Infortunio sul lavoro

Il lattoniere-gasista x. y. era intento al suo lavoro, in un appartamento privato, quando d’un tratto… non gli crollò la volta sul capo, no, e neppure la scala scivolando lo fece cadere al suolo, determinando la frattura di un arto con accompagnamento di ferite lacero-contuse e abrasioni. Niente di tutto ciò. Quando d’un tratto… il padrone di casa, che si era levato dal letto e aveva fatto la colazione, entrò nella stanza da bagno in preparazione.

L’operaio era in camiciotto da lavoro; il padrone di casa si accorse cosí di trovarsi dinanzi ad un «autentico» proletario e ne fu lieto. Egli aveva dormito con saporosa tranquillità e aveva fatto colazione; il cervello era senza nubi, e l’oratoria faceva ressa alle labbra per diventare una buona ed utile concione di propaganda.

Qualche passo su e giú. Qualche sbirciatina al lavoro. Un sorrisetto bonario. Si attacca.

La guerra, la pace; i doveri, la libertà; la patria, l’umanità.

L’operaio ha poca voglia di chiacchierare: non è egli venuto per una precisa e definita opera da compiere? Perché dunque lo si solletica, lo si induce a trascurare il suo compito?

Il padrone di casa ha però una missione da compiere. Egli continua imperterrito, e come era da aspettarselo, arriva il giudizio salomonico: «Francesco Barberis era venduto ai tedeschi; i socialisti italiani sono venduti ai tedeschi».

Cosí avvenne che l’operaio si sentí tirato per certi delicati organi a partecipare alla discussione. E gli fu facile mettere in imbarazzo il suo contraddittore e ridurlo ad ammettere che egli parlava a vanvera, che non sapeva nulla di nulla, non solo di quanto riguarda socialisti e socialismo, ma persino di quanto riguarda la guerra, la pace, i ministri, lo Stato, le forze agenti sugli avvenimenti storici, le volontà reali degli attori della tragedia sanguinosa. Il padrone di casa cominciò a trovarsi a disagio; ahimè, quale sfortuna; colui che egli aveva innanzi e si era proposto di propagandare, non era, no, un «autentico» operaio; egli era un «demagogo», egli era un arruffapopoli, un sobillatore. Se fosse stato un «autentico» operaio avrebbe, le ginocchia della mente chine, ascoltato le sue parole e gli avrebbe dato ragione, con entusiasmo, poiché un «autentico» proletario non può concepire neppur di poter discutere e mettere in dubbio il verbo di un signore che si è allora levato di letto e ha fatto colazione ed ha il cervello sgombro di ogni nube.

E cosí fu che l’operaio il giorno dopo, al mattino, uscendo di casa trovò una missiva padronale che lo dispensava di dare ulteriore corso ai lavori della ditta, perché, ecc. ecc., non è contegno da «autentico» proletario dire no, ma l’autentico proletario deve sempre dire sí, sí.

E cosí è che si fa la propaganda per la libertà, la eguaglianza e la fraternità.

(24 agosto 1918).