Capitolo IV

Civiltà.—Barbarie.—Agglomeramento.—Politica.—Stampa.—Delitto collettivo.

Civiltà.—Fra i tanti problemi sociali, uno desta più il desiderio di una soluzione sicura e precisa: quello della influenza che esercita la civiltà sul delitto e sulla pazzia.

Se noi ci atteniamo alle nude cifre, certo il problema par bello e risolto, perché esse ci mostrano un aumento nel numero dei delitti e delle pazzie, quasi per ogni anno che corre, aumento sproporzionato a quello della popolazione.[1]—Ma molto opportunamente il Messedaglia fa, in proposito, riflettere la grande probabilità di errore cui va incontro chi voglia risolvere, su semplici dati numerici, problemi complessi, in cui entrano parecchi fattori ad un tempo. Potrebbe, infatti, il maggiore aumento, così dei reati come delle pazzie, spiegarsi per le modificazioni delle leggi civili e penali, per una maggiore facilità alla denuncia ed al ricovero, specialmente dei pazzi, vagabondi e minorenni, e per una maggiore attività della polizia.

Una cosa par certa (e noi ne toccammo a lungo più sopra, p. 253), che la civiltà abbia la sua, come ben la chiama il Messedaglia, criminalità specifica, ed una n’abbia, a sua volta, la barbarie. Questa, ottundendo la sensibilità morale, scemando il ribrezzo agli omicidi—ammirati spesso come atti d’eroe—considerando la vendetta un dovere, diritto la forza, aumenta i delitti di sangue, le associazioni dei malfattori, come fra i pazzi le manie religiose, la demonomania, le follie di imitazione. Ma i legami domestici sonvi molto più forti, l’eccitamento sessuale, le smanie dell’ambizione assai minori, e quindi molto meno frequenti i parricidi, gl’infanticidi ed i furti.

I tipi di civiltà che l’uomo ha finora creato—scriveva Guglielmo Ferrero—sono due: la civiltà a tipo di violenza, e la civiltà a tipo di frode. L’una e l’altra differiscono fondamentalmente per la forma che assume in esse la lotta per l’esistenza. Nella civiltà a tipo di violenza, la primitiva, la lotta per la vita si combatte essenzialmente con la forza: il potere politico e la ricchezza sono conquistati con le armi, sia a danno dei popoli stranieri, sia a danno dei concittadini più deboli: la concorrenza commerciale tra un popolo e l’altro è combattuta sopratutto con gli eserciti e le flotte, cioè con l’espulsione violenta degli antagonisti dai mercati che si vogliono sfruttare comodamente da soli; le liti giudiziarie sono risolute col duello. Nella civiltà a tipo di frode, la lotta per l’esistenza è combattuta invece con l’astuzia e con l’inganno; ai duelli giudiziari subentra la guerra di cavilli e di raggiri degli avvocati; il potere politico è conquistato non più con gli scudi di ferro, ma con gli scudi d’argento; il danaro è attirato dalle tasche altrui con frodi e con malìe misteriose come i giuochi di borsa; la guerra commerciale è combattuta con il perfezionamento dei mezzi di produzione e più ancora dei mezzi di inganno, vale a dire con abili falsificazioni che diano al compratore l’illusione del buon mercato.[2]

Alla civiltà del primo tipo appartengono od appartennero la Corsica, in parte la Sardegna, il Montenegro, le città italiane del Medio-Evo, e in genere quasi tutte le civiltà primitive. Alla seconda invece appartengono tutti i popoli civili moderni, quelli cioè in cui il regime capitalistico borghese si è interamente sviluppato in tutte le parti del suo organismo.

La distinzione fra i due tipi—però—non è così assoluta nella realtà come nella teoria, perchè talora nel seno di una stessa società si mescolano alcuni caratteri di un tipo e alcuni dell’altro.

E poichè la patologia segue anche nel campo sociale identico processo della fisiologia, noi ritroviamo questi due mezzi di lotta anche nella criminalità.

Noi assistiamo infatti al manifestarsi parallelo di due forme di criminalità: la criminalità atavica, che è un ritorno di alcuni individui, la cui costituzione fisiologica e psicologica è morbosa, ha dei mezzi violenti di lotta per l’esistenza che la civiltà ormai ha soppresso: l’omicidio, il furto e lo stupro; e la criminalità evolutiva, egualmente perversa nell’intenzione, ma assai più civile nei mezzi, giacchè ha sostituito alla forza e alla violenza, l’astuzia e la frode.[3]

Nella prima forma di criminalità non cadono che pochi individui fatalmente predisposti al delitto; nella seconda possono cadere moltissimi, tutti quelli che non posseggono un carattere adamantino, capace di resistere alle malsane influenze dell’ambiente esteriore.

Sighele giustamente nota che il fenomeno si riproduce più in grande nelle due forme di criminalità collettiva, propria, l’una della classe elevata, l’altra dell’infima classe sociale. Da una parte abbiamo i ricchi, i borghesi, che nella politica e negli affari vendono il loro voto, la loro influenza, e per mezzo dell’intrigo, dell’inganno e della menzogna, rubano il danaro del pubblico; dall’altra parte abbiamo i poveri, gli ignoranti, che nei complotti di anarchici e nelle dimostrazioni e nelle sommosse, tentano ribellarsi contro la condizione che loro vien fatta e protestano contro l’immoralità che scende dall’alto.

La prima di queste due forme di criminalità è essenzialmente evolutiva e moderna; la seconda è atavica, brutale, violenta. La prima è tutta di cervello e procede con mezzi d’astuzia, quali la appropriazione indebita, il falso, la frode: la seconda è in gran parte di muscoli e procede con mezzi feroci: la rivolta, l’omicidio, la dinamite.

L’Italia di questi ultimi anni ha pur troppo offerto lo spettacolo rattristante dello scoppio simultaneo di queste due criminalità. Abbiamo avuto nello stesso tempo in Sicilia il brigantaggio, le rivolte delta fame, cui una pietosa o interessata menzogna ha prestato altri nomi ed altri motivi,—e a Roma, collo scandalo bancario, le grasse immoralità delle classi ricche.

Noi vedemmo nei vol. I e II gli esempi della criminalità sanguinaria speciale e associata al Medio Evo.

Perchè, qualcuno chiederà: «Se in tempi antichi le associazioni criminose esistevano dappertutto, perchè la pratica loro si conservò solo in alcuni paesi (Napoli), e si spense negli altri?» La risposta è trovata pensando alle condizioni poco civili del popolo e del governo soprattutto, che manteneva e faceva ripullulare quella barbarie, prima e perenne sorgente delle malvagie associazioni.

«Finché i governi si ordinano a sêtte, sentenzia assai bene d’Azeglio, le sêtte si ordinano a governi». Quando la posta regia frodava sulle lettere, quando la polizia pensava ad arrestare gli onesti patriotti, e trafficando coi ladri, lasciava libertà ad ogni eccesso nei postriboli e nell’interno delle carceri, la necessità delle cose contribuiva a proteggere nel camorrista chi poteva mandarvi un plico sicuro, salvarvi da una pugnalata nel carcere, o riscattarvi a buon prezzo un oggetto rubato, od emettervi, in piccole questioni, dei giudizi forse altrettanto equi e certo meno costosi e meno ritardati di quelli che potevano offrire i tribunali.

Era la camorra una specie di adattamento naturale alle condizioni infelici di un popolo reso barbaro dal suo governo.

Anche il brigantaggio era spesso una specie di selvaggia giustizia contro gli oppressori. Al tempo della servitù in Russia, i moujik, indifferenti alla vita, provocati da sofferenze continue di cui niuno si preoccupava, erano pronti a vendicarsi coll’omicidio, come ben ci mostrò un canto rivelatoci da Dixon. Non v’è (dice il noto autore dello studio sulle prigioni in Europa) famiglia grande di Russia che non abbia un massacro dei suoi nella storia di famiglia. La mancanza di circolazione dei capitali, e l’avarizia, spingevano i ricchi dell’Italia meridionale ad usure e malversazioni contro i poveri di campagna, che non sembrano credibili. A Fondi, scrive il Jorioz, molti divennero briganti in grazia delle angherie del sindaco Amante.—Coppa, Masini, Tortora, furono spinti al brigantaggio dai maltrattamenti impuniti dei loro paesani.—I caffoni (diceva alla Commissione d’inchiesta il Govone) veggono nel brigante il vindice dei torti che la società loro infligge.—Il sindaco di Traetto, che si spacciava per liberale, bastonava per istrada i suoi avversari, e non permetteva loro di uscire alla sera.—Le questioni che nascevano fra i ricchi ed i poveri, per la divisione di alcune terre appartenenti ad antichi baroni, il cui possesso era dubbio, ed era stato promesso a tutti, ed in ispecie ai poveri coloni, gli odi che dividevano i pochi signorotti dei comuni dell’Italia meridionale, e le vendette esercitate contro i clienti degli uni e degli altri, furono cause precipue del brigantaggio. Sopra 124 comuni della Basilicata, 44 soli non diedero alcun brigante; erano i soli comuni dove l’amministrazione era ben diretta da sindaci onesti.—Dei due comuni, Bomba e Montazzoli, vicini a Chieti, il primo, ove i poveri erano ben trattati, non diede briganti; mentre il secondo, ove erano malmenati, ne fornì moltissimi.—Nelle piccole terre dell’Italia meridionale, osserva assai bene il Villari, vi ha il medio-evo in mezzo alla civiltà moderna; solo che invece del barone despotizza il borghese.—A Partinico, città di 20.000 anime, si vive in pieno medio-evo, perchè i signorotti tengono aperta una partita di vendetta che dura da secoli.—A San Flavio due famiglie si distrussero a vicenda per vendicare l’onore.

«Abbiamo sempre in Sicilia, scrive il Franchetti, una classe di contadini quasi servi della gleba, una categoria di persone che si ritiene superiore alla legge, un’altra, e questa è la più numerosa, che ritiene la legge inefficace ed ha innalzato a dogma la consuetudine di farsi giustizia da sè. E dove la maestà della legge non è conosciuta nè rispettata, saranno rispettati i rappresentanti di essa? Il pubblico impiegato in Sicilia o blandito, accarezzato finchè gli autori dei soprusi e delle prepotenze sperano di averlo connivente, o almeno muto spettatore delle loro gesta; è insidiato, avversato, assalito, combattuto con tutte le armi, non appena si riconosce in lui un uomo fedele al proprio dovere.

«Dopo l’abolizione della feudalità, continua altrove il Franchetti, se non era mutata la sostanza delle relazioni sociali, ne era bensì mutata la forma esterna. Avevano cessato di essere istituzioni di diritto la prepotenza dei grandi e i mezzi di sancirla; le giurisdizioni e gli armigeri baronali. L’istrumento che conveniva adesso di adoperare per i soprusi era in molti casi l’impiegato governativo o il magistrato. E ad assicurarsi la loro connivenza non bastava la corruzione, conveniva inoltre adoperare una certa arte. La stessa doveva adoperarsi per acquistare o conservare l’influenza su tutti coloro, che la loro condizione economica non rendeva addirittura schiavi. La violenza brutale dovette in parte cedere il posto all’abilità ed all’astuzia.

«… Ma non perciò era esclusa la violenza almeno nella maggior parte dell’isola; nulla era venuto ad interrompere le antiche tradizioni, e rimanevano sempre gli strumenti per porla in opera.

«Rimanevano gli antichi armigeri baronali mandati a spasso, oltre a tutti gli uomini che avevano già commesso dei reati, od erano pronti a commetterne, e che non potevano non essere numerosissimi in un paese dove era tradizionale la facilità ai delitti di sangue, e la inefficacia della loro repressione. Se non che adesso, i primi come i secondi, esercitavano il mestiere per proprio conto, e chi avesse bisogno dell’opera loro, doveva con loro trattare volta per volta, e da pari a pari» (Franchetti, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia. Firenze, tip. di G. Barbéra).

Un altro esempio ce l’offre la nostra stessa capitale e più la Corsica e la Romagna.

Roma ci presentava, anni sono, una cifra di criminalità, specialmente contro le persone, superiore a molte regioni d’Italia; ma, come molto bene ha mostrato il Gabelli (Roma ed i Romani, 1881), essa vi è in gran parte effetto della tradizione dell’antica impunità e l’atmosfera morale appunto formatavisi in grazia di questa; l’accorrere e venire a galla, che succede ad ogni rivoluzione, della popolazione equivoca, che vuol mettere alla prova il nuovo Governo come i ragazzi il maestro nuovo; tanto più in Roma dove calarono i guadagni e dove il malandrinaggio era tollerato paternamente dal Governo antecedente; il perdurare quell’impeto in cui erompono le anime brutalmente virginee, a cui una repressione sicura anco non apprese a considerare le conseguenze dei proprii impeti; onde, una parola sfuggita al gioco, un sospetto di infedeltà, gelosia di mestiere, specie in campagna, bastano per produrre un omicidio, spesso così fuori di proporzione con la causa, che per gli stessi giudici pare un enigma od una pazzia. Mandati giù alcuni bicchieri di vino, la passione ribolle nell’accesa fantasia per un’inezia, e il braccio, già armato di coltello, offre così pronto il servizio, che la testa non ha il tempo di ricusarlo; s’aggiungono i pregiudizi selvaggi, per cui chi non si vendica di un insulto non è uomo, la dignità virile impone farsi giustizia da sè e non col mezzo dell’autorità. È l’eredità della violenza, dell’energia che rimonta agli antichi Romani.

E pochi anni fa una popolana non sposava volentieri uno a cui non fosse mai uscito di tasca il coltello, che regalava al suo damo come pegno di costanza, con incisovi sopra il suo nome, oppure Amor mio, cuor mio, ecc.; e mentre nell’alta Italia ogni galantuomo crede di aiutare il Governo a mettere le mani su un ladro, un assassino, il romano del popolo, che non capisce il Governo che sotto forma di dazi, carta bollata, ecc., e che ha forte il sentimento della propria personalità, o l’ucciderà egli stesso, o lo lascierà andare, come cosa che non gli tocchi, e non vorrà attestare se avrà veduto egli assassinare un altro, per una vecchia abitudine contratta sotto il Governo papale (Gabelli).

A queste criminalità la corruttela della capitale aggiunse la bruttura bancaria e giornalistica.

Nella Basilicata, Pani Bossi (op. cit.) sentì spesso chiamare brigantiello dalle madri il loro figliuolo; Crocco era il loro Carminuccio; i ricchi soprannominavano re della campagna Ninco-Nanche.

«La parola malandrino perdè in Sicilia perfino il suo significato, ed invece di un appellativo d’infamia, divenne pel popolo uno di lode, del quale molti onesti popolani menano vanto. Io sono malandrino significa in fatti, per loro, essere un uomo che non ha paura di nulla, e specialmente della giustizia, la quale nella loro mente si confonde col governo, o meglio colla polizia» (Tommasi-Crudeli).

Mancando il concetto vero della morale, ed essendo scemata e quasi tolta la distanza fra lo strato equivoco e lo strato onesto, è cosa naturale che il malandrino trovi un complice nel colono ed anche nei proprietari in mezzo a cui vive, e che riguardano il delitto come una nuova specie di speculazione. E questo, secondo la relazione dei Prefetti, è il guaio massimo della Sicilia, dove i veri briganti che battono la campagna sono pochi, ma si centuplicano, in date circostanze, coi colleghi avventizii, dove perfino i grossi proprietari si vedono usufruire dei briganti per imporre ricatti, far cassare testamenti, acquistare predominio sui loro concittadini.

Da ciò viene anche la mancata denuncia, parendo questa più immorale che non l’omicidio; sicché si sono veduti moribondi dissimulare, fino all’ultimo momento, il nome del feritore. Non è l’omicidio, che desta ribrezzo, bensì la giustizia. Onde è che anche quando il delitto, per raro caso, è denunciato, non è punito; così su 150 briganti del Napolitano, presi coll’armi indosso, 107 furono prosciolti dal giurì e 7 soli condannati (S. Jorioz).

Altrettanto ci mostra per le Romagne, Alfredo Comandini (Le Romagne, Verona, 1881) e Bourde e Bournet per la Corsica.

«Le cause di ogni guaio sonvi (scrive egli delle Romagne) l’abuso del vino, l’uso estesissimo di portar armi, e le associazioni politiche che là restarono per tradizione dei tempi despotici; tutte le classi vi prendevano parte, anche a rischio del capo. Esse nutrivano aspirazioni oneste; ma molte volte favorivano la fuga o l’impunità di un malfattore, perchè arrestato avrebbe potuto tradirli. Ora, queste associazioni non hanno più uno scopo politico vero od educativo, anzi, nemmeno di mutuo soccorso; le più sono occasioni per bere uu bicchiere insieme, quasi sempre pagato dal più ricco, e che dando alla testa spesso di qualche membro, facilmente promuove o coltellate, o risse ed ingiurie, che sono seguite da reazioni non individuali solo, ma spesso di interi gruppi, pel dovere tradizionale che vi è là di prender parte, di darsi reciproco appoggio.

«Queste associazioni, anche in città piccolissime, sono più di una, fin cinque, dieci, e tutte di un partito, è vero, ma divise secondo i rioni ed i sobborghi; se il socio di una di queste ha una questione col socio di un’altra, per donna, denari, la questione si estende a tutto il gruppo; il reciproco appoggio conduce a considerare come socio chi, avendo ferito od ucciso per vendicare un punto d’onore, stia per cadere nelle mani della giustizia.

«Oppure, non avendo fiducia nell’autorità del Governo, le questioni si risolvono innanzi ai buoni fratelli, ai capi del gruppo, che accomodano la partita come Dio vuole: il più malvagio viene espulso dalla società, e tutto finisce lì. Le paci si ottengono col bere insieme, ma le bevute a loro volta dànno luogo a nuovi conflitti».

Ma meglio ancora della Romagna, la Corsica ci porge un esempio di una criminalità inconscia, che vien dalla condizione sociale, storica, oltrechè dell’influenza storica di cui toccammo.

«La frequenza degli assassinii per vendetta, scrive Bournet[4], è nota dappertutto, ma pochi sanno quanto ne sieno meschine le cause: un cane ucciso da un Rocchini a un Tafani, fa undici vittime nelle due famiglie. Nel 1886 ci furono 135 attentati contro le persone, cioè 1 per 200 abitanti: quattro volte più del dipartimento della Senna. Dei 135 attentati, 52 furono commessi spontaneamente in seguito a discussioni o a risse. Impossibile far parlare un testimonio; a Palneca 60 persone avevano assistito ad un misfatto, tutte giurarono di non aver visto nulla».

Bourde, secondo i rapporti della gendarmeria, valuta il numero dei banditi da 5 a 600.

«Tutto mette capo a questo (egli dice): che i contadini, perduti nei loro villaggi, nemici al capo del clan, son persuasi non esservi punto giustizia. M. Marras in un suo discorso confessò sentirsi ancora il grido leggendario; «In Corsica non v’è giustizia».

«I Corsi mostrano grande fierezza. Sdegnano il lavoro manuale e amano poco la terra; sono più sensibili alle qualità intellettuali che non alle morali; hanno una maniera speciale d’intendere la felicità e la coscienza.

«La loro organizzazione somiglia molto a quella del patriziato romano: quindici o venti famiglie dirigono tutte le altre; alcune dispongono d’un centinaio di voti soltanto, altre di parecchie migliaia di elettori che fanno votare a loro modo. Cinquanta famiglie sono assolutamente devote ad una sola da oltre duecento anni; la vita indipendente è impossibile, perché chi è solo non riesce a nulla.

«I membri di una famiglia rischiano la vita con sublime abnegazione per sostenere uno di loro. Due coscienze sono in lotta nell’isola: la moderna, ispirata ai principii assoluti del diritto e dell’equità, e la vecchia coscienza côrsa che non sa elevarsi sopra gli interessi dell’associazione famigliare. Questa prevale quasi sempre, e se ne videro gli effetti durante le operazioni del Giurì di espropriazione per le ferrovie.

«Il Giurì, presieduto dal Casabianca, capo del partito più possente dell’isola, s’illustrò con enormi parzialità; Benedetti, nemico del partito, ricevette 2000 franchi per una vigna di 16 are e 96 centiare; una certa Virgitti, ligia ai Casabianca, ebbe 13,000 franchi per una vigna di 18 are e 90 centiare, e così via. In Corsica queste ingiustizie sembrano naturali perfino ai nemici, i quali farebbero appunto lo stesso in favore dei loro clienti, se fossero al potere.

«I giudici di pace sono onnipotenti, ma parzialissimi e devoti al partito che li ha fatti nominare. Nella compilazione delle liste elettorali fanno a loro capriccio, togliendo o aggiungendo quei nomi che possono nuocere o giovare al partito, in barba alla legge e ai decreti delle Corti d’appello e di cassazione. Ciò è talvolta causa di gravi delitti. Francesco Ricci, fattorino, era stato cancellato dalle liste, dietro istigazione della famiglia Moracchini. Alle elezioni municipali, furibondo perché non poteva votare, Ricci si appostò dietro una siepe e tirò una fucilata che ferì uno dei Moracchini. Rimproveratogli il delitto, Ricci rispose: «Se non avessi agito così mi avrebbero preso per un lucchese».

«Le gherminelle nei giorni di elezioni sono varie e infinite, ma spesse volte volgono al tragico. A Palneca il maire Bartoli rinviò tre volte lo scrutinio per aspettare il momento favorevole; la quarta volta (28 settembre 1884) 80 suoi partigiani si chiusero di buon mattino con lui nella mairie e vi si fortificarono; quando arrivarono gli avversari non poterono entrare. Esasperati, volevano dare l’assalto, ma furono respinti a fucilate; per tutto quel giorno si scambiarono colpi da una casa all’altra e si ebbero a deplorare morti e feriti. Gli avversarii del Bartoli dichiararono al Prefetto di essere «pronti a morire anziché vivere in schiavitù».

«In tutta la Francia, nel 1885, si constatarono 42,523 contravvenzioni rurali. La sola Corsica ne aveva 13,405, quasi il terzo!».[5]

La progredita civiltà, centuplicando i bisogni ed i desiderî e facilitando con la maggior ricchezza gli eccitamenti dei sensi, nei manicomi aumenta gli alcoolismi e le paralisi generali[6], e nelle carceri i rei contro le proprietà e contro il buon costume. La statistica [57]ci mostra, infatti, che di tal natura è la maggior parte dei reati commessi nelle capitali e dalle classi côlte, e che sonvi ora in aumento.[7] E di tal natura Sighele ora dimostra che è la criminalità collettiva moderna—o quella delle classi borghesi in confronto colla popolazione.

Constatata l’esistenza di queste due forme di criminalità collettiva, si chiede: perché la criminalità dei ricchi è frodolenta e quella dei poveri violenta? Perché, risponde (o. c.), le classi superiori rappresentano ciò che è veramente moderno, mentre le classi inferiori rappresentano ancora, nei sentimenti e nei pensieri, un passato relativamente lontano; ed è perciò logico e naturale che le prime siano moderne, evolutive nella loro criminalità collettiva, e siano invece ancora violente, per non dire assolutamente ataviche, le seconde.

Il Bagehot scriveva: «per assicurarci che gli istinti delicati vanno sempre scemando nella discesa della scala sociale, non è necessario fare un viaggio tra i selvaggi; basta che parliamo con gli inglesi della classe povera, con i nostri stessi domestici[8].

In secondo luogo, che la criminalità della classe agiata è un fenomeno patologico che indica la viziosa organizzazione sociale che oggi ci regge, e che sta per finire;-la criminalità della classe infima invece, può rassomigliarsi all’annuncio, patologico anch’esso, di una nuova êra che sta per cominciare. L’una, insomma, è l’indice di un tramonto, l’altra di un’alba; la prima è un segno di degenerazione, di un organismo già vecchio, l’altra è la crisi di un organismo giovane che cresce e s’avanza. Ed è perciò che la prima ha tutti i caratteri della sapiente e circospetta prudenza ed astuzia senile; l’altra tutti i caratteri della incruente e imprudente e sfacciata audacia di chi si sente giovane e forte.

Infine, la classe ricca, non pel numero, ma per la sua forza e per le basi su cui si appoggia, rappresenta la maggioranza;—la classe infima, invece, la minoranza. Ora, è carattere psicologico di tutte le minoranze d’essere più audaci, più violente della maggioranza. Esse debbono conquistare, mentre questa non deve che mantenere ciò che ha conquistato,—si ha più energia per raggiungere un bene o uno scopo lontano, che non—raggiuntolo—per mantenerlo. La vittoria sfibra, mentre il desiderio di vincere aumenta il coraggio (Sighele, op. cit).

È la riproduzione collettiva del fatto individuale per cui uno solo assalito da molti spiega una energia che non avrebbe se altri fossero insieme a lui. È la necessità della difesa che raddoppia le forze di chi è solo e più debole; è l’istinto della propria conservazione che si sveglia più possente dinanzi al pericolo e che dà all’organismo quello che suol chiamarsi il coraggio della disperazione.

Nel campo criminale questa legge di natura non poteva venir meno e doveva quindi far sì che la classe infima, avendo a lottare contro avversari di essa assai più possenti, compensasse la propria debolezza colla violenza e coll’audacia dei mezzi.

Fino ad un certo punto possiamo averne una dimostrazione anche in Italia. Nel 1869, la popolazione delle città nostre e grosse borgate, che non passava i 5 milioni e mezzo, diede una quota pressoché uguale di delinquenze a quella dei piccoli borghi, che toccava gli 11 milioni; ne’ reati contro l’ordine pubblico, contro il buon costume la sorpassava del doppio, mentre uguagliavala, anzi le era inferiore, nei delitti contro le persone (Curcio, op. cit. pag. 92), Chi esamina le belle carte grafiche, pubblicate dal Bodio nell’Italia Economica, trova un parallelismo tra il numero dei delitti contro le proprietà, la densità della popolazione, e la coltura.—Così Milano, Livorno, Venezia, Torino offrono un maggior numero di reati contro la proprietà, uno minore di ferimenti, e presentano la maggiore densità della popolazione, e più scarso numero di analfabeti.

Le Calabrie, gli Abruzzi, la Sicilia, Roma, con molti analfabeti, danno le cifre massime di reati contro le persone. Faremo eccezione per Napoli e Palermo, che con grande densità di popolazione e con un numero notevole di analfabeti, sono ricche di reati dell’una e dell’altra classe; e Bari e Lecce, Benevento e Lucca, che con popolazione abbastanza densa scarseggiano dei reati contro la proprietà, e Catanzaro e Caltanissetta che sono in condizioni inverse.

Ma le molte eccezioni in Italia, su cui ritorneremo, non fanno meraviglia, stante che in alcuni paesi non è ancor ben precisato il limite dove cessava la barbarie, e non si è fermata ancora l’oscillazione ed il perturbamento indotto dai grandi avvenimenti politici.

Che la civiltà non possa fare di più, che essa non possa altro che cambiare l’indole, e forse accrescere il numero dei delitti, per quanto spiacevole, sarà facile a comprendersi, da chi ha veduto, quanto poco giovi alla difesa e quanto più all’offesa la progredita istruzione.

Ed alle ragioni toccate qui, vanno aggiunte altre di ordine diverso.

La civiltà, grazie alle ferrovie, alle concentrazioni burocratiche, commerciali, ecc., tende sempre ad ingrandire i grossi centri, ed a popolare sempre più i capo-luoghi. E, come è noto, è in questi, che si condensa la maggior parte dei delinquenti abituali. Questo malaugurato concorso si spiega per i maggiori profitti o le maggiori immunità che offrono ai rei i grandi centri. Ma questa causa non può esser la sola, perché se nella capitale è minore la vigilanza, più attiva e concentrata è la repressione, e se vi sono maggiori incentivi alle seduzioni, si aprono anche più larghe le vie al lavoro. Io credo vi agisca un’altra, un’influenza più potente di tutte, quella [60]dell’agglomero, il quale spinge da per sè solo al delitto od all’immoralità.

Chi ha studiato l’uomo, o meglio ancora se stesso, in mezzo ai gruppi sociali, di qualunque genere siano, avrà osservato come esso sovente vi si trasforma, e da onesto e pudico che egli era e che è tutt’ora da solo e tra le pareti domeniche, si fa licenzioso, e fino immorale.

Quanti radunati in un club od in un’assemblea, per quanto assennata, non hanno lasciato, senza ribrezzo, insultare l’amico ed il maestro? E quanti non hanno gettato vilmente la pietra contro colui, che poco prima avrebbero sostenuto col massimo ardore! Un passo più in là, e voi vedrete l’uomo più onesto rubare per parere buon compagnone, giuntare al giuoco il novizio, o gettarsi nella più immonda libidine.

Questa tendenza si fa maggiore quanto più i gruppi si fanno popolosi; dai cinque o sei scolari di campagna, alle migliaia d’operai di una fabbrica (ed ecco perchè i distretti manifatturieri[9] dànno più delinquenti degli agricoli), fino all’enorme massa d’uomini che la più lieve causa raggomitola nelle vie di Napoli e di Parigi, ed il cui grido si trasforma in una sentenza di morte. Una prova quasi diretta ce ne forniscono i gerghi, che abbiamo veduto assumere organismi sempre più complicati e tenaci, quanto più dalle associazioni innocenti e poco popolate si procede alle più fitte e criminose, e che anche nelle prime accennano pure ad una specie d’ostilità o di congiura verso gli estranei.

Vi è, dice Bertillon, una specie di tendenza violenta e morbosa, a riprodurre negli altri i sentimenti ed i moti che vediam sorgere intorno a noi, e su questo, molto influiscono alcune circostanze, come: età giovane, sesso femminile e sopratutto l’agglomero di altri simili, che rende, nota Sarcey, più vive le impressioni naturali, che ciascun di noi risente in se stesso; l’aria è impregnata dell’opinione dominante, ne subisce gli effetti come nei contagi, ecc.—Si sarebbe notato che anche nei cavalli i grossi agglomeramenti sviluppano le tendenze alla sodomia.

Gli istinti primitivi del furto, dell’omicidio, delle libidini, ecc., che esistono appena in embrione in ciascun individuo fino che vive isolato, massime se temperato dall’educazione, si ingigantiscono, tutto ad un tratto, al contatto degli altri.[10]

Nelle scuole e nei collegi, il più virtuoso impara dall’uno e dall’altro, e forse pur troppo anche dal maestro, i misteri del vizio. Tutto ciò, insieme col parallelismo che corre sempre tra lo sviluppo degli organi sessuali e quello del cervello, e colla migliorata alimentazione, ci spiega in parte il grande aumento dei reati di libidine, che è uno dei caratteri speciali della criminalità di questi ultimi anni, e s’accorda coll’aumento continuo della prostituzione, che appunto predilige i grandi centri. Ed ecco una delle cause perchè le donne delinquono di più nei paesi più civili; vi s’aggiunge, allora, a spingerle in braccio alla colpa, la falsa vergogna della relativa povertà, il bisogno del lusso, e le occupazioni e l’educazione quasi virile, che offrono loro i mezzi e l’occasione di delinquere nello stesso terreno degli uomini, coi delitti di falso, di stampa, di truffa.

La civiltà aumenta alcuni delitti come alcune pazzie[11] (paralisi, alcoolismo), perchè aumenta anche l’uso delle sostanze eccitanti, quasi sconosciuto dal selvaggio, e divenute un vero bisogno nei paesi più civili; tanto che vediamo adesso in Inghilterra ed in America aggiungersi all’abuso dell’alcool e del tabacco quello dell’oppio, e perfino dell’etere, e il consumo dell’acquavite salire in Francia da 8 litri per anno a 30, dal 1840 al 1870.

La civiltà, promuovendo la creazione e diffusione dei giornali, che hanno sempre una cronaca scandalosa, qualche volta anzi null’altro che questa, sono una causa di eccitare l’emulazione e l’imitazione dei criminali.—È triste il pensare come il misfatto di Troppmann fece salire a 500.000 le copie del Petit Journal e a 210.000 quelle del Figaro; ed ecco forse una ragione perchè si vide quel misfatto imitato, quasi subito, nel Belgio da Moustier.—Il danno loro fu provato ivi pure per uno strano reato. Si trovò, mentre era assente il padrone R…, scassinato il suo banco; si sospetta e si arresta un agente; e nella sua casa si trova la somma mancante, che egli confessa subito, piangendo, aver sottratto, ma senza nessuna prava intenzione: egli poteva, infatti, fruire di somme anche maggiori col consenso del padrone, in lui fiduciosissimo, e senza scassinare alcun armadio; nè venne a quel passo che per porre in pratica un colpo letto il giorno prima in un di quei sciagurati diarii. Il padrone dichiarò credere verissima questa scusa, sapendonelo lettore infervorato e di fatti lo riprese appena fu assolto.—Un altro esempio offerse Grimal: nel 73 a Parigi delibera di commettere un delitto per far parlare di sè, come nei giornali leggeva dei grandi malfattori; tenta un incendio, e, suo malgrado, non è creduto reo; maltratta la moglie che poi muore, e se ne denuncia l’autore, ma anche qui esce con sentenza di non farsi luogo; allora gli capita sott’occhio il processo della vedova Gras, e, per imitarla, getta sul viso di uno che gli era amico, dell’acido nitrico: l’amico muore, ed egli non che nascondersi narra a tutti la sua bella azione; il dì dopo, corre a leggere il Petit Journal, che raccontava il triste fatto, si costituisce egli stesso alla questura, dove si appurò che le idee dei suoi delitti gli vennero in capo in grazia dei romanzi giudiziarii e dei fatti diversi dei giornali che erano la sola sua prediletta lettura.—E altrettanto dicasi dei romanzi, di quelli in ispecie, che si intrattengono esclusivamente di bisogne criminali, come è triste vezzo oggidì nella Francia.—Nel 1866, due giovanotti, Brouiller e Serreau, assassinano una mercantessa strangolandola; arrestati dichiarano che il delitto fu loro suggerito dalla lettura di un romanzo di Delmons.—Alcuni, disse assai bene La Place, sortono dalla natura un organismo incline al male ma non son determinati all’azione che dal racconto e dalla vista dei misfatti altrui. Un pacco di 10 cedole rubate si trovò pochi anni sono avviluppato in una carta ove il ladro avea scritto queste triste linee di un romanzo di Bourrasque: «La coscienza è una parola inventata per spaventare i gonzi e costringerli a poltrire nella miseria. I troni e i milioni si guadagnano solo colla violenza e colla frode».

Nelle grandi città, gli alloggi notturni pei poveri, a scarso prezzo, sono uno degli incentivi al delitto. Molti, dice Mayhew, sono trascinati alle Lodging House dallo sciopero; e dalle Lodging al furto.

Le leggi politiche, e le nuove forme di governo popolare, imposte dell’irrompere del moderno incivilimento, ed in parte anche da una vera contraffazione di libertà, favoriscono, in ogni modo la formazione di sodalizi, sotto specie di comuni tripudi, o di imprese politiche, amministrative, o di mutuo soccorso. L’esempio di Palermo, [64]di Livorno, di Ravenna, di Bologna, la storia di Luciani e di Paggi e quella di Crispi e Nicotera ci mostra quanto breve sia il passo dalle imprese più generose alla violenza più immorale, e fino, forse, al delitto. Nell’America del Nord alcune società giunsero al punto di commettere, impunemente, officialmente, il delitto, in mezzo a due delle più fiorenti città (New York e S. Francisco), e di farvi quasi legittimare la truffa.

Le rivoluzioni politiche che in queste forme governative sono più frequenti, sia perchè agglomerano molte persone, sia perchè destano la violenza delle passioni, aumentano alcuni delitti. I reati di libidine che, prima del 1848, in Francia erano da 100 a 200, crebbero a 280 e poi a 505, ed insieme aumentarono i parti illegittimi.—La Spagna è un carcere, dice un illustre Spagnuolo (es un presidio suelto), dove si può commettere impunemente qualunque delitto, purchè si gridi in favore di questo o di quello, o si dia alla colpa un carattere politico. I graziati, in 5 anni, ammontaronvi a 4065, il quadruplo di Francia (Armengol, Estudios penitenciarios, 1873). Non è meraviglia, dopo ciò, se in Ispagna i delitti sono, in proporzione, più numerosi che altrove.—Al pari delle rivoluzioni, le guerre, appunto per l’aumento dei contatti e degli agglomeri, ingrossano le cifre dei delitti, come verificammo tra noi nell’anno 1866 (Curcio), ed in America del Nord nel 1862, durante e dopo la guerra (Corre, op. cit., pag. 78).

Non occorre aggiungere parole, nè cifre per dimostrare quanto debba aumentare i reati l’agglomero nelle carceri, dove, come abbiamo appreso dalle confessioni dei rei medesimi, la maggior perversità è un titolo di gloria, e la virtù una vergogna. E la civiltà, aumentando i grandi centri carcerari, specialmente quando non costrutti col sistema cellulare, dà, per ciò solo, un’esca maggiore al delitto, specialmente quando, con una non biasimevole sollecitudine, vi porta quelle delicature caritatevoli e filantropiche (colonie agricole, scuole, libertà condizionata), che se realmente rialzano la dignità dell’uomo onesto, non giovano però a migliorare l’animo del colpevole indurito. Vedremo come in seguito all’applicazione del ticket of leave siasi notato in Inghilterra un forte aumento di delinquenti nel 1861-62, come nel 1834, in seguito alla deportazione (B. Scalia, op. cit.).[12]—Gli stessi ricoveri dei discoli e dei minorenni e i riformatorî, che sembrano ispirati dalla più santa carità umana, per il fatto solo dell’agglomero di individui perversi, esercitano pur troppo un’azione tutt’altro che salutare, e quasi sempre contraria allo scopo per cui furono istituiti. E mi giova ricordare come in Isvezia l’illustre d’Olivecrona attribuisca il gran numero di recidivi svedesi ai vizi del sistema penitenziario, all’uso di sottoporre i giovani alle stesse discipline degli adulti.[13]

La civiltà introduce ogni giorno nuovi reati, meno atroci degli antichi, ma non meno dannosi. Così a Londra, il ladro alla violenza sostituisce l’astuzia; agli scassi, i furti alla pesca; alle scalate, i ricatti e le truffe col mezzo della stampa (Quart. rew., 1871). L’omicidio allo scopo di approfittare dei diritti d’assicurazione è un esempio di una nuova forma di delitto commesso, in ispecie, da medici, che trova pur troppo incremento nelle nuove cognizioni scientifiche: così la nozione che i sintomi del colera sono simili a quelli dell’avvelenamento per acido arsenioso, suggerì a due medici l’idea di avvelenare, dopo assicuratili, molti clienti, durante l’epidemia colerica a Magdeburg ed a Monaco (Pettenkoffer, Théorie des Cholera, 1871).

A Vienna si creò il nuovo crimine, detto Kratze, che consiste nell’appropriazione di merci fatte spedire a ditte immaginarie (Rundschau, Wien, 1876).

Gli anarchici misero di moda la dinamite contro edifici e persone.

Or ora a Chicago si è introdotto l’assommoir elettrico [14]e le piccole torpedini che messe in tasca alle vittime le fulminano e mettono a brani.

La civiltà, rallentando i vincoli della famiglia, non solo aumenta i trovatelli, che sono semenzai di delinquenti, ma anche l’abbandono degli adulti, e gli stupri, e gli infanticidi.

Ma da tutto ciò noi non possiamo lasciarci trascinare ad una bestemmia, che del resto sarebbe impotente, contro l’irrompere fecondo della civiltà, che anche da questo lato non può dirsi affatto dannosa; poichè, se anche fosse momentaneamente causa di un aumento dei delitti, certo ne mitiga l’indole, e d’altronde, là dove tocca al suo apogeo, essa ha già trovato i mezzi di sanare le piaghe onde fu causa, coi manicomi criminali, col sistema cellulare carcerario, colle case d’industria, colle casse di risparmio applicate alle Poste ed alle officine, e specialmente colle società protettrici dei fanciulli vagabondi, che prevengono, quasi nella culla, il delitto.


  1. In Francia dal 1826-37 gl'imputati erano 1 per 100 della popolazione; nel 1868 ascesero 1 ad ogni 55 (Dupau, Traité de statist., 1840.—BLOCS, L'Europe politique, 1870).—Dal 1825 al 1838 i prevenuti (tolti i rei politici e contravvenzioni fiscali) crebbero da 57.470 a 80.920.—Dal 1838 da 237 per 100.000 abitanti salirono a 375, nel 1847 a 480, nel 1854 discesero dal 1855 al 1866 ove non passarono il 389, risalirono a 517 nel 1874, a 552 nel 1889. Crebbero dunque in 50 anni del 133% (Joly, France criminelle, pag. 10). In Austria nel 1856 1 condannato ogni 1238 abit.; 1 accusato ogni 832 abit. nel 1857 1 condannato ogni 1191 abit.; 1 accusato ogni 818 abit. nel 1860 1 condannato ogni 1261 abit.; 1 accusato ogni 933 abit. nel 1861 1 condannato ogni 1178 abit.; 1 accusato ogni 808 abit. nel 1862 1 condannato ogni 1082 abit.; 1 accusato ogni 749 abit. (Messedaglia, op. cit.). In Inghilterra e Galles si ebbe dal 1811 al 1815, 1 detenuto ogni 1210 abit. dal 1826 al 1830 1 detenuto ogni 568 abit. dal 1836 al 1840 1 detenuto ogni 477 abit. dal 1846 al 1848 1 detenuto ogni 455 abit. (Beltrami-Scalia, Storia della riforma penitenziaria, pag. 13, 1874). Dal 1805 al 1841 la popolazione accrebbesi del 49%, i crimini sei volte più che non la popolazione. In alcune contee, p. es. Montonoutshire, la popolazione crebbe del 128%, i delitti del 720% (Aberdeen, Discorso, 1876). Però negli ultimi anni vi fu un decremento nei delitti (v. s.). In Italia dal 1850-59 imputati per reati gravissimi 16,173 condannati 7,535 dal 1860-69 imputati per reati gravissimi 23,854 condannati 10,701 Dal 1863 al 1869, i reati aumentarono di 1⁄4, la popolazione solo di 1⁄10. (Curcio, op. cit).
  2. Guglielmo Ferrero, Violenti e frodolenti in Romagna, nel volume già citato: Il mondo criminale italiano. Milano, 1894.
  3. Sighele, Delinquenza settaria. Archiv. di Psich., XVI, 1895.
  4. Bournet, Criminalité en Corse, 1887.—Archivio di psich., VIII.
  5. Bourde, En Corse, 1887.—Archivio di psichiatria, VIII.
  6. A Bicêtre, nel 1818-19 erano solo 9 i casi di paresi generale A Bicêtre, nel 1848-49 erano solo 34 i casi di paresi generale
  7. Prussia delitti contro pers. suicidi furto libidini 1854 8,9 % 0,43 88,41 2,26 1859 16,65% 0,52 78,17 4,68 (Oettingen, op. cit). Francia dal 1831 al 1835: libid. su adulti libid. su bambini aborti infanticidi suicidi furti omicidi 2,95 3,64 0,19 2,25 3,83 14,40 14,40 Francia dal 1856 al 1860: 6,20 20,59 0,97 67,45 6,18 11,83 11,83 I furti domestici e quelli sulla pubblica via commessi in Corsica stanno a quelli della Francia come 0,38 a 1 Le offese ai congiunti, gli avvelenamenti 0,33 a 1 Gli stupri 0,50 a 1 Nessun parricidio, nè bancarotta 0 a 1 Invece le estorsioni starebbero come 3 a 1 I saccheggi 7 a 1 I ratti di fanciulle 23 a 1 Gli omicidi 32 a 1 (Robiquet, Les crimes en Corse, 1862).
  8. Bagehot, Lois scientifiques du développement des nations.
  9. In Inghilterra i distretti manifatturieri dànno: 6,6% di rei di 15 anni 24% di rei da 15 a 20 anni. I distretti agricoli 4,8% di rei di 15 anni I distretti agricoli 21% di rei da 15 a 20 anni (Mathew).
  10. Constato che questa osservazione da cui derivarono quelle di Ferri, di Pugliese, di Sighele (Folla delinquente—Del parlamentarismo ecc.) e del loro glossatore Tarde, e finalmente dal Le Bon (Psychologie des Foules, 1895) data dal 1872, epoca della 1ª edizione, e nella 2ª ediz., 1876, pag. 278-79.—La stessa idea è ripetuta nel mio Incremento del delitto in Italia, nel mio Crime politique e nelle mie Piaghe d'Italia.
  11. Prendendo, p. es., la statistica del paese più progredito del mondo, quali sono gli Stati Uniti, dal prezioso Census of United States fornitaci (Compendium of the Tenth Census (1880) of the United States, P. II, pag. 165) noi vediamo che i pazzi, che vi erano 15.610 nel 1850, 24.042 nel 1860 e 37.432 nel 1870, salirono nel 1880 a 91.997, mentre la popolazione da 23.191.876 nel 1850 crebbe a 38.553.371 nel 1870, a 50.155.783 nel 1880, cioè mentre la popolazione si raddoppiò o poco più in 30 anni, i pazzi sestuplicarono; anzi, nell'ultimo decennio l'aumento della popolazione fu del 30% e quello dei pazzi del 155%.—In Inghilterra e Wales erano nel 1859: 18,6 per 10.000; 1885: 28,9 per 10.000; 1893: 29,0 per 1000.—Per l'Italia (Archivio italiano per le malattie nervose, 1885 (Verga)), i pochi dati che si possono dare si riferiscono agli anni 1874, in cui vi erano 51 pazzi per 100.000 abitanti; al 1877: 54,1; 1880: 61,25; 1883: 67,7; 1885: 66,0; 1888: 74,0.—In Francia (Bodio, Bulletin de l'Institut international de statistique, 1889, pag. 112 e 123.—Di alcune statistiche sanitarie in Italia ed in altri Stati Europei. Nota del dott. Raseri) erano 131,1 per 100.000 abitanti nel 1883; 133 nel 1884; 136 nel 1888. —Scozia e Irlanda darebbero, secondo Legoyt, 2,6 pazzi per 1000 abitanti; Scandinavia, 3,4; Stati Uniti, 3,3 (op. cit.). In Olanda, nel 1856, erano 5,9; nel 1860, 6,4; nel 1863, 7,5 (Scuneevogt, Verslag over den Staad des Gestischten, 1865).
  12. I delinquenti da 2649 ch'eran al 1864-65, crebbero a 15.049 nel 1873-74: nelle colonie, dove sono deportati i rei di violenza, questi delitti crebbero come 4 ad 8 in confronto degli altri; mentre in Inghilterra sono come 1 a 8 (B. Scalia, 1874).
  13. Des causes de la récidive. Stockholm, 1873.
  14. A mezzo di una minuscola batteria elettrica, perfezionata, grande non più di un portasigari e che si può tenere nella manica dell'abito, si ottiene tanta forza elettrica da abbattere un uomo o renderlo insensibile per più ore. Con un filo isolato il fluido può passare dalla batteria nascosta in una placca metallica, circondata da materia isolante, e che il malfattore tiene in una mano e con quella toccando un uomo in qualunque parte del corpo lo fa stramazzare a terra tramortito.—A Chicago poco tempo fa Johnson venne accostato da due bricconi che lo atterrarono, e, poichè egli resisteva, gli applicarono al viso un piccolo corpo metallico che lo paralizzò.—Rinvenne dopo due ore e si trovò nudo.