Mancherà? Non mancherà del tutto? Avremo la tessera del tabacco, o, per dire esattamente, la tessera della possibilità del tabacco?
Non so se Guglielmo Ferrero fumi o annusi. In caso affermativo (lo stimolo del proprio benessere aiuta il pensiero a sdipanarsi meglio) vorrei umilmente supplicarlo di scrivere un libro sull’importanza del tabacco nella storia della società umana e della psicologia dei popoli. Secondo me, il tabacco ha nella storia un’importanza capitale. È il contrassegno unico della civiltà moderna. È documento unico di progresso. È unico segno di distinzione degli individui e delle collettività contemporanee dagli individui a dalle collettività antiche.
Il progresso. Provate a definirlo. C’è progresso intellettuale tra Aristotele ed Emanuele Kant, tra uno schiavo d’Atene e un proletario di Caltanissetta? La capacità di comprendere non è cambiata, la misura dell’intelligenza non è aumentata. È aumentato il numero dei dotti non dei saggi, degli istruiti non degli intelligenti. Il progresso è stato meramente meccanico — e io non lo disprezzo — non è stato progresso qualitativo. Si è imparato a risparmiare, ad economizzare, ecco tutto. Un viaggio di cento chilometri si fa in un’ora, invece che in un giorno, colla ferrovia, invece che colla lettiga, in mille persone servite da cinquanta persone, invece che da una persona sola servita da dieci schiavi. Cambiano i rapporti numerici, non cambiano i rapporti gerarchici, qualitativi. Il Belgio è stato invaso da Guglielmo II coi quattrocentoventi; Giulio Cesare lo invase con la semplice daga dei legionari, espugnò le città con macchine di legno invece che di acciaio. Il fine fu ed è stato lo stesso; gli effetti furono e sono stati i medesimi: morti, distruzione di beni, trionfi.
Gira e rigira siamo persino ritornati agli stessi ordigni; l’accenditore automatico non è che l’acciarino disgrossato e adattato per le persone perbene, che non vogliono riempirsi le tasche di sassi e pezzi d’acciaio. L’amore è sempre ai suoi motivi elementari, la bellezza non ha varcato i limiti contenuti nei canoni alessandrini. Le abitazioni hanno solo un maggior numero di piani, ed è aumentato il numero delle non-catapecchie.
Sempre, in tutte le attività, in tutti i rapporti troviamo il solo fattore numerico. Una diminuzione, o un incremento, mai una novità originaria, un piano superiore totale per tutti, nuovi cardini per l’attività umana.
Unico progresso, unica differenzazione: il tabacco. L’uomo moderno è l’uomo che fuma o che fiuta. Una sensibilità nuova, originale si è aggiunta alle vecchie sensibilità. Kant si distingue da Aristotele, il proletario di Caltanissetta si distingue dallo schiavo d’Atene perché ha fumato (o poteva fumare), perché mastica il mozzicone o fiuta. La civiltà borghese (l’introduzione dell’uso del tabacco coincide col primo nascere della borghesia) non ha altra originalità qualitativa, non ha arricchito l’umanità di altra esperienza originaria. Essa è pertanto la civiltà del tabacco, la civiltà del fumo e del fiuto. La piú diffusa solidarietà è quella che fa esclamare: salute! quando si starnuta. Su questo piano tutti gli uomini sono d’accordo, hanno raggiunto in comunione uno stesso stato d’animo.
Il sociologo potrebbe su questi motivi scrivere un libro utilissimo, sul tipo Fra due mondi di Guglielmo Ferrero. Sarebbe utilissimo davvero perché farebbe riflettere i dirigenti la Regia sulla missione di cui la storia li ha investiti, e il tabacco non verrebbe a mancare agli uomini, gli uomini non correrebbero il rischio di essere sbalzati dalle sublimi vette che hanno raggiunto col sangue di tante guerre, coi patimenti di tante generazioni.
(28 maggio 1918).