La scuola italiana

quale la concepiscono il prof. Arnaldo Monti e i suoi colleghi in massoneria e interventismo non è «scuola», è fenomeno di volgarità spirituale e di bassa cultura.

Il prof. Arnaldo Monti cosí ragiona nel suo cervello angusto: «La scuola è una forza nazionale; la nazione fa in questo momento convergere tutte le sue forze per la vittoria nella guerra in cui è impegnata. Gli scolari non possono andare alla guerra per ragioni di età e di sviluppo fisiologico. Devono però pensare alla guerra, a nient’altro che alla guerra, poiché a niente altro che alla guerra deve pensare tutta la nazione. Per ottenere ciò, io dunque non parlerò ai miei scolari altro che di guerra, farò sí che anche fuori della scuola essi non si occupino che di guerra: consiglierò loro pertanto di dedicarsi al tiro a segno, li condurrò attraverso l’Italia a calcare le polveri fatate dei palcoscenici, promuoverò tra di loro associazioni antidisfattiste, ecc. ecc. ».

Cosí deve ragionare il prof. Arnaldo Monti nel suo angusto cervello, se pure il suo cervello è capace di condurre un ragionamento anche elementare e riesce a trovare nessi di pensiero che non siano i punti esclamativi, gli evviva, i pim pum, indietro, avanti, e simili. Che il prof. Monti cosí ragioni può anche essere scusato. Assumendolo all’insegnamento non gli è stato richiesto una prova di logica, non si è preteso che egli dimostrasse di seguire criteri pedagogici un tantino superiori alle rimasticature dei manualetti della «Biblioteca per tutti» Sonzogno. Non è scusabile che il provveditore agli studi permetta al prof. Arnaldo Monti di tradurre in pratica i suoi ragionari. Il provveditore agli studi dovrebbe controllare se il prof. Armando Monti ottempera ai regolamenti scolastici, se il prof. Armando Monti è disciplinato all’impegno di svolgere opera di insegnante che ha assunto fin dal momento che ha riscosso la prima mesata di stipendio. Il prof. Arnaldo Monti riscuote lo stipendio per insegnare ai suoi scolari le materie dei programmi scolastici nei precisi limiti d’orario fissati dai regolamenti, non per insegnare tiro a segno, arte di recitazione, cento maniere di rompere i vetri e le tasche.

Primo canone di disciplina nazionale è che ogni cittadino adempia scrupolosamente gli impegni assunti verso lo Stato o l’azienda che lo stipendia. E che non si arroghi l’arbitrio di occupare il tempo, che ha impegnato per contratto, in altre attività, anche se queste sono da lui ritenute utili. Se ciò vuole fare, si sciolga dall’impegno assunto, e dia il suo tempo all’attività che crede. Ma non stabilisca arbitrariamente gerarchie d’importanza tra le varie attività, e trascuri la sua specifica per altre occasionali.

[Ventitrè righe censurate].

(9 giugno 1918).