L’ora dei popoli

Il re di Prussia concede ai suoi sudditi diletti il suffragio uguale. Il parlamento inglese concede alle donne dai trenta anni in su il diritto al voto. Il parlamento italiano abolisce… l’autorizzazione maritale. L’ora dei popoli si avvicina. I poteri degli Stati ne sentono vibrare lo scocco, e concedono. Sarà certamente un gran giorno.., quell’ora. I cattolici, che hanno escogitato la formula, già pregustano la gioia di questo affratellamento. E contribuiscono alla democratizzazione del mondo. Anche il loro sovrano si è posto sulla via delle riforme. Anche il loro sovrano, il sovrano per diritto divino per eccellenza, interroga l’anima del suo gregge, accetta il principio del referendum e dell’iniziativa popolare. Un comunicato del Vaticano è di somma importanza come documento di questo nuovo ritmo storico dell’umanità.

Annunziano i giornali dell’«ora dei popoli»: il canone 1247 del nuovo Codice di diritto canonico, che andrà in vigore il 19 maggio 1918, dà l’elenco delle feste cosí dette di precetto: in esse sono comprese nuovamente quelle del Corpus Domini e quella di S. Giuseppe che erano state soppresse da Pio X. Ciò si deve ai replicati inviti rivolti da varie parti alla Santa Sede. Il 19 maggio 1918 nell’orario cattolico sarà adunque la prima tappa verso la nuova èra. Il papa legittimista, il papa che è infallibile per il divino crisma che l’angelica colomba gli ha impartito, accetta gli inviti dei fedeli, cassa con un frego di penna un decreto infallibile di Pio X, riconosce a S. Giuseppe il diritto di far andare all’inferno quei malnati che oseranno non osservare il precetto della sua festa. Non è chi non veda l’enorme portata del canone 1247 del nuovo Codice. Vi aleggia un po’ dello spirito che informa la repubblica greca col presidente ereditario, quale il signor Venizelos ha costituito, ponendo anch’egli una pietruzza alla città di dio che sboccerà, miracolo vivente, nell’«ora dei popoli». Venizelos esplicitamente dichiara che Costantino XII ed ultimo ha abusato del principio legittimista, del diritto divino, calpestando la voce e la volontà del popolo. Benedetto XV non esplicitamente, ma implicitamente, ammette che Pio X ha fallito, non ha interpretato l’anima dei suoi fedeli, concedendo ai malnati di non andare all’inferno se non osservano il precetto della festa per S. Giuseppe. E ha raddrizzato i torti, e ha rimesso nei cardini la verità canonica. L’anima dei fedeli può tranquillarsi, e può gonfiarsi di giòlito. L’èra del legittimismo e del diritto divino in senso assoluto sta per tramontare. Essa si integra con la volontà popolare, e dal contemperamento sboccia la felicità del secolo. Benedetto XV segue e segna egli il nuovo ritmo della storia. Venizelos, Guglielmo II, Lloyd George, Paolo Boselli validamente lo fiancheggiano. Cadono i vecchi scenari: la caserma prussiana ha il voto eguale, le suffragette non ricorreranno piú allo sciopero della fame, i greci venderanno nuovamente fichi secchi e zibibbo all’Inghilterra, le contadine italiane venderanno i «pezzi» della loro dote senza l’autorizzazione maritale, i cattolici di tutto il mondo potranno riuscire ad ottenere che chi non festeggia Santa Rosalia o S. Giuseppe o il Benedetto Cottolengo vada all’inferno. Il mondo si evolve.

[Sette righe censurate].

(19 luglio 1917).