Capitolo II

Le pene secondo l'Antropologia criminale—Ammende—Probation System—Manicomii—Stabilimenti degli incorreggibili—Pena di morte.

Ma a parte le critiche gravissime a cui come vedemmo vanno soggette le pene, la massima critica che parte dai nostri studi, sopratutto dopo che l’opera feconda del Ferri, del Garofalo, del Fioretti, del Viazzi, del Sighele, ecc. l’hanno non solo corretti, ma completamente riformati e messi in rapporto colle idee giuridiche, si concentra nella applicazione loro.—Una volta dimostrato che non si può più concepire la pena come un compenso qualunque della società offesa, nè come una specie di scomunica che dei sacerdoti civili infliggano, prendendo d’occhio il peccato astratto più che il peccatore e dimenticando quasi del tutto chi ne fu vittima, quasi che a compenso per i suoi danni dovessero bastare i fastidi più o meno serii del suo danneggiatore, si comprende che essa deve cambiare di indole completamente: e prima che ad ogni altra cosa deve avere in mira non tanto il dolore del reo, quanto il benessere della società, e non tanto il reato, quanto il reo e sopratutto la sua vittima; essendo p. es., enormemente diversa la temibilità, diverso cioè il danno che si può attendere, da un individuo che uccida d’un tratto un uomo dopo una vita completamente onesta e per una causa d’onor offeso o per un ideale morale o politico, che non da chi uccida un altro per derubarlo o stuprarlo, coronando una vita carica di delitti: nel primo caso non occorre quasi una pena, il delitto stesso è sì grave tortura pel reo, che non rinnoverà mai il suo crimine: nel secondo ogni mitezza ed ogni ritardo nel colpirlo è un pericolo grave per gli onesti.

Ben dice Ferri[1]: «È impossibile separare il delitto da colui che lo ha commesso, come è impossibile nella redazione di una legge penale, supporre (come si fa tuttavia) un tipo di uomo medio, che non si riscontra mai nella realtà in nessun imputato. Ora, come vanno le cose? Il giudice ha dinanzi a sè una bilancia: in una delle coppe egli mette il delitto, nell’altra la pena; egli esita allora—diminuisce qui, aggiunge là, dà all’uopo qualche colpo di pollice, cui si dà il nome di circostanze attenuanti; ed ecco più o meno misurata l’adattabilità sociale dell’individuo.

«E la pena come sarà dosata? Si punirà, per esempio, il parricidio, il più terribile dei delitti, con la più terribile delle pene, la morte? Eh sì! La legge organizza questa rimembranza di ferocia! Essa stabilisce di fronte alla scala dei delitti quella delle pene, gli scalini si corrispondono più o meno, si spinge, si raschia—e si giudica senza alcuna preoccupazione psicologica o fisiologica.

«Pronunziata la pena il giudice non si preoccupa se poco dopo quel condannato non gli tornerà dinanzi. Ma durante l’intervallo, che sa mai il giudice dell’esecuzione della pena? Che sa mai dell’effetto prodotto nel condannato dalla privazione della libertà? E per qual motivo colui che è emendato dopo 10 anni di prigione deve scontarne ancora altri 10, e qualche altro escire dopo 5 anni, mentre sarebbe utile che vi restasse ancora?—Il delitto è come una malattia, il rimedio deve essere appropriato all’infermo. È compito dell’antropologia criminale di fissare questa convenienza. Che si direbbe di un medico che fermato sotto la porta di un ospedale dicesse agli ammalati che gli venissero presentati: Pneumonia? Sciroppo di rabarbaro per 15 giorni! Tifo? Sciroppo di rabarbaro per un mese! e poi scorso quel termine lo mettesse, guarito o pur no, alla porta? Partendo dal principio di Cicerone: a natura hominis discenda est natura juris, si distinguerebbero le pene secondo che si abbiano sotto gli occhi le categorie: il delinquente nato, il delinquente alienato, il delinquente per abitudine acquisita, prodotto purulento della società, il delinquente di occasione ed il delinquente per passione.

«Perciò occorre una maggiore proporzionalità e suddivisibilità delle pene e sopratutto una maggiore indeterminatezza, colla sostituzione di altri metodi ai carcerari, specie per le pene brevi e colla mira costante dell’indennizzo.

«Di ogni delinquente[2] per il quale l’atto compiuto e le condizioni personali dimostrino non sufficiente sanzione sociale la riparazione del danno, il giudice dovrà soltanto decretare, nella sentenza di condanna, la segregazione a tempo indeterminato o nel manicomio criminale o nello stabilimento degli incorreggibili o negli stabilimenti (colonie agricole e carceri) per i delinquenti d’occasione, adulti e minorenni. La esecuzione poi di questa sentenza si dovrà precisare appunto per un’opera successiva non staccata, come ora, dall’opera del giudice, ma continuativa di essa, come funzione di difesa pratica e per parte di organi speciali. Le commissioni di esecuzione penale, per l’intervento dei periti antropologi-criminalisti, del giudice, dell’accusatore, e del difensore, insieme ai funzionari amministrativi, rappresenterebbero appunto non già l’abbandono e l’oblio del condannato, come ora avviene, appena pronunciata la sentenza, ma bensì un’opera umana ed efficace di protezione, sia della società, dalle pericolose liberazioni a scadenza fissa dei delinquenti temibili, sia dell’individuo, dall’inutile esecuzione di una condanna, che nel fatto siasi dimostrata eccessiva a suo riguardo personale. Connesso al principio della segregazione indeterminata sta dunque l’istituto della liberazione condizionale» (v. s.).

Pene extra-carcerarie.—Noi dobbiamo possibilmente evitare le ripetute e brevi entrate nella carcere, che abbiamo veduto essere la scuola del crimine, e del crimine più dannoso, l’associato. Esse, come ben dice Aspirall, impediscono ogni cura, rendono impossibile un lavoro continuato, dànno al reo una specie di prestigio sui generis, trovandosene di quelli che si pongono nel berretto il numero delle subite condanne.[3]

«Pare, scrive Krohne (Manuale di scienze penitenziarie), che la maggior parte dei paesi abbia preso per còmpito di mandar in prigione il maggior numero di persone, più spesso che sia possibile e pel minor tempo possibile», e si potrebbe aggiungere: «e col peggior risultato che sia possibile».

Si calcola che in Francia ben 3 milioni di individui avevano passato almeno 24 ore in carcere, e ogni anno 100.000 entrati suppliscono i morti e gli usciti (Ferri).

È una vera leva carceraria.

Bérenger calcolava che si potrebbe esentare dall’isolamento—e noi diremo dalle carceri—più della metà dei condannati su 300.000 e cioè:

57.000 rei per contravvenzioni di dogana, pesca, multe, ecc.,
800 debitori, ecc.,
5.500 stranieri espulsi,
550 che attendono la trasferta,
120.000 per contravvenzioni di polizia.

Pochi giorni di carcere, e il più delle volte scontati in comunione con delinquenti abituali, mentre non possono avere alcun effetto intimidativo, massime coi minimi grotteschi di un giorno o di tre giorni, dei codici penali d’Olanda, d’Italia, ecc., hanno invece degli effetti disastrosi, sia nel togliere ogni serietà all’opera della giustizia, sia specialmente col cancellare nei condannati ogni timore della pena e collo spingerli fatalmente alla recidiva per il disonore ormai incontrato e per i contatti corruttori coi delinquenti abituali nelle carceri stesse (Ferri, o. c.).

Quindi si è presentato spontaneo il problema della sostituzione di altri mezzi repressivi per le condanne per reati leggieri: e dai teorici e dai legislatori si sono escogitati od applicati: gli arresti in casa, la cauzione, l’ammonizione giudiziaria, l’ammenda, il lavoro coatto senza carcerazione, l’esilio locale, le pene corporali: studiamoli.

Pene corporali. Sequestro in casa.—È utile per quanto sia conciliabile colla nostra civiltà, e con le sue non sempre fruttuose delicatezze, sostituire al carcere le pene corporali, come il digiuno, la doccia (in Inghilterra e Norvegia si ristabilì, or ora, la sferza pei piccoli reati, e il Tissot la trova utile), perchè non costose e più graduabili, ed il lavoro coatto.

E così pure l’arresto, il sequestro nel proprio domicilio (che è già applicato nel militare), od in una sala del comune.

Multe. Ammende.—Ma la multa, l’ammenda appare dopo la pena corporale la più proporzionata o graduabile delle pene, e la più utile quando sia resa seria dalla fideiussione, come che, elevandosi per rendersi più sensibile, in ragione della ricchezza, potrebbe contribuire a scemare le enormi spese giudiziarie, e colpendo il reo più moderno, il truffatore, e il reo ricco che più sfugge alla pena, nel punto più vulnerabile, in quello per cui più spesso pencolano al male, e attingendo alla fonte stessa del reato il mezzo di indennizzare la vittima, riescirebbe, forse, anche un vero mezzo preventivo, tanto più che noi vidimo come la quota relativamente maggiore dei rei (Vol. III) si ha fra i benestanti, professionisti ed a scopo di lucro (pag. 305): e così la società che ha sofferto spese e danni pel reato, per l’arresto dell’autore, pel suo giudizio, non dovrà soffrire come fa oggidì anche per la sua detenzione.—Questa pena dovrebbe essere applicata sempre alle colpe contravvenzionali diminuendo così molte carcerazioni; l’art. 254 del Cod. proc. pen. olandese del 1841 stabilisce che, visto il processo verbale che constata le contravvenzioni, l’officiale del pubblico ministero presso il tribunale di semplice polizia fa chiamare il contravventore, il quale può far cessare la procedura giudiziaria pagando il massimo dell’ammenda stabilita dalla legge. Il processo non avrà luogo che in caso di rifiutato pagamento.

Pei delitti minimi ciò potrebbe essere fatto dalla Camera di consiglio di cui si dovrebbero aumentare le attribuzioni. Se la Camera di consiglio ritiene che la pena a cui sarebbe condannato il prevenuto non superi il mese di durata, può stabilire sia sufficiente a far cessare l’azione penale il pagamento di un’ammenda.

Bonneville di Marsangy (o. c.) nota giustamente che l’ammenda è la pena più liberale, più divisibile, più economica, più remissibile, quindi la più efficace, e noi aggiungeremo quella che meglio può indennizzare la vittima.

«È naturale, scrive, che più procediamo più aumenti l’importanza del denaro, perchè con esso ci si può procurare il massimo dei piaceri, e sempre maggiore si fa il numero di quelli che lo sperperano pei loro gusti anche malvagi e perciò più avanziamo, la multa è più utile».

Nè si dica che l’ammenda mal si possa proporzionare: anzi è la pena che di più si proporziona, perchè una giornata in carcere per un gentiluomo non corrisponde in quantità di dolore a un giorno di carcere per un vagabondo, mentre 10.000 lire per un ricco si possono proporzionare a poche lire per un povero.

Si obbietta che sarebbe una pena atavica ricordante le compensazioni, ma in molte cose noi abbiamo dovuto ritornare agli antichi perchè a molte cose gli antichi provvedevano e molte vedevano meglio di noi.

Molti rifiuteranno di pagare e allora si devono obbligare al lavoro:—e se vi si rifiutano inasprire il carcere finchè sia conciliabile, ben inteso, col rispetto alla vita.

Risarcimento.—E con questo si assicura, nel maggior numero dei casi, quel che più deve premere, il risarcimento alla vittima del reato.

«Il risarcimento si deve assicurare anche obbligando gli stessi giudici penali a fissare la liquidazione dei danni, per togliere le lungherie e gli effugi di un nuovo processo in sede civile e obbligando i rappresentanti del Pubblico Ministero a promovere essi, d’ufficio, quando manchi per ignoranza o timore l’azione dei danneggiati, la condanna al risarcimento civile» (Ferri, o. c.).

Il Bonneville de Marsangy propone di accordare perciò all’offeso un privilegio speciale sui beni del condannato.—L’indennità, scrive, deve esigersi dallo Stato, come le spese di giustizia: la grazia deve concedersi solo se il danno sia stato riparato (con responsabilità solidale della famiglia del condannato): sui proventi del lavoro del detenuto deve ritenersi una parte a beneficio dei danneggiati.—La prescrizione deve ammettersi (come fa l’art. 229 del Cod. Pen. Austriaco) soltanto se il danno fu risarcito e il reo non ritenga più alcun utile proveniente dal delitto.

Riprensione e cauzione.—La riprensione giudiziale come sostitutivo di pena nei reati lievi è già ammessa nel nostro e nel codice penale russo, spagnuolo, portoghese, del cantone di Vaud, e nel diritto romano che insegnava: «moneat lex antequam puniat« Al. Fr. 3, § 1, Dig. De officio praefecti vigilum, lib. I, tit. 15, si trova proprio un caso di applicazione dell’admonitio: «et quia plerumque incendia culpa fiunt inhabitantium, aut fustibus castigat eos, qui negligentius ignem habuerunt, aut severa interlocutione comminatus fustium castigationem remittit».[4] Però se essa si capisce per le scappatelle di gioventù, risse, ingiurie ecc., diventa poco seria nei reati anche dei criminaloidi senza la malleveria o cauzione che è una vera ammenda in sospensione. Il magistrato obbliga il colpevole a depositare una somma di denaro, che garantisca la società dalla sua recidività: il deposito si fa per un tempo determinato, scorso il quale, se egli non commise più delitti, gli è restituito. Questo principio è ammesso agli Stati Uniti ed in Danimarca: e certo per le percosse, le ferite, le vie di fatto, le ribellioni e le ingiurie, l’obbligo di depositare una somma, la paura di perderla in caso di ricaduta, giovano a prevenirla meglio di qualche giorno di cella (Oliva).

Anche la malleveria di buona condotta qui giova: «Quando il magistrato, in luogo d’infliggere la pena, richiede all’accusato la malleveria di non turbare la pace altrui, o di serbare buona condotta, o di astenersi da atti determinati, usa ammonirlo che in caso di nuovo reato incorrerebbe in una pena più severa di quella che gli sarebbe stata inflitta per la prima trasgressione»; essa era addottata nel codice spagnuolo; funzionò in Inghilterra sin da tempi più antichi, sotto le forme delle recognizances to keep the peace ed of good behaviour, richieste dal giudice di pace ai malviventi, oziosi ecc., ovvero a chi avesse minacciato un male serio ad una persona, ma sempre in seguito a domanda giustificata di questa; notevole è l’innovazione recata a questo istituto dai Criminal Law Consolidation Acts, 6 agosto 1861 (24 e 25, Vict., c. 96-100), ognuno dei quali contiene un articolo, che accorda facoltà al giudice di imporre la malleveria come pena accessoria nelle condanne per crimine.

Stato di prova. Probation System.—Da qui si fa passaggio a quell’eccellente istituzione preventiva dei rei minorenni ed occasionali che è il Probation system, o stato di prova, in gran uso negli Stati Uniti, sopratutto per i giovani delinquenti.[5]

Un delinquente non recidivo non è messo in prigione, ma è ammonito dal giudice con speciale sentenza che alla prima recidiva sarà condannato ed intanto è sottoposto alla sorveglianza di un agente speciale;—lo State agent—che ha il diritto di sorveglianza sul giovane delinquente per un dato tempo: se esso trova che non riceva nella sua famiglia una educazione conveniente e non vi sia abbastanza sorvegliato, può metterlo in una casa di educazione per ragazzi moralmente abbandonati: se il giovane cade in recidiva, lo State agent lo traduce di nuovo davanti al tribunale, di dove poi è mandato in una casa di correzione.

Questo sistema ha dato così eccellenti risultati nel Massachussets che vi ha ispirato l’idea di estenderlo anche ai delinquenti adulti; idea messa ad esecuzione in una legge del 1878, che istituì, a titolo di prova, un funzionario speciale: il Probation officer; costui ha il dovere di essere informato di tutti gli individui condannati per delitti dai tribunali di Boston e di stabilire, con l’aiuto delle informazioni raccolte, quali sieno i delinquenti di cui si possa sperare l’emenda senza far loro subire la pena; deve poi assistere ai dibattimenti del processo di tutti quelli per cui a lui non par utile nè necessaria una repressione materiale: e dopo aver fatto conoscere i risultati della sua inchiesta, il cui punto principale è di sapere se ha avuto luogo anteriormente una condanna e se non ne sia stata fatta domanda, chiede che il colpevole sia lasciato libero, in prova (on probation). Se il tribunale annuisce, il colpevole è messo in prova per uno spazio di tempo che può variare dai due ai dodici mesi, secondo i casi, alle condizioni, ben inteso, che il tribunale giudica convenienti. La procedura che si tiene è questa: il Probation officer obbligasi formalmente che il delinquente compirà le condizioni imposte: ed acquista fino allo spirare del tempo di prova, il diritto di fare arrestare, in qualunque momento gli paia conveniente, il criminale rilasciato in libertà e tradurlo davanti al tribunale, per fargli subire la pena da cui non era che sospeso: allo spirare del tempo di prova, il Probation officer domanda che all’individuo sia cancellata la pena; tuttavia in certi casi determinati può domandare e ottenere che quel tempo fissato prima sia prolungato. Durante il tempo di prova, l’incriminato deve fare al Probation officer tutte le comunicazioni verbali o scritte che questi esige ed eseguire tutti i suoi ordini.

Il numero degli individui lasciati liberi in istato di prova nella città di Boston durante il periodo dal 1879 al 1883, colpevoli di ubbriachezza, manutengolismo, furti di poca entità, ingiurie e violenze corporali, fu di 2803. Fra questi, 223 che non avevano subito favorevolmente la prova furono ritradotti in tribunale e colpiti dalla pena; 44 hanno preso la fuga senza che si potesse riprenderli.

Nel 1888 su 244 persone messe in prova (di cui 137 per ubbriachezza, 125 per rissa, 18 per ladronecci, 13 per turbolenza), 230 parvero emendarsi.—Senza dubbio molte di queste promesse non furono mantenute, ma in complesso si ottenne veramente l’effetto cercato. L’agente dichiarò che quasi il 95% delle persone sottoposte alla sorveglianza, l’anno precedente, hanno tenuto poi una buona condotta e furono liberate definitivamente: solo 13 riconosciute incorreggibili sono state condannate a subire la pena.

L’esperienza è stata così feconda che una legge del 1880 ne ha esteso l’applicazione allo Stato del Massachussets tutt’intero.

Un sistema analogo è stato adottato in Inghilterra con la legge dell’8 agosto 1887, detto Probation of first offenders act.

Ma mentre in America a garanzia della buona condotta del colpevole si ha il concorso e la cooperazione di un magistrato speciale, del Probation officer, in Inghilterra si ha l’impegno diretto del colpevole, o ai più il concorso interessato, e quindi più efficace di un mallevadore, il quale, è certo sollecitato dal pensiero che ogni nuovo reato renderà esigibile la cauzione. Ma v’è di più: la legge inglese impone che la «messa in prova» sia giustificata da motivi precisi, ciò che non esige la legge americana; più concede al giudice le facoltà di determinare il tempo di prova e decidere senza sentire il parere di altra autorità speciale.

Da una lettera del colonnello Howard, pubblicata da Listz, il numero delle persone che dal 1887 al 1890 vennero così liberate condizionatamente erano 500 col 95% di emenda (Oliva, op. cit.).

Nel Belgio, quest’istituzione—introdotta per legge, nel 1888—diede presto i suoi frutti; infatti nella relazione del 3 luglio 1891, Lejeune dichiarava alla Camera che sopra un totale di 447.070 condannati, 27.504, dopo quella legge vi erano stati sottoposti con solo 578 recidive, cioè il 2%: si trattava di distruzione di chiudende e mobili, ricettazione, truffe e appropriazioni indebite, calunnie e diffamazioni, corruzione di minorenni e lenocinio, offese pubbliche al buon costume, ingiurie, minaccie, attentati al pudore, crimini e delitti di falso, frodi nella fabbricazione e commercio di sostanze alimentari, lesioni personali involontarie, adulterio, appropriazione di cose smarrite, mendicità e vagabondaggio, porto e vendita d’armi proibite, omicidio involontario, violazione di domicilio, coalizione, sparizione d’infante, violenza carnale (tentata), incendio, bancarotta, saccheggio. Eran dunque 21 forme di reati occasionali, di cui 4 pseudocriminali e solo 9 di rei-nati in complesso.

Reati Anno 1888-89 Anno 1890
Lesioni personali volontarie 3830 (27,90%) 3863 (29%)
Furti 2009 (15%) 1800 (12%)
Violenze, resistenze, oltraggi alla autorità 1028 (7,7%) 745 (5,2%)

Anche la Francia ha potuto mettere a prova il nuovo istituto, sebbene per un periodo di tempo molto minore. Il Dumas, direttore degli affari penali, il 26 agosto 1892 presentava una relazione al ministro guardasigilli sui primi nove mesi d’applicazione della legge Bérenger (dal 26 marzo al 31 dicembre 1891).

I tribunali correzionali pronunciarono 11.768 condanne condizionali, di cui 7362 al carcere e 4406 a pene pecuniarie, su un totale di 162.582, delle quali 97.245 al carcere e 65.337 all’ammenda; sicchè le condanne condizionali rappresentano il 7,5% delle condanne al carcere, e il 6,7% di quelle a pene pecuniarie.

Nella Nuova Zelanda e Australia, nel primo periodo di due anni (1886-1888), per quanto risulta da una relazione del ministro della giustizia, i risultati dell’istituto furono ottimi. Di 121 persone, sottoposte a prova, 58 si resero degne del provvedimento, 9 non adempirono agli obblighi imposti, 1 fuggì, e 53 erano ancora in esperimento alla fine del secondo anno, cioè del 1887.

Dal 1º ottobre 1886 al 31 dicembre 1888 nella Nuova Zelanda, secondo la relazione del capitano Hume, la condanna fu sospesa a scopo di prova per 203 persone, di cui 143 dimostrarono il loro ravvedimento, cioè 70%, 10 furono di nuovo arrestate, 5%.

Riformatorio di Elmira.—Un altro modo di applicazione analoga è quello del Riformatorio di Elmira, di cui ci vengono bellissime descrizioni di Winter, di Way, di Ellis[6], creato dal Brockway, sotto l’ispirazione, così egli dichiarava, del mio U. delinquente.

In quel Riformatorio non si mandano, di regola, che i giovani dai 16 ai 30 anni, caduti per la prima volta in un delitto non grave; e un’autorità illimitata è concessa dalla legge al Consiglio direttivo[7], in quanto che un ricoverato può essere rilasciato in libertà condizionale, anche molto prima del tempo stabilito per il reato commesso, quando il Consiglio lo giudichi opportuno. Questo giudizio deve fondarsi sulla convinzione che la resipiscenza del ricoverato sia assicurata; la sola formalità che accompagna il rilascio, è la parola d’onore che egli dà al Sopraintendente; però il Consiglio può abbreviare la durata della espiazione a riguardo dei buoni, non prolungarla.

La conoscenza dell’individuo ricoverato, delle sue condizioni psicofisiologiche, dell’ambiente nel quale è vissuto, delle cause che contribuirono a farlo delinquere, forma lo studio principale del Brockway; e da quella desume i mezzi per ottenere il ravvedimento; che consistono nello sviluppo del sistema muscolare: doccie, massaggi, ginnastica, buona dietetica; nel ringagliardire la volontà, facendo il detenuto padrone di sè e cooperatore della propria liberazione, che gli è accordata appena mostra di essere emendato e di poter bastare a sè stesso.

Il prigioniero, appena arriva, deve fare un bagno, e gli si dà l’uniforme dell’Istituto. Dopo è fotografato, registrato, visitato dal dottore e vaccinato.

Per due giorni vien chiuso in un cella per meditare il suo delitto e prepararsi all’emenda. Il terzo giorno lo conducono dall’Intendente, che fa nel suo temperamento e nel suo carattere tutte le ricerche necessarie per applicarvi il metodo di cura più razionale.

I prigionieri sono divisi in tre categorie:

La prima comprende i buoni;

Nella seconda stanno quelli di mezzo ad experimendum;

E la terza comprende i perversi ed i difficilmente correggibili.

Per questo vi sono nove note distinte per ogni individuo, vale a dire: tre note per la condotta, tre per il lavoro, tre per i progressi nella scuola.

Il prigioniero che ottiene nove note ogni mese per sei mesi, è promosso nella prima categoria e può ottenere la libertà.

Poi l’Intendente colloca il detenuto, secondo le sue tendenze e secondo la sua cultura, in una classe normale o tecnica, in un dipartimento industriale, per abituarlo ad un mestiere; gli fa conoscere nello stesso tempo i suoi doveri, i diritti e le condizioni per cui può ottenere la libertà; gli si affida un mestiere (più di 75% non ne hanno) che gli permetta, dopo la sua liberazione, di guadagnare la vita. E questa è la prima cura della Direzione.

S’aggiunga che la spesa qui è minima perchè i servizi tutti, fino quelli di sorveglianza e di guardia son fatti dai detenuti stessi.

Non si preoccupano dei benefici che possono ricavarsi nello stabilimento. Sopratutto si hanno in vista i vantaggi ulteriori che la società ritirerà quando essi saranno rientrati nella vita.—Si ricerca con cura scrupolosa qual’è la professione per cui essi mostrino più attitudine e che sia più profittevole nel paese in cui dovranno stabilirsi.

Il Brockway stesso stabilisce al principio di ogni mese, tenendo conto delle forze fisiche e delle attitudini di ogni detenuto, la somma di lavoro che egli deve fornire durante il mese, per ottenere la cifra massima delle note favorevoli.

L’insegnamento scolastico comprende l’istruzione generale, e l’apprendimento di un mestiere.

Il detenuto ha ogni settimana due corsi professionali; due sere sono consacrate all’insegnamento scolastico. Restano dunque due sere e la domenica per preparare i lavori.

L’emulazione dei detenuti in quest’ordine di lavori è stimolata ancora da una istituzione veramente originale. Ogni settimana esce ad Elmira col titolo di Summary un giornale scritto esclusivamente dai detenuti. Questo giornale inserisce una rivista degli avvenimenti politici della settimana, presa dai migliori giornali americani; poi vengono le informazioni sulla vita stessa dello stabilimento, sulle conferenze che sono state fatte nel corso della settimana, sul risultato delle prove subite, sulla promozione o la regressione di classe, la liberazione dei detenuti, ecc.

Da un anno ricevo questo giornale, e confesso che nessun giornale giuridico d’Italia e di Francia è così ricco di notizie, specialmente per ciò che riguarda la criminalità.

Oltre l’insegnamento delle materie d’istruzione generale, i detenuti ricevono un insegnamento professionale. Si sono organizzati, pei diversi mestieri, dei corsi, a cui i detenuti prendono parte con grande interesse.

Il passaggio alla prima classe comporta certi vantaggi, specialmente dal punto di vista della corrispondenza, del ricever visite, del poter aver libri, e mangiare ad una tavola comune, mentre gli altri mangiano nelle celle: infine i più distinti possono passeggiare insieme nel prato, e ricevono delle incombenze di confidenza, come, per esempio, la sorveglianza degli altri detenuti.

I prigionieri, come possono guadagnare una categoria con le note buone, possono perderne per la negligenza e la cattiva condotta. In questo caso sono rinviati in terza categoria, e per ricuperare la libertà devono sottomettersi ad un lavoro più duro.

A bella posta si espongono i detenuti di prima classe a tentazioni di diverse specie. E appena dopo sei mesi che le hanno subite, Brockway propone al Consiglio d’Amministrazione di metterli in libertà provvisoria. Il Consiglio avrebbe diritto di rifiutare le sue proposte per proprii motivi speciali, malgrado la buona condotta del detenuto, specialmente quando stimasse che la gravità del delitto commesso renderebbe pericolosa una pronta liberazione; di fatto però autorizza sempre Brockway a mettere il detenuto in libertà.

Tuttavia la liberazione non ha luogo che quando Brockway si è assicurato che il liberato troverà un’occupazione durevole e conveniente.

Quando il detenuto non trova da sè o per merito d’amici questo posto, il Brockway cerca egli stesso di procurarglielo: nè ciò gli è stato mai difficile finora.

L’individuo liberato provvisoriamente deve per sei mesi almeno dar conto della sua condotta sotto la forma che il signor Brockway giudica più pratica secondo i casi, e non riceve la libertà assoluta che dopo un anno di buona condotta.

Concludo: nessuno più di me è caldo partigiano di questa riforma, che è la prima applicazione pratica e seria dei miei studi; ed io credo che lo studio individuale somatico di ogni criminale, l’istruzione non teorica ma pratica ed individualizzata non può non dar dei grandi risultati sui criminaloidi: sopratutto l’abitudine al lavoro in gente che prima ne avea ribrezzo o ne aveva perduto l’abito, le risorse che uscendo hanno a loro disposizione devono essere pei criminaloidi spese per delitti contro la proprietà una salvaguardia alla recidiva.

Ma non credo che, per il delinquente-nato almeno, l’impedimento possa esser costante e durevole. Quando vedo che 49% non hanno senso morale, che 12% hanno abbandonato la casa paterna prima dei 14 anni, o son nati da parenti epilettici, 37% da parenti alcolizzati e che 56% non manifestano nessun pentimento, io non credo con Tallack (Penological and preventive principles) che tutti possano emendarsi completamente mercè una cura di massaggio e di bagni freddi o caldi, congiunti anche alla più solida istruzione ed all’attività maggiore. E questo tanto più quando i ragazzi che sarebbero i più facilmente correggibili sono in minor numero, e i giovani frammischiati agli adulti, ciò che sempre è fonte di pericoli, e tanto più che un numero così grande di ammessi rende difficile uno studio individuale approfondito.

Nè è preciso, infatti, quanto si afferma, che l’83% dei liberati su parola sarebbero usciti emendati nello spazio di 15 anni.

Questa proporzione scema a chi esamina la statistica particolareggiata dei 1722 liberati, la cui durata media di soggiorno fu di 20 mesi; ora di questi 156 si sono fissati in altri Stati, e per ciò furono messi completamente in libertà;

10 sono morti;

128 hanno ancora da render conto della loro condotta, perchè il tempo di prova non è spirato;

185 non hanno libertà che dopo lo spirare del maximum della loro pena;

271 sono stati messi incompletamente in libertà dopo aver dato per sei mesi risultati soddisfacenti in condotta;

126 non hanno dato le attestazioni richieste e non si sa che ne sia avvenuto;

42 sono stati colpiti da altre pene durante il tempo di prova;

79 hanno dovuto essere riammessi nello stabilimento;

25 vi sono rientrati volontariamente perchè avevano perduto il posto nel tempo della prova e non potevano trovare occupazione altrove.

Non contando i 10 morti, sono dunque 533 i non emendati, ed è quindi del 31% (la quota vicina a quella che do dei rei-nati) e non del 17%, la loro proporzione. D’altra parte, la sorveglianza esercitata sugli individui liberati provvisoriamente è così superficiale, che, supponendo recidivati quelli che si son sottratti all’obbligo di render conto della loro condotta, noi ci avviciniamo di più alla realtà dei fatti che non presumendo, come fa Brockway, che tutti quelli che han soddisfatto a quest’obbligo debbano essere considerati come emendati.

Ma con tutte le sue lacune questo è il vero istituto pei criminaloidi—e forse quello solo che possa prevenire e sostituire il carcere per molti rei-nati giovani.

Manicomî criminali.—Un’altra istituzione noi crediamo destinata a meglio conciliare l’umanità colla sicurezza sociale—quella dei Manicomî criminali.

Si può discutere a lungo, da un lato e dall’altro, sulla teoria della pena, ma in un punto ormai tutti convengono: che fra i delinquenti e quelli creduti tali, ve n’ha molti che, o sono, o furono sempre alienati, per cui la prigione è un’ingiustizia, la libertà un pericolo, e a cui mal si provvede da noi con mezze misure che violano ad un tempo la morale e la sicurezza.

Gl’Inglesi, cui la pratica della vera libertà non rese, come noi, cavillosi e ideologi, ma condusse alle riforme per la via più pratica e più corta, hanno già da un secolo tentato, e da sessantasei anni quasi riuscito, a colmare dal lato più spinoso questa sociale lacuna coll’istituzione dei manicomî criminali. Forse a questo passo s’indussero più facilmente anche grazie alla speciale struttura del loro governo. Un paese, che è monarchico ad un tempo ed oligarchico, che ama il suo re come un simbolo, e che, come l’antica Roma, ha nei suoi Lordi un vero senato di Re, un paese in cui la libertà ha un campo sconfinato d’azione, e la giustizia preventiva uno assai limitato, offre ai colpi degli alienati omicidi, religiosi, ambiziosi, che mirano sempre a chi è più in grido, un fianco troppo aperto perchè non si dovesse provvedervi: quando non solo il re, ma quasi tutti coloro che più influivano sui destini e sulle fantasie popolari, Drummond, Peel, Palmerston, furono spenti od assaliti da pazzi, comprese che grande pericolo incontravasi lasciando questi fantastici nemici in piena libertà o solo reclusi in manicomî, donde avrebbero potuto uscire tanto più facilmente che dai processi stessi risultava come, quando si astraeva dal delirio politico od omicida, quegli sciagurati ragionavano, fin troppo, lucidamente. Si venne, quindi, prima (nel 1786), al mezzo termine di confinarli in un apposito comparto di Bedlam, donde non potevano uscire senza il beneplacito[8] del gran cancelliere. Nè questa misura poi bastando, nel 1844 lo Stato si assunse di mantenerne 235 in uno stabilimento privato a Fisherton House.

Ma crescendo sempre più la triste schiera di quegli infelici, si finì coll’erigere dei manicomî speciali a Dundrum per l’Irlanda nel 1850, a Perth per la Scozia nel 1858, a Broadmoor nel 1863 per l’Inghilterra; e l’accoglienza vi fu regolarizzata da nuovi decreti[9], ordinandosi di ricevervi non solo coloro che avessero commesso un delitto in istato di pazzia, o che fossero impazziti durante il processo, ma anche tutti quei carcerati che, o per alienazione o per imbecillità, fossero incapaci di sottostare alla disciplina carceraria; questi ultimi sono divisi dagli altri in apposite sezioni; e se guariscono ritornano in carcere, gli altri rimangono fino ad ordine regio; tutti hanno a guardiani uomini fidatissimi, riccamente retribuiti, militarmente disciplinati; essi vi godono, salvo le precauzioni maggiori per prevenire le evasioni, di quasi tutti quegli agi di cui sono larghi gli Inglesi agli alienati: lavoro nei campi e nei giardini, biblioteche, bigliardi. Il numero di questi maniaci criminali e pericolosi andò sempre più crescendo; e noi vidimo (Vol. II) che erano aumentati a 1244 nel 1868[10]. Eppure i filantropi inglesi non credono che ancora si sia fatto abbastanza, e si lagnano che giacciono ancora nelle carceri molti che dovrebbero essere in quei manicomî.

In America, l’omogeneità della razza e degli studi, l’uguale tendenza alle riforme pratiche fece sorgere da pochi anni simili istituzioni; un grandioso manicomio criminale è annesso al celebre penitenziario di Auburn, un altro sorse nel Massachusetts, un altro nella Pensilvania.

Ora io mi chieggo: è egli possibile che un’istituzione che fu trovata utile dalla nazione più oligarchica e dalla più democratica; una istituzione, la quale, una volta fondata, si andò ampliando per modo da sestuplicare in ventiquattro anni, senza che perciò abbia sembrato colmare appieno la triste lacuna; è possibile, dico, che una tale istituzione sia un puro oggetto di lusso, un capriccio anglo-sassone, e non risponda invece ad un bisogno sociale, così che noi dobbiamo desiderare che venga trapiantata e diffusa per tutti e che fra noi assuma non più la larva di un carcere, ma vera e solida esistenza giuridica?

Che se in Italia e Francia appare dalla statistica ufficiale assai minore il numero degli alienati criminali, ciò ben si capisce; non essendosi fatta strada nel pubblico l’idea che una gran parte delle azioni delittuose muova da un impulso morboso, molti di quelli passano per pigri, riottosi, perversi, e non per alienati; che se la pazzia vi fu riconosciuta pel movente unico del reato e annullò ogni procedimento, l’autorità non se ne preoccupa e non ne tiene conto; alcuni poi di questi infelici manifestando, come è loro proprio, delle forme miste di alienazione e di mente sana, sono presi per simulatori; non pochi altri, anche essendo creduti pazzi, non sono denunciati, sulla lusinga che possano in breve guarire; più che tutto, perchè non è facile il loro collocamento; rifiutandosi molti manicomî a riceverli, o esigendo rette triplici delle carcerarie. Io infatti, nell’esame di sole sei case di pena, ne ho potuto trovare una cifra rilevante, ed una grossa ne accennano i robusti lavori dei dottori Capelli, Monti, Tamassia, Biffi, Bergonzoli, Tamburini, Virgilio.[11]—La statistica officiale che nei primi anni ne segnalava solo 55[12], ora ne conta mano mano 108-151 per anno, 1750 in 17 anni; e non vi si comprendono i non pochi rei suicidi (molti dei quali alienati), che salgono ad un’alta quota e non abbiamo la statistica dei molti il cui processo incoato fu lasciato a mezzo per riconosciuta pazzia, e che formano quasi la metà dei ricoverati di Broadmoor.

Ora, pur lasciando da parte l’offesa che reca al senso morale la dimora di questi infelici nelle case di pena, la non vi è d’altronde scevra di danni e per la disciplina e per la sicurezza; essi non vi si ponno curare per bene, perchè mancano gli opportuni locali, l’apposita disciplina: rimanendo in mezzo agli altri, questi sciagurati che hanno perduto, grazie alla alienazione, quel pudore del vizio che è l’ipocrisia, si abbandonano ad atti violenti ed osceni, tanto più pericolosi perchè scoppiano improvvisi, e spesso per futili cause, come quello di A…, che uccise un compagno perchè non gli volle lucidare le scarpe; e sempre resistono con tenacia ostinata alle discipline carcerarie, mostrandosi indifferenti alle punizioni, scontenti di tutti, diffidenti degli impiegati, che credono i proprii nemici, e su cui gettano spesso le colpe da loro stessi commesse, e che annoiano con continue istanze e reclami: in breve si fanno centro e pretesto di continue ribellioni. Che se, come pur troppo si usa (art. 823 Cod. Proc. Pen.), tengansi isolati e incatenati nelle celle, non riescono più di noia ad alcuno, ma per l’inerzia, pel vitto che s’assottiglia a chi non lavora, per la scarsa luce, si fanno idremici, scorbutici, quando colla violenza non abbreviino ancor più presto la triste loro vita.

D’altra parte, l’invio loro ai manicomî è seguito da altri malanni. I nostri manicomî sono spesso mal sicuri: sprovvisti, molti, di celle di forza e perfino di celle d’isolamento: e so di un alienista che avendole reclamate pel Manicomio di Torino fu tacciato di intemperante. D’altronde essi vi portano tutti i vizî delle classi immorali d’onde sortirono; continui vociferatori ed attaccabrighe, pieni di una morbosa idea di se medesimi, si mostrano scontenti sempre del trattamento dell’asilo, e reclamano come un favore il ritorno alla prigione; si fanno apostoli di sodomie, di fughe, di ribellioni, di furti a danno dello stabilimento e degli ammalati stessi, a cui coi loro modi osceni e selvaggi, e colla triste nomea che li precede, destano spesso paura e ribrezzo, come li desta nei congiunti il sapere accomunati con essi i propri cari. Chi non sentirebbe orrore di avere avuto un figlio compagno nel dormitorio con Boggia?

Quegli altri alienati, poi, che non hanno, nè ebbero le prave tendenze abituali di questi, che non passarono nei delitti la vita, ma che furono o sono vittime di un impulso delittuoso, isolato, spuntato in una data epoca dell’esistenza, benchè non destino il ribrezzo dei primi, non ne sono meno pericolosi; essi non possono, spesso, contenersi dal compiere quegli atti feroci cui li spinge una crudele natura; feriscono, incendiano; superano, per la maggior lucidezza di mente, quanti ostacoli voi loro frapponiate. Altri fingono la calma più completa, ma solo per poter persuadervi a porli in libertà, o per combinare alla sordina un’evasione, un complotto. Poichè questo hanno di speciale i pazzi criminali che non rifuggono, come gli altri alienati, dalla società, cui pure tormentano colle loro violenze, ma tendono ad associarsi fra loro; e siccome conservano quello spirito di continua irrequietudine e di incontentabilità che li animava prima d’essere pazzi o delinquenti, così credono che voi siate sempre sul maltrattarli, insultarli; riescono quindi a istillare queste idee false negli altri, e dare, a poco a poco, corpo, alle idee di fughe, di ribellione, di cui sarebbero incapaci i comuni alienati, isolati nel proprio mondo come sonnambuli; in questo s’accordano appieno tutti gli alienisti, il Roller, il Boismont, il Delbruck, il Reich, il Solbrig, ed io n’ebbi delle prove palpitanti nei manicomî da me diretti. Per es., Er…, già carcerato per ricettazione, era sempre in sul lagnarsi dell’ingiustizia dei tribunali e dei trattamenti nostri, non mai abbastanza riverenti; protestava con lettere grottesche al re, al prefetto; un giorno si mostrò tutto cangiato, era divenuto umile e buono; egli avea preso a complottare con tre altri malati per fare una strage degli infermieri; poco tempo dopo, infatti, mentre essi erano occupati alla distribuzione della zuppa, disselciò co’ suoi compagni una parte del cortile, accatastò una piramide di sassi, che si diede a scaraventare a dritta e sinistra.—Alcuni anni dopo un epilettico omicida, Mar…, rinnovò la triste impresa e per poco non pose in fuga tutto il corpo degli infermieri.—Un omicida, allucinato, così intelligente da poter scrivere, egli povero ciabattino ineducato, la propria biografia con istile degno d’un Cellini, si comportò per due anni bene; ma un giorno gli si rinvenne nascosta nel letto una barra di ferro, preparata per colpire gli infermieri: un altro giorno fattosi con dei pezzi di legno un passe-partout, dischiuse due usci, si calò da una finestra ed evase.

Un altro, ladro e suicida, d’accordo con costui, riuscì ad evadere, rubando parecchie dozzine di lenzuola, e facendone abbruciare da un imbecille alcuni frammenti nelle stufe del manicomio, per fuorviarci sulla vera causa della loro scomparsa.

È evidente come questa specie di malati perturbi l’andamento di un manicomio, aggravi le condizioni degli alienati più deboli, ed impedisca d’attuarvi in larga scala quella libertà che è prescritta dalle moderne dottrine.

Di tutto ciò, però, poco avrebbero a soffrire quei fortunati che non mettono mai il piede in quei tristi recinti; ben peggio va la bisogna per tutta la società, in grazia dei molti pazzi inclini a mal fare, che (mancando una legge od un istituto apposito che li riguardi) passano i loro giorni in mezzo ad essa, sempre attendendo a’ suoi danni, e senza che alcuno sospetti, pure da lontano, delle bieche loro intenzioni.

Sono, in genere, monomani che sanno assai accortamente dissimulare il delirio, per modo che a mala pena ne sospetta la stessa famiglia; ovvero sono pazzi precocemente dimessi dai direttori dei manicomî, spesso per non incorrere in accuse di violata libertà personale; oppure sciagurati, che avendo commesso, in un primo delirio, azioni criminose, furono condannati, e scontata la immeritata pena, tornano in mezzo agli altri, più ammalati di prima, o, riconosciutasi la loro pazzia, furono prosciolti da ogni accusa e messi in libertà. Gli è che, constatata, anche, che siasi, in un accusato, l’alienazione come causa del reato, non ne segue che esso debba essere spedito ai manicomî, o quando ve lo sia, niuna legge impone che vi abbia ad essere ritenuto indefinitamente e sotto speciale responsabilità dei direttori: sicchè questi finiscono col dimetterlo, cedendo alla continuità della calma apparente, alle replicate richieste dei malati e delle illuse famiglie, non mai abbastanza persuase della realtà della propria sventura.

Accade sì che quando la pazzia si palesi durante il procedimento (819, Cod. Proc. penale), questo venga sospeso, e il reo spedito al manicomio; ma molte volte e’ (se era simulatore) ne approfitta per evadere, come ne vedremo fra poco parecchi esempi; più spesso ne perturba la disciplina, e ad ogni modo, se perduri indefinitamente l’alienazione, il procedimento non ha alcuna soluzione; e come la giustizia rimane insoddisfatta e sempre sulla ricerca di un problema da sciogliersi con danno dell’imputato o della sita vittima, così ne rimane scontenta la pubblica coscienza, ed eccitatane la malignità umana a falsi e tristi sospetti, che, certo, non si incorrerebbero per un invio ai manicomî criminali, così paralleli ad un carcere.

Il più sovente, però, essi si trovano liberi in mezzo a noi, e tanto più pericolosi, perchè sotto l’apparenza della più perfetta calma, della più lucida intelligenza, tenacemente conservano gl’impulsi morbosi, dandone, quando meno si sospetta o alla più lieve occasione, irreparabili prove. Esempi di questa facile recidività delle tendenze morbose si trovano in tutti gli autori, nell’Holtzendorf, nel Brierre, nel Delbruck, nel Solbrig[13]; in tutti quanti, insomma, ebbero a trattare questo argomento. Poco sopra io stesso vi confessai come, ingannato dalla apparente docilità d’un alienato, ebbi a dimetterlo con gravissimo pericolo altrui. Pochi anni fa il borgomastro di Gratz fu vittima di un monomaniaco religioso che alcuni anni prima aveva minacciato un’altra esistenza.—Haltdfield, prima di attentare a re Giorgio III, aveva cercato di uccidere la moglie e i suoi tre figli: rinchiuso in Bedlam, ammazzava un alienato.—Booth, l’uccisore di Lincoln, s’era gittato anni prima in mare per parlare con un collega suicidatosi anni prima.

Vassilidsa è condannata a 12 anni in Siberia per omicidio commesso senza alcuna cagione, e appena vi è giunta si dovè condannare a 22 anni di lavori nelle miniere e 100 colpi di verga per altro omicidio; alle miniere ferisce una ragazza e cinque donne, e uccide un altro uomo (Ann. méd. psych., 1869, pag. 13).

Il danno di questa libertà sconfinata, lasciata ai pazzi criminali, finisce coll’estendersi, in dati momenti, all’intera nazione.[14]

E ciò non solo, perchè (come abbiamo veduto negli assassini di Lincoln e di Giorgio III) quegl’infelici volgono il pensiero omicida verso i maggiorenti della nazione, ma, anche, perchè, dotati come sono d’una lucida mente e d’una grande tendenza all’associazione, quando trovino il momento favorevole, riescono a formare un nucleo settario, tanto più terribile, chè non avendo a moderatore la mente sana, non è capace d’arrestarsi nel suo cammino e di temperarsi, ed agendo sulle menti dei volghi per il fascino stesso della sua stranezza, riesce a trascinarli ciecamente dietro di sè; sono, direi, molecole di fermento, impotenti per sè, ma terribili negli effetti, quando possano raggrupparsi ed agire in una data temperatura, entro un predisposto organismo. Noi n’ebbimo un esempio nelle storiche pazzie epidemiche del medio evo, che si ripetono nei Nichilisti di Russia, nei Mormoni e nei Metodisti d’America, negl’incendiari di Normandia del 1830, e or ora in quelli della così detta Comune parigina.

Poichè è ormai dimostrato che, toltane l’influenza di pochi furbi e più pochi ideologhi, essa fu l’effetto di un delirio epidemico, a cui prestarono mano le passioni concitate dalla sconfitta (così come la paura nelle follie dei contagi), l’abuso dell’assenzio, ma più di tutto il grande numero di alienati ambiziosi, omicidi e fino paralitici, liberati troppo presto dai manicomî, e che, rinvenendo in quella popolazione commossa un terreno propizio, si associarono e posero in atto gli sciagurati loro sogni.

Laborde (Les hommes de l’insurrection de Paris devant la Psychologie, 1872) enumera ben 8 membri della Comune, notoriamente alienati. Il generale Eude, ex farmacista, ex stenografo, ex commesso, e interdetto per debiti e prodigalità, avea il padre pazzo; D….. la madre; Ferrè la madre ed il fratello; P… pure il fratello, ed era stato lipemaniaco a 17 anni. Il dott. Goupil è un monomaniaco che spiega tutti gli accidenti umani coll’oroscopia, di cui fondò un giornale. Lullier era forse alienato, certo alcoolista. Flourens diede indizio di allucinazioni fino da giovanetto, e il padre, eruditissimo, gli era morto per rammollimento cerebrale. B… eletto da ben 10.000 voti, era da anni malato di mania, o, meglio, demenza ambiziosa, paralitica; si dicea capo di una setta fantastica dei fusioniani, e si sottoscriveva: figlio del regno di Dio e Profumiere. Giulio A…, sindaco dell’ottavo circondario, era anch’esso da molti anni affetto di demenza paralitica; si credeva Dio, imperatore, inventore di un telegrafo scarabeico (lodato da Girardin!!!), tre volte ricoverato in manicomio, parecchie volte processato per oscenità commesse sotto scusa di un certo suo apostolato ginnastico; eletto sindaco, vociava tutto il dì, riempiva le pareti di enormi proclami umanitario-ginnastici, finchè, divenendo furioso, fu trasportato prima a Mazas, poi a Bicêtre, ove, certo in un lucido intervallo, domandò: Pourquoi les autres me viennent-ils pas? detto che è la più chiara dimostrazione del nostro asserto.

Un ex frate C…, anch’esso affetto da demenza paralitica, evaso da Bicêtre, fu, insieme ad un suo fratello, pur alienato, il capo dei torbidi comunali di S. Etienne. Anche gli orrori dell’89 ebbero spesso a movente deliri di monomaniaci omicidi, come Marat e la Terroigne; il marchese di Sade era presidente della sezione delle Picche.

E noi Italiani, se pensiamo agli orrori che la paura del colèra provocò nell’Italia del sud, e ai torbidi suscitati nell’Emilia dal macinato, nei quali, secondo uno studio accuratissimo dello Zani, appunto presero parte sette alienati[15], dovremmo dubitare anche noi, che, continuando a lasciare in libertà certe specie di alienati, potremmo vedere per opera loro turbata la nostra ammirabile calma, quando si presentasse uno di quegli avvenimenti atti a commuovere le fantasie popolari e a dar corpo a quelle molecole di sedizioso fermento, che sono i pazzi criminali.

E solo l’istituzione di un manicomio criminale giuridicamente riconosciuto, e non sgusciante tra le maglie del codice sotto falsi nomi, mi pare capace di far cessare quell’eterno conflitto colla giustizia e colla sicurezza sociale, che si rinnova ogni giorno, quando si tratta di giudicare quegl’infelici, che non si può o non si sa precisare se veramente furono spinti al delinquere da un impulso morboso o da perversità dell’animo loro.

Posti nel dubbio in simili casi, i giudici, se ne cavano ora con qualche ingiustizia, ora con una imprudenza, assolvendo quando la follia appaia loro evidente, e quanto meno, diminuendo di qualche grado la pena… ed ahi! bene spesso anche condannando, e condannando perfino a morte, quando la follia appare chiara soltanto agli occhi dei medici.

Io so che da molti si obbietta: che, lasciandosi trascinare da simili dubbi, si finirebbe col non punire alcuno: ma ricordo, che analoghe obbiezioni si alzarono, un tempo, a chi s’opponeva alla bruciatura di quegli altri alienati, che si chiamavano stregoni. Mi pare che anche per essi potrebbe tuttora ripetersi l’arguta sentenza di Montaigne, che, «ad ogni modo, è un pagare a troppo caro prezzo un dubbio fino ad arrostire per questo degli uomini vivi».

D’altronde, qui, non si tratta d’una pietà sentimentale e pericolosa all’altrui salute; si tratta anzi d’una misura più di precauzione che umanitaria, poichè, se son molti i condannati, sono, anche, molti gli imprudentemente prosciolti; e qui si tratta invece di disporre in modo che non possano ritornare, se non quando sieno perfettamente innocui, frammezzo a quella società a cui sono di tanto pericolo.

Si opporrà, che, molte volte si confonderanno insieme coi veri alienati molti simulatori; il numero infatti di costoro fra i delinquenti è grandissimo; ma gli ultimi studi vanno sempre più rivelandoci, che tale soltanto ci appare per la ignoranza in cui sono i più sui rapporti della pazzia col delitto, e per la difficoltà di fare una diagnosi giusta; poichè una gran parte dei creduti simulatori sono, o predisposti alla pazzia, sicchè in breve vi ricadono sul serio; o veri e propri pazzi che ignorando la propria malattia, ne simulano una artificiale, al che, com’è naturale, riescono mirabilmente; e più spesso, ammalati che, presentando forme affatto nuove o rarissime di frenopatia, destano ingiustamente la diffidenza del medico. Jacobi confessa di aver dovuto cambiare quattro volte il giudizio sopra un alienato, ch’ei credette simulatore, e che poi non l’era. Un ladro, sentenziato da Volnner e Delbrück falso alienato, morì invece davvero d’inanizione per astinenza di cibo. Un altro simulava alla gamba destra una malattia, che aveva alla gamba sinistra. Io rinvenni un monomaniaco omicida che in carcere seppe simulare una forma di follia che non aveva, la pazzia furiosa, e ciò, come egli mi disse, per sottrarsi al giudizio. Ora in Torino ho, nella mia Clinica carceraria, un falsario che simula demenza, fin al mutismo ed alla coprofagia, ed ha, certo, paralisi incipiente. Che se qualcuno fingesse davvero la permanenza perpetua in un manicomio sarebbe già una punizione sufficiente, anche se la società moderna volesse vendicarsi di quegli sciagurati, e non soltanto difendersene. Infatti gli alienati criminali si lagnan sempre della dimora nei manicomî; e domandano ad alta voce, sempre, di ritornare in prigione; e si conoscono parecchi casi non solo di veri malfattori, come il Verzeni, che dissimularono, appunto per analogo timore, l’impulso maniaco, ma di veri delinquenti, come la Trossarello, che proibirono all’avvocato di farli passare per matti, perchè preferivano la morte alla dimora in un manicomio, il che ben si spiega quando si ricordi la nota vanità di costoro.

E non si tutela ad ogni modo così ugualmente e meglio la società dai loro colpi? Se il Boggia abbia simulato o no la pazzia, io non vorrei deciderlo; ma è certo che se lo si fosse mantenuto a perpetuità in un manicomio criminale, la società avrebbe avuto qualche vittima di meno ed anche di meno un supplizio.

Non è molto, uno dei più fieri grassatori di Sondrio venne arrestato, dopo molti anni d’infruttuose ricerche; manifestando pazzia (vera o simulata che fosse), si dovette inviare in un manicomio, e dopo pochi mesi ne evase, ritornando il terrore di quelle vallate. A Verona un ladro famoso si finse matto, per farsi trasportare all’ospedale, donde fuggiva; altrettanto accadde all’assassino Cerato a Torino.

Se tutti costoro si fossero potuti rinchiudere in uno stabilimento, provveduto delle gelose cautele di un manicomio criminale, sarebbe loro stata ben più difficile la fuga.

Il Wiedemeister obbietta, ancora, che i manicomi criminali d’Inghilterra offrono tristissime scene di sangue, ed esigono pel mantenimento dei ricoverati una spesa tripla degli altri. Ed è vero: poichè la tendenza alla cospirazione, rarissima nei manicomî, qui, invece, predomina, disperando di essere dimissibili e consci, d’altra parte, della loro impunità, quei sciagurati attaccano gl’impiegati, distruggono le masserizie, si feriscono, uccidono. Infatti, nel 1868 a Broadmooor 72 furono i ferimenti degl’infermieri, di cui due gravissimi, e la diaria vi si elevava, specialmente per i guasti e pei grossi stipendi degl’infermieri, a cinque lire per alienato. Ma ciò non desta alcuna meraviglia, nè può provocare una seria opposizione. È naturale che l’accumulo di tanti individui pericolosi, con tendenza ad associarsi nel mal fare, generi un fermento malefico, e dia luogo a gravi accidenti, specialmente a spese dei poveri guardiani, i quali, malgrado la ricompensa più elevata, ne abbandonano presto il servizio.[16] Ma se gravi inconvenienti avvengono, essi ne riparano molti e molti altri, che accadrebbero nei manicomî, se quella istituzione non esistesse, e vi avrebbero resa impossibile la non restraint; insomma, invece di uno, vi sarebbero stati cinquanta manicomî contristati da scene di sangue.

D’altronde, le suddivisioni di recente introdotte dall’Orange a Broadmoor, ne han migliorato d’assai le condizioni e fatto sparire i gravi inconvenienti; i folli criminali vennero distinti in non condannati e condannati; la prima categoria dei non condannati fu suddivisa in non processati e processati. I non processati, perchè ritenuti folli prima o durante il processo, sono ricoverati a Broadmoor od in un Asilo della contea; i processati e poi assolti per follia son rinchiusi a Broadmoor ad arbitrio di S. M.; i condannati alla morte o a servizio penale restanvi detenuti fino a pena finita. Finalmente, gli ordinarî prigionieri condannati per delitti di poco conto a brevi condanne, i quali sono dichiarati pazzi, vengono riversati negli Asili di contea. Il Governo completò la riforma e tolse tutti i deplorati inconvenienti, coll’adattare un’ala della prigione di Woking per l’allogamento, trattamento, cura e custodia dei condannati impazziti nel carcere.

E va pur contemplato a questo proposito il fatto singolare, rivelato dallo studio statistico dei manicomî criminali, che dappertutto la mortalità vi è minore della metà circa di quello che nei manicomi comuni, così in Inghilterra come in America—il che è uno stimolo non lieve alla loro istituzione, e insieme una prova che le brutte scene che pur vi si lamentano non sono così gravi negli ultimi effetti, come si vorrebbero dipingere.

La spesa non parrà, poi, così esorbitante, quando si paragoni non alla retta pei pazzi comuni, ma a quella pei maniaci pericolosi, che, abbisognando di doppia guardia, rompendo vetri, utensili, esigono sempre un dispendio notevole; e vanno calcolate anche le spese occasionate dalle evasioni sì frequenti di questi ultimi e dai processi, cui danno luogo soventissimo. Nel Massachusetts si era calcolata tale spesa a non meno di 25 dollari per ogni giorno d’assenza dell’alienato, e fu questo anzi uno degl’incentivi che spinse quello Stato alla costruzione d’un manicomio criminale; lo stipendio poi del personale riuscirebbe meno elevato, quando vi si destinasse il buon personale carcerario con un piccolo soprassoldo: così si eviterebbe anche la facile mutazione degl’infermieri, e si avrebbero individui più rotti a quella specie di pericoli, e men facili a intimidirsene.

Anche il numero dei ricoverati si potrebbe limitare d’assai eliminando i rei passati a inoffensivi, e quegli alienati provenienti dalle carceri che son nel periodo più acuto, che, come si sa dalle esperienze di Gutsch a Bruchsal, dànno una cifra rilevante di guarigioni[17], e i pazzi, sospetti di simulazioni, che potrebbero restare in apposite infermerie nelle carceri per una più rigida sorveglianza.


  1. Sociologie criminelle. Paris, 1894.
  2. Ferri, Op. cit.
  3. V. Aspirall, Cumulative Punishments, London, 1872.
  4. Oliva, Della libertà condizionale. Trani, 1895.
  5. Lombroso, Les applications de l'anthropologie criminelle, Paris, Alcan, 1891.
  6. The New-York Reformatory in Elmira by Alexander Winter F. S. S., with a preface by Havelock Ellis. London, Sonnenschein e C., 1891.—Fifteenth annual Report of the board of Managers of the N. Y. S. Reformatory at Elmira. Trasmitted to the legislature, January, 1891. Reformatory Press. Vedi Appendice pel 1895.
  7. Questo consiglio direttivo del riformatorio si compose del sopraintendente generale e di altri cinque membri scelti dal Governatore e dal Senato.
  8. Legge 34, 49, Giorgio III, cap. IV: «Chi commise omicidio, alto tradimento, dev'essere tenuto in sicura custodia, finchè piaccia a S. M.».
  9. 23, 24, Vict., Cap. 75. Art. To make better provision for the custody and cure of criminal lunatics.—Il segretario di Stato può mandare in questi asili: 1. I pazzi criminali nel senso della legge di Giorgio III; 2. I carcerati impazziti, incapaci di sottostare per imbecillità o idiozia alle discipline carcerarie. «Un alienato che commette un delitto è un ammalato e non un reo, e deve esservi ritenuto finchè dia guarentigia di guarigione». Legge di Scozia, Vict., cap. 60.
  10. Al 1º gennaio 1868 ne erano presenti a Broadmoor 616, di cui 506 uomini e 110 donne. Di essi erano: Riconosciuti pazzi durante il processo 85 uomini, 28 donne. Inquisiti prosciolti perchè riconosciuti pazzi subito 155 » 40 » Condannati impazziti durante l'espiazione della pena 266 » 42 » Di questi 616, nel 1868 guarirono 8, morirono 7, fuggirono 5. Erano rei di delitti capitali (omicidi, infanticidi) 257 188 m. 69 f. e di delitti semplici (ferimenti, incendi, furti) 204 152 » 52 » tentarono il suicidio 74 » 29 » erano già epilettici 43 » 6 » erano già maniaci 81 » 20 » si poterono impiegare in lavori (calzolai, ferrai; 23 nelle fabbriche) 141 » 69 » Dal 1862 al 1868, su 770 entrati, guarirono 39, morirono 55, fuggirono 5. Nell'asilo di Dundrum, in Irlanda, dal 1850 al 1863 vennero ricoverati 250 alienati criminali, 173 uomini e 77 donne, di cui 38 guarirono, 41 morirono, 3 fuggirono. Rei di omicidio 70 (infanticidi 9) Rei di effrazione 12 Rei di aggressione 30 Rei di furto 12 Rei di ferimento 14 Rei di piccoli reati 32 Simon, Die Behandlung ecc. (op. cit).—Pelmann, Psychiatr. Reiseerinnerung aus England, 1870.—Report for the select committee on lunatics, 1863.—Seventh report on the criminal lunatics, 1869.—Fraenckel, Bericht ueber die neueste amerik. psych. Literatur. Berlin, 1868.
  11. Vedi Lombroso, Sull'istituzione dei manicomî criminali, 1872.—Bergonzoli, Sui pazzi criminali in Italia ed in Prussia, 1873.—Id. 1871—e Tamassia, La pazzia nei criminali in Italia, 1874, nel vol. II delle Memorie del Laboratorio di Medicina legale della R. Università di Pavia, 1875, del prof. Cesare Lombroso.—Tamburini, Sui manicomî criminali, 1873.—Monti, Sui manicomî criminali, 1872.—Biffi, Sui provvedimenti che occorrerebbero in Italia pei delinquenti pazzi, Milano, 1872.—Capelli, Sulla necessità dei manicomî criminali. Milano, 1872.—Virgilio, Sull'istituzione dei manicomî criminali. Milano, 1377.—Righi, Tornata parlamentare 17 aprile 1877, in cui assunse primo l'iniziativa politica di queste nuove istituzioni.
  12. Vedi pei dati statistici il Vol. II, pag. 266.
  13. Ann. méd psych., 1846, pag. 16. Si vedano per questi ed altri casi: Brierre de Boismont, Les Fous criminels d'Angleterre, 1869.—Falmet, Sur les aliénés dangereux, 1870.—Solbrig, Verbrechen und Wahnsinn, München, 1870.—Delbruck, Zeits. für Psychiatrie, Bd. XX. pag. 478.—Gotsch, id., Bd. XIX.—Holtzendorf, Verbrechen und Mord, 1875.
  14. Vedi nuovi esempi in Holtzendorff, op. cit.
  15. Uno, D..., ebbe il padre e lo zio morti di demenza: impazzì nei primi giorni della prigionia. Altro, P..., era stato due altre volte al manicomio quando fu imprigionato. Uno era già stato folle e recidivo alla notizia del figlio morto in quei tumulti. Tutti mostrarono la forma dello stupore, ed ebbero, meno uno morto dopo violenta mania, un decorso mite (Alcuni fatti di pazzia susseguiti ai disordini del macinato. Zani, Bologna, 1870).—La sedizioncella di Vigevano (1876) ebbe per autore precipuo un monomaniaco, stato poi ricoverato nella mia clinica di Pavia.
  16. Il costo d'un infermiere in media vi è di 30 a 50 lire sterline; del capo infermiere da 150 a 175: del vice-capo da 40 a 60; i maritati hanno una casetta, scuola pei figli, tutti biblioteca, camera da studio e da fumare; eppure nel 1867 se ne licenziarono 69, e 64 nel 1868. Si ha un infermiere ogni 5 pazzi. A Dundrum 1 ogni 12.—L'importo de' sperperi in soli vestiarii salì in un anno a 512 sterline. A Dundrum il costo è di 28 lire sterline e 6 scellini per malato, mentre negli altri asili oscilla tra 16 a 23, però in questo conto non entrano i proventi della fattoria, che sono dalle 400 alle 218 lire sterline.
  17. A Bruchsal, su 84 casi acuti curati in infermeria speciale, ne guarirono 29.