GUERRA DI SESSO

Guerra di sesso! Chi avrebbe creduto che si doveva arrivare a questo? Eppure ci siamo, e mentre laggiù, nella tranquilla Olanda, i rappresentanti delle nazioni civili si riunivano in un congresso per la pace degli uomini, le donne pensano esse a suscitare una guerra di nuovo genere che per essere incruenta non è meno micidiale, anzi sarà la sola che avrà il potere di distruggere l’umanità, se date le premesse, è lecito spingere le conseguenze fino alla loro logica estrema come vedremo. 

Riassumendo in poche parole la teoria da me esposta nel capitolo precedente, ripeto che l’uomo genio creatore, quanto più ha creato in opere, tanto meno trasmette al figlio, per naturale legge di equilibrio della quale ognuno può cercare da sè antichi e recenti esempi. La parte della trasmissione è invece affidata alla donna che, a sua volta tanto più trasmetterà d’ingegno quanto meno ne avrà impiegato. È dunque desiderabile che la donna abbia ingegno, e molto, ma nello stesso modo che le Vestali avevano il fuoco; per custodirlo e conservarlo all’altare: ogni lavoro intellettuale della donna è un furto all’uomo futuro. 

Nè serve l’obbiezione che quando il capolavoro c’è, importa poco che sia opera maschile o femminile; perchè davanti a due capolavori, l’uno maschile e l’altro femminile, il maschile avrà sempre la forza del suo sesso in più. Dunque la donna che avendo ingegno superiore non lo trasmette qual sacro deposito sacramente custodito al figlio che solo potrà farlo rifulgere nella sua pienezza, fallisce la propria missione e deruba il figlio; e così di furto in furto, propagandosi la mediocrità, il genio verrà estinto per sempre. Ora può darsi che questo sia inevitabile, ma è necessario sapere che si va incontro a ciò. Ci hanno mai pensato i femministi? In tal caso è su questo campo che bisogna portare la discussione se la battaglia deve essere leale. Se non ci hanno pensato, ci pensino, e se è questo che vogliono, lo dicano. 

È verissimo che ogni essere creato subisce la legge di adattamento, tanto che nella feroce smània di mascolinizzare la donna noi vediamo già sparire a poco a poco le linee generali del sesso. Guardiamo per persuadercene i figurini della moda, guardiamo la riproduzione della donna negli artisti ultimissimi dove la disinvoltura e la snellezza a furia di acrobatismi raggiunge la morbosità. Gli attributi materni, che formavano il vanto precipuo della bellezza femminile antica cedono il posto ad una ambiguità androgina intorno alla quale si contorce la smaniosa ansia del nuovo. Non più petto, non più fianchi; qualche generazione ancora, e i posteri sosteranno meravigliati dinanzi alla Venere del Tiziano domandandosi che razza di donne erano mai quelle. Ma resta da provare che vi sia in ciò un miglioramento; perchè questa appunto è la posa più antipatica del femminismo, di voler dar ad intendere che si migliora; mentre tutta codesta agitazione non rivela altro che lo stato convulsionario della società, febbrile, malcontenta, avida, insodisfatta, ammalata, che con dar volta suo dolore scherma. 

La maggior parte delle donne (io lo voglio sperare) che si ubriacano ora colle parole diritti, rivendicazione, dignità, pensiero, lavoro, progresso, sarebbero inorridite dell’avvenire che stanno preparando, se tale avvenire non fosse loro mascherato dai fiori e dalle fronde più inorpellate che abbia mai agitato la retorica. E siccome, pur essendo ardentissimo il palpito che mi muove, fredda e serena parla in me la ragione, non mi illudo menomamente di convertire nessuno. Deve bastare alla coscienza un grido libero e coraggioso. Il tempo farà l’opera sua. 

Consideriamo intanto che in seguito alla soppressione degli attributi femminili, cioè materni, la donna spinta fuori dalla sua orbita rovesciando tutti gli ostacoli nella sua corsa cieca, vorrà sopprimere anche la maternità. Quando ella sia ben convinta di non avere altri obblighi diversi degli obblighi maschili, e quando per la sua educazione, per le occupazioni, per le abitudini sia pareggiata all’uomo, e tolto di mezzo qualsiasi ostacolo morale o religioso, qualsiasi reticenza di pudore, qualsiasi responsabilità sessuale — alle quali cose si deve arrivare infallibilmente — per logica fatale e terribile la donna si rifiuterà a soffrire. Perchè, dirà essa, l’uomo deve avere dall’amore solo diletto ed io tanto dolore? Da questo alla soppressione del figlio non c’è che un passo, e saranno solamente le stolide che porteranno il grave pondo; le intelligenti non ne vorrano sapere. Data tutta ai lavori dello spirito, in tre o quattro generazioni la donna avrà rinunciato al desiderio occulto delle sue viscere; la donna dunque morirà e con essa il mondo. 

Indubbiamente fra le odierne preocupazioni che ci tormentano, questa, che tuttavia non appare, è forse la più seria di tutte; perchè andare incontro alla distruzione della nostra razza divenuta esausta per eccesso di civiltà può essere una suprema legge di natura alla quale convenga inchinarsi; ma esaltare la nostra agonia e fare della morte una apoteosi di progresso, questo poi no. Cotale atteggiamento è sopratutto umiliante per la donna che si presta strumento inconscio alla lugubre mascherata, abbacinata anch’essa al pari dei selvaggi che si fanno marciare in guerra, assordandoli di scoppiettii e agitando dinanzi ai loro occhi drappi variopinti. Si compirebbe così l’oscura profezia dei tempi biblici per cui la donna, l’eterna Nemica, conduce l’uomo alla morte. 

Fin qui la logica. È lecito tuttavia sperare nelle forze segrete della natura che ridona tante volte la vita quando i medici hanno già pronunciato la condanna. Certo se la società è ammalata al punto da avere tutti i suoi organi in isfacelo, i suoi giorni sono contati, non v’ha dubbio; e nello stesso modo che curvi sul cuore di un ammalato ne interroghiamo i battiti per sapere quanto vivrà, la donna che è il centro della vita universale ci darà la misura del pericolo. Esso è appunto grave nell’ora che corre; abbiamo quaranta pulsazioni al minuto. Ma che perciò? La malignità del morbo, i cattivi medici, perfino la cura sbagliata, nulla potranno contro l’imperscrutabile mistero che ci guida. Se la meta è la vita, l’avremo! 

Passata la crisi risorgerà l’inferma più rigogliosa di prima; questo dobbiamo credere per schietta fede nei destini dell’umanità.