pace possano essere raggiunte solo seguendo i principi della giustizia:

I diritti umani (civili, politici, economici, sociali e culturali) e l’eguaglianza devono essere garantiti universalmente, senza eccezione, in tutto il territorio tra il Giordano e il Mediterraneo;

Il diritto internazionale deve essere rispettato e applicato universalmente.

Pertanto l’occupazione, la colonizzazione la discriminazione e la violenza contro i civili devono cessare. Lo Stato di Israele deve inoltre riconoscere sia la sua responsabilità nell’aver provocato il problema dei profughi, sia il diritto al loro ritorno. Un eventuale accordo dovrà essere negoziato in condizioni di parità, e saranno le parti a deciderne le modalità.

Come cittadini italiani ed europei, siamo particolarmente preoccupati da decenni di politica dei nostri governi che – nonostante atti simbolici e critiche sporadiche – nei fatti hanno regolarmente appoggiato lo Stato di Israele sia economicamente sia politicamente bloccando qualsiasi sanzione ne contrastasse gli abusi, lasciandogli così carta bianca nella continua occupazione dei territori e nella violazione dei diritti dei palestinesi.

L’Europa ha una grave responsabilità storica nella creazione del problema e dell’oppressione palestinese; dovrebbe quindi adottare finalmente le misure politiche ed economiche (tra cui la sospensione degli accordi economico-militari con Israele) necessarie a determinare un’azione internazionale contro i continui atti illegittimi delle leadership israeliane.

Riteniamo infine, come ebrei europei, che negare i diritti dei palestinesi non solo non potrà mai servire da compensazione ai crimini commessi in passato contro gli ebrei in Europa, crimini di cui i palestinesi non hanno alcuna responsabilità, ma costituisca per noi un’ulteriore offesa in quanto pensiamo che Israele non abbia titolo a usare gli ebrei, né il loro senso di insicurezza alimentato ad arte, come scudo per giustificare politiche espansionistiche illegali.

Gli obiettivi di ECO sono:

Esprimere una chiara posizione politica sul conflitto israelo-palestinese, radicata nell’antirazzismo e nel rispetto dei diritti umani; sostenere i metodi di resistenza e affermazione politica non violenta.

Sollecitare le autorità italiane ed europee affinché esercitino il loro peso politico al fine di garantire il rispetto per i diritti dei palestinesi e di tutte le popolazioni residenti nel territorio tra il Giordano ed il Mediterraneo.

Accrescere la consapevolezza e la conoscenza della storia del conflitto israelo-palestinese e delle sue cause, della Nakba, della situazione odierna e temi correlati.

Informare e incoraggiare altri ebrei a esprimersi e agire con noi.

Alimentare una riflessione e un dibattito aperto sul conflitto israelo-palestinese.

Collaborare con altre associazioni su questo e su altri temi collegati, quali i diritti umani, l’antirazzismo, la giustizia sociale, la manipolazione delle coscienze, il legame tra sostenibilità ambientale e pace.

Sono convinto che l’ANPI, per la sua storia ed i suoi principi, possa condividere queste idee di ECO, e ci auguriamo che potremo anche trovare, nelle varie circostanze dell’attualità, occasioni di collaborazione e lotta comune.

ECO è solidale con il popolo palestinese, e per questo collabora con gli amici palestinesi in Palestina, in Israele, in Italia e dovunque essi si trovino a vivere. Collabora con persone, gruppi ed associazioni israeliane che, benché minoritari in Israele, si battono con appassionato ed intelligente coraggio contro le infamie della oppressione da parte del loro Paese. ECO coopera anche con diverse associazioni italiane che svolgono attività nel campo dell’istruzione, generale e politica e del welfare in Palestina, ed organizzano incontri in Italia con palestinesi testimoni ed attivisti nella resistenza non violenta all’oppressione. Inoltre è parte e collabora con analoghe associazioni ebraiche europee, federate nell’European Jews for a Just Peace (EJJP).

Mentre esistono in diverse parti del mondo altri popoli oppressi sia da propri regimi che da potenze straniere o dalla combinazione dei due, il caso palestinese è peculiare per il modo particolare in cui è nato e si è sviluppato con un crescendo di ingiustizia, oppressione e di crudeltà nei riguardi dei palestinesi, strettamente legato anche ai contrasti tra le massime potenze mondiali: tanto che il Medio Oriente è diventato la regione più pericolosa del mondo per la pace mondiale. Anche perché lo Stato di Israele ha oggi la capacità di influenzare in modo determinante la politica della maggiore superpotenza, gli USA, ed ha grande influenza anche in Europa su tutte le decisioni che riguardano questo settore della politica internazionale, e non solo questo. Utilizzando questi potenti appoggi, tutti i governi di Israele, da quando si è formato lo stato ebraico nel 1948, mettono in atto una politica gravemente discriminatoria contro chi non è ebreo, sia in Israele sia nei territori palestinesi occupati militarmente. Il governo ultranazionalista attuale ha ulteriormente aggravato l’oppressione dei palestinesi negando loro, violentemente, oltre ai diritti politici, anche i più fondamentali diritti umani, come quello della convivenza dei coniugi non ebrei quando uno dei due non sia residente in Israele sin dalla fondazione dello Stato. Si pensi poi alla continua espropriazione della terra ai palestinesi, sia in Israele che nei territori (Cisgiordania) occupati militarmente da Israele nel 1967, per darla a coloni israeliani che vengono mandati a sostituire la popolazione palestinese araba sulla terra che abitava da sempre. Mentre intavolano trattative che a nulla vogliono portare, i governi israeliani che si susseguono rendono continuamente più grave l’oppressione: i palestinesi vengono progressivamente privati della terra, dell’acqua, della possibilità di spostarsi per lavorare, per studiare, per curarsi e per ogni necessità e attività della vita sociale. Vengono costruite strade sulla terra palestinese senza che i palestinesi possano accedervi, l’acqua viene razionata drasticamente ai palestinesi per darla abbondante ai coloni israeliani; la violenza dei coloni, protetti ed aiutati dal potente esercito israeliano, non arretra davanti all’assassinio. Le carceri israeliane rinchiudono parecchie migliaia di prigionieri politici palestinesi, i quali sono in “detenzione amministrativa”, senza una precisa accusa e senza i diritti della difesa. Israele è dunque uno stato di diritto solo per i suoi cittadini ebrei: non per quelli arabi-palestinesi, che sono discriminati molto gravemente in Israele, ed in tutta la Terra tra il Giordano ed il Mediterraneo, dove il potere è completamente nelle mani di Israele. Per non parlare delle condizioni del lavoro: i lavoratori palestinesi, anche quelli con la cittadinanza israeliana, percepiscono salari inferiori a parità di lavoro, e non hanno accesso alle posizioni di responsabilità.

Questa oppressione sempre più dura è organizzata dai governi israeliani, non importa se di destra (come l’attuale) o di centrosinistra, ma corrisponde purtroppo al sentire della grande maggioranza della popolazione ebrea, che per i palestinesi nutre il disprezzo coloniale che ha caratterizzato l’atteggiamento degli europei verso tutti i popoli dei Paesi assoggettati al dominio coloniale. È doveroso tuttavia rendere merito a quella coraggiosa ed intelligente minoranza di israeliani che lottano per i diritti dei palestinesi con tutti i mezzi possibili: organizzati in associazioni o individualmente, affrontano rischi e sacrifici per opporsi all’oppressione. Un esempio notevole sono i giovani che rifiutano di servire nell’esercito occupante, e per questo scontano mesi di carcere militare.

Come italiani e come europei, dobbiamo sostenere la necessità etica e politica che venga riconosciuto il diritto dei palestinesi ad essere risarciti economicamente dal mondo Occidentale, Europa ed USA, dell’enorme danno subito per avere l’Occidente imposto loro l’invasione degli ebrei superstiti della Shoah, un crimine tutto europeo di cui i palestinesi non hanno alcuna responsabilità. Nulla potrà mai compensarli della perdita di tante vite, e della sofferenza atroce loro imposta con la cacciata dalle loro case e dalla loro terra: ma un compenso per la perdita di terra ed averi è dovuto loro, e deve essere rispettato il loro diritto, riconosciuto da deliberazioni delle Nazioni Unite sin dal 1949, di poter tornare nella loro terra. E che questa sia liberata dall’occupazione militare.

Si muova il governo italiano a sollecitare i nostri associati nella Comunità Europea, e gli USA, perché le somme dovute come risarcimento ai palestinesi vengano stanziate ed usate per rendere la Palestina tutta in grado di accogliere il ritorno di quei profughi palestinesi che lo desiderino: le risorse necessarie potrebbero facilmente essere ricavate dalle enormi somme che USA ed Europa da decenni destinano ai governi israeliani, che le adoperano in buona parte per armare sempre più il già potentissimo Israele (dotato anche di armi atomiche) e per costruire illegalmente nelle terre rubate ai palestinesi. L’attuazione di questo progetto contribuirebbe enormemente alla pace in quella regione, e non solo in Palestina, ma nei paesi circostanti compreso l’Iran ed i Paesi del Golfo Persico. Sarebbe l’inizio di un cambiamento radicale della politica internazionale: dalla politica di potenza, sopraffazione ed arbitrio degli stati nazionali verso l’instaurazione di rapporti giusti tra le comunità umane, riconoscendo a tutte gli stessi diritti a libertà, uguaglianza e lavoro che apre a tutti l’accesso ai beni comuni.

L’inizio di un progetto di investimenti per attrezzare economicamente la Palestina ad accogliere i suoi profughi, molti dei quali vivono da tre generazioni in campi profughi, a volte in condizioni orribili, potrebbe essere esemplare anche per gli investimenti in altri Paesi ex-coloniali, sfruttati per decenni o secoli dalla colonizzazione europea (e più recentemente da quella dei Paesi dove è più recente lo sviluppo tecnologico moderno, come Cina, Giappone e India), dai quali partono le masse di migranti che premono alle porte per entrare in Europa, spesso vittime delle tragedie di cui siamo stati colpevoli testimoni recentemente.

L’opposizione alle politiche di Israele che sono sostenute dagli USA e dalla Comunità Europea ha i caratteri della Resistenza alla politica che, detta “neoliberista” dalla pubblicistica dominante in Italia ed in Occidente, è di fatto una politica di oppressione economica, politica e culturale. Infatti si tratta di opporsi alla vera e propria riduzione in schiavitù di popoli interi da parte del potere incontrastato della grande finanza internazionale, che usa dell’enorme potere coercitivo delle Nazioni-Stato moderne per imporre la volontà dei pochi sempre più ricchi, alla enorme maggioranza degli esseri umani. Questo è possibile solo perché le masse dei sudditi, molti dei quali hanno l’illusione di essere cittadini, che sono distribuite in tanti Paesi a livello differenziato di sviluppo e cultura, privilegiano la appartenenza “nazionale” spesso basata su criteri etnici o di appartenenza religiosa alla solidarietà fraterna con i propri simili. Israele e lo “Stato Ebraico” sono l’esempio più forte e drammatico di questa tragica situazione. Uniamoci dunque nella Resistenza a questa antica, ma modernissima tirannia, che molti non riconoscono sotto le apparenze di un benessere che, basato sulla miseria estrema dei più in Paesi lontani, sta comunque scomparendo anche nei Paesi cosiddetti sviluppati.

La Resistenza del popolo Palestinese alla sistematica oppressione alla quale è sottoposto da 65 anni di dominazione israeliana è di esempio a tutti, ma le è dovuto il nostro appoggio molto concreto ed aiuto, perché siamo, noi europei ed Occidentali in particolare, responsabili di questa situazione.