Constatazioni

Il compagno Zaverio Dalberto è stato trasferito dalle carceri comuni ad un ospedale dipendente dalle carceri. Il provvedimento non è un atto di speciale grazia, non è un favore straordinario. Esistono leggi e regolamenti i quali, direttamente od indirettamente, sono emanazioni della Camera elettiva nazionale. Il carcere non deve mutarsi, in nessun modo, in un patibolo; una condanna alla reclusione, limitata nel tempo, non deve, in nessun modo, diventare condanna alla eterna relegazione nell’oltretomba. È una cosa questa ormai penetrata nel costume, una cosa che appartiene al patrimonio etico delle nazioni civili: ed è diventata legge, e la legge è diventata regolamento. Automaticamente, per via puramente amministrativa, il carcerato infermo dovrebbe essere trasportato nel sanatorio.

Ciò avviene negli Stati dove l’«amministrazione» funziona regolarmente,dove gli impiegati e la gerarchia burocratica esistono per servire la nazione e non per servire gli uomini politici che a volta a volta si sono issati al potere, e non per servire la fortuna politica ed economica di particolari individui, funzionando solo quando è stato introdotto nell’ingranaggio un ventino o un biglietto di raccomandazione.

Il compagno Zaverio Dalberto è stato tolto dalle carceri comuni: la legge, il regolamento non c’entrano. La legge e il regolamento hanno funzionato per lui troppo tardi: la «via amministrativa» era ostruita. La «legge» ha funzionato per il carcerato Cibrario, che non aveva trascorso, come il Dalberto, alcuni mesi di ogni anno nei sanatori, che non aveva come il Dalberto consumato la sua fibra lavorando a organizzare le masse operaie. La «legge» ha funzionato per il carcerato Cibrario, frodatore dei singoli cittadini italiani, volgare ladruncolo dei suoi concittadini; nell’ingranaggio era stato introdotto il ventino o il biglietto di raccomandazione; bisognava tutelare la preziosa salute del carcerato Cibrario, «uomo dell’ordine», «governativo». Per il compagno Dalberto non c’era fretta; cattiva pelle Zaverio Dalberto, uomo pericoloso, questo Zaverio Dalberto, che non truffa, no, i singoli cittadini italiani, che non è un volgare ladruncolo, ohibò, ma è peggio; egli è avversario dello Stato borghese, egli è stato condannato da un Tribunale di guerra per una serqua di crimini tali che al solo pensarci il carcerato Cibrario ne sarebbe incanutito d’orrore. La «legge» non ha funzionato, la legge, garanzia permanente per i cittadini che si vive in un paese civile, garanzia che il carcere non si tramuterà in un patibolo, che la reclusione limitata nel tempo, non diventerà eterna relegazione nei campi Elisi, la legge è rimasta inerte, la macchina non si è automaticamente messa in esercizio. No, ciò non avviene in Italia, dove il dominio della legge non è stato ancora instaurato e vige il dominio del ventino, del biglietto di raccomandazione e della paura; della paura che nasce per gli ordini del giorno votati alla Camera del lavoro.

(30 ottobre 1918).