4. Quanto conta il self-publishing…

4.1 …negli Stati Uniti…

 

I numeri del self-publishing negli USA registrano una crescita esponenziale. Per la loro analisi, sono stati presi come fonte gli studi Bowker, Agenzia ISBN ufficiale per gli Stati Uniti[1], principale fornitore mondiale di informazioni bibliografiche. Secondo il rapporto per il 2011, stilato sulla base dei libri a stampa presenti nel database, si evince che la produzione di libri cartacei è cresciuta del 6% nel 2011 rispetto all’anno precedente, passando da 328.259 titoli a 347.178. Il dato rilevante per l’ambito del self-publishing è quello secondo cui l’incremento sia stato dovuto principalmente a una forte spinta da parte dei titoli auto pubblicati, senza il conteggio dei quali il mercato si sarebbe mostrato relativamente stabile. Il numero delle loro pubblicazioni nel 2011, sempre secondo la stessa ricerca, ammonta a 148.424, corrispondente al 43% della produzione di titoli pubblicati tramite canali tradizionali, registrando così un aumento del 33% rispetto al 2010 e del 63% rispetto al totale dell’autoproduzione. Alquanto spaventoso è il dato[2], questa volta proveniente dall’indagine Bowker 2014 relativa all’anno precedente[3], secondo cui nel 2013 gli ISBN richiesti all’agenzia da parte delle piccole case editrici (tra cui rientrano quelle che pubblicano meno di 10 titoli all’anno) sono stati 46.654, contro i quasi 400.000 totalizzati attraverso Create Space di Amazon in primis, seguito in ordine da Smashword, Lulu e Author Solutions. Quindi l’incremento delle cifre relative al self-publishing si protrae anche per gli anni successivi: il 2012 vede un incremento del ben 60% di titoli pubblicati rispetto al 2011[4], e per il 2013 la crescita non si arresta, seppure non registrando i record degli anni precedenti con un aumento del 16,5%.
Nel campo dell’autoproduzione di testi elettronici invece si sono registrati nel 2011 87.201 nuovi titoli, con un incremento del 129% rispetto al 2010. Il boom della produzione di self-published ebook però non ha retto nel tempo, anzi si potrebbe parlare perfino di crollo rovinoso, se si cita il dato per cui nel 2013 rispetto all’anno precedente la crescita si ferma solo a un esiguo 1,6%. Quest’ultimo dato potrebbe risultare però alquanto ingannevole, tenendo conto del fatto che nel rapporto Bowker non vengono presi in considerazione i titoli pubblicati attraverso Kindle Direct Publishing di Amazon, che nel settore ha il peso prevalente (così come per l’autopubblicazione cartacea) e che quindi incrementerebbe sensibilmente le percentuali appena citate.
Questi dati non dovrebbero far pensare però a una pratica in declino, ma a una fisiologica battuta d’arresto della crescita del fenomeno che, com’è normale che sia, si sta normalizzando dopo il boom esplosivo dei primi anni. Si deve sempre tener conto che, dalla sua nascita fino all’inizio del 2014, la crescita del numero dei titoli pubblicati in self-publishing è stata del 437%, e che quindi il fenomeno è naturalmente entrato in una fase più matura.
Lo studio Bowker sottolinea anche come la produzione di questi titoli sia in realtà in mano a pochissime ma grandi aziende. Nel 2011 è infatti CreateSpace di Amazon a dominare la porzione di autopubblicazione che riguarda la stampa, con la produzione di 58.412 titoli (corrispondenti al 39% dei libri a stampa autopubblicati). Smashword invece capeggia la produzione di e-book con 40.094 titoli (quasi il 47% del totale delle autopubblicazioni elettroniche). Seguono Author Solution del Penguin Group, con un totale di 47.094 titoli tra cartaceo ed elettronico, e infine Lulu.com, che conta 38.005 titoli. Sono questi quattro giganti a detenere ben il 90% della quota di mercato, e di conseguenza tutti gli altri servizi di autopubblicazione esistenti negli Stati Uniti si dividono un esiguo 10% dello spazio rimanente. A ben vedere, la situazione non si discosta molto da quanto accade per il mercato librario tradizionale, in cui le grosse case editrici occupano la stragrande maggioranza della piazza. Ma il self-publishing è così tanto in espansione che, nonostante alle piccole piattaforme sia lasciato così poco spazio rispetto al totale, la produzione dei libri a stampa dal 2006 al 2011 anche per questi piccoli servizi di autopubblicazione è cresciuta del 74%, percentuale certo minuscola rispetto a quella di un gigante come CreateSpace, che ammonta al 1702% per lo stesso arco di tempo, ma dimostra che in questo settore attualmente tutti possono prosperare, in corrispondente controtendenza rispetto a quello che si sta verificando per l’editoria tradizionale, settore in cui i piccoli editori nella maggior parte dei casi sono destinati a soccombere. *Il trend per gli anni più recenti non cambia: è sempre Bowker a dirci che più dell’80% dei titoli autopubblicati proviene dalle otto compagnie più affermate sul mercato[5]. Quindi il numero dei libri autopubblicati ogni anno negli Usa è cresciuto del 287% dal 2006 al 2012, ed è quindi triplicato, registrando adesso più di 235.000 titoli tra stampe e formati elettronici. L’Agenzia definisce significativamente “drammatica” la crescita di un settore fino a poco tempo fa relegato ai margini dei numeri sulle pubblicazioni, ma è lo stesso direttore di Identifier Services per Bowker, Beat Barbalan, ad ammettere che «il self-publishing è ora supportato da una struttura sofisticata e ampiamente accessibile. Ha fornito a tutti coloro che hanno una storia da raccontare un metodo per condividerla, e così ha livellato il terreno di gioco in una maniera mai vista prima. Questo non è più solo vanity press, il self-publishing è uscito dall’angolino buio e sta percorrendo la sua strada nel mainstream. Storie di notevole successo includono un numero di autori autopubblicati facendo approdare i loro titoli nella prestigiosa lista di bestseller per e-book del New York Times».
Il formato elettronico rappresenta all’incirca la metà delle opere totali autopubblicate in Usa, ma per il costo esiguo rispetto a quello dei libri cartacei, contribuisce solamente all’11% dei ricavi.
A riguardo di prezzi e costi, è doveroso sottolineare che, nonostante i numeri da capogiro che si sono registrati nel settore dell’auto pubblicazione, negli Stati Uniti meno del 10% degli autori che si auto pubblicano riescono a vivere del proprio lavoro. Il successo nel self-publishing è infatti indissolubilmente legato all’attività di promozione che si riesce ad attuare per il libro, quindi alla pubblicità e alla visibilità che si riesce a creare intorno all’autore a all’opera. Il metodo più efficace, che secondo le stesse statistiche aumenta nettamente la probabilità per un self-publisher di rendere la scrittura un lavoro, è quello di dotarsi di un agente, il cui compito nella maggior parte dei casi sarà quello di far approdare lo scrittore e la sua autopubblicazione nel mondo dell’editoria tradizionale.

 

4.2 …in Italia…

 

Il fenomeno dell’autopubblicazione in Italia risulta difficile da rendere numericamente. Sono presenti tuttavia alcuni dati certi, come quello, assai indicativo, dell’Agenzia ISBN italiana, che nel 2011 ha rilasciato 1924 codici direttamente agli autori per auto pubblicazioni. Un altro dato indicativo proviene da un’indagine dell’AIE, che identifica 88 strutture (tra tipografie, service, micro realtà editoriali, piccole case editrici) che offrono possibilità di autopubblicazione agli autori, in versione cartacea ed e-book. In totale, pur se con molta cautela, l’indagine AIE stima i titoli autopubblicati “in commercio” fino al marzo 2012 in 38-40 mila, corrispondenti quindi al 5,5% del totale dei titoli in commercio.
L’AIE ha anche stilato una classifica[6] in riferimento alla distribuzione degli autori italiani autopubblicati nelle varie regioni d’Italia, da cui emerge che la prima regione per numero di auto pubblicazioni risulta essere la Lombardia, con il 19% del totale. Segue subito il Lazio, con il 17,4%, con molto distacco al terzo posto, con un 9,6%, si piazza la Campania, e via di seguito come mostra la figura 4.1. Il grafico 4.2, basandosi sulla divisione per aree geografiche e non per regioni, vede quasi a “pari merito” il centro Italia e il nord-ovest, con rispettivamente il 27,3% e il 27,1%. Al terzo posto troviamo il sud Italia, con il 18,4%, poi il nord-est con il 15%. Tra gli ultimi si piazzano le isole e il Canton Ticino.

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4.3 …e per le case editrici tradizionali

 

La statistica annuale per il 2011[7] dell’agenzia Bowker sulla pubblicazione di libri ha rivelato delle notizie di notevole importanza nel campo editoriale statunitense. L’indagine infatti riporta il dato secondo cui la produzione di titoli non tradizionali ha superato di otto volte i numeri della pubblicazione secondo i canali tradizionali. I nuovi titoli tradizionali per l’anno analizzato ammontavano a 316.480, registrando un incremento del 5% dal 2009, mentre se ne contavano 2.776.260 di non tradizionali. Un divario enorme tra questi due numeri, nonostante sia da tenere in conto che i titoli non tradizionali sono composti in gran parte da titoli auto-pubblicati, ma anche da ristampe di materiale di pubblico dominio. Si deve tenere in conto che la Bowker in questi numeri comprende solo i libri che presentano l’International Standard Book Number (ISBN), e quindi non sono inclusi i titoli autopubblicati sprovvisti di ISBN. Ma ancora più rilevante è l’esclusione da questi numeri dei titoli pubblicati tramite il programma Kindle Direct Publishing, e ciò lascia intuire che se del conteggio facessero parte anche questo tipo di opere, il numero aumenterebbe ancora di molto. Invece dal rapporto prodotto nel 2014 relativo all’anno 2013[8] emerge che la produzione di titoli tradizionali continua la sua decrescita (da 309.957 del 2012 a 304.912 del 2013, quindi del 2%), ma il dato sorprendente è come anche quella di titoli non tradizionali abbia subito un gravissimo dietrofront, calando ben del 46%, e cioè da 2.042.840 titoli del 2012 a 1.108.183 del 2013. Bisogna sempre tener presente che questi non sono numeri relativi unicamente al self-publishing ma anche e soprattutto alle ristampe di titoli di pubblico dominio, e anche e soprattutto, come già accennato prima, che in questi numeri non sono compresi i titoli prodotti da Kindle Direct Publishing, ma ad ogni modo è una controtendenza così marcata rispetto all’anno precedente da non poter essere ignorata.
Sempre secondo il rapporto di Bowker, i titoli non tradizionali sono commercializzati maggiormente sul web. La stima precisa del numero di titoli autopubblicati ogni anno non è molto facile da definire, poiché è in continuo aggiornamento e i servizi di autopubblicazione son molto numerosi, ma i rapporti di Bowker[9] possono essere d’aiuto a fornire alcune indicazioni: tutti i report, dal 2010 al 2014, riportano come primi cinque servizi di autopubblicazione, che sono CreateSpace di Amazon, Lulu Enterprises, Xlibris e AuthorHouse (entrambi questi ultimi divisione di Author Solution). Nel totale, i servizi appena elencati hanno rilasciato 98.792 titoli nell’anno 2010, 172.883 nel 2011, 308.145 nel 2012 e 373.038 nel 2013.
Uno studio empirico portato avanti dall’Università dell’Arizona nel 2008 (quindi prima dell’incidenza dell’e-book sul self-publishing) ha preso in analisi 348 libri campione su un numero totale di 385.173 titoli esistenti in totale da 93 servizi di pubblicazione. Una delle conclusioni dello studio è stata che i generi di libri a stampa autopubblicati fossero molto più diversificati rispetto a quelli delle pubblicazioni a pagamento o vanity press. Molti di questi titoli, infatti, riguardavano argomenti altamente specializzati, destinati ad ambiti ristretti, pertanto penalizzati nella pubblicazione tramite i canali tradizionali (gli insegnati pubblicavano testi per i loro studenti, molti autori pubblicavano libri da diffondere nella loro cerchia lavorativa ecc.). I libri presi in esempio dallo studio erano tutti disponibili on line, ma solo il 27% del campione era presente nelle librerie fisiche. Nel campione, il numero di testi di non fiction superava quello della fiction di quattro volte, e tra la non fiction prevalevano testi che trattavano storie personali, manuali e libri sul fai-da-te. Analizzando i prezzi di 81 libri autopubblicati disponibili su Lulu.com nel 2008, si è riscontrato che il prezzo medio di un tascabile senza codice ISBN era di 14,74 dollari americani, e il prezzo medio per un titolo in brossura con codice ISBN era di 19,95 dollari. Inoltre, si è rilevato che il 40% di libri autopubblicati erano venduti direttamente dagli autori, mentre il restante 60% era venduto direttamente on line. Un altro dato da riportare è quello secondo cui solo pochi libri autopubblicati riescono a vendere molto, mentre la maggior parte dei titoli vende molto poco. Si differenzia in questo senso l’obiettivo delle case editrici tradizionali, che, come dichiara Bob Young mirano ad avere sotto di sé dieci autori che vendano un milione di libri ciascuno, rispetto agli intenti dei servizi di autopubblicazione, che preferiscono un milione di autori che vendano 100 titoli ciascuno. Il team di ricerca dell’università ha analizzato alcuni dati di vendita per una parte del campione del 2008. Si sono presi in analisi 158 titoli aventi il codice ISBN e una classifica di vendite di Amazon, e si sono calcolate vendite tra le 12 e le 54 copie all’anno per 14 libri, tra le 3 e le 10 copie ad anno per 98 libri e due o meno vendite di copie all’anno per i rimanenti 46 titoli.

 

4.4 Classifiche di vendita: fidarsi o non fidarsi?

Quella riguardante le classifiche di vendita del self-publishing è una questione abbastanza controversa, e risulta di conseguenza difficoltoso fornire numeri attendibili. Si usa parlare di vendite che in alcuni casi registrano numeri competitivi, ma non si può attribuire molta credibilità a tali informazioni. Una delle dimostrazioni sulla scarsa attendibilità dei dati, può essere l’interessante esperimento di “guerrilla marketing” progettato e messo in atto da Sergio Covelli del Self-publishing Lab, col fine di cercare di comprendere realmente cosa significhi in numeri di vendita scalare le classifiche nell’ambito del self-publishing. Sergio Covelli ha attuato “l’esperimento” auto pubblicando con Narcissus il suo libro Senza padre e madre, né rimorsi e stabilendo per la vendita il prezzo a 0,99 €. Lo stesso autore, sullo store on line Book Republic ha comprato cento copie del proprio libro spendendo in totale 99 euro, di cui gliene sono rientrati il 65% sotto forma di diritti d’autore. Così la spesa che l’autore-compratore ha dovuto sostenere per l’esperimento è ammontata a 35 euro. L’operazione è risultata formalmente lecita poiché tale store offre la possibilità di effettuare acquisti sotto forma di regali, e quindi l’autore ha semplicemente “regalato” cento copie dei suoi libri. Il giorno dopo il libro è risultato secondo nella classifica degli e-book più venduti su Book Republic, scavalcando i libri pubblicati tramite i canali tradizionali e gli autori più celebri. Dopo questo risultato, l’autore ha riportato il prezzo all’importo originario, ovvero 4,99 €, e ha comunicato, tramite vari social network, la posizione in classifica del suo libro. Alla diffusione della notizia sono seguiti numerosi complimenti, un netto aumento dei “followers” sui social network e un paio di ottime recensioni. Dopo quindici giorni, l’autore ha ricontrollato i dati sulle vendite sulla sua pagina personale, e il risultato è stato un aumento netto delle vendite, da una media di un libro a settimana a quella di uno al giorno. Il grafico seguente, pubblicato sul sito del Self-publishingLab rappresenta la situazione.

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Da questo esperimento è possibile trarre varie considerazioni. Innanzitutto emerge che il valore dei numeri sul mercato degli e-book è ancora inattendibile, tanto che basta comprare un centinaio di copie per arrivare in vetta alla classifica. Inoltre, viene dimostrato anche che i lettori basano i propri acquisti sulle classifiche e, come era già noto ancor prima di questo esperimento, la notorietà si nutre di notorietà, e quindi tanto più un titolo acquista visibilità, tanto più è probabile che essa aumenterà, in quanto si innesca un circolo vizioso che si riflette positivamente sulle vendite, considerando l’aumento delle visite al sito dell’autore, i contatti sui social network, le recensioni e le possibili richieste di interviste. È interessante notare come quest’operazione, svolta da uno sconosciuto self-publisher, possa essere adottata come strategia di marketing anche dalle case editrici, e quindi sottolinea come le classifiche a volte non siano veritiere e possano rivelarsi fuorvianti.

 

4.5 Il self-publishing che rende celebri

 

Sarà che solo il 10% dei self-publishers riesce a vivere della propria scrittura, ma alcuni di loro ci sono riusciti più che egregiamente, registrando vendite da best seller in tutto il mondo.

 

4.5.1 John Locke

 

John Locke è stato il primo autore auto pubblicato a superare il milione di vendite di libri digitali tramite il Kindle Direct Publishing di Amazon. Il traguardo è stato raggiunto il 20 giungo 2011, e la promozione del titolo ha incluso una serie di operazioni astute ma talvolta anche illecite, come si sta per analizzare nello specifico. John Locke comincia a dilettarsi con la scrittura durante il tempo libero che il suo lavoro da assicuratore in Louisiana gli concede. Decide di autopubblicare i lavori e renderli disponibili su Amazon.com. In un arco di tempo ristrettissimo, Locke comincia a vendere una media di ottocento copie al giorno, con una produzione di titoli altissima in tempi estremamente brevi: tre nel 2009 e quattro nell’anno successivo, ai quali succede anche un doveroso saggio, How I Sold 1 million e-books in 5 months, che sfrutta l’ondata di successo riscosso dai suoi romanzi. Ma come ha fatto uno scrittore in erba, affacciatosi nel mondo della letteratura all’età di sessant’anni, a entrare nel prestigioso Kindle Million Club in tempi così tanto rapidi? La risposta può ritrovarsi dall’utilizzo di un insieme di strategie, a partire dal prezzo del prodotto offerto: John Locke, infatti, decide di mettere in vendita i suoi titoli elettronici al prezzo di 0,99 dollari ciascuno, somma estremamente accessibile a qualunque lettore. Poi, ha saputo gestire magistralmente la promozione tramite i social network, svolgendo tutta quella serie di operazioni pubblicitarie raggruppata sotto il nome di self branding, ma non si è fermato qui. Risale all’agosto 2012 un articolo del New York Times[10] che smaschera Locke, accusandolo di essersi servito di recensioni a pagamento. L’autore infatti si sarebbe rivolto a un sito web, Gettingbookreviews.com, fondato da Todd Rutherford nell’autunno del 2010, che ha cominciato con l’offrire la recensione di qualsiasi titolo per 99 dollari, per poi alzare man mano la posta e venderne venti per 499 dollari e cinquanta per 999. Le proteste da parte del popolo del web sono state immediate, tanto quanto i guadagni per Rutherford, che è arrivato a registrare incassi per 28.000 dollari al mese. L’intuizione di fondo è stata tra le più semplici, e cioè quella secondo la quale oramai on line ciò che conta di più per un prodotto sono le recensioni della gente comune, che quel prodotto ha già testato. Vale più di qualsiasi tipo di pubblicità e promozione, poiché innesca un meccanismo di fiducia nei clienti: pretendendo di essere testimonianza di persone reali, offre l’illusione della verità. Ma gli utenti devono essere effettivamente reali e in buona fede, altrimenti la base su cui si poggia questo meccanismo crolla. Se si considera infatti che all’incirca il 20% dei titoli elettronici più venduti da Amazon.com sono autopubblicati, e che nella sua pur breve esistenza la Gettingbookreviews ha totalizzato 4531 recensioni, si può ben intendere quanto il suddetto crollo abbia scoperto notevoli scheletri nell’armadio. Probabilmente se le vendite non fossero state così fortemente influenzate dalle entusiaste recensioni a pagamento, la classifica sarebbe stata ben diversa. Tale sistema si è ritorto contro il suo stesso ideatore che, oltre ad aver subito la chiusura del sito, adesso dichiara di essere diventato scettico nei confronti delle recensioni, a tal punto che, citando le sue stesse parole, «when there are 20 positive and one negative, I’m going to go with the negative».
John Locke ha cominciato a comprare le recensioni nell’ottobre 2011, dichiarando subito in una mail a Rutherford: «I will start with 50 for $1,000, and if it works and if you feel you have enough readers available, I would be glad to order many more». Pochi giorni dopo, nello stesso mese, ha comprato altre recensioni. Locke non ha mai smentito, rispondendo anzi che non c’è niente di male nell’acquistare le recensioni, soprattutto perché egli ha chiesto alla Gettingbookreview di pubblicare recensioni “oneste”, non necessariamente positive. Ma di fatto, la maggior parte delle trecento recensioni che Locke ha pagato erano più che entusiaste, e inoltre l’autore non ha menzionato questo stratagemma tra le strategie adottate per vendere e-book autopubblicati.
Facendo un semplice calcolo, si può ricavare quanto John Locke abbia ricavato dalla vendita dei suoi e-book: il loro prezzo è infatti minimo, e in più Amazon in questo caso trattiene una parte del prezzo di copertina, del quale all’autore rimane il 35%, e quindi solamente circa 35 centesimi di dollaro a copia venduta, per un totale di circa 350.000 dollari. Ma il business degli scrittori di best seller non si ferma al numero di copie vendute. È notizia recente che all’autore sia stato proposto l’acquisto dei diritti di un suo romanzo per girarne un film[11], e per finire, un contratto[12] per l’edizione cartacea con una delle maggiori case editrici statunitensi, la Simon&Schuster.

 

4.5.2 Amanda Hocking

 

Altro nome presente nella lista del Kindle Million Club è quello della scrittrice Amanda Hocking. Nata nel 1984 in Minnesota, ha lavorato presso una casa di riposo, dedicandosi nel tempo libero alla stesura di diciassette romanzi, che ha costantemente ma invano proposto a varie case editrici. Nell’aprile 2010, necessitando di un paio di centinaio di dollari per raggiungere la location di una mostra alla quale desiderava assistere, decide come ultima ratio di tentare l’autopubblicazione su Amazon, senza alcun tipo di aspettativa se non quella di vendere qualche copia fra amici e parenti e recuperare le spese per il viaggio. Ma, con sua grande sorpresa, nei sei mesi successivi alla pubblicazione, al momento di intraprendere il viaggio per la mostra, si è accorta di aver totalizzato una vendita di ben 150.000 copie. E l’ascesa non si arresta qui, poiché fino al gennaio del 2012 la Hocking raggiunge un milione e mezzo di vendite, realizzando un guadagno di circa due milioni e mezzo di dollari. La strategia di vendita della Hocking è stata molto semplice: offrire il primo e-book di una serie a 0,99 dollari per attirare i lettori, e per ogni sequel aumentare il prezzo di copertina a 2,99 dollari, ricavando il 35% del libro dal costo minore, e il 75% dei sequel a 2,99 $. Questo ha portato all’ingresso del suo nome, nel novembre 2011, nel Kindle Million Club, e ha fatto sì che i guadagni milionari della Hocking, semplice ragazza di provincia, diventassero la bandiera dei sostenitori del self-publishing, nonostante la scrittrice non ami essere citata continuamente come dimostrazione dell’efficacia di tale modello di pubblicazione, ma preferisca si parli più del contenuto dei suoi romanzi, del suo talento letterario, insomma, di quello che scrive, e non del come sia diventata famosa. Non si può darle torto: raccogliendo le recensioni su di lei, soprattutto quelle italiane, quasi tutti gli articoli non contengono alcun giudizio sul valore letterario del suo lavoro, bensì sono unicamente focalizzate sul fenomeno che la Hocking rappresenta. La scrittrice si è espressa anche riguardo tutte le incombenze legate all’autopubblicazione, che a suo dire sono state la parte della procedura che meno ha gradito: delle ore passate nel progettare la copertina, dell’editing effettuato sul lavoro (da parte sua stessa, da parte di editor free lance ma anche da parte degli stessi lettori, ai quali Amanda chiedeva puntualmente di evidenziare refusi), nonostante il quale considera ancora i suoi libri pieni di errori, della promozione che ha dovuto effettuare sul suo blog e sui social network. Essere editori di se stessi è considerato ormai dalla scrittrice un lavoro faticoso e difficile, che ha pesato anche emotivamente su di sé. È stato proprio lo stress causato dall’autopubblicazione ad aver portato la Hocking a rivolgersi a un editore tradizionale, che all’inizio le ha rifiutato la pubblicazione vedendo in lei “il nemico”. Ma infine, per più di due milioni di dollari, ha affidato la versione cartacea di alcune delle sue opere alla St. Martin’s Press per gli Stati Uniti, e alla Pan Macmillan in Gran Bretagna. L’autrice arriva anche in Italia tramite Fazi Editore, che nel gennaio 2012 pubblica il primo romanzo della trilogia Trylle, Switched, e nel giugno dello stesso anno il secondo, Torn.

 

4.5.3 Stephen Leather

 

I primi due casi citati riguardano gli Stati Uniti. Rimanendo sempre nell’ambito della lingua inglese, un altro caso che ha fatto scalpore è stato quello dello scrittore britannico Stephen Leather, divenuto in pochissimo tempo il secondo autore britannico in termini di vendite in tutto il mondo sul Kindle store di Amazon. Leather ha lavorato come giornalista per circa dieci anni, dividendosi tra il Glasgow Herald, il Times, il Daily Mail e il South China Morning Post. Rispetto ai due precedenti autori, Leather non si può definire un esordiente, poiché può vantare una carriera letteraria avviata con l’editore Harper Collins, al quale ha venduto i diritti dei suoi primi due libri, e da oltre vent’anni è sotto l’ala di Hodder and Stroughton. È stato proprio quest’ultimo però a essersi rifiutato di pubblicare gli ultimi tre romanzi dello scrittore britannico, giudicandoli troppo brevi e lontani dal suo stile usuale, al tempo stesso deludendo Leather ma creando inconsapevolmente i presupposti per la sua fortuna. Infatti appena prima del Natale 2010, Amazon apre un e-book store su Amazon UK. È proprio in questo momento che Leather mette in vendita un suo libro autoprodotto a 99 centesimi di dollaro appositamente per cercare di raggiungere la top ten di Amazon. Inoltre ha svolto le note operazioni di promozione on line tramite il proprio sito, i propri profili sui social network, i forum più conosciuti ecc. La sua precedente fama ha fatto il resto, ed ecco che l’operazione è ben riuscita: nel 2011 Leather è diventato il secondo autore più venduto nel Regno Unito sul Kindle store, totalizzando la vendita di 500.000 copie. Inoltre, è stato votato da The bookseller magazine come uno delle cento persone britanniche più influenti nel mondo dell’editoria, e all’inizio del 2012 il suo romanzo The Basement ha raggiunto il top della classifica di Amazon anche negli Usa. Ma anche Leather, così come Locke, ha adoperato delle pratiche non del tutto lecite. Infatti si è scoperto che ha creato molteplici identità on line, ovviamente false, per promuovere il suo lavoro, ognuna con la funzione di tessere le lodi di Leather e dei suoi romanzi. Ma l’autore si è fatto prendere un po’ la mano, dato che ad esempio su Twitter si possono leggere frasi come: «Desidererei vivamente essere un narratore eccezionale come Stephen Leather. È meglio di Vince Flynn», o ancora «Il libro che porterei con me su un’isola deserta? Domanda facile. Soft Target di Stephen Leather» e altre frasi che non si risparmiano in (auto)adulazioni. Evidentemente il successo riscosso da Leather deve aver suscitato invidia in altri scrittori di gialli meno noti. Per questo motivo, o per semplice amor di chiarezza, lo scrittore Jeremy Duns ha incalzato Leather con un’intervista[13] dai toni molto aspri, in cui lo accusa di aver “giocato sporco” non solo in merito ai falsi commenti lusinghieri, ma anche a quelli denigratori nei confronti di altri romanzieri del suo stesso genere. Leather durante un intervento a un festival di letteratura gialla tenutosi nel luglio 2012 presso Harrogate, ha ammesso la creazione di account fasulli, ma senza l’intenzione di doversene giustificare, anzi:

 

«I’ll go into several forums, from the well-known forums, and post there, under my own name and under various other names and various other characters. You build this whole network of characters who talk about your books and sometimes have conversations with yourself. And then I’ve got enough fans…
Well, I think that everyone … well, are the readers aware of it? No … But they’re not buying it because of the sockpuppet. What you’re trying to do is create a buzz. And it’s very hard, one person, surrounded by a hundred thousand other writers, to create a buzz. I mean, that’s one of the things that publishers do. They create a buzz. One person on their own, difficult to create a buzz. If you’ve got ten friends, and they’ve got friends, and you can get them all as one creating a buzz, then hopefully you’ll be all right.»

 

4.5.4 Joe Konrath

 

Altro esempio: Joe Konrath, noto nel campo dell’editoria per essere stato uno dei pionieri del formato digitale e dell’autopubblicazione. Analizzare il suo caso potrebbe risultare molto interessante, perché, oltre ad essere un autore altamente prolifico, egli ha reso pubblici i risultati in numeri e in rese economiche della sua produzione, differenziando il formato e-book dal cartaceo e le edizioni tramite case editrici tradizionali da quelle autopubblicate. Lo ha fatto per la prima volta nel 2009, e ha aggiornato i risultati, che si stanno per prendere ora in considerazione, nel settembre 2012.
Formato ebook. Per quanto riguarda gli otto romanzi pubblicati tramite editore tradizionale, egli dichiara di aver venduto 126.366 ebook, guadagnando 130.916 dollari (somma da cui sottrarre il compenso dovuto al suo agente); mentre di ebook autopubblicati, dichiara di averne venduti 632.501 dal 2009, guadagnando 912.138 dollari.
Formato cartaceo. Degli otto titoli pubblicati tradizionalmente, dal 2004 ne sono stati venduti 261.034, per un guadagno totale di 264.527 dollari. Per quelli autopubblicati invece, servendosi di CreateSpace di Amazon ha venduto 12.711 copie dal 2010. Realizzando un guadagno di 37.519 dollari. Una tabella può aiutare a comparare meglio i numeri:

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Certo per commentare al meglio questi dati si dovrebbero considerare ulteriori fattori, come ad esempio il fatto che Konrath abbia considerato il 2012 come anno intero nonostante la raccolta dati si sia fermata a settembre. Ma alcune considerazioni, senza scendere troppo nel dettaglio, sono evidenti e perciò doverose. La prima riguarda la questione ebook contro cartaceo: emerge chiaramente il numero nettamente maggiore di vendita di ebook rispetto al libro stampato, con i guadagni che si discostano considerevolmente, nonostante il prezzo di copertina dell’edizione cartacea sia di norma superiore all’elettronica. La seconda mette in luce che l’autore tramite l’autopubblicazione ha guadagnato quasi il triplo rispetto a quanto non sia riuscito a fare grazie all’editoria tradizionale. Da dati così schiaccianti, Konrath è portato a trarre alcune decise conclusioni: egli definisce l’e-book come «il futuro», e d’altronde è la conferma a quello che da anni profetizza; ma anche, attribuisce ad Amazon l’appellativo di «cavallo vincente», il mezzo tramite cui «si fanno la maggior parte dei soldi». A formare quest’idea c’è il dato, sempre auto dichiarato dall’autore, per cui i suoi titoli in vendita su Amazon hanno guadagnato 885.452 $, cifra che fa impallidire quelle delle altre piattaforme, che seppur raggruppate tutte insieme raggiungono soltanto 64.204 dollari in totale.

Questo avviene per quanto riguarda il mercato librario e gli autori statunitensi e inglesi. E in casa nostra invece cosa accade? Le differenze sono abissali, a partire dal fatto che l’Italia non può “vantare” nemmeno un caso letterario che sappia reggere il confronto con i numeri sopra indicati.
Questo da una parte è matematicamente ovvio, poiché gli Stati Uniti sono un Paese enorme, con una lingua internazionalizzata e un potenziale pubblico di lettori immenso: è frequente che un lettore europeo o asiatico compri libri in inglese, ma è raro che un lettore americano qualunque compri un libro in tedesco o italiano. Questo naturalmente chiude molto i mercati dei vari stati in se stessi, ma non è l’unica causa. Il vero problema, almeno per quanto riguarda l’Italia, è da una parte lo scarsissimo numero di lettori abituali, costantemente in diminuzione, e dall’altra la diffidenza nei confronti delle nuove tecnologie: mentre negli Usa il mercato dell’e-book ha ormai superato quello del cartaceo, in Italia si discute ancora se questa nuova tecnologia si affermerà o meno, ignorando un trend che avanza sempre di più e che ormai è irreversibile.
In ogni caso, proviamo ugualmente a vedere chi in Italia, guardando all’autopubblicazione, è riuscito a guadagnarsi il proprio angolo di spazio.
Un nome da citare è quello di Pietro de Viola, con la differenza però che in questo caso non si tratta di un autore che abbia totalizzato vendite milionarie, anzi, dato che il suo romanzo è stato inizialmente diffuso in rete tramite download gratuiti. L’operazione di Pietro De Viola può essere citata più precisamente come uno dei primi fenomeni editoriali in rete in Italia, un caso del cosiddetto self-branding on line, con la differenza che in questa situazione non si stava cercando di vendere, ma unicamente di promuovere. Pietro de Viola è un ragazzo che nel 2010 apre un blog, stimolando la curiosità su un romanzo in uscita nei mesi successivi, Alice senza niente, scaricabile gratuitamente dalla rete. Il blog mantiene segreta l’identità dell’autore, e ciò contribuisce ad aumentare l’interesse da parte dei followers. Seguono l’apertura della pagina facebook di Alice senza niente, dell’account Twitter, la pubblicazione del book trailer su youtube, e il 12 settembre un comunicato stampa annuncia l’uscita del libro per l’ottobre successivo. Il 29 settembre viene rivelata sul blog l’identità dell’autore, e successivamente viene pubblicato un estratto dal libro. Il 28 ottobre esce l’ebook gratuito, che rimarrà on line fino al luglio del 2011, totalizzando 35.000 download , mentre del fenomeno si parla in molti articoli delle più importanti testate nazionali e l’autore rilascia interviste anche televisive. Nel marzo 2011 Il Fatto Quotidiano annuncia che la casa editrice Terre di Mezzo pubblicherà il libro, disponibile in libreria per il seguente settembre. Pochi mesi dopo l’opera viene indicata dalla rivista Wired[14] come uno dei cinquanta libri imperdibili del 2011, la redazione di Elle[15] lo inserisce tra i cinque libri più belli dell’anno e il forum alfemmminile.com[16] tra i dieci.
Dagli esempi presi in considerazione si possono trarre alcune considerazioni. La prima riguarda le strategie di auto promozione attuate dagli autori: si evince che, a grandi linee, tutti coloro che sono riusciti a totalizzare enormi numeri di vendita, hanno mostrato una conoscenza approfondita delle dinamiche del web, che hanno saputo sfruttare fino in fondo, e senza della quale molto probabilmente le loro opere non avrebbero riscosso neanche la minima parte del successo raggiunto. Quindi, per una così alta diffusione di un’opera autopubblicata, ciò che innanzitutto conta non è la qualità della stessa, bensì il modo tramite cui si riesce a promuoverla. Questo richiede un grosso e costante impegno, e delle competenze di marketing che non sono alla portata di tutti.
Altro punto in comune è la grande quantità dei testi messi in circolazione: gli esempi degli scrittori statunitensi sopra citati, infatti, non ha fatto il loro ingresso nel celebre kindle million club con un solo titolo, ma con molti. Tutti sono degli autori altamente prolifici: i romanzi attualmente presenti sul kindle store che vedono come autrice Amanda Hocking superano la decina (escludendo naturalmente le traduzioni nelle varie lingue). Lo stesso discorso vale per John Locke, e ancor più per Joe Konrath. Una maggiore offerta, infatti, da una parte aumenta le possibilità di vendita, e dall’altra contribuisce notevolmente all’aumento di visibilità nel kindle store. Una volta innescato, questo meccanismo comincia ad alimentarsi da solo e a crescere esponenzialmente, fino a giungere ai numeri a sei zeri riportati in precedenza.
È possibile spendere qualche parola anche anche sul genere in cui queste opere rientrano. Fanno tutte parte del macro gruppo della fiction, ovvero un genere letterario a carattere romanzesco, basato sulla pura invenzione. Quindi niente che abbia a che fare con l’altro macro genere, quello della non-fiction, al quale appartengono i saggi, le biografie, i libri di viaggi, di storia, i manuali e così via. Scavando più a fondo, gli scrittori autopubblicati che siedono sull’olimpo del kindle million club si dedicano alla scrittura di thriller (Locke, Konrath, Leather) e fantasy (Hocking). Questi scrittori avvincono il loro rispettivo pubblico con storie di vampiri e troll nel caso della Hocking, e investigatori dalla dubbia morale negli altri. Questo tipo di generi letterari di solito viene indicato come letteratura di massa o letteratura di consumo, non senza un’accezione negativa che tende a limitare il valore di una produzione ritenuta “minore”, che si vuole distinguere da ciò che di consueto si considera “meritevole” dell’etichetta di letteratura.

 

4.6 Mai trascurare il self-branding!

 

Ricapitolando, il lavoro degli autori che decidono di auto pubblicarsi non può fermarsi alla scrittura di un buon libro, poiché se vogliono vedersi riconosciuta la loro fatica anche in termini economici, il momento più arduo per loro dovrebbe cominciare proprio al momento della fine della realizzazione della propria opera. Infatti la condicio sine qua non per un autore che voglia registrare un discreto numero di vendite è sapersi fare una buona pubblicità o, in altre parole, saper vendere, se stessi e il proprio libro. L’autopubblicazione va a braccetto con l’auto promozione, il self-publishing con il self-branding. Il compito di promozione di un libro è sempre spettato alla casa editrice, che indubbiamente possiede risorse più abbondanti e mezzi più efficaci rispetto al singolo autore. È per questo che una mossa che molti self-publishers tentano è quella di affiancarsi a un agente letterario o una figura professionale esperta in marketing, che svolga per loro e più efficacemente di loro l’operazione della promozione del prodotto. Molte volte però, sono gli stessi autori a conoscere appieno i meccanismi del mondo del marketing, e quindi riescono a ricoprire anche questo ruolo. Non a caso non sono poche le guide on line che illustrano passo dopo passo le strategie più efficaci nella promozione e nella vendita di un’opera autopubblicata.
Ci sono degli strumenti quindi dai quali non si può prescindere per il successo di un libro auto pubblicato. Si tratta ovviamente di mezzi messi a disposizione sul web, e sono, adottando un termine molto in voga se applicato alla rete, “democratici”, poiché sono per lo più gratuiti e disponibili a tutti, e che la maggior parte degli utenti della rete adopera già, anche senza avere la necessità di promuovere alcunché. Ne fanno parte i social network, i blog, i siti personali, i forum. I self-publishers che sono riusciti a emergere e a registrare vendite imponenti lo confermano.
I blog sono lo strumento più usato per la pubblicità del proprio libro, innanzitutto perché in genere uno scrittore tiene un blog, che aggiorna costantemente, e quindi il passo naturale dopo (ma anche prima) dell’uscita del libro è la promozione in questa sede. Curioso è a tal proposito l’elenco stilato dal blogger-scrittore Michael Hyatt di tredici idee per promuovere il proprio libro sul proprio blog[17]. Sono suggerimenti innovativi, atti a stimolare la curiosità del lettore nei confronti del libro, e alcune delle quali prevedono:

 

  • La pubblicazione di estratti dal romanzo: è un escamotage che permette al potenziale acquirente dell’opera di “testare” il prodotto. È un’operazione semplice, che consiste unicamente nel trascrivere un paragrafo, prestando attenzione nel linkare il sito da cui sarà possibile acquistare il libro.
  • Illustrare i retroscena, descrivendo cosa ha spinto l’autore alla scrittura e alla pubblicazione, come si è scelta la caratterizzazione dei personaggi e quali ricerche si sono svolte prima di cominciare la stesura del romanzo.
  • Concedere al lettore di “sbirciare dietro le quinte”, spiegare cosa si prova a essere scrittori, come ci si è sentiti quando finalmente si è trovato un agente e quando per la prima volta si ha avuto in mano una copia con il proprio nome.
  • Effettuare la stessa operazione che avviene quando si visionano le versioni estese di un film, fornendo così la spiegazione della scelta delle scene, quali si sono modificate, quali eliminate e quali aggiunte all’ultimo momento.
    5. Intervistare se stessi, ponendosi le domande che si desidererebbe ricevere.
  • Immaginare un’intervista ai personaggi del romanzo, come se esistessero nella vita reale, o come si fa con gli attori di un film a riguardo del personaggio da loro interpretato.
  • Intervistare altri romanzieri del proprio genere, allargando così anche la propria sfera di contatti nel campo degli stessi “addetti ai lavori”.
  • Offrire suggerimenti ad aspiranti scrittori, consigliandoli sul modo di reperire un agente o di redigere un buon piano di marketing.
  • Scrivere a proposito delle sfide che possono pararsi davanti a un romanziere novello, della sensazione che si prova ad essere rifiutati da un editore, come reagire di fronte a una critica negativa e così via.
  • Offrire ai “followers” più affezionati qualcosa in cambio, come ad esempio la realizzazione di un e-book che comprenda la raccolta degli articoli più letti sul blog, da scaricare gratuitamente o in cambio dell’iscrizione alla propria newsletter.

 

Come già accennato, negli ultimi tempi si sono diffuse una serie di guide su come riuscire ad attrarre i lettori al proprio lavoro auto pubblicato. Basta uno sguardo superficiale per capire che la maggior parte di esse riduce il ruolo dei potenziali destinatari dei titoli a meri clienti, a cui rivolgersi come se si volesse vender loro un prodotto sugli scaffali del supermercato. In alcuni casi si ha addirittura l’impressione che tutti questi guru del marketing prepongano i loro consigli alla scrittura stessa del libro, presentando un’azione che dietro di sé dovrebbe presupporre talento, esercizio, maestria e soprattutto un genuino desiderio di espressione (ovvero la scrittura) come qualcosa che è vantaggioso fare quasi esclusivamente in nome del guadagno economico che potrebbe comportare. Esplicativa una frase del blogger e scrittore Roger C. Parker, che nel suo libro (dal titolo che parla da sé) 99 Questions to Ask Before You Write and Self-Publish a Brand-building Book scrive:

 
«Writing a book is an investment. Books are businesses! Your perspective on writing and publishing a book is likely to change when you view it not as you creative “statement,” but as an investment of time and money that has to earn a payback down the road. Books about topics that your ideal readers aren’t interested in, or solving problems that your readers can live with, are not going to properly reward you–no matter how well written they are.
By taking the time to ask the 7 questions, above, and analyzing your book’s profit potential before you start to write, you can make better decisions as you plan, write, promote, and profit from your book. Your answers will help you save time, make your book easier to write, and increase the likelihood of your book’s achieving your brand-building and profit-building goals.»
 

È chiaro che tipo di consigli l’autore fornisca nel passaggio: considerare di poter scrivere un libro in quanto potenziale fonte di guadagno, scrivere solo se si è sicuri che l’argomento del libro possa essere spendibile, e se non lo si è, abbandonare del tutto l’idea. Un buon modo per tirare fuori il genuino estro da ogni autore!


  1. http://www.bowker.co.uk
  2. http://media.bowker.com/documents/bowker_selfpublishing_report2013.pdf
  3. http://www.bowker.com/news/2014/Self-Publishing-Continues-to-Grow-in-US-Says--Bowker.html
  4. http://www.bowker.com/news/2013/Self-Publishing-Movement-Continues-Strong-Growth-in-US-Says-Bowker.html
  5. http://www.bowker.com/news/2013/Self-Publishing-Movement-Continues-Strong-Growth-in-US-Says-Bowker.html
  6. https://s3.amazonaws.com/iprs/files/attachments/20126/a5327bc7-b2bf-4199-b8e4-d920e02de099__O.pdf
  7. http://www.bowker.com/news/2012/Self-Publishing-Sees-Triple-Digit-Growth-in-Just-Five-Years-Says-Bowker.html
  8. http://www.bowker.com/news/2014/Traditional-Print-Book-Production-Dipped-Slightly-in-2013.html
  9. http://media.bowker.com/documents/bowker_selfpublishing_report2013.pdf
  10. http://www.nytimes.com/2012/08/26/business/book-reviewers-for-hire-meet-a-demand-for-online-raves.html?_r=3&adxnnl=1&pagewanted=all&adxnnlx=1345994717-03vRmbfReRlfLI/Qwvi5iA
  11. http://www.repubblica.it/tecnologia/2011/06/23/news/bestseller_faidate-18098013/
  12. http://artsbeat.blogs.nytimes.com/2011/08/22/e-book-author-signs-print-deal-with-simon-schuster/
  13. http://www.jeremy-duns.com/blog/2014/5/30/some-questions-for-stephen-leather
  14. https://www.facebook.com/134130840011585/photos/a.141706985920637.31562.134130840011585/195255240565811/
  15. http://www.elle.it/Magazine/libri-2011
  16. http://www.alfemminile.com/donne-societa-diritti-della-donna/migliori-libri-2011-d22722c291064.html
  17. http://michaelhyatt.com/13-blog-post-ideas-for-novelists.html