Il giornale-merce

Il giornale borghese è il giornale-merce, quale lo determina la concorrenza commerciale tra i proprietari di aziende giornalistiche. È una pizzicheria, dove una schiera di solerti impiegati affetta, impacca, accumula: formaggi, mortadelle, gelatine, molta patata e poco latte, molto cavallo e poco manzo, molta colla e poco brodo. Non importa: importa solo che ci sia una bella vetrina, molte lampadine accecanti, molti nastri e sbrendoli varicolori. Gli uomini passano e si fermano, abbarbagliati, stupiti: che lusso, che buone cose appetitose, che ricchezza, e tutto per una vilissima moneta. E gli uomini entrano e comprano e se ne vanno soddisfatti del lusso, dei colori, del garbo signorile dei nastri, e degli sbrendoli multicolori: e l’illusione fa inghiottire i cattivi cibi senza nausea, senza vomiti, sebbene il corpo si denutrisca e il cervello si atrofizzi e le idee non facciano piú ressa per esprimersi, ma solo lentamente si avanzino a una a una, come vecchiette grinzose appoggiate al bastone che ogni cinque passi si soffermano per frugarsi le tasche ed estrarre la tabacchiera ed annusare lungamente la presina: senza quel tabacco imbalsamante non potrebbero vivere.

Ebbene, no; il nostro giornale «Avanti!» non può essere un giornale-merce, non può essere una pizzicheria imbottita di tutte le cianciafruscole, adorna di tutti gli specchietti che attirino le allodole; il Partito socialista non è una fiera dove Barnum batte la grancassa per attirare gli ingenui. L’«Avanti!» è giornale unico, senza concorrenti, è il «prodotto» necessario che si acquista perché necessario, perché insostituibile, perché corrisponde a un bisogno intimo, irresistibile come il bisogno del pane per uno stomaco sano. Chi compra l’«Avanti!» non sceglie, non può scegliere: si sceglie tra due cose simili, diverse solo per gradi di perfezione, tra due cavalli, tra due case, tra due bastoni, tra due giornali borghesi.

Ma chi è socialista, chi vuole (vuole, intendiamoci, e non già desidera vagamente o sospira o geme o smania, ma vuole concretamente) che il socialismo informi dei suoi valori morali la società degli uomini, chi vuole la società organizzata in modo che ogni uomo abbia un compito utile ed esso sia il piú acconcio alle sue attitudini, in modo che ogni uomo dia il massimo del suo rendimento e la sua attività sia coordinata all’attività universale in una armonia che elimini ogni sofferenza inutile, ogni dispersione di energia e di spiritualità; chi, già oggi, immerso nella società del traffico mercantile, nella società in cui si fa fortuna sacrificando gli altri, pugnalando la propria madre, prostituendo la propria sorella, tesaurizzando la fame e il sangue degli uomini; chi è socialista ed ha ucciso in se stesso, nei rapporti con i compagni di fede, la frenesia individualistica, la brama di arraffare, arraffare per sé dando del suo il meno possibile — costui non può scegliere tra l’«Avanti!» e un altro giornale, non può confondere l’«Avanti!» con un giornale-merce. Egli sa di essere una parte dell’«Avanti!», parte viva, parte attiva; sa che l’«Avanti!» non è un’azienda capitalistica, i cui azionisti arrischiano il denaro altrui per ricavarne utile proprio con l’inganno e l’illusione della merce appariscente e bene strombazzata, ma rappresenta, già oggi, in piena società mercantile, il principio antimercantile, il principio comunistico, che impone la sincerità, la verità, l’utilità essenziale anche quando paia immediatamente dannosa. Comprare l’«Avanti!» significa pertanto essersi resi indipendenti dalle leggi mercantili del capitalismo, vivere già oggi il comunismo e avvicinare quindi la società comunista.

(27 dicembre 1918).