Atlanti e storie

A me non dispiace vedere che la vita continua imperturbabile anche in tempo di guerra. Anzi ne sono lieto, perché questo continuare nelle vecchie abitudini, questa mancanza di scissura tra il presente e il passato, è una svalutazione della guerra. Dopo che vi siete avvelenati il sangue con la lettura di un paio di giornali, e non siete rimasti ossessionati solo perché ormai il vostro organismo è saturo di bluff, vi fa una certa impressione vedere insomma che c’è ancora chi gioca alle bocce e chi scattina e chi va a far le merende sui prati. Insomma c’è una certa quantità di gente per la quale la guerra non esiste, o, pur esistendo, non rappresenta niente di cosí grande, che possa turbare il pacifico scorrere delle ore. Una passeggiata al Valentino di domenica dovrebbe essere d’obbligo agli studiosi e agli scrittori di storia. Le loro opere future se ne gioverebbero, e come. Perché questa esperienza storica che da due anni stiamo osservando, ci ha procurato, tra le altre, una grande delusione e ci ha fatto diventare pessimisti. Non crediamo piú alle storie del passato. Esse tutte ci fanno ormai l’impressione di enormi, spudorate falsificazioni degli avvenimenti. E il modo ne è semplicissimo: si attribuisce ad un intero secolo ciò che ha potuto fare impressione per un anno, e a un intero anno ciò che ha suscitato l’interesse di un giorno e solo di una determinata categoria di persone. Sicché l’impressione che si ricava da queste poetiche ricostruzioni, è che per due, tre anni, per un secolo talvolta, un popolo intero sia rimasto sulla punta dei piedi, col naso per aria, col cuore in sussulto ad aspettare… Come volete, che con questo po’ po’ d’esperienza che abbiamo acquistato in due anni, si possa ancora credere a certe corbellerie? La guerra attuale non può avere riscontro nel passato; mai la vita sociale, la compagine umana è stata cosí profondamente intaccata. E ci sono i giornali che assillano, che non parlano d’altro, che per forza vi costringono a dedicare una parte del vostro tempo alla cronaca europea. Con tutto ciò non pare davvero che l’umanità se ne stia sulla punta dei piedi e col naso per aria. Basta andare alla domenica, e meglio se è Pasqua, alla passeggiata del Valentino o di qualsiasi altro ameno sito delle cento città d’Italia. Ma bisognerebbe condurci tutti gli occhialuti studiosi e scrittori di libri di storia, e fargliela capire che nel passato le cose dovevano andare su per giú come adesso, e che ormai non riusciranno piú ad ingannare nessuno con le loro fantasticherie.

Le guerre sono sempre state grandi nemiche degli editori di atlanti geografici; ma questa guerra dovrebbe far mandare al macero non solo gli atlanti ma anche tutta la enorme catasta di manuali e manualetti di storia. E poi alla storia dovrebbe sostituirsi la cronologia, e ognuno si rimpolpi le date a secondo che gli pare meglio, attribuendo ai re, ai popoli, agli eroi ciò che meglio gli aggrada, perché cosí sarà sicuro almeno di non essere ingannato dagli altri, ma caso mai di essersi sbagliato.

(25 aprile 1916).