Bilancio

Abbiamo sostenuto questa modestissima tesi. I boy-scouts sono sorti in Inghilterra col fine educativo di abituare i fanciulli alla vita intensa e libera, per sviluppare il senso della responsabilità personale, per abituare i singoli a guidarsi da sé nelle difficoltà dell’azione e a domandare la solidarietà collettiva solo quando interessi collettivi sono in gioco, per educare insomma alla coscienza di una vita sociale in cui i singoli diano il massimo rendimento in una comunità che raggiunga cosí il massimo di intensità produttrice di valori. Sono stati trapiantati in Italia, ed hanno incominciato col diventare mezzo di compressione di coscienze. Niente libertà, niente auto-responsabilità: ma invece, retorica bizantineggiante come scopo dei boy-scouts laici, palestra di funzioni religiose nei boy-scouts cattolici.

Per aver espresso queste «idee», siano pure idee umilissime, ci hanno sgranato questa coroncina di fioretti cattolici: canaglie, ciurmadori, avvelenatori dell’anima popolare, impudenti propagandisti di vigliaccheria e di disonestà politica, civile, e morale, amareggiati da recenti ricordi che disonorano, ignominiosamente scurrili, volgari bestemmiatori, infami senza nome, lanciatori di bava di una insinuazione stupida e disonesta, portatori di stimmate del vizio, retrogradi, dalla voce sozza di fango, di sangue, di sacrilegio, colossi di creta, insultatori della veste nera, odiatori del santo abito.

Per compenso i boy-scouts cattolici sono chiamati, con intelligente errore di stampa, «potatori di Gesú Cristo».

[Cinquanta righe censurate].

(4 settembre 1917).