Il signor Belli di Carpenea ha scritto in tre quarti di colonna della «Gazzetta del Popolo» il documento piú importante sui caratteri essenziali e i fini immanenti della storia italiana di questi tre anni di guerra.
La Consulta araldica, nella sua adunanza tenuta in Roma il 15 luglio, ha stabilito di concedere un titolo nobiliare, riconosciuto ufficialmente dallo Stato, a coloro che si sono resi eccezionalmente benemeriti della guerra. Il signor Belli di Carpenea applaude, ed è sicuro che gli italiani applaudiranno, alla proposta, pensando «quale potente mezzo morale» sia una tale forma di riconoscenza nazionale. Il signor Belli di Carpenea riconosce che il «costume» diffuso in Italia è tale da rendere utile e necessario l’uso di questo mezzo morale; riconosce cioè che l’Italia ha conservato una struttura morale feudale, per cui si presuppone che lo Stato sia completamente fuori dall’ambito della volontà dei cittadini, per cui si presuppone che il «lealismo» dei governanti non dipenda dalla coscienza di essere essi stessi lo Stato, ma dalla fiducia che il servo ha di una equa ricompensa dal padrone per una prestazione d’opera militare.
Ai contadini le terre, ai borghesi (gli eccezionalmente benemeriti sono i borghesi, come si capisce) le onorificenze, ai capitalisti la protezione doganale.
La democrazia italiana è fatta cosí. Guglielmo Ferrero scrive un libro per sostenere la qualità contro la quantità, cioè per sostenere il ritorno all’artigianato contro la produzione capitalistica, alla aristocrazia chiusa della produzione contro il regime della libera concorrenza che rovescia sui mercati i cumuli di merce a basso prezzo per i poveri. I riformisti alla Drago predicano i premi di guerra; gli industriali vogliono la doppia tariffa. La democrazia italiana non esce dall’ambito della ideologia reazionaria propria dei monarchici francesi, dell’ideologia propria a una forma di società non ancora rivoluzionata dall’industria capitalistica, non ancora permeata dei valorosi ideali connessi all’individualismo economico, non ancora trasformata nel costume, piccolo borghese, pecorilmente servile, senza fremiti di iniziativa e di indipendenza. La democrazia italiana è essenzialmente «cattolica» e il suo anticlericalismo non è che bizza di fratello minore che crede la mamma dia maggior piatto di minestra al primogenito.
Perciò lo scritto del signor Belli di Carpenea acquista importanza. La Consulta araldica è il fiore piú vistoso e profumato della società italiana, sostanzialmente feudale e fondata sul privilegio di casta. La guerra darà rigoglio alla Consulta araldica: la Consulta araldica diventerà nuovamente la maggiore istituzione del regno, a maggior gloria e decoro della democrazia italiana, della quale la «Gazzetta del Popolo» è cosí autorevole bandiera.
(22 agosto 1918).