Ait latro ad latronem

«Qualunque cosa possa succedere sarò sempre fiero ed onorato di stringere la mano al cav. Bauchiero ». Testuali parole di Teofilo Rossi nella sua deposizione di avantieri. Confrontatele con queste del colonnello Arango: «Ho molta stima dell’imputato Fasola e solo il giudizio del tribunale potrà far cambiare il concetto che me ne sono fatto». E si capisce la diversa mentalità dei due e il loro diverso modo di concepire l’onore e la fierezza. L’Arango è un qualsiasi galantuomo: ha avuto dei rapporti col Fasola, l’ha sempre ritenuto un onesto: se però dal dibattito tribunalizio risulterà la sua colpa, naturalmente dovrà modificare le sue opinioni. Teofilo no; non è un qualsiasi galantuomo: è un esercente, è un pescecane delle industrie che guadagnano il cento per cento, e perciò «qualunque cosa possa accadere», anche se il Bauchiero sarà dimostrato un volgare frodatore, un miserabile truffatore del pubblico denaro, egli sarà «sempre fiero ed onorato di stringergli la mano».

Ritorna in onore il detto latino da tradurre modernamente: dice il pescecane al suo collega… E Teofilo Rossi ha ben donde di esibire il suo onore e la sua fierezza. In questi giorni si è svolta tra lui e il comm. Aducco dell’Unione zuccherieri una polemichetta assai istruttiva e che fa molto onore all’esercente sindaco di una grande città. Nell’ultima assemblea della Camera di commercio, il conte, per meriti non bene accertati, ha nella sua qualifica di esercente vermuttaio attaccato gli zuccherieri come invece avrebbe dovuto fare in qualità di sindaco, se si fosse preoccupato degli interessi dei suoi amministrati. Ma il comm. Aducco gli ha risposto a dovere, e meglio ancora ha replicato a un tentativo di difesa del povero vinattiere. Ha detto l’Aducco: «Rossi pretende che l’industria zuccheriera gli fornisca, per la fabbricazione del vermouth, dello zucchero raffinato. Ora questo zucchero è appena sufficiente per il consumo interno, e se noi concedessimo al Rossi quanto domanda, una grande quantità di questa qualità di zucchero passerebbe i confini, insieme ai liquori che la ditta torinese esporta su larga scala, realizzando enormi profitti perché lo zucchero è rincarato in tutti i mercati e, come si sa, al confine italiano vengono restituite agli esportatori le tasse di fabbricazione che valgono solo per l’interno». L’industria zuccheriera ha però posto a disposizione del Rossi quanto zucchero bianco cristallino extra è necessario per la sua produzione, anzi il Rossi di esso ne ha accaparrato molte migliaia di quintali. Ma siccome il cristallino costa 148 lire al quintale a Rovigo, mentre il raffinato costa 148 lire a Sampierdarena, per risparmiare qualche soldo nei trasporti il Rossi s’infischia allegramente dei bisogni interni, s’infischia del disagio che la scarsità di zucchero raffinato ha creato fra quelli dei quali egli stesso è amministratore e tutore, pretende e si scalmana per averne e per poter cosí arrotondare le cifre degli attivi dei suoi bilanci, ricorre e denuncia il fatto al ministro delle Finanze, si accorge (santa innocenza) che gli zuccherieri hanno costituito un monopolio, anzi un vero e proprio dispositivo perché essi possono favorire e danneggiare l’una piuttosto (magnifico questo piuttosto) che l’altra delle fabbriche, ecc. Naturalmente non si preoccupa il vermuttaio di Carmagnola che venga danneggiato il consumatore italiano e quindi torinese, piuttosto che la sua fabbrica, e perciò non fa meraviglia che dichiari in ogni caso, e data ogni possibilità, di essere fiero ed onorato di stringere la mano al cav. Bauchiero.

Tre nomi: Rossi, Bauchiero, Aducco. Eppoi si dice che la latinità non ci ha lasciato dei modi di dire utili ed arguti; come quello: Ait latro ad latronem…

(16 aprile 1916).