Valori

Un agente di borsa, in un giornale italo-francese di Roma, aveva annunziato, con grande sfoggio di entusiasmo lirico-commerciale, il grande evento che si approssimava. L’evento accadde: il figlio unico di un industriale torinese (uno dei «re» dell’industria italiana, proprietario di duecento milioni) si uní in legittime e fauste nozze con una nobildonna romana. Ma allo squillo preventivo degli oricalchi trionfali non segui l’attacco orchestrale. Tutt’altro. Seguirono invece rumorose proteste di gente spaventata: l’insolenza dei nuovi ricchi stimola la «foruncolosi bolscevica»; questa gente che, approfittando di circostanze eccezionali, è riuscita con molta abilità, con poco lavoro e con niente scrupoli a guadagnare milioni e milioni, ha messo su una boria e un’insolenza non affatto minore di quella dell’aristocrazia e non solo butta il danaro, troppo facilmente «intascato», in spese pazze senza accorgersi che intorno a lei il paese soffre angosciosamente di dolori e di disagi; ma pretende anche di essere riverita e inchinata e di portare attorno la tronfia vanità dei suoi biglietti di banca senza che gli onesti protestino e se ne adontino.

Come rappresentanti della «foruncolosi bolscevica», teniamo ad esprimere la nostra opinione sullo scandalo delle nozze tra i duecento milioni torinesi e il blasone romano. E diciamo subito che non siamo stimolati all’odio e al furore, ma invece a una infinita e tenera pietà. Due giovani si sposano, due creature umane uniscono i loro destini? Ma no, sono due valori di borsa che si combinano, che si fondono. Come umanità i due valgono zero: devono essere integrati, devono essere «valorizzati». Egli, per valere qualcosa, ha bisogno di cento milioni, per essere apprezzato deve issarsi su un piedistallo di monete d’oro fino a cento milioni. Ella, anche ella, non vale come umanità, come bellezza, come grazia insostituibile, peculiarmente attuale nella sua personalità, nel suo spirito, nelle sue fattezze insostituibili: anche ella vale se integrata da un titolo, da una tradizione, da un palazzo, da una clientela di parassiti, di adulatori disfattieri, di giornalisti. L’umanità è abolita, l’umanità è offesa: l’umanità è ridotta in cifre, è un gioco di borsa, è il termine di un contratto mercantile. Un matrimonio equivale alla fusione di due istituti di credito o di due aziende industriali, e cosí viene presentato, cosí viene strombazzato dai giornalisti lacchè delle casseforti. L’insolenza, la tronfiezza boriosa è in ciò, piú che nella esibizione dei milioni mal guadagnati: il mal guadagno dipende da tutto il regime, da tutto l’organismo economico-politico. L’insolenza è individuale verso tutti gli uomini come tali. E i poveri borghesi che protestano, non per ciò protestano, ma perché non hanno avuto la mancia, perché non sono stati invitati al pranzo o perché invidiano il vitello d’oro.

Il bolscevismo è specialmente una reazione dello spirito e dell’umanità che vuole essere reintegrata nei suoi valori essenziali, che non vuole piú essere un oggetto di speculazione e di scambio.

(13 giugno 1919).