Vigliaccamente

Sono ormai sette settimane (come nella storia del piccolo naviglio) da che un brivido ghiacciato rattrappisce le ossa, i muscoli, i nervi nostri. Sono ormai sette settimane da che il piccolo naviglio tenente Massimo Rava (presentazione autoprotocollare del tenente Rava Massimo: «un avversario deciso, colla mente e coi muscoli sani», «un rompiscatole soldataccio che ha il malvezzo di scagliar fulmini», «uno scavezzacollo che non è abituato a lasciarsi pestare i calli»), dopo aver difeso il proprio paese contro il nemico esterno, è ritornato al natio luogo (a differenza del prode Anselmo, il prode Massimo è ritornato al suo natio luogo), e subito si ha sentito uno scossone, e subito ha fondato la «Riscossa nazionale», settimanale di riscossa nazionalista, e subito riscosso ha iniziato dal suo blockhouse un fiero lanciamento di fulmini contro il nemico interno, contro il bolscevismo, contro la tirannia rossa, contro lo sbafo socialista, contro le tartine alla crema, contro gli evoluti e coscienti analfabeti, contro tutte le turpi superfetazioni, contro i caporioni del Pus, contro l’Avanti-Indietro! Sono ormai sette settimane da che il fresco tambureggiamento dello strenuo manipolo della morte condotto dal prode Rava ci investe, diritto come la fiamma del lanciafiamme, sicuro come il pugnale dell’ardito, implacabile e asfissiante come la prosa del prof. Vittorio Cian. Sono ormai sette settimane da che intorno alle nostre teste guizzano i muscoli potenti e le vibrazioni delle callosità mentali dell’atleta nazionale Rava Massimo, e un incubo ci opprime e ci par di essere trascinati in una sarabanda di giganti calzati di ferro (poveri noi che abbiam le pantofole), che ci urtano, ci pestano e perentoriamente, romanamente, imperialmente ci impongono, col dito teso del prof. Vittorio Cian: «Autonecrofori, in alto le mani!»

Non ne possiamo piú! Proprio, proprio non ne possiamo piú! Non possiamo piú vivere! Non possiamo piú tradire! Non possiamo piú complottare! Non possiamo piú pugnalare alle spalle l’esercito e la patria! Non possiamo piú fare Caporetto! Non possiamo piú torvamente berciare: ben vengano i tedeschi! Non possiamo piú guastare i magnifici frutti della Vittoria!

Cosa faremo, ohi noi? Cosa ci permette di fare sua callosità il signor tenente Rava Massimo? Ecco: la sua callosità ci permette di essere vigliacchi e noi vigliaccamente ne approfittiamo per ripetere: 1) che il signor Rava Massimo è un tenente ed è un nazionalista; 2) che il signor Rava Massimo viola come tenente la disciplina nazionale che propugna come nazionalista; 3) che il signor Rava Massimo viola la disciplina nazionale nel suo nucleo piú sostanziale e originario quale è costituito dalla disciplina militare; 4) che il signor Rava Massimo, il quale, da buon pappagallo nazionalista ripete le tiritere corradiniane e maurrassiane contro l’individualismo corruttore e antinazionale del liberalismo, non si accorge nella sua callosità di essere elemento di decomposizione e di indisciplina, egli che, soldato, al servizio del potere esecutivo, svolge un’attività che intralcia i lavori dell’istituto al quale è subordinato; 5) che il signor Rava Massimo non è ossequente alla gerarchia e allo spirito di corpo, in quanto, tenente dell’esercito, dirige un giornale politico, polemizza con irriverenti demagoghi e arruffapopoli quali noi siamo e ci stimola a mancargli di rispetto e a ricordare ai suoi superiori che l’attività del tenente Rava Massimo è contraria alle leggi dello Stato, alle quali il tenente Rava Massimo e i suoi superiori hanno giurato fedeltà per il bene inseparabile del re e della patria.

Questo possiamo dire e diciamo perché siamo vigliacchi, perché siamo subdoli e specialmente perché ci fa enormemente piacere che ciò che succede succeda. Rava Massimo, tenente e direttore della «Riscossa nazionale», è un granellino di prova documentata della verità socialista: che il vecchio ordine costituzionale parlamentare è in piena putrefazione, poiché l’indisciplina e l’individualismo hanno profondamente corroso anche il palladio della disciplina e dell’obbedienza: l’esercito. Il tenente Rava Massimo ripete ogni settimana che il socialismo è morto; l’esistenza di Rava Massimo come tenente e direttore di un giornale politico, l’assenza di ogni responsabilità costituzionale nelle gerarchie (!) che detengono ed esercitano il potere sono granellini del mucchio di prove storiche che giustificano lo sviluppo e la espansione dell’idea socialista.

(2 giugno 1919).