Capitolo IV

Mezzi preventivi contro l'influenza della ricchezza e della povertà eccessive.

Noi abbiamo veduto che non è la povertà sola, come pretendevano molti, che può fomentare i delitti, ma anche la ricchezza: sopratutto se rapida ed eccessiva.

Questo, per quanto contrario ai dettami della scuola socialista, che con passionata esagerazione mette tutti i delitti a carico della povertà e non della ricchezza, finisce ad esserle consono nelle applicazioni preventive, efficaci solo quando riescano a scemare gli eccessi dell’una e dell’altra.

E prima si presenta la necessità di disposizioni legislative sociali, che, introducendo una maggiore equità nei compensi al lavoro, lo rendano accessibile a chiunque ne sia atto, e che col diminuirne le ore secondo l’età e secondo la qualità, riducendolo, p. es., a un minimo nelle miniere, e nelle lavorazioni malsane, escludendone sempre i bambini e nelle notti le donne, ne tuteli la salute, e prevenga i reati sessuali; aumentando, insieme, i mezzi di guadagno e quindi di benessere a un maggior numero di lavoratori. Ma per venire a ciò bisogna permettere non solo teoricamente gli scioperi, ma sì praticamente, non reprimendo gli sforzi degli scioperanti, i boicottaggi, le coalizioni, e le associazioni, senza che la libertà degli scioperi riesce una vana parola, un’ipocrisia legale.

L’abolizione del lotto, di molte feste, la facilitazione degli atti civili (Ferri, o. c.), l’aumento delle aziende pubbliche per l’illuminazione, viabilità, scuole, per l’acqua potabile, che ha già un precedente in servizi affidati ai municipi, impediranno truffe, risse, permetteranno di estendere i benefici del massimo buon prezzo e della maggior salubrità nelle cose più necessarie alla vita, e tutto ciò senza scosse e scemando così senza perdite per chi è più ricco, gli eccessi ed i danni della povertà.

Gli eccessi della ricchezza, dannosi sempre, devono venir ovviati colla partecipazione dei lavoratori negli utili, colle tasse progressive, specie sui testamenti che gravino od anche annullino le eredità nei parenti lontani; e che devolvano allo Stato e agl’invalidi il massimo dei guadagni dei giuochi d’azzardo e di borsa.

Allo stesso modo che abbiamo fatto un passo così grande nella espropriazione e suddivisione della proprietà coll’abolizione dei benefici ecclesiastici, e dei maggioraschi (e anche allora parve il finimondo), così credo che senza gravi turbamenti si potrebbe provocarne una maggiore suddivisione con quelle tasse. E se veramente i grandi latifondi, quali quelli della campagna Romana e Sicula, assicurando la ricchezza di pochi, perpetuano la miseria e la malattia di moltissimi, non vedo quale difficoltà vi debba essere a quella espropriazione forzata in favore dello Stato, che, se si trattasse di un’inutile o dannosa fortezza, nessuno troverebbe strana o violenta: nè vedo che difficoltà s’opponga almeno al mutamento dei più perniciosi contratti agrari, e alla più ampia cointeressanza negli utili dei contadini; e già questo è venuto in mente a molti nostri eminenti politici, niente rivoluzionari, come Jacini, ecc. E perchè ciò non si potrà fare anche per gli zolfi in Sicilia, pei marmi in Lunigiana? E se la carestia del carbone è uno degli ostacoli maggiori allo espandersi di certe industrie in Italia, non vedo perchè non dovrebbe il paese spendere, ad agevolare il trasporto a distanza delle forze idrauliche, di cui abbondiamo, almeno un centesimo di quelle somme ch’egli sperpera stolidamente in lussi soldateschi o cortigiani.

In Inghilterra non occorse a ciò neppure la formola socialistica: quell’unico Governo savio che abbia l’Europa, nella questione Irlandese prima, nella operaia poi (questione dei minatori, degli scaricatori di carbone), colla libertà completa degli scioperi, colla concessione spontanea delle otto ore in tutti gli opifici governativi, cogli accordi arbitrali in cui i padroni ed operai avevano pari voti, prevenne ogni eccesso delle opposte classi, e va ora, auspice un vero Lord (Lord Rosebery), accostandosi alla completa soluzione della questione sociale senza scosse nè violenze. Ed è là che l’anarchia è completamente impotente e senza presa, disprezzata da quelli stessi a cui vorrebbe portare soccorso, e che comprendono non sarebbe loro che di puro danno.

Noi dobbiamo rammentare il detto del grande Cavour: «O le alte classi si occuperanno delle classi diseredate, o la guerra civile sarà inevitabile«.

Perchè permettiamo che il contadino dell’Alta Italia continui a mangiare un pane avvelenato che produce la pellagra,—quando le leggi che applichiamo sì bene in città ci darebbero il modo di vietarlo?—Perchè permettiamo che il miasma febbrigeno dei campi lo uccida, quando una spesa leggiera in opportuni ricoveri e una facile rivendita del chinino lo salverebbero? Perchè permettiamo, nel Gargano e nella Sardegna, che popolazioni intere dimorino in caverne sotto terra come ai primi tempi dell’umanità, e si dilaniino per la rivendicazione delle terre comunali?

Testè il procuratore del Re a Lucera diceva: «A far diminuire i reati sul Gargano, ad impedire gli ammutinamenti popolari in Montesantangelo, ove il popolo in più migliaia corse le vie gridando:—Abbasso il Municipio!—a prevenire novelle invasioni popolari sul lago di Lesina e Carpino e Castelluccio, che già diedero origine a molti processi, con centinaia d’imputati, occorre procedere alla rivendicazione dei demanii ed alla quotizzazione suggerita a piccoli lotti dei patrimonii comunali», o meglio devonsi assistere i lavoratori, favorendone le associazioni, così che possano aver una mercede rimunerativa dei lavori e trovare nella cooperazione mezzi per resistere ai disastri agrari ed iniziare colture più intensive e più adatte ai mercati quando le colture solite vengono svalutate dalla concorrenza estera—come fa la Liguria che cava dai fiori ed olivi guadagni che il grano non poteva più dare.

Siccome una grande causa della miseria degli operai è il diminuito consumo in confronto all’eccesso di produzione, d’onde un decremento necessario nei salari, fenomeni che andranno sempre più innanzi per la concorrenza sui mercati del Giappone, China, America, così noi dobbiamo favorire l’assorbimento della produzione facilitando il consumo al maggior numero col diminuire i dazi, le dogane, sopratutto le tasse indirette che ci opprimono più che in ogni altra parte del mondo.

«Mentre in tutto il mondo civile le farine, le carni, il sale, o non sono gravati o lo sono insensibilmente, in Italia sopportano un peso di quasi duecento milioni. In Inghilterra non esiste alcun dazio sulle materie alimentarie. L’operaio in Francia non paga che novanta centesimi pel sale. In Italia ogni cittadino paga oltre sette lire di gabella sul sale, sul pane e sulle carni, e più pei fabbricati. In Bologna, p. e., l’imposta sui fabbricati raggiunge il 41%» (Pepoli, Journ. des Économ., 1878).

Bisognerà, dunque, abbassare le imposte che più colpiscono le industrie, e ne impediscono lo sviluppo, e che gravano sui poveri, e sostituirvene di tali che meno danneggino la salute, ed anzi ritemprino la morale, come quelle sugli alcoolici e sul tabacco, le quali non saranno risentite che dai viziosi, e dai ricchi; e cavarne le economie (Journ. des Économ.) dalla diminuzione delle armate di terra e di mare, che oltre ad esser improduttive sono anche, come vedemmo, veri centri criminali (v. s.).

Siccome una grande causa della miseria e dei delitti è l’eccesso della popolazione, dobbiamo organizzare e dirigere saviamente l’emigrazione dalle terre più popolate alle meno d’Italia.

L’immensa miseria nel Baden del 1850, dopo i fallimenti dei grandi fabbricatori, s’alleviò coll’emigrazione di più di 12.000 artigiani dal 1851 al 1858 (Carpi, Delle Colonie, op. cit.).

Lord Derby diceva:

«Io ebbi sempre la convinzione che se nel nostro paese fummo liberi dai maggiori mali che affliggono la società, il merito va attribuito al fatto che sempre avemmo al di là dei mari sfoghi per le nostre popolazioni e per le nostre industrie». Pur troppo l’Inghilterra ha l’immensità dell’Oceano, il mondo, per valvola di sicurezza, e il vapore per usufruirlo; l’America ha ancora deserte regioni da coltivare; noi non possiamo giovarci che delle terre malariche delle coste, del cabotaggio e di quelle colonie, dove ci attira la tradizione o la vicinanza.

La colonia più ricca e quella ove più la tradizione ci trascina è l’America del Sud, ma già qui il terreno comincia a sfuggirci. Perciò la necessità che rivolgiamo l’emigrazione nei terreni nostri rendendoli più fruttiferi colla coltura intensiva e anticipando perciò ai meno abbienti i capitali pei lavori.

Facciamo dell’Italia intiera quello che erano una volta Pisa e Venezia ed ora Genova; facciamo che le abitudini delle spiaggie liguri e dei monti biellesi e valtellinesi si estendano alla Toscana, alla Sicilia, ecc., e avremo anche lì la stessa ricchezza.

Lo Stato dovrebbe fondare degli stabilimenti di lavoro, lontani dai maggiori centri di popolazione e segnatamente delle colonie agricole, nelle provincie meno avanzate in questo ramo e più bisognose di dissodamento e di braccia, ed inviarvi, a tempo determinato, i condannati per oziosità e vagabondaggio, vincolandoli alla rigorosa sorveglianza della polizia, come lo sono attualmente i condannati a domicilio coatto[1]; dal prodotto del lavoro potrebbe detrarre la quota occorrente al loro sostentamento ed alloggio, non che alle spese del trasporto (Locatelli, o. c.). L’ozio non può essere vinto che dal lavoro obbligatorio, come l’inerzia muscolare di un membro da lungo tempo rimasto in forzato riposo non può essere superata che dal moto continuato, violento, e bene spesso anche doloroso del membro stesso (Id.).

In Westfalia, dopo che il pastore Badelschwing ha introdotto, come misure preventive della mendicità e del vagabondaggio, una colonia di lavoratori liberi che coltivarono terre sterili, 12 altre provincie ne seguirono l’esempio, e si ebbero 15000 lavoratori liberi, in più: e dopo d’allora le cifre delle prime condanne per vagabondaggio e mendicità diminuirono di un terzo in queste 13 provincie, in alcune scomparvero.

Anche nel Cantone di Vaud, una simile istituzione diminuì della metà le condanne per vagabondaggio. In Olanda 1800 persone che coltivano colle loro famiglie le frontiere del Drenta costano in tutto lire 24 all’anno per ogni persona ospitalizzata ed hanno fatto sparire la mendicità; i ricoveri di Amsterdam portano per insegna: Entrino qui i poveri e avranno pane e lavoro, ma non si accetta chi rifiuta di lavorare.

Cooperazione.—In Italia purtroppo il primo e più grande aiuto bisogna che parta dal governo e dalle classi dirigenti, perchè non siamo abituati a salvarci da soli; ma dopo il primo aiuto dato dalle classi dirigenti dobbiamo cercare che anche le classi più bisognose trovino il concorso in sè stesse—nella cooperazione e nel mutuo soccorso—facendo che quel vantaggio enorme che esse portano allo stato finanziariamente, coi contributi, lo portino a sè, sostituendo il capitale collettivo a quello del capitalista e così trovando il soccorso in sè stesse e in se stesse il mezzo per ovviare alle esorbitanze dei padroni. Qui sarebbe veramente feconda la istituzione che anche in Italia per mezzo del prete e prima di Wollemborg va diffondendosi nei comuni rurali, delle banche di Reifeisen, il migliore strumento contro l’usura agraria.

Carità. Beneficenza.—Però vi è ancora oggidì un grado di miseria che non può attendere l’opera lenta della cooperazione, del collettivismo e delle misure dello stato, che per quanto solleciti giungerebbero solo a coronare un cadavere.

Così da un’inchiesta aperta e verificata sul sito dalle mie figliuole mi risulta che sopra un centinaio di famiglie operaie le quali sono pure tutte occupate in Torino, ben 50% sono sempre caricate di debiti, e il 25% sono iscritte alla beneficenza parrocchiale, senza la quale sarebbero esposte addirittura a morire di fame.

Qui vuolsi, finchè la civiltà l’abbia reso superfluo, quell’ausilio della carità che era una volta il solo soccorso contro la miseria e ne resta ancora il più immediato e quindi il più indispensabile.

Solo ora noi dobbiamo volere che anche la carità si spogli dell’antica corteccia conventuale e fratesca e spiri le nuove aure, modellandosi, mano a mano che i tempi procedono, sulle orme della trasformazione economica, della previdenza cioè, della cooperazione e infine del collettivismo.

In ciò eccellono le nazioni anglosassoni e quelle in cui le religioni protestanti, calviniste, ecc. volgarizzarono la carità facendo accomunare al prete, che ne aveva un rispettabile e santo, ma circoscritto monopolio, il cuore del pubblico, il cui fanatismo religioso trova sfogo nelle più sbrigliate, ma feconde fantasie, che giungono a toccare i lati più lontani e più remoti del bisogno, armonizzando così la carità antica colle norme più moderne dell’economia.

Noi vedremo come in Inghilterra e in Svizzera la carità ingegnosamente fa servire l’indigente a favore dell’indigente, per es., le madri disoccupate a raccogliere i bambini di quelle occupate; e organizza una quantità di opere utilissime, alberghi e asili temporanei per le serve, pei disoccupati, agenzie di lavoro, ecc., così ingegnosamente ingranate l’una nell’altra che una contribuzione minima da parte del beneficato basta a mantenere l’istituzione salvaguardando intanto la giusta fierezza dell’onesto indigente.

A Ginevra[2], p. es., nella piccola capitale dei calvinisti, una delle poche di Europa dove il delitto è in decremento, abbiamo l’enorme quota di 400 istituti di beneficenza o religiosi—di cui: 35 pei bambini (12 per gli orfani, 7 per portarli ai bagni, 5 ospedali, 5 per protezione dei bambini a domicilio, 1 di ricreazione, 2 scuole per gli apprendisti, 1 industriale, 1 musicale)—16 pei vecchi, di cui: 5 asili, 1 per pensioni a domicilio, 10 assicurazioni—48 per le donne, di cui: 4 asili per ragazze, 1 per donne cadute, 4 per operaie disoccupate, 5 per serve, 8 ospedali di cui: 5 per le serve e 3 per le ragazze, 1 ricreatorio, 1 società contro la prostituzione, 1 per la difesa, 4 per agenzie di collocamento, 7 per procurar lavoro a domicilio, 8 patronati per istitutrici, ragazzi, ecc.—46 per gli uomini, di cui: 11 [365]per gli accidenti del lavoro, 8 di varie nazionalità per facilitare l’occupazione agli emigrati, 2 per organizzare gli emigranti, 3 pei disoccupati, 4 pei ricreatorî e sale di lettura, 4 per conferenze, 1 contro i giuochi d’azzardo, 1 per comperar gli strumenti di lavoro, 1 per collocamento di apprendisti, 9 società di temperanza, 9 cucine popolari, ecc. ecc.

Le istituzioni più speciali sono: le società per il miglioramento degli alloggi, per gli alloggi igienici a buon mercato; le casse di risparmio speciali che raccolgono i denari al minuto per restituirli in merce acquistata all’ingrosso; alberghi di famiglia per i forestieri poveri, operai in cerca di lavoro.

Una delle società più caratteristiche è quella delle vecchie carte; distribuisce a molte famiglie dei sacchi: ogni dato tempo li ritira pieni di carte vecchie, col cui prezzo paga un locale ed un’agenzia; questa ritira i vestiti e oggetti raccolti dai ricchi, e dopo averli, per opera di indigenti, lavati, ricuciti, verniciati, trasformati, li vende poi a prezzi ridottissimi, o regala ai bisognosi. Vengon sollevate così molte miserie, senza che nessuno ne abbia l’onere.

Altre agenzie procurano lavoro alle donne povere e si incaricano di venderlo; altre pagano delle disoccupate che attendano alle famiglie degli operai occupati che non possono accudire la casa.

E, nota caratteristica, tutto vi si regge da sè, senza bisogno di mecenati. Gli asili, gli alberghi di famiglia per le serve, e le istitutrici, ecc. non sono mai gratuiti: si paga poco, il minimo possibile, in posticipazione, a tarda scadenza, ma infine la società e l’asilo son mantenuti da quelli che se ne giovano. È questa una specie di evoluzione della carità che le toglie tutto ciò che ha di umiliante e la trasforma in aiuto valido e efficace per riuscir definitivamente nella vita più che a cavarsi d’impaccio per un momento.

Ed altrettanto e più vedesi a Londra, la sola capitale grande col delitto in decremento.

Asili, Ricoveri, Pensionati, soccorsi ai poveri.—Anche a Londra l’aiuto diretto alla miseria[3] è fatto nelle maniere più specializzate, in circa 120 istituzioni che nel 1894 beneficarono più di 18.000 individui con una spesa di 173.000 sterline. I vecchi indigenti hanno naturalmente il maggior numero di ricoveri—20—e così pure le vedove—12—: e vi è un ricovero, si può dire, per ogni singolo mestiere: per le vedove, p. es., e i figli dei mercanti di vino o di birra, dei legatori di libri, dei librai, dei soldati, dei fabbricanti di vele, di marinai, di artisti drammatici, fabbri ferrai, architetti, maestri di scuola ccc.: pegli addetti a singole compagnie industriali e commerciali: per individui di singole nazionalità e religione. Vi sono anche rifugi per coppie di sposi vecchi e poveri, larghe distribuzioni, d’inverno, di carbone e di pane, società per prestiti agli operai, moltissime istituzioni—10—per visitare i poveri a domicilio e soccorrerli così direttamente e persino per provvedere i marinai che sbarcano nel porto di Londra di impiego, scali, asili notturni; società per la prevenzione della crudeltà nei fanciulli inducendo nei parenti il sentimento della propria responsabilità verso di loro; società di temperanza potenti, tra cui alcune speciali pei singoli mestieri come, p. es., per i marinai; ospedali per le malattie prodotte dall’alcool, e uno speciale per le donne alcooliste; società per aiutare i forestieri in Londra, i figli dei prigionieri e i prigionieri stessi poveri mentre sono ancora in prigione. E poi istituzioni che hanno carattere più largo per il miglioramento morale e intellettuale dei giovani ecc. Tutte queste istituzioni sono collegate e dirette da Comitati centrali per le opere penitenziarie e di prevenzione e in genere per tutto quanto concerne i carcerati.

Società d’emigrazione.—All’incremento della criminalità si oppongono anche, aprendole delle vie di scarico, le numerose società—14—per l’emigrazione, per la più gran parte al Canadà, ma anche ad Edgworth, a Milton ecc.: servono a dare informazioni, aiuti e anche ad organizzare le spedizioni sia di adulti, sia di fanciulli, come quelle fondate da Barnardo: ve n’è una speciale per gli ebrei: esse nel 1894 fecero emigrare 7565 individui (quelle di Barnardo non sono calcolate), spendendo oltre L. 30.000.

Società di collocamento.—Vi sono 21 società che hanno per unico scopo il procurare impieghi ed occupazioni: moltissime per impiegare i fanciulli come lustrascarpe, o in marina, o le cucitrici ad ago, o le serve, addestrandole prima nel servizio: ve n’è persino una che provvede al collocamento dei pensionati dell’armata. Nel 1894 provvidero al collocamento di 4840 individui con una spesa di L. 26.000.

Orfanotrofi.—Le cure ai fanciulli per impedirne il cattivo sviluppo morale si rivelano anzitutto in 60 ricoveri con 20.199 orfani, con una spesa complessiva di L. 172.341. Ve ne sono per gli orfani dei maestri, dei militari, degli impiegati postali o ferroviari, dei sarti, degli stampatori, dei giardinieri e di molti altri mestieri speciali; e ancora per gli orfani i cui genitori furono astinenti—premiando così indirettamente la temperanza—e finalmente considerando, con una logica larghezza di idee, come orfani quei fanciulli i cui genitori sono ambedue malati. Vi sono anche società per il ricovero degli orfani dei loro soci, e istituzioni fondate da compagnie commerciali ed industriali per gli orfani dei loro operai.

Istituzioni pei fanciulli abbandonati.—Più direttamente profilattiche contro il delitto sono tutte le istituzioni pei fanciulli abbandonati: per la loro protezione, il ricovero, l’istruzione, l’addestramento ai mestieri, per farli divagare in ricreatorî, per dar loro casa, per mandare i più delicati di essi per quindici o trenta giorni in campagna—4—o solo per dar loro vitto o vestiti, o per accoglierli nelle ore in cui essendo i loro genitori al lavoro essi resterebbero abbandonati a se stessi. Tali istituzioni salgono circa ad una sessantina, per quanto sia naturalmente difficile il separarle da altre di natura affine; e nel 1894 esse ricoverarono e protessero, sottraendoli alle tentazioni ed ai pericoli della vita delle strade, 32.300 fanciulli, con una spesa di L. 119.246.

Istituzioni d’istruzione.—Si connettono con le precedenti le istituzioni puramente educative, cioè scuole gratuite, serali e festive, ecc., talvolta anche con vitto e vestiti e spesso destinate esclusivamente a date categorie della popolazione—come, per es., ai fanciulli ebrei, ai figli dei marinai, dei negozianti piccoli, dei protestanti [368]francesi, ecc.—Vi è una società che ha l’unico scopo di utilizzare per palestre, per luoghi di giuochi e di ricreazione certi luoghi di Londra abbandonati, vecchie chiese, ecc. Esse sono circa 40 ed istruirono gratuitamente nel 1894 oltre 16.000 fanciulli, con una spesa di L. 108.261.

Istituzioni penitenziarie, di previdenza e di soccorso ai criminali.—Tra le numerosissime Istituzioni di beneficenza di Londra, alcune sono volte a scemare direttamente la criminalità, come società di patronato per liberati dal carcere, come società di protezione per le donne pericolanti o che sono state una volta in carcere, o come società di temperanza, ritiri per alcoolisti; ricreatorî festivi ed invernali; società di propaganda morale, ecc. In complesso esse sono circa 84 e si può calcolare che nel solo anno 1894 esse abbiano beneficato più di 67.000 individui, con l’impiego di circa L. 176.000.

Tra esse abbondano—ve ne sono 36—specialmente le società per le donne sole e liberate dal carcere, cadute o criminali, ma non recidive, o semplicemente in pericolo; come, per es., per proteggere le serve contro i pericoli della loro posizione; e anche istituzioni disciplinari per la loro punizione.

Scuole industriali son riservate (v. s.) ai fanciulli criminali, con l’aggiunzione di ricreatorî per fanciulli e per adulti sia festivi, sia invernali.

Società di mutuo soccorso.—Finalmente una simile specializzazione per mestieri, per nazionalità e per religione ecc., si trova nelle Società di mutuo soccorso, che sono complessivamente 68 e che nel 1894 poterono aiutare 33.340 individui, con una somma di L. 218.796.

Riassumendo:

TABELLA RIASSUNTIVA

delle istituzioni londinesi di carità che possono influire sulla criminalità.

Anno 1894
individui beneficati Spesa Lire
a) istituzioni penitenziarie di previdenza e di soccorso ai criminali 67.577 176.030
b) Società per l’emigrazione 7.565 30.627
c) Società di collocamento 4.840 26.290
d) Orfanotrofi 20.199 172.341
e) Istituzioni pei fanciulli poveri o abbandonati 32.354 119.246
f) Istituzioni d’educazione 16.019 108.261
g) Asili, ricoveri, soccorsi ecc. 18.057 172.999
h) Società di mutuo soccorso 33.340 218.796
Totale 199.951 1.024.590

Meritano sopratutto considerazione le società che hanno lo scopo di proteggere i diritti del fanciullo. La National Society for the prevention of cruelty to children d’Inghilterra (imitata e organizzata in maggior scala a New York) non si limitò, come si farebbe da noi, a reclamare una circolare od un testo di legge. Essa volle introdurre l’idea e la pratica della giustizia verso i fanciulli in tutte le classi sociali; dopo trascorsi parecchi anni nella preparazione e nello studio dei suoi mezzi d’adozione, si diede a tutt’uomo ad applicarli. Qual è ora il risultato di codesti sforzi? Anzitutto 25.437 fanciulli, vittime di violenze, percosse, martirizzati in tutti i modi, vennero sottratti ai loro carnefici; poi 62.887 vittime della negligenza, sofferenti per fame, per freddo e per mancanza di pulizia, ricevettero le cure necessaria; ben 603 fanciulli vennero sottratti alla pigra e crudele carità della strada ed al pericolo di diventare alcoolisti o vagabondi. Se ne strapparono 4460 all’ignobile sessualità che li adocchiava; si costrinsero gli acrobati ed i saltimbanchi a restituire 3105 piccoli schiavi storpiati per far loro acquistare maggiore agilità. In 712 casi soltanto la National Society for the prevention of cruelty to children giunse troppo tardi per prevenire la conseguenza fatale di queste varie specie di crudeltà e dovette limitarsi a constatare il decesso, di cui almeno i parenti ed i colpevoli dovettero penalmente rispondere.

La Società esiste da 10 anni, benchè da 5 soltanto sia solidamente costituita, ed in questo tempo essa potè togliere al vizio, alla fame, al delitto 109.364 fanciulli.

Ma la potenza tutelare di questa Società doveva essere tanto più efficace quanto più forte era la sua forza d’intimidazione ed il suo diritto di perseguitare i colpevoli. Mentre proteggeva più di 100.000 fanciulli, essa riceveva più di 47.220 querele contro coloro che li tormentavano: di questi 5313 rimanevano ignoti; a 28.895 persone la società si limitò a dare una riprensione; invece perseguitò in giudizio 5792 con sempre crescente successo, poichè dal primo al secondo periodo della sua esistenza, la proporzione delle assoluzioni nelle cause da essa patrocinate scese da 10,2 a 5,5%. Inoltre dei 47.320 casi, 7320 diedero luogo a misure di carità, come intervento dell’ufficiale d’assistenza, collocamento in una scuola industriale, ecc.

Dalle ricerche e dagli studi eseguiti dalla società risulta che una delle principali cause di maltrattamenti di fanciulli è l’ubbriachezza dei genitori (30% dei casi denunciati in Londra; in altri distretti la proporzione va fino al 50%). Tuttavia, dappertutto, il salario medio delle famiglie che diedero motivo a procedimenti era superiore a quello degli abitanti del distretto.

È stata anche fatta questa curiosa osservazione: che più il delitto era grave e provocava una condanna severa, maggiori erano i mezzi di sussistenza del condannato: nei condannati alla servitù penale si aveva la cifra più elevata, ciò che coincide e spiegasi coll’abuso dell’alcool.

Altre osservazioni dimostrarono che i fanciulli che si trovano in condizioni più sfavorevoli per il loro sviluppo, sono quelli i cui genitori sono meno flagellati dalla vera povertà: poichè lo zelo della Società stessa riuscì a smascherare un nuovo genere di industria criminosa per cui i padri abbisognavano di fondi preventivi, e che è causata da quella sete di facili e sùbiti guadagni di cui son tormentate soltanto le persone meno povere. Intendiamo parlare dell’assicurazione sulla vita del fanciullo la cui morte è attesa, sperata e finalmente affrettata dai criminosi beneficiari. Secondo l’orribile confessione di un accusato, tali fanciulli valgono più morti che vivi. In cinque anni la Società s’occupò di circa 19.000 casi di fanciulli tormentati, che rappresentavano pei genitori un valore di 95.000 lire sterline, cioè una media di 5 lire sterline o 125 franchi per fanciullo.

Per riuscire a tal punto e penetrare in tal modo negli intimi recessi del mondo criminale, generalmente nascosto all’occhio della polizia ufficiale, fu d’uopo che la Società si servisse degli aiuti di tutti. Infatti essa si giovò del Parlamento che la costituì in ente morale, degli amministratori delle tasse dei poveri, i quali compresero che far conoscere ai genitori tutta la loro responsabilità voleva dire far diminuire l’oziosità, la prodigalità, la negligenza. Essa ottenne l’aiuto dei magistrati (giudici di pace) o dei giudici propriamente detti che vedendola all’opera e riconoscendone la competenza, finirono per attribuire ai suoi ispettori una carica quasi ufficiale—ricevette l’aiuto delle società locali cui dimostrò che le crudeltà verso i fanciulli erano più frequenti di quanto lo si credesse e che avvenivano tanto in campagna quanto in città: e finalmente essa ottenne la cooperazione delle masse, poiché nei 10 anni della sua esistenza potè assicurarsi il concorso di più di 100.000 cittadini delle classi laboriose che prestarono la loro testimonianza, e resero con ciò possibile l’opera dell’autorità giudiziaria.

Gli sforzi così collegati condussero a risultati singolarmente felici; ben rare volte fu necessario un secondo processo. Delle 7398 persone giudicate, 6700 vivono oggidì coi loro figli e solo 100 fra queste provocarono un secondo processo.

Nè la condotta dei genitori uscenti dal carcere è ignorata dalla Società che moltiplica le precauzioni affinchè i casi di recidiva siano prontamente denunciati ed istruiti.

A che attribuire tale meraviglioso mutamento? In gran parte a questo ultime precauzioni, poi ad altre cause che ci indica la Società stessa; in primo luogo la pena, la cui efficacia è in ragione diretta della sua durata; poichè i gradi nel miglioramento della condotta dei parenti verso i figli corrispondono generalmente al numero dei mesi durante i quali essi furon privati della libertà. Si aggiunga che durante il periodo in cui genitori sono in carcere la Società non trascura i figli, i quali da pallidi, laceri e macilenti che erano, sono restituiti floridi e robusti ai genitori che escono dal carcere e che sono fieri di vederli così bene in carne. Si risveglia in essi, pare, l’amor paterno ed anche un certo orgoglio naturale e spontaneo al cuore d’un padre. E così dalla persona stessa del fanciullo emana un fascino indistinto che contribuisce all’emenda del colpevole.

Strane contraddizioni dell’egoismo umano! Il padre imputava prima alla sua vittima le malattie di cui egli solo era causa ed ora è fiero di un florido aspetto alla cui costituzione egli non ha in alcun modo contribuito!

Carità Latina.—Quanto più circoscritta è in confronto la carità latina mi risulta dalle informazioni che ho attinto all’illustre Bodio per quanto appunto riguarda il soccorso e ricovero ai fanciulli e bimbi nella capitale latina, in Roma.

Qui primeggia per orfani romani, da 8 a 10 anni, l’Ospizio di San Michele con 158 nel 1870, 197 nel 1874, 372 nel 1879 e con 263 nel 1885.

Nell’Orfanotrofio Comunale (Ospizio di Termini) erano, sotto il Governo Pontificio, ricoverati e mantenuti da 600 a 650 individui, cioè 400 femmine, fra giovani ed anziane, e 225 maschi, di cui 80 vecchi. Ora soli maschi con 225 alunni ed 80 con scuola d’arte.

L’Ospizio Tata Giovanni (fondato nel 1733) per circa 85 (140 nel 1867) fanciulli poveri che sono senza tetto. L’istituto vive con mezzi forniti dalla Camera Apostolica e dalla carità privata e col prodotto del lavoro dei giovanotti ricoverati.

Nell’Ospizio detto Vigna Pia, 100 fanciulli per lo più orfani ricevono istruzione agraria.

L’Asilo Savoia per istruzione nell’arte con 100 fanciulli.

L’Ospizio S. Margherita per riabilitazione di 200 cadute o pericolanti.

L’Ospizio del Sacro Cuore di D. Bosco per avviare all’esercizio di un’arte giovanetti poveri e derelitti, con circa 100 ricoverati.

L’Orfanotrofio del Protettorato di S. Giuseppe, fondato nel 1882 per giovani poveri, orfani ed abbandonati.

Il Ricovero del Circolo della Sacra Famiglia, fondato nel 1833; l’Ospizio di S. Girolamo Emiliani nel 1885, l’Istituto Pio IX degli artigianelli di S. Giuseppe, il Conservatorio Villa Lante, il Conservatorio del Divino Amore, il Conservatorio della S. Concezione fondato nel 1855, l’Istituto di S. Caterina da Siena, tutti a favore di fanciulli poveri, orfani od abbandonati dell’uno o dell’altro sesso.

L’Istituto di S. Zita per le serve disoccupate (1869).

Il Riformatorio di Tivoli con 249 giovani.

Il Riformatorio del Buon Pastore con 121 giovani.

Il Ricovero della Maddalena a S. Francesco di Sales fondato nel 1865 per giovani ravveduti uscenti dall’Ospedale di S. Giovanni, con 225 alunni, che vi ricevono un’istruzione professionale (oltre un riparto per circa 80 vecchie).

L’Orfanotrofio è diviso in tre sezioni, cioè asilo pei bambini, sezione adolescenti, che frequentano una scuola elementare fino a 12 anni, e sezione artieri da 12 anni in su. Quest’ultima sezione, in ciascuno degli anni dal 1875 al 1885, era oscillante tra 85 ricoverati (1885), 91 (1875) a 113 (1876).

È evidente che la carità non segue qui nelle sue urgenze il bisogno, certo non segue nella via illuminata dell’anglo-sassone.

A Torino, una città certo più grande di Ginevra, oltre 159 Società di mutuo soccorso, operaie, ecc., ci sono 147 istituzioni caritatevoli, di cui 21 ospitaliere.

Ai bambini si è provvisto con 43 istituzioni, di cui pei criminali 2, asili pei bambini, compresi i lattanti, 23, orfanotrofi 6, ricreatori 3, scuole industriali 6.

Per le donne vi sono 22 istituzioni, di cui per le pericolanti 11, ospitaliere 2, scuole professionali 9.

Fra le istituzioni speciali più moderne, c’è 1 patronato per gli infortuni sul lavoro, 1 segretariato del popolo, pensioni a pagamento per operai senza famiglia, 2 colonie alpine e marine per mandare i bambini in campagna.

Uno stabilimento specialissimo è il Cottolengo che accoglie tutti i malati, i deboli, infermicci che si presentano fino a 2000 o 3000.

Nell’Italia del Sud, Bartolo Longo, in omaggio alla Madonna e del Santuario di Pompei, seppe raccogliere 135 orfanelle e 70 figli dei carcerati addestrandoli in arti loro conformi e nell’agricoltura, mescolando all’ascetismo e al feticismo per la Madonna, la modernità nell’ampio uso di pubblicità e rendiconti[4] e fotografie, e riescendo così a collocare anche alcune orfanelle in famiglie benevole ed oneste.

Mancano tutte quelle istituzioni dei piccoli risparmi, dei miglioramenti degli alloggi, del collocamento degli operai, degli alberghi per le serve, che portano un reale vantaggio senza che nessuno debba sostenere l’onere. E mancano quasi completamente le istituzioni per prevenire il delitto, perchè salvo negli orfanotrofi, gli altri istituti maschili non accettano ragazzi prima dei 10 o 12 anni, e perchè non abbiano qui nè le cantine scolari, nè le ragged school che provvedono veramente ai bimbi completamente abbandonati.

Un’altra caratteristica di queste istituzioni è che per una umiltà esagerata nessuna cerca il sole della pubblicità e io queste cifre non le ho potuto raccogliere che a grande fatica, e di molte non ho potuto saper nulla di preciso.

D. Bosco.—Da noi la carità è veramente meravigliosa solo quando s’incarna in un santo che sia ad un tempo un gran cuore ed una mente lucida, come avvenne in questi ultimi tempi nel giustamente celebrato Don Bosco.

Don Bosco[5] fu a 26 anni, nel 1841, nel convitto di S. Francesco d’Assisi; sotto la guida di don Cafasso, visitando le carceri di Torino, cominciò ad interessarsi della sorte dei giovani delinquenti, a riflettere che se in tempo si fosse presa cura di loro, almeno una parte di essi avrebbe potuto essere salvata, e a pensare che questo deve essere un altissimo ufficio per la religione e per la società. Fin d’allora egli raccolse in quel convitto non soltanto i giovanetti più pericolanti, ma anche quelli di buona condotta e già istrutti, che nel 1842 sommavano già a 20 (scalpellini, stuccatori, selciatori, e sopratutto muratori). Quando sapeva che qualcuno era disimpiegato, o stava presso un cattivo padrone, si adoperava per affidarlo a padrone onesto, e visitavalo in mezzo ai lavori, nelle officine e nelle fabbriche, volgendo una parola ad uno, una domanda ad un altro, facendo un regalo a quello, e lasciando tutti contentissimi, anche i padroni presso i quali i ragazzi lavoravano. Un giorno, in un negozio, uno di questi ultimi, vedendo passare D. Bosco, corre per andarlo a riverire, ma dà di capo nella vetrata e la fa a pezzi:—Che cosa hai fatto? gli domanda D. Bosco.—Ho veduto lei a passare, risponde, e pel gran desiderio di riverirla, non ho più badato che doveva aprire la vetrina.—Ebbene la pagherò io.—No, disse il padrone; il buon cuore di questo fanciullo e la carità di D. Bosco non devono soffrirne. —Questo aneddoto dà la misura di quanto il geniale sacerdote fosse amato dai giovani e rispettato dai padroni.

Terminato il corso di studi a S. Francesco d’Assisi, D. Bosco non potè più raccogliervi i giovinetti, e dovette continuamente emigrare di luogo in luogo, sempre licenziato, subendo ogni sorta di amarezze; si tacciò l’opera sua di immorale, di turbolenta, lo si accusò di avere scopi politici; perfino i suoi colleghi lo facevano passare per pazzo.

D. Bosco si recava spesso alla Generala, casa di correzione per giovani discoli, e si intratteneva con essi amichevolmente; un giorno egli chiese al direttore che gli permettesse di farli uscir tutti per qualche ora e condurli a Stupinigi. Ne fu riferito al Ministro Urbano Rattazzi che, pur acconsentendo, voleva mandare dei carabinieri travestiti per aiutarlo in caso di bisogno, e colla forza mantenere [376]l’ordine. Ma D. Bosco rispose che avrebbe messo in atto il suo disegno, solo alla condizione che potesse rimanere tutto solo coi suoi giovani. E come D. Bosco volle, fu fatto. Preparati convenientemente i giovani, la loro condotta fa inappuntabile, e al ritorno nessuno mancò all’appello.

È notevole, perchè rivela la condotta dei convertiti, che quando D. Bosco domandò ai giovani se poteva fidarsi di loro, i più adulti rispondevano: «Se mai qualcuno cercasse di fuggire, gli correrò dietro e lo squarterò come un pollo; ma io con una pietra spaccherò la testa a chiunque le desse un dispiacere;… non verrà più a casa vivo quel furfante che disonorasse la nostra partita».

Nel 1850 fondò la Società di Mutuo Soccorso, allo scopo di prestare soccorso ai compagni che cadessero infermi, o si trovassero nel bisogno perchè involontariamente privi di lavoro. Ciascun socio paga un soldo ogni domenica, e non può godere dei vantaggi della Società che 6 mesi dopo la sua accettazione, salvo che paghi subito all’entrata L. 1,50, e non sia allora nè infermo nè disoccupato. Il soccorso per ciascun ammalato è di 80 cent. al giorno.

Un’altra prova della bontà dei risultati ottenuti si ebbe nel 1854, quando il colèra scoppiò in Torino; riusciva allora difficilissimo trovare delle persone che volessero prestarsi a servire gli ammalati nei lazzaretti e nelle case private. Don Bosco trovò tra i suoi giovani facilmente 44 volontari che egli istruì intorno a quello che dovevano fare. E l’opera prestata da loro fu utilissima.

Una sera nel 1847, vicino al corso Valdocco, si trovò circondato da una ventina di giovinastri, che lo beffeggiavano. Don Bosco non si perdette d’animo, e quando questi per burla gli proposero di pagar loro una pinta—Volentieri, ma voglio bere anch’io. E mantenne la parola. Ma quando li vide alquanto esilarati, e fattisi più mansueti, egli disse loro: Ora voi dovete farmi un piacere: domenica dovete venire con me all’Oratorio, e quelli che adesso non sanno dove andare a dormire, vengano con me. Dieci o dodici lo seguirono; giunti all’Oratorio, li condusse al fienile, diede a ciascuno un lenzuolo ed una coperta. Al mattino appena giorno, esce di camera per vedere i suoi giovinotti; ma essi se l’erano svignata, portando via lenzuola e coperte, per andarli a vendere. Il primo tentativo d’un Ospizio andava dunque fallito. Ma presentatosi più tardi in una sera piovosa un giovinetto a chiedere ricovero, egli, aiutato dalla madre, raccolse alcune teste di mattoni, ne fece quattro pilastrini in mezzo alla cucina, vi adagiò due o tre assi, vi sovrappose un pagliericcio con due lenzuola ed una coperta. Questo fu il primo letto e il primo dormitorio dell’Ospizio Salesiano, che contiene oggidì circa mille ricoverati, diviso in quaranta e più cameroni: più tardi Don Bosco affittò, poi adattandola, una tettoia prolungata a piano inclinato, sicchè da un lato aveva poco più di un metro di altezza, e una striscia di terreno vicino per la ricreazione, e qui ricoverò i primi giovanetti (1845).

Negli stabilimenti di D. Bosco vengono ricoverati i giovinetti di ogni classe, compresi gli abbandonati, non i viziosi e condannati. Malgrado ciò, D. Bosco stesso riteneva che 115 dei suoi giovani fossero di indole cattiva. I Salesiani ritengono che il sistema della casa eserciti una benefica influenza anche su di essi; ed è possibile, ma non poterono fornirmene una prova diretta. Anzi mi dichiararono che respingono gli incorreggibili e così i corrigendi che raggiungano già i 14-15 anni e gli epilettici.

L’età in cui sono ammessi gli interni è per le scuole a 9 anni, pei laboratori a 12; gli esterni non sono ammessi nei laboratori. Rimangono negl’istituti gli studenti fino al termine delle scuole; gli artigiani fino a 18 anni, ma possono rimanere di più, se non hanno trovato lavoro in altro modo, o se vogliono farsi Salesiani.

Appena entrati i giovani nell’Istituto vengono messi in osservazione in camera a parte, per le ore dei pasti e del riposo, non però durante il lavoro: non li obbligano direttamente a pratiche religiose, ma solo le raccomandano; la confessione è ad aurem in pubblica chiesa: i sacerdoti stessi ne dànno l’esempio; chi è assiduo alle pratiche religiose, alla confessione, ecc., non riceve però punti di merito superiore agli altri.

L’orario del lavoro è dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 19; alle 16 hanno 12 ora di ricreazione.

Ogni laboratorio ha un maestro laico ed uno prete; gli attrezzi pei laboratorii, e i disegni per le costruzioni edilizie sono fatti dai Salesiani stessi, sotto la direzione del compianto D. Antonio Sala, ora sostituito da un economo generale.

Nei giorni festivi, di buon mattino, si apriva la Chiesa e si dava cominciamento alle confessioni, che duravano sino al tempo della Messa (ore 8); dopo questa, D. Bosco saliva sopra una bassa cattedra, e faceva un po’ di predica, raccontando anche aneddoti della storia sacra e della vita comune. Dopo un po’ di ricreazione, cominciava la scuola di lettura e di canto che durava sino a mezzogiorno.

A 1 ora pomeridiana, ricominciavano i divertimenti colle bocce, stampelle, fucili e spade di legno e con altri giuochi di destrezza e di ginnastica. Alle 2-12 catechismo. Nè D. Bosco dimenticava di istrurre i giovanetti: per essi scriveva una «Storia sacra ad uso delle Scuole» e «Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità». Promosse, oltre le domenicali, anche le scuole serali di cui egli è il vero creatore in Italia. Egli si plasmava perfino i maestri: tra quelli che frequentavano l’Oratorio, alcuni ve n’erano di molto ingegno: D. Bosco somministrò loro gratuito insegnamento di lingua italiana, latina, francese e di aritmetica; ma col patto che essi alla loro volta venissero ad aiutarlo nell’insegnare il Catechismo, e nel fare la scuola domenicale e serale ai compagni. La prova riuscì magnificamente. Così s’aggiunse all’Oratorio la categoria degli studenti.

I Salesiani laici e sacerdoti (con vincoli semplici) sono circa 3000; e le suore di Maria Ausiliatrice 1500.

Gli istituti salesiani per giovinetti sono circa 200, nei 2 mondi, dei quali 16 circa sono professionali; salvo in America, dove ne formano la metà. La metà degli istituti sono d’istruzione; il terzo rimanente è misto: d’istruzione e professionali. In media si trovano 150 interni per ciascuna casa: in totale quindi circa 30.000; ai quali bisogna aggiungere 200 esterni allievi delle scuole, quindi circa altri 20.000 giovinetti; finalmente bisogna aggiungere gli esterni dei ricreatori festivi, i quali in parte sono formati dagli stessi studenti [379]esterni; calcolando in media circa 100 per ciascun istituto, si hanno altri 20.000 giovinetti sottoposti all’influenza dei Salesiani.

Si devono aggiungere circa 50 case per giovinette, con una media di 100 interne per ciascuna (totale 5000) e di 250 esterne (totale 12.500).

Non esistono case speciali per semplice ricovero o per malattia, salvo nell’America del Sud, dove si hanno orfanotrofi ed ospedali; ad Agua de Dios (Columbia) esiste un lazzaretto, con 800 e più lebbrosi, assistito da Salesiani.

Le case per giovinette sono esclusivamente dedicate all’istruzione, e ai lavori famigliari.

Gli istituti salesiani seguono anche la fatale china dello spirito pubblico italiano, coll’ammettere un numero eccessivo di giovani agli studii ginnasiali (più di 500 nel solo istituto di Torino), come se il paese avesse bisogno di stentati decifratori di classici e non di energiche braccia lavoratrici. Ma certo in Italia rappresentano uno sforzo colossale e genialmente organizzato per prevenire il delitto. Niun dubbio che chi visita gli istituti di D. Bosco vi vede dei fanciulli dal viso ridente, liberi nei movimenti, ma disciplinati, e una buona parte di essi, qualora perdessero la guida e l’appoggio dei Salesiani, si riverserebbero per le vie e vi diverrebbero dei barabba e dei delinquenti, prima d’occasione, poi d’abitudine.

È notevole, per noi, benchè i Salesiani non lo accennino, che le autorità ecclesiastiche non solo nol favorirono, ma più volte lo ostacolarono fino a che il conflitto venne appianato dalla corte di Roma, che avocò a sè la direzione suprema.

Ed ora vediamo i miracoli del santo protestante.[6]

Dott. Barnardo.—In una rigida sera d’inverno del 1866 il dottor Barnardo, che era allora studente di medicina e dirigeva nelle sue serate libere una Ragged School, fu colpito da un fatto tale che lo determinò a darsi anima e corpo all’opera cui va ora congiunto il suo nome.

Mentre stava per uscire dalla scuola, vide che un ragazzo era rimasto nella stanza e stava ritto presso il camino senza dar segno di pur pensare ad andarsene, e invitato ad andarsene cominciò a pregare il dottore che lo lasciasse star lì, che non ci sarebbe nulla di male. A forza di domande Barnardo riuscì a sapere dal ragazzo, che si mostrava cupo e sospettoso, esser egli senza padre, senza madre, senza amici, senza ricovero, dormire qua e là all’aperto, nei luoghi meno frequentati dalla polizia e che come lui vivevano molti altri ragazzi. Questo eccesso di miseria parve troppo a Barnardo che volle accertarsi del fatto e pregò il ragazzo di fargli conoscere il ricovero di quei ragazzi. Circa un’ora dopo mezzanotte uscì colla sua guida: dopo aver percorso uno dei peggiori quartieri di Londra, i due volsero finalmente entro un angusto cortiletto, passarono sotto una lunga tettoia e si trovarono dinanzi un muro assai alto. Su per quel muro s’arrampicò il ragazzo e dietro lui il dottore. Uno strano spettacolo fu quello ch’egli vide. Sul tetto a forte pendio, colla testa verso il comignolo, i piedi appoggiati alla grondaia, in posizioni variate, giacevano dieci o dodici ragazzi, tra i dieci e i diciott’anni, liberi almeno dal timore di essere scoperti dal loro naturale nemico: la polizia.

Là, in mezzo a quelle giacenti figure di miseria, il D.r Barnardo fece voto di darsi tutto all’opera di salvezza che fu da quella notte il compito della sua vita. Egli riuscì, povero e sconosciuto studente, a raccogliere da persone caritatevoli tanto da affittare in una stradicciola una casetta capace di contenere una ventina di ragazzi. Appena, lavorando colle sue mani, l’alberghetto fu pronto, spese due nottate a pescare nelle strade questa ventina di ragazzi.

«Non saprei, dice egli, immaginare o dipingere una scena più lieta di quella della prima serata nella vecchia casupola, quando inginocchiandosi prima di andare a dormire, la mia prima famiglia di 25 figliuoli lodò meco la bontà del Padre nostro e pregò che non venisse loro mai meno l’aiuto di colui che provvede di cibo anche gli uccelletti».

Questa casa aperta con 25 ragazzi prosperò e si moltiplicò rapidamente e il numero delle case è salito in meno di 30 anni a 87, di tutte le specie, che han dato ricovero stabile a più di 50.000 bambini, dal bambino di poche settimane a quello di 17-20 anni, e nello stesso tempo—sempre a protezione dei bambini, miserabili, destitute—l’istituzione si è ramificata in una quantità d’istituti affini, dispensari medici gratuiti, scuole, cucine gratuite, asili notturni, agenzie per condurre i bambini in campagna, ospedali, agenzie di collocamento, ecc., come basterà a dimostrare il suo programma che è veramente grandioso nel suo schematismo.

Obbietto.—Raccogliere, educare, intrenare al lavoro, e trovare un collocamento nella vita ai bambini orfani o abbandonati. Portar il vangelo tra le masse dell’East End, Curare i malati e portar soccorsi ai miserabili.

Mezzi.—1º a) Organizzare agenzie per scoprire i bambini orfani o vagabondi; b) Asili notturni gratuiti; c) Grandi case industriali; d) Piccole case di famiglia; e) Case di campagna; f) Emigrazione;

2º a) Case missionarie; b) Conventi; c) Diffusione della propaganda per la temperanza; d) Scuole domenicali e scuole per gli stracciati;

3º a) Dispensari medici; b) Minestre gratuite; c) Emigrazione e migrazione.

Principii.—I bambini abbandonati sono ricoverati:

1º Senza restrizione di età, di sesso, di religione, di nazionalità;

2º Affetti da qualsiasi infermità, bambini rachitici, sordo-muti, ciechi, incurabili, che vengono anche solo per morire, possono entrare se son veramente abbandonati;

3º A qualunque ora del giorno o della notte.

È caratteristico poi il vedere da quale strana mescolanza d’idealismo e spirito pratico, d’intuizione energica, di cieca fidanza in Dio sia uscita quest’opera colossale.

Dio e le sterline sono le sue due leve!… È come se Barnardo credesse fermamente di aver credito aperto nella banca dei cieli. E che cosa non può fare un uomo convinto di aver credito aperto in una tal banca?

Nell’anno 1888 gli morirono 31 bambini (compresi 13 babies), cioè il 10%. «Quando si pensa che io accolgo ogni anno bambini che entrano in condizioni disperate, solo per morire, si concederà che la quota di mortalità è minima! Certo questo dipende anche dalle cure e dalle condizioni sanitarie eccellenti in cui è tenuta la mia grande famiglia, ma certo anche dal nostro Padre celeste che ha voluto preservare il mio piccolo mondo da molte epidemie ed io mi sento in dovere di esprimergli la mia gratitudine!»

E come lo spirito pratico inglese procede sempre braccio a braccio con questo spirito di fede!

A ognuno dei numerosi casi di redenzione ch’egli riferisce, aggiunge come conclusione morale quanto questa redenzione gli sia costata. Con 10 sterline e l’aiuto di Dio—conclude, p. es., il dottore, matematicamente e ingenuamente—è stata così salvata una vita!

Nel suo giornale Night and Day fatto per la propaganda delle sue case, che si tira a 200.000 copie, si trovan degli avvisi di questo genere: «Si ha bisogno a cinquanta miglia da Londra di una buona fattoria, in coltivazione, con casamento in buono stato, non più lontano di un miglio dalla stazione ferroviaria. In questo momento questa sarebbe un’addizione preziosa alla nostra casa. Non vi sono proprietari che si accontenterebbero di aver la loro rendita pagata in gratitudine e buon lavoro, o meglio ancora che sarebbero disposti a far dono del loro stabile all’istituzione? Se qualcuno è disposto si prega di comunicar con l’editore all’indirizzo della casa 18 Steppey Causeway, London».

E da questa casa domandata con tanta semplicità e confidenza (e che otterrà), si passa giù giù per una serie di bisogni e di domande per questa gran famiglia di 8000 bambini, dalle calze di lana alle camicie da notte per ragazze di 50 o 58 pollici (questa è una delle cose più urgenti—è messo coscienziosamente in nota) alle federe di cui si dà la lunghezza, alle macchine da cucire, a un armonium da usarsi nello Sturger House, ai vecchi pannilini per neonati, giù giù fino… alla domanda di una lanterna magicaper i bambini.

Questa lista dà veramente l’immagine della facoltà di rappresentazione [383]del Barnardo, che comprende tutto, il grande e il piccolo e può organizzare tutto all’uopo.

E come è ingegnoso questo aperto spirito di comunicazione col pubblico, di cui si possono raccogliere mille esempi caratteristici appunto sul suo giornale!

Vi trovi una rubrica con ritratti di bambini, e con questo invito ai lettori:

«Vuole qualcuno dei nostri lettori scegliere uno dei casi seguenti e pagare il denaro occorrente per un anno? La spesa annua per maschio o bambina ammonta a L. 18 sterline. Una fotografia, la storia completa anteriore del bambino e quella dei suoi progressi verrà rimessa a chi s’incarichi di dar questa somma».

Seguono i casi.

La stessa concezione ardita che ha avuto nell’ideare la sua opera di salvataggio, l’ha ora nell’intuire i mezzi per provvederla.

Per quest’armata, ormai di 100.000 bambini, è il pubblico solo, che egli ha voluto a collaboratore, organizzando tutto per poter tutti arrolare, servirsi di tutti e ricavar un obolo da tutti: e vi è riuscito.

Chi non può dar denaro presti l’opera, e chi non può prestar l’opera di tutti i giorni la presti per un giorno solo.

Nei giornali si trovano dei foglietti staccati: «Chi vuol lavorare un giorno per i miei bambini? La nostra colletta per le strade del 1895 avrà luogo il 29 giugno. Se volete sacrificare, generosamente, un giorno del vostro lavoro, scrivete il vostro nome e indirizzo e mandatemelo il più presto possibile perchè io possa mandarvi piene e complete istruzioni per quel giorno» (segue la Scheda). Così sono utilizzate tutte le forze. E queste forze sono veramente imponenti.

Come le sue porte sono aperte ai bambini abbandonati da tutto il mondo, così la sua cassa ha il contributo di tutto il mondo: il più delle offerte anzi arrivano di fuori d’Inghilterra.

In un sol giorno, aprendo il libro a caso, vi trovo ch’egli ha ricevuto 55 donazioni: 42 dall’Australia, 5 dall’Africa, 3 dalla China, [384]2 dagli Stati Uniti, 1 dal Canada, 1 dall’India, 1 da Parigi; 122 poi dall’Inghilterra, il che somma 177 doni in un solo giorno, che rappresentano migliaia di sterline; e non sono solo in denari o in oggetti di consumo (alimentari o indumenti per l’Istituto), ma di qualsiasi specie di oggetti che il Barnardo raccoglie in grandi magazzini e rivende a prò dell’Istituto. La copertina del suo giornale è turgida di avvisi fittissimi su questo magazzino di brocanteur di nuova specie!

Un altro fatto che colpisce è come il Barnardo sia riuscito a render popolare la sua istituzione tra le classi più umili: non solo i suoi antichi «destitute» raccolti e redenti come abbiamo visto, vanno a gara a portargli il loro obolo, ma una grande quantità di operai.

Uno sguattero riceve 50 centesimi di mancia per un pranzo, compra zolfanelli, li rivende, colla piccola somma aumentata compra ferri da calza, li rivende fino a far su 10 lire, che gli manda soddisfatto.

Un altro operaio scrive: «Non ho che 8 lire la settimana e devo mantenere mia madre, ma molto spontaneamente vi mandiamo la somma acclusa: mi rincresce di non poter far di più, ma credo che qualcun altro potrebbe far come noi, se ne avesse l’idea. Noi abbiamo comperato un salvadanaio che chiamiamo «vostro» e ci siam impegnati a metterci un penny per settimana e così abbiamo fatto». La busta conteneva 4 o 6 penny.

Un’altra volta è riportato sul giornale il caso di un operaio che, chiamato a lavorar nella casa per 10 giorni, poi non volle in nessun modo accettare la paga e neppure lasciare il suo nome.

Tutti questi fatti hanno un significato più che aneddotico, essi dimostrano quali profonde radici di simpatia l’opera di Barnardo abbia nel cuore della popolazione, e come poi con un meraviglioso genio organizzatore egli abbia saputo trarne frutto.

È riuscito veramente a organizzare la simpatia in denaro per rifonderla poi in carità.

Qui la razza anglo-sassone ha vinto, e di quanto, la razza latina!


  1. V. Hello, Des colon. agr. pénitentiaires, 1865.—Saucerotte, Les colon. agr., 1867.
  2. Lombard, Annuaire Philantropique Génevois, 1893.
  3. Low's Handbook to the charities of London. 1895-96, London.
  4. Valle di Pompei. Giornale dell'opera per l'educazione dei figli dei carcerati. Anno VI, 1895.—Calendario del Santuario di Pompei. Valle di Pompei, 1896.—Bartolo Longo, L'opera della valle di Pompei e la riforma dei carcerati, 1895.
  5. G. Bonetti, Cinque lustri di storia dell'Oratorio Salesiano. Torino, 1892.—D.r D'Espinay, Don Bosco, XII ed., 1890.—D. Giordani, La gioventù di D. Bosco, 1886.—Id., La carità nell'educazione, 1890.—F. Cerruti, Le idee di D. Bosco, 1886, 4ª ed.
  6. Le Case di Barnardo a Londra, di Paola Lombroso, 1896.—The «Barnardo's Homes», The Night and day, London, Causeway Street.—Héléne Zimmern, Le riforme del dott. Barnardo, 1894.