Modernità

Modernità: l’assassinio non commuove, la morte di un uomo non commuove. L’assassinio è solo motivo di curiosità. La conoscenza ha ucciso il sentimento, l’intelletto ha strozzato il cuore. La conoscenza e l’intelletto sotto forma di pettegolezzo, di morbosa necessità di essere informati dei minimi particolari del fattaccio. I giornali speculano sulla curiosità: aspetto eminentemente moderno della speculazione.

Modernità: il sacerdote specula sui legnami, è banchiere, è sensale, è piazzista, è viaggiatore di commercio; è tutto, fuorché sacerdote.

Modernità: l’impiegato ferroviario specula sui vagoni, si serve del materiale amministrato per i suoi affari personali, commercia in legnami, stringe relazioni col sacerdote-commerciante, il quale non ignora che il commercio corre perché un impiegato prevarica.

Modernità: una contessa affitta camere ammobiliate nel suo palazzo gentilizio. L’impiegato ha duecento lire al mese, ne spende seicento per il quartierino ammobiliato nel palazzo gentilizio. Il sacerdote si reca nel quartierino e sa che l’affitta un impiegato a duecento lire al mese. In commercio tutto è naturale e plausibile, anche se commercianti sono i sacerdoti, edelweiss della moralità e della purezza spirituale. Gli affari sono gli affari e giustificano i contatti piú obliqui.

Modernità: l’impiegato ferroviario vuole por termine alla sua carriera, assicurando un patrimonio alla sua vecchiaia. Il lupetto diventa lupo. Il sacerdote non diffida del lupetto. Perché non diffida? Eppure sa che un impiegato a duecento lire al mese, che fa commercio dei vagoni affidati alla sua amministrazione, che spende seicento lire per l’appartamento a Torino, mentre la sua abitazione è Alessandria, non può essere uno stinco di santo. Perché non diffida? Misteri commerciali del sacerdozio.

Modernità: l’impiegato uccide il sacerdote sperando ricavare quattrocento mila lire dal suo delitto. Se nel tempo antico Parigi valeva una messa, certo nel tempo moderno quattrocento mila lire valgono bene la vita di un socio in affari. Il lupetto non tarda modernamente a diventare lupo maturo. Ma qui finisce la modernità. Una contessa affittacamere; un sacerdote commerciante, banchiere, sensale; un impiegato a duecento lire al mese che spende seicento lire per l’appartamento nella grande città; lo scontro belluino. Basta. Il modo è antico: la scure, non il cloroformio o l’ipnotismo. Il lupo è rimasto l’antico, l’antidiluviano lupo in tanto trionfo di modernità: squarta, immerge le mani nel sangue, ed a ciò la gente si interessa, prende gusto. In ognuno della folla è un po’ del lupo che dilata le narici all’acre odore del sangue. E la modernità trionfante soddisfa l’istinto dell’animalità trogloditica.

(18 marzo 1918).