Don Ferrante

Gaspar è ritornato a Torino, e ha tenuto un altro dei suoi applauditi discorsi. Ma Gaspar ha un tantino cambiato il suo armamentario polemico: ci sarebbe impossibile questa volta paragonare la sua attività oratoria a quella di quei frati per i quali Pascal diceva che era piú facile trovare dei frati che delle buone ragioni. Gaspar questa volta ha tenuto a dichiarare che non polemizza coi socialisti. Anzi egli ha fatto di piú: egli ha tenuto a dichiarare che non conosce socialisti italiani, perché non possono esserci socialisti neutralisti, perché non ci sono piú socialisti neutralisti da che è manifesto che questa guerra è guerra alla guerra, che questa guerra è per il diritto e la giustizia, e non vi possono essere dei socialisti che siano contro la giustizia ed il diritto.

Gaspar ha dato un abito logico alla sua attività oratoria. Questa volta non è necessario uscire d’Italia per rintracciare il tipo ideale cui riaccostarlo. Gaspar ultimo parla e vive in un capolavoro italiano; dopo le Lettere provinciali di Biagio Pascal abbiamo dovuto rileggere i Promessi sposi dell’italiano Manzoni: Gaspar vive in Don Ferrante.

Gaspar si trova di fronte al socialismo italiano nella stessa posizione ideale di Don Ferrante di fronte al contagio. Don Ferrante negava il contagio con le stesse argomentazioni logiche con cui Gaspar nega il socialismo italiano. Il contagio non poteva essere, quindi non era. In natura non vi sono che determinate entità, e il contagio secondo Don Ferrante, non possedendo nessuna delle loro qualità, non poteva esistere, quindi non esisteva: non era visibile, non era pesante, non era voluminoso, ecc. non era. E Don Ferrante morí tranquillamente di contagio, convintissimo di essere la vittima innocente di un’ingiustizia, poiché moriva per causa di un accidente non esistente.

Gaspar non verrà ucciso dal socialismo, ma certamente anch’egli un giorno crederà di essere la vittima di un’ingiustizia. E lo sarà. Ma l’ingiustizia sarà in rerum natura che ha organizzato il cervello di Gaspar cosí come era organizzato il cervello di Don Ferrante. Troppa logica, nessuna logica. Troppa precisione, nessuna precisione. Gaspar è imbozzolato; Gaspar si trova preso nelle strette della necessità dialettica dello stolto che per voler essere coerente si arrampica sui rasoi nell’esasperazione della stoltezza.

Perché i socialisti italiani, sentendosi ben vivi, sentendo anzi questa loro vitalità diventare sempre piú espansiva, sempre piú dilagante, ritorcono a Don Ferrante la sua logica. E ragionano: poiché i socialisti non possono essere contro il diritto e la giustizia, e i socialisti italiani sono contro la guerra, necessariamente questa non è la guerra della giustizia e del diritto. È la guerra, la pura e semplice guerra, che ognuno riempie degli attributi specifici che piú gli son cari, ma che solo una forza caratterizza, la forza della classe borghese, che non è ancora sinonimo della giustizia e del diritto. Gaspar è Gaspar, non è neppure in Belgio; anzi la «Patrie Belge» dice che Gaspar non è neppure un individuo, ma è la maschera della massoneria francese. E la «Patrie Belge» conosce Gaspar piú di quanto Gaspar non conosca i socialisti italiani, i quali però, non esistono.

(25 giugno 1917).