Da Giovannino

Sono capitato in buon punto. Vedo a Porta Nuova «aria ai monti», in automobile, diretto alla stazione centrale. Indubbiamente c’è un arrivo importante. Da cronista zelante mi precipito alla stazione. Arriva Giolitti da Cavour. Sono le 19. Ecco lí «aria ai monti» che scende dall’automobile. Quanti dolci pensieri, quanto desio in quei brevi minuti di attesa! Proprio sette giorni prima, in questa stessa ora di blandizie crepuscolari, «aria ai monti» accompagnava alla partenza l’altro grande ospite. Ora il desio volge altrove. «Aria ai monti» anche stasera è dantesco. Mi faccio dappresso. O sogno o «aria ai monti» mormora veramente non so che cosa. Forse si prepara mentalmente alle espressioni di saluto. Ed ecco il treno. Giolitti scende, alto, gagliardo, franco. Non invecchia costui. «Aria ai monti» gli va incontro; ecco la mano tesa e i piccoli occhi di ramarro infregolito lucidi e ridenti…

— Sai? Ho qui fuori l’automobile…

— Ma come! Come se tu non sapessi che sono solito scendere al Boulogne a due passi dalla stazione. C’è già Guercio che mi attende.

— Già! Ma cosa vuoi… Voglio proprio che si sappia che dopo tutto, sono ancora quegli di prima. La tua amicizia soprattutto… Hai letto il mio discorso?

Giolitti sorride, allunga il passo svelto e forte. Li seguo. Vi garantisco che devono prendermi per un poliziotto.

Giolitti continua a sorridere e dice, questa volta in purissimo dialetto piemontese che io non so trascrivere: — Ho letto, ho letto. Bene! Bene! Hai citato ancora Dante…

«Aria ai monti» dà una strizzatina di occhi come per dire: — Eh! al postutto, Dante è il vicino mio grande.

— Già Dante. Ma quel verso tornava tanto a proposito per Salandra!

Si tratta dello stesso verso che «aria ai monti» incluse in due precedenti discorsi rispettivamente in morte di Graf e di Renier.

— Ma che pensi del mio discorso, del mio, sai?

— Ma è proprio tuo?

— E di chi dovrebbe essere?

— Dunque non è vero che te li prepara un certo letterato…

— Vedo che vuoi scherzare. Sei sempre arguto; non sei mai di malumore. T’invidio… Ma quel Salandra! Mi ha dato dell’amico carissimo, e poi col suo discorso, guarda un po’ che vespaio ha voluto sollevare. Ma è cosí scontroso, sai? … Però, senti Giovannino…

A questo punto «aria ai monti» fa per prendere a braccetto Giolitti. Siamo presso l’automobile. «Aria ai monti» fa cenno allo chaffeur di attendere ancora.

Caso raro! I due personaggi sono passati sotto le tettoie della stazione senza il solito codazzo di curiosi.

— Senti dunque Giovannino, Salandra mi fa capire che… Ah, se non ci fosse quel Frassati, cosí duro con la sua testa di biellese.

Giolitti sorride in modo non dubbio; sorride ironicamente. Allunga il passo e senza attendere la riverenza dello chauffeur sale sull’automobile. «Aria ai monti» lo segue e via verso l’Hôtel Boulogne.

Piú tardi al Boulogne tento un altro avvicinamento. Non attacca. Guercio non può prendermi per un figliuolo di Donvito e debbo andarmene. Di certo so solo che il discorso iniziato all’arrivo del treno tra Giolitti e «aria ai monti» è proseguito al Boulogne per oltre mezz’ora e che un cameriere ha udito tutto o quasi…

Chissà che non riesca a pescar quel cameriere…

(10 febbraio 1916).