Furore dionisiaco

Il cittadino Donato Bachi, che Nietzsche avrebbe preso ed immortalato come modello del perfetto filisteo, si è abbandonato, nelle colonne della «Gazzetta del Popolo», alla furia dionisiaca: ha vendemmiato nelle floride e soleggiate vigne degli opuscoli-appendice alla «Sigaretta», al «420», e ha pigiato, pigiato, tinto di dolcissimo mosto il mento e il crine, rossi i polpacci e le braccia tese a Febo; ha pigiato il «basso, il vile, il servo» popolo tedesco, la «spregevole unnica, gotica, arminica, teutoburgica» razza tedesca. Il cittadino Donato Bachi ha citato i nomi del Sommerfeld, del Frymann, del Bernhardi, di Napoleone, di Orione, del Legien, del Bernstein, del Kautsky, dell’Ostwald, di Federico Neumann, di Federico II, di Goethe, di Schiller, di Heine, di Leibniz, di Kant, di Fichte, di Bach, di Haydn, di Schubert, di Schumann, di Wagner, di Teutobochus, di Mario senza Silla, di Arminio, di Varo, di Treitschke (quanti prontuari degli uomini celebri deve aver pazientemente compulsato il cittadino Donato Bachi), e tutto ciò in due colonne della «Gazzetta del Popolo», tolto il pianterreno di «Chantecoq» e una notizia di cinque righe senza il titolo. Inoltre il cittadino Donato Bachi ha citato il nome di Nietzsche, lo ha difeso da chi in buona parte ne ha travisato le teorie e si è con speciale predilezione fermato su questo giudizio dell’Ecce Homo: «Dovunque giunge la Germania, essa corrompe la cultura».

Il cittadino Donato Bachi disprezza, nell’esaltazione del suo delirio dionisiaco, il popolo tedesco corruttore della «cultura»; vigliacco, basso popolo che s’arrende come uno schiavo frustato, che non vuole piú resistere, che non vuole piú fabbricare armi e munizioni e toglie cosí all’industria nazionale delle forniture militari il diritto di svilupparsi per resistere alla crisi economica del dopoguerra. Vigliacco, schiavo popolo che dove giunge corrompe la cultura. Il cittadino Donato Bachi vendemmia nelle pubblicazioni della cultura nazionale edizione Sonzogno e Nerbini e pigia, pigia, invasato delle dottrine nietzschiane non travisate e bene intese. Aveva ragione Nietzsche; il popolo tedesco è basso, tanto che il cittadino Donato Bachi confonde «cultura», che in italiano significa sapere, con «Kultur», che in tedesco corrisponde alla parola «civiltà»; il popolo tedesco è schiavo, perché — corretto l’errore dell’opuscolo — corrompe, dove giunge, la civiltà dionisiaca ellenica esprimentesi nel trionfo della bellezza e di una gerarchia sociale di eroi e di schiavi, degli eletti per l’intelligenza, la fantasia, la vita etica sublime, e degli strumenti senza anima, senza volontà, senza volontà spirituale; è abietto perché appunto tenta dissolvere una gerarchia sociale superata e arretrata, corrompendo la civiltà degli junker, dei fornitori militari, dei principi, dei burocratici, del Kaiser, eroi dionisiaci che resistendo fieramente, senza flettere, avrebbero permesso all’industria nazionale italiana di svilupparsi e di attingere le cime.

Vendemmia e pigia il pericleo Donato Bachi, seguace del Nietzsche non travisato, vendemmia e pigia, le tempia cinte di pampini, le nude rosse braccia tese a Febo conduttore delle Muse: abietto, schiavo, vile popolo tedesco.

(17 ottobre 1918).