Delitto e castigo

Il «Momento», per la penna del signor Antonio Simoni, ha impartito una lezioncina al cittadino Politis, presidente del Consiglio ellenico. Il cittadino Politis si è dichiarato favorevole, in nome dei Danai (il «Momento» ricorda i Danai, temibili anche se fanno regali), alla costituzione di uno Stato israelitico in Palestina, e il cittadino Simoni protesta. Con garbo («Lo creda, il signor Politis…»), ma protesta in nome del codice penale. I numerosi cittadini Isaia, Davide, Assalonne che abitano in Italia, in Francia, in Rumenia, in Germania, in Russia, non sono cittadini come tutti gli altri: essi, i miserabili, sono tutti pregiudicati, sorvegliati speciali, condannati al confino. La loro coscienza si è macchiata di un orribile delitto: essi sono deicidi, hanno 1885 anni or sono ucciso il cittadino Gesú Cristo, figlio di incerto genitore e di Maria di Nazareth, nato a Betlemme e vagabondo senza fissa dimora. Lo hanno ucciso, i miserabili: trascinati innanzi al Tribunale supremo dell’onnipossente Creatore furono condannati al confino senza limiti di spazio e di tempo. La sentenza fu eseguita con implacabile e previdente severità. L’onnipossente e onnisciente Creatore già da cinquecento anni aveva iniziato con solerzia e meticolosità la preparazione della mano d’usciere: la terra di Palestina si isteriliva, e quando l’assassinio del cittadino Gesú Cristo fu consumato, già una buona parte dei futuri carnefici aveva preso la via dell’esilio, conscia del destino che incombeva sulle sue colpevoli teste.

Il cittadino Politis, in combutta con altri cittadini, amanti della chiacchiera piú che dello studio dei reali termini del problema, ha espresso l’intenzione di inoltrare ricorso in appello presso l’Alta Corte della Lega delle Nazioni per reintegrare i nominati deicidi nel territorio dei loro padri antichi. Il cittadino Simoni si leva, pubblico ministero del Creatore, e domanda la conferma della condanna. Chi ha mancato, sia punito. Isaia, Davide, Assalonne e consanguinei hanno assassinato il Dio? Sia dichiarato ridicolo il loro alibi, secondo il quale, nel momento del crimine, essi si sarebbero trovati nella mente del Creatore e non in Palestina, secondo il quale anzi non avrebbero mai sfiorato la terra scellerata. La condanna sia confermata; non possano essi mai riabitare il suolo degli antenati.

Il bello sarà che il cittadino Simoni, quando fra un paio d’anni sarà dai fatti dimostrata irrealizzabile la costituzione di uno Stato israelitico in Palestina, esclamerà trionfalmente: «L’avevo detto io, la condanna continua ad avere effetti legali». Perché il cittadino Simoni, che rimprovera al cittadino Politis di non conoscere la storia di Gesú Cristo, non conosce i libri, per esempio, di Leone Caetani sull’Oriente, dai quali si apprende quanto antica sia la condanna e come non estesa solo alla Palestina.

(21 marzo 1918).