1 Esami

Claudia Berra

Esami

Durante l’esame si valuta, in un lasso di tempo per forza breve, la vostra preparazione. Ma l’esame orale non è un quiz asettico: è, per quanto particolare, un’interazione, un rapporto fra due persone. E’ importante, quindi, al di là di quanto abbiate letto, studiato, sudato, presentarsi al meglio sotto l’aspetto umano. Questo, va da sé, vale anche e forse soprattutto per i professori: non sempre è così. Voi mettetecela tutta, e sarete comunque in pace con la vostra coscienza.

Il giorno prima pensate all’abbigliamento (vedi) e alla cura personale (vedi), e preparate la borsa da portare con voi.

Non dimenticate:

  • il libretto o tesserino o documento di identità (serve una foto, o chiunque potrebbe sostenere l’esame al vostro posto);
  • un orologio (non il cellulare, che dovreste spegnere);
  • i testi che saranno oggetto di interrogazione (non li userete magari, ma dovete averli; uno studente che si fa prestare il testo da un altro fa pessima impressione);
  • fazzoletti (uno pulito da tenere in tasca durante l’esame);
  • uno snack anti-calo di zuccheri, pastiglie o chewing-gum alla menta (da sputare! In un cestino!).

Muovetevi in anticipo per essere puntuali all’appello (l’ansia, l’arrivo a perdifiato, la giustificazione, l’eventuale rimprovero: pensate quanto vi costerebbe un po’ di pigrizia).

Se malaugurate cause di forza maggiore vi facessero arrivare in ritardo: vedi.

Se per motivi importanti dovete sostenere l’esame al più presto, meglio sarebbe scrivere un’email al professore un paio di giorni prima, offrendovi di documentare i motivi. Se non l’avete fatto, alzate la mano prima dell’appello o subito dopo, ed esponete la vostra richiesta, sempre documentandola. Specialmente negli appelli estivi, alcuni studenti accampano le scuse più fantasiose perché vogliono liberarsi e iniziare le vacanze. Non fatelo, a rischio di farvi detestare: se volete sostenere l’esame subito, non siate pavidi e iscrivetevi fra i primi.

Appena arrivate, spegnete il cellulare. Rispondete all’appello a voce udibile, e non alzando la mano (mentre il professore, da lontano, ripete disperatamente il vostro nome).

Mentre attendete e ascoltate i vostri compagni, ricordate che i professori, come tutti gli esseri umani, si distraggono osservando chi sta di fronte: comportatevi perciò di conseguenza. Sedete composti, non per terra, non chiacchierate ininterrottamente, non compulsate libri e appunti come se steste studiando in quell’estremo momento (nel caso, fatelo fuori). Evitate pantomime: non sventolatevi se fa caldo, non sbuffate, non torcetevi le mani, non sospirate come mantici, non mangiate e non bevete (c.s., fatelo fuori), non telefonate e non pasticciate esageratamente con il cellulare o il tablet; non scambiate effusioni con l’amato bene (anni fa, mentre interrogavo sull’Iliade del Monti, ho assistito a ore di sbaciucchiamenti: dopo un po’, irritanti).

Quando tocca a voi, salutate e sedete, libretto alla mano. Non portatevi in braccio chili di libri ed appunti: danno un’impressione di insicurezza e confusione, e tendono a cadere. Cercate di rispondere alle domande in modo preciso, evitando preamboli e divagazioni; non siate, però, laconici, costringendo il professore ad incalzarvi faticosamente («E poi?» «E quindi?»). Se parlare non è il vostro forte, esercitatevi a casa ripetendo ad alta voce, o, meglio ancora, esponendo almeno gli argomenti più importanti a un amico, parente, fidanzato dotato di pazienza e spirito critico. Se riuscirete a farvi capire da lui/lei sarete già a buon punto (non è una raccomandazione generica: se fatto con costanza, funziona davvero).

Se vi accorgete di essere vittime del panico tanto da non riuscire a ragionare, confessatelo con semplicità, chiedendo una pausa: «Professore, mi scusi, sono così agitato che non ricordo più nulla; potrebbe concedermi qualche minuto per calmarmi?» (compatibilmente con l’emozione, astenetevi da espressione semigergali come «sono nel pallone» o «sto sclerando»). Il professore, se conosce il suo mestiere, probabilmente vi farà chiacchierare un po’, vi rassicurerà, e questo dovrebbe bastare a sciogliere la tensione.

Non chiedete che vi venga ripetuta la domanda per prendere tempo; se realmente non capite, chiedete soccorso magari dimostrando di orientarvi: «Mi scusi, non mi è chiaro se si riferisce a questo aspetto o a quest’altro».

Se vi viene rivolta una domanda cui non sapete rispondere, non azzardate risposte a caso, peggiorereste la situazione; ma nemmeno esaminate tutte le possibilità secondo il modello dei quiz televisivi, specialmente se si tratta di questioni semplici o fondamentali: «Dunque, Cicerone non è vissuto dopo Cristo perché…; ma nemmeno in età arcaica, quindi…».

Se, come è probabile, non conoscete a fondo gusti e pensiero del professore, evitate assolutamente battute di spirito, ironie, soprattutto allusioni politiche e persino complimenti adulatori, che potrebbero risultare sgraditi.

Mentre parlate, tenete presente la voce Linguaggio; e guardatevi dal:

  • discutere con chi vi sta interrogando. Se ci sono stati dei malintesi e non avete preparato, o avete dimenticato di preparare, una parte dell’esame, riconoscetelo e, casomai, chiedete di poter integrare l’esame all’appello successivo. Se il professore vi corregge sbagliando (capita!), lasciate diplomaticamente correre. Se però il presunto errore vi viene rimproverato, e quindi influirebbe sulla valutazione, solo se siete ultracerti del fatto vostro mettete mano al testo di riferimento, consci che si tratta comunque di un rischio se il professore è permaloso. Attenzione, però: anche i libri sbagliano, e il professore è uno specialista;
  • gesticolare. Particolarmente efferato il gesto delle due dita piegate e sollevate a significare «virgolette»;
  • dimenarvi o dondolarvi sulla sedia (e se cadeste adesso?), schioccare le dita, toccarvi i capelli o giocherellare con le ciocche; “tirare su” col naso perché non avete un fazzoletto (capita: provvedete prima tenendone uno pulito in tasca);
  • prorompere in un trionfale «Esatto!» quando il professore interloquisce a correzione o completamento di quanto avete detto voi;
  • usare parole di cui non conoscete il significato o la dizione e che potrebbero ritorcervisi contro (con i miei collaboratori ricordiamo ancora le «piripìzie», con accento sulla terza “i”, dei Malavoglia);
  • alludere en passant ad argomenti che in realtà non controllate (esempio: qualche precedente classico di un testo letterario): il professore, esausto delle solite domande, potrebbe approfittare della variazione (per questo stesso motivo, fatelo se vi sentite ferrati in materia: chi interroga vi sarà sinceramente grato);
  • citare nomi ignoti letti negli appunti (verificate sulla rete o su un’enciclopedia); un caso limite, adesso proverbiale in tutta Italia, davvero capitato a un collega milanese: sentì menzionare da una studentessa «Nino Biperio»; «Così era scritto», l’interrogata si giustificò. Appunto: Nino Bixio. E poi, sempre per nomi ignoti o poco noti, attenzione alle confusioni: la Lettera semiseria di Grisostomo è stata attribuita a Bertolt Brecht invece che a Giovanni Berchet; qualche anno fa, in una prova scritta estiva durante i mondiali di calcio, lo sfortunato paladino Rinaldo divenne in decine di compiti Ronaldo. Ma anche Harry Potter ha mietuto vittime nella Gerusalemme liberata, trasformando Erminia in Ermione.

Nel corso dell’esame, siate autocritici: se l’interrogazione sta andando così-così e voi mirate a un voto alto, ritiratevi: «Mi rendo conto di non essere preparato adeguatamente. Preferisco ritirarmi». E’ vostro diritto, ma a mio parere inutile, e controproducente per il futuro, proseguire stentatamente per poi rifiutare, a esame concluso, un voto medio-basso (vedi:Voti).

Se l’esame procede rovinosamente, ritiratevi, non esasperate il professore con risposte insensate, «Adesso mi sfugge», «Non so cosa mi succede». Se non procede affatto per volontà dell’esaminatore (leggi: siete bocciati), cercate di non discutere e di non abbandonarvi a gesti di stizza; né vi sfugga la pericolosa frase «Beh, ho tentato» (o la variante «Tentar non nuoce»), sicuramente foriera di rimproveri immediati se non di rappresaglie future.

Spesso i professori impiegano delle perifrasi, come «Deve rimeditare/ rivedere la sua preparazione», «Le consiglio di approfondire meglio gli argomenti», «E’ opportuno che si ripresenti», il cui significato è unico: esito negativo. Ci si “ripresenta”, dopo aver rimeditato e approfondito, sempre e solo all’appello successivo («Guardi, non ci siamo proprio. E’ meglio che si ripresenti» «Giovedì va bene?»: risposta ascoltata, di lunedì, da un collega che aveva ripartito gli esami su tutta la settimana).

Quando l’esame è concluso, aspettate il voto (vedi).

Infine: controllate che il verbale e il vostro libretto siano stati compilati correttamente (numero di matricola, crediti, data, voto: in genere il docente stesso o più tardi la segreteria rintracciano l’errore e vi pongono rimedio, se necessario convocandovi, ma è meglio verificare adesso) e firmate (senza troppi ghirigori, senza i vostri quattro nomi di battesimo). Se eravate nervosi e il professore vi ha tranquillizzati, se le lezioni sono state per voi una bella esperienza, o per qualsiasi altro motivo, adesso è il momento di ringraziare.