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L’onorevole Bevione ha tenuto una conferenza alla Lega esercenti. Ha parlato della «situazione», della Russia, dell’Italia, e ha parlato anche degli esercenti torinesi. Poveri esercenti torinesi, amareggiati, come ben ha detto il cav. Guglielmi, «dalle ingiuste prevenzioni del pubblico che, per vieto preconcetto, non vuole scindere le colpe di pochi dalla totalità dei commercianti», amareggiati «dalla guerra del Partito socialista, che tenta di portare alle sue cooperative il commercio alimentare ed i relativi utili per le spese alla lotta di classe»! L’on. Bevione li ha ricompensati: ha per un paio d’ore affettato in loro presenza le questioni del giorno, ha pesato sulla bilancia del suo senno politico i fattori della vittoria e della sconfitta. Pizzicarolo dell’italianità, merciaiolo della diplomazia, formaggiaio delle alleanze, l’on. Bcvione si è trovato subito all’unisono coi suoi ascoltatori. La mentalità sua è quella degli esercenti, e questi possono esser fieri e superbi del loro deputato. Il mondo per l’uno e per gli altri è solo una pizzicheria ingrandita, in cui si cerca di frodare il calmiere e rubare sul peso. E i reggitori del mondo, con un coltello unto in mano e un grembiulone di fatica, affettano, affettano: tanto a te e tanto a me, e incartano e segnano a registro.

L’esercente, per l’on. Bevione, è diventato il nume tutelare della resistenza interna. Un compito enorme assegna ai suoi colleghi il pizzicagnolo della politica estera: far resistere il popolo minuto. Tra una vendita e l’altra, tra una protesta e una domanda di credito, il buon esercente dovrà far la predica. Chi meglio di lui conosce l’anima del popolo minuto? L’anima si conosce attraverso lo stomaco: dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. L’esercente è il padrone dello stomaco: diventerà il padrone delle anime, diventerà il guidatore delle coscienze italiane.

Dall’alto del suo banco, la testa confusa tra i salami e i prosciutti appesi al soffitto, parlerà di Federico Barbarossa e degli Unni; nell’atto di scoperchiare un bariglione di salacche ricorderà Alberto da Giussano e gli eroi del Carroccio; col coltellaccio pronto a tirare un fendente sulle terga di un bue squartato, canterà, il buon esercente, le gesta dei paladini e dei crociati; brandirà una cotoletta di porco contro i turchi, e vendendo una candela di sego ricorderà le gesta dei croati.

La guerra vista sotto specie esercentesca, acquista, senza dubbio, in pittoresco e in gustosità. Se gli esercenti seguiranno l’impulso impresso loro dall’on. Bevione, molte cose cambieranno. L’opinione pubblica subirà una metamorfosi. Dalle botteghe oscure, allietate dei profumi piú intensi di merluzzo e di cacio pecorino, uscirà l’Italia rinata ai suoi destini sul Piave e sugli altipiani.

È vero che l’on. Bevione quest’opera di propaganda la ritiene indissolubile «dallo scrupoloso ossequio alla legge», ed è anche vero che il cav. Guglielmi non vuol mai decidersi a render conto dell’attività commerciale svolta prima della sua calata a Torino e della sua carriera di rappresentante dell’illustre e benemerita classe degli esercenti.

(1° gennaio 1918).