La maschera e il volto

Stasi. Chi parla di stasi? Stasi per il movimento socialista; stasi per la propaganda; fermarsi del divenire sociale. Illusioni della realtà, cinematografia della realtà. Non si parla piú di certe determinate cose, non si fanno piú certe determinate cose: le apparenze della storia sono cambiate. Il bianco non vuol dire il nulla; la mancanza di documenti non vuol dire mancanza di storia. Gli avvenimenti che non lasciano di sé testimonianze dirette, hanno la migliore delle testimonianze quando sfociano clamorosamente in un effetto supremo, e si realizzano in esso. Ciò che noi conosciamo quotidianamente della vita è solo la maschera della vita; ci sforziamo di strapparla, questa maschera, di identificare il volto che essa nasconde. Sforzi vani. La maschera è un suggello inviolabile, giorno per giorno. Domani essa cadrà da sé, e noi sapremo ciò che nascondeva. Domani conosceremo ciò che le nostre opere hanno valso, come esse si sono ripercosse nel mondo, gli echi che hanno fatto risuonare. Vedremo di esse gli effetti consolidati, giudicheremo della loro fecondità. Oggi è silenzio, è bianco. Bianco sui giornali, bianco sulle piazze, bianco a Torino su ciò che si fa a Napoli, e a Napoli su ciò che si fa a Torino. Siamo ridotti, in questo grande mondo, a delle piccole molecole di vita, senza porte e finestre attraverso le quali ci arrivino i riflussi delle altre molecole. Ma la vita, raccolta, non è perciò meno vita. Anzi. La storia ha bisogno dì coscienze per realizzarsi. Il raccoglimento crea le coscienze. La mancanza di avvenimenti esteriori nell’avvicendarsi della storia, corrisponde sempre ad un periodo di maturazione di coscienze. La maschera di quei giorni è anch’essa bianca, scialba, inespressiva. Ma passano i giorni sconfortanti, ed appare la faccia radiosa della verità, della realtà. Si grida al miracolo, alla stranezza, i mistici vaneggiano coi loro inni all’inconoscibile. E non c’è miracolo, né stranezza. E non c’è stato sbalzo inspiegabile. Le molecole di nuova vita che erano andate formandosi, ognuna per conto suo senza splendori collettivi, senza scie luminose nel passato, si raggruppano, si avvicinano. È uno scintillare improvviso, che ha dei precedenti, che forse è nella natura stessa degli avvenimenti del mondo. Ma la gente volgare vuole l’ordine, vuole la continuità regolare. Per lei il bianco è il nulla, ci vuole l’evoluzione, ci vuole il progresso. Ha bisogno di vedere il seme deposto nell’humus, il suo sbocciare, il crescere della pianticella, l’erba che si irrobustisce in legno, che diventa albero e dà finalmente i suoi frutti, dolci o di tosto. E non vuole persuadersi che la società non ha di queste leggi determinate. Si meraviglia quando al posto della rosa spampanata, piena di apparente vitalità trova ad un tratto… il garofano rosso, che non aveva dato di sé fin allora testimonianze di vitalità cosí prodigiosamente fulminea. La gente volgare vuole il volto subito, e confonde perciò con esso la maschera attuale. La maschera che, barbarie orrida nel Medioevo, si è rivelata solo nella rigogliosa vita dei Comuni per il lavoro che era stato compiuto nella chiusa cerchia della vita artigiana. La maschera che oggi è il bianco della censura, e sarà domani la nostra trionfante rivoluzione.

(14 gennaio 1917).