Capitolo V

Religione.

Abbiamo veduto quanto circoscritta fosse, almeno fra noi, l’influenza benefica della religione, e quante volte, paralizzata dall’influenza malefica! Dopo ciò è evidente quanto poco possiamo contarvi come prevenzione e cura del crimine.

E qui è d’uopo spogliarci della tendenza atavica rimasta inavvertita nella carne anche dell’osservatore più positivista, che ci fa reputare la religione come una panacea generale sopratutto nelle questioni morali. Ricordiamoci come mano a mano ci siamo andati liberando dal guscio religioso da cui sorgeva e in cui si fondeva si può dire ogni tentativo d’arte e di scienza, e per cui non si poteva essere pittore, scultore, poeta, architetto, nè medico senza essere religioso, poichè si poetava, si disegnava, e perfino ballava, in onore di Dio, sicchè chi vi dava mano era o sacerdote o addetto del sacerdote.

Da ultimo crescendo rigogliose quelle nobili piante, sorte modestamente all’ombra dei templi, liberaronsi completamente dalla influenza di questi; e non restò più al sacerdote che prima in sè infeudava tutto lo scibile, che il monopolio dell’educazione scolastica, della morale e della carità; per ciò, rifiutando le non poche prove in contrario, tenacemente si aggrappava e faceva partecipare gli altri alla credenza della sua assoluta influenza su quelle.

Eppure, anche lasciandogli libero il campo quanto alla morale che interessa gli onesti, e solo però fino ad un certo punto, perchè ve ne sono molti, fedeli a una morale senza religione, e oramai sorgono da ogni parte società di etica pura scevra dai riti, poco possiamo confidare nella religione—come è intesa almeno nei paesi latini—per la cura del crimine.

«Gli è, per dirlo con Sergi[1], che la morale vera è istintiva: il [senso morale è come il sentimento di pietà, che nessuna educazione forma, se vi ha insensibilità nativa.

«La religione è un insegnamento per precetti, i quali, come qualsiasi altro precetto morale, hanno una sanzione esterna e lontana dalla realtà della vita giornaliera; nè può rafforzare il carattere; l’indebolisce anzi perchè diminuisce la personalità fino all’estinzione sua nell’ascetismo.

«Si ha, quindi, la mostruosità di uomini che, essendo religiosi per la pratica esterna del culto, ossequenti all’autorità divina e chiesastica, sono immorali nelle loro relazioni sociali.

«Quindi è che il senso morale non si crea, se non esiste, non si sviluppa, se è appena rudimentale, per influenza religiosa o educativa di qualsiasi genere, intendo dire per mezzo di precetti e simili».

Vi è un lato solo della religione che può giugnere qualche volta a redimere il criminale, quando accendendolo di una violenta passione, come accade nelle religioni in istato nascente o nei popoli che avendo forti ideali li portano anche nella religione, vi soffoca, e soggioga o meglio distrae le prave tendenze—Delia ce ne dava un esempio bellissimo:

Delia, morta precocemente la madre, fu educata in convento con cura. Entra a 17 anni in una pensione di New York ove subito è sedotta da un giovane avvocato, sicchè dovette andare in un villaggio a sgravarsi; narcotizzata e poi stuprata da un prete, si diede alla prostituzione, divenne una ubbriacona, tre volte fu arrestata, fu rinchiusa in un riformatorio, finchè a furia di rifiutare il cibo ne fu rimandata peggiorata e divenne la compagna, prima, e il capo poi di una banda di ladri su cui esercitava una vera superiorità, e ciò per l’energia e l’immensa agilità muscolare. Si batteva contro i policeman, contro i gendarmi, contro i compagni, sicchè 7 volte venne presa dalla polizia; aiutava i ladri nei loro colpi, e sopratutto nelle risse coi gendarmi, ma non sopportava che battessero i più deboli, cui difendeva a rischio della sua vita. Era l’angelo dei malati, li portava nei suoi ripari e li difendeva da quanti volevano spogliarli.

Richiesta dai missionari protestanti di convertirsi, rispondeva che da mangiare ne aveva, perchè dell’oro ne trovava in tasca degli altri: i gendarmi la chiamavano Mistero, i suoi compagni l’Uccello bleu, per la sua preferenza per quel colore; il popolo la chiamava la prima attrice dei ladri di Moulberry. Una missionaria, madama Whittemor, andò il 25 maggio 1891 nella cava di Moulberry ove dimoravano costoro e tentò di iniziarvi un servizio religioso; ma essi, irritati come erano per l’arresto di alcuni compagni, non ne vollero sapere e si sarebbero anzi vendicati su di lei, se l’Uccello blu non l’avesse difesa, e accompagnata poi nelle cantine dell’oppio di Mat Strit, ove era la peggiore canaglia. Nell’accomiatarsene la missionaria le diede una rosa, su cui aveva fatto fondamento, semi mistico, o meglio romantico, che dovesse essere uno strumento di benedizione; cercò consegnandogliela di convertirla, senza riuscirvi. «Io (rispose ella) ho oramai commesso tanti peccati che più non mi è possibile di rimettermi« (aveva 23 anni).

Promise però che sarebbe andata alle sue sale. E infatti la sera andò a restituirle la rosa fatata: e confessò poi che aveva passata una giornata agitatissima cercando di annegare i dubbi nel vino; ma più beveva e più diventava padrona di se stessa: alla sera era disperata, essendosi accorta che il fiore donato sempre più sfioravasi; e andava rammentando i giorni in cui era pura come quella rosa, e i suoi anni giovanili perduti come i petali di quella rosa, e dichiarò ai suoi compagni che li avrebbe abbandonati. Andò alla missione dove venne ricevuta cordialmente, messa in bagno ed in letto poi. Quando la Whittemor la vide l’abbracciò e baciò stretta: essa rinculò prima, poi si mise a tremare e piangere: e quella dama pregò: «La povera fanciulla non ha bisogno che un po’ di amore, Dio aiutami ad amarla«, e l’invitò a pregarlo insieme; ed essa pregò, e uno sguardo di gioia lampeggiò nei suoi occhi, abbandonò oppio, liquori e tabacchi, e subito chiese di poter catechizzare un certo Domel suo compagno carcerato, che divenne infatti il suo primo convertito.

Fu messa all’ospedale perché gravemente ammalata di tisi e forse di sifilide. Invitata, appena migliorata, a bere vino, ne sentì una grande smania, ma la vinse; guarita, catechizzava i suoi antichi compagni di Moulberry.

«Non vedete come son cambiata? Come fui salvata io, voi potete esserlo«; e tutti la seguivano piangendo: molti ladri si unirono alle sue preghiere e cominciò qualche ravvedimento.

Andò nel carcere di Auburn nella Pasqua, predicò davanti a 1500 carcerati. «O Gesù come sei buono, scriveva essa all’amica, pregate per me. Se avessi 12 vite e 12 lingue sarebbero tutte per lui. Che abbiamo noi guadagnato a servire il demonio? Prigione, miseria, sprezzo e malattie. I diamanti che ci mostra Satana non sono che vetro, i suoi abiti, cenci. Quando io era triste pure facendo tremare gli altri, era così paurosa che non potevo dormire senza una lampada al letto e non sapevo la mattina se la sera non avrei finito in carcere».

«Io mi ricordo quando una donna mi disse, Avete visto Gesù, ed io le rispondevo: Forse che si era prima perduto? Tanto più che odiavo le protestanti. La mia religione era di pura forma (cattolica).

«Se mi domandate com’è che io mi convertii vi dirò che fu un affare di tre minuti—il tempo di domandar a Dio di farlo».

Cento e più furono i convertiti da lei in 11 mesi.

Una notte sognò di sentire che Dio da lei pregato le dava in dono l’epigrafe: «Scelta e sigillata da Dio», e si fece porre quelle parole sul letto.

Morì di tisi entro l’anno—e tanto fu il rumore che sparse intorno a lei che dopo la sua morte ben 80 dei suoi complici divennero o parvero divenire onesti.[2]

Non giuro per quest’ultimi, ma la conversione di Delia è sicura: ne è prova la trasformazione della fisionomia che è controllata dalla fotografia.—Ma prima di tutto: se si pensa che alla prostituzione e al delitto fu condotta dopo uno stupro mediante narcotico, che non vi fu precocità, che anche nel delitto si conservava protettrice dei deboli, essa appare più criminaloide che rea-nata. E ad ogni modo, l’istantaneità stessa della conversione (Fu, disse, un affare di tre minuti), sotto l’influenza della sensazione suggestiva, il fiore, che tanto qui agì come non di raro agisce nelle catastrofi amorose, la irruenza stessa che portò nella conversione, provano come qui la passione religiosa sostituiva le altre passioni.—Ma evidentemente tale caso strettamente individuale come l’altro che mi fu fornito dal Battisti; di un ladro e vagabondo e beone che sotto le prediche e gli esempi dei missionari di temperanza s’ascrisse alla loro schiera, tutto ad un tratto convertito[3] e vi perdurò, non potrebbero citarsi a proposito della cura della criminalità come è organizzata da noi, dove questi fecondi fanatismi non attecchirebbero.

Ricordando poi che questi miracoli avvengono più specialmente fra gli Anglosassoni e Svizzeri, par probabile che l’influenza, che noi attribuiamo qui alla religione, si debba alla razza ed alla peculiare civiltà che li porta a grandi ideali, a nobili fanatismi; tantochè aumentano sempre più; mentre col crescere della cultura decresce certo il sentimento religioso; ed infatti fioriscono contemporaneamente e ottengono eguali prove di nobile fanatismo le società per la Cultura etica senza religione (Pfungst, Ueber die Gesellschaft für Ethische Kultur, 1896).

«Nei paesi Calvinisti la religione (scrive Ferrero) recluta migliaia di fanatici, che sotto i nomi e le teorie più diverse si agitano febbrilmente non in onore di un rito ma per salvare le anime umane.

«Londra è la capitale di questi fanatici della filantropia; sono uomini o donne di tutte le classi e posizioni sociali, ricchi o poveri, istrutti o ignoranti, normali o matti, che si sono fitti in mente di guarire la malattia sociale e di sradicare dalla società una forma speciale di miseria e dolore. Uno si è preso a cuore i bambini torturati dai genitori; l’altro i vecchi diventati ciechi; un terzo i pazzi maltrattati nei manicomii; un quarto i prigionieri usciti dal carcere»

Ma nei paesi latini queste agitazioni non sono promosse perchè cadrebbero nel vuoto; la tradizione della carità amministrativa ed esercitata per mezzo dell’autorità pubblica o della chiesa è così forte e profonda che nessuno vuole occuparsi personalmente delle miserie sociali. Se i bambini sono spesso maltrattati nelle grandi città e se i giornali protestano energicamente scuotendo un poco l’opinione pubblica, questa domanda una legge dello Stato, che non sarà nemmeno applicata e se ne contenta: ma nessuno penserà a fondare società private, come ce ne sono tante in Inghilterra, che spiino i genitori crudeli e giungano in tempo a strappar loro di mano le piccole vittime.[4]

«In Italia come in Francia non si riesce mai a determinare una grande corrente di protesta morale contro qualcuna delle più dolorose tristizie sociali: e le tempre entusiastiche ed attive devono cercare altrove un campo più adatto a spiegare la loro energia» (Ferrero. Vita moderna, 1893).

Vedasi, p. es., la Salvation Army[5], istituzione creata dal Booth, con forme esteriori mattoidesche, gerarchia militare, uniformi bizzarre, ma con intenti santissimi pienamente raggiunti: è una specie di setta che ha per iscopo di combattere colle armi anche le più strane il vizio e il delitto e di prevenirlo. Essa lotta contro l’alcoolismo con meetings, con alberghi di temperanza a buon mercato, con elevators in cui sono accolti benignamente i salvandi anche se ricaduti più volte e con specie di cucine popolari che han distribuito nel 1895 3.396.078 pranzi; combatte il vagabondaggio coi dormitori che ricoverano ogni notte più di 4100 individui in media per 1 penny fino a 6 secondo i comodi che si desiderano; chi non ha denaro può però guadagnarne sul posto, lavorando qualche ora per conto della Società.

In questi dormitori sono tenuti la sera dei meetings a cui partecipano, se vogliono, gli ospiti, e dove si fa la maggior retata dei salvandi. Là, sono informati di tutti i mezzi che si possono offrire loro, per tirarli su dalla vita che fanno; se lo desiderano, sono iscritti agli uffici di collocamento, che trovarono impiego, nel solo 1895, a 19.372 persone, o ammessi negli elevators, stabilimenti speciali, in cui sono adibiti a un lavoro retribuito, o vengono ammaestrati in un mestiere, se non ne conoscevano alcuno, finchè possano essere collocati o privatamente o nelle fattorie-villaggi della Salvation Army, mantenendosi in relazione colla casa per 4 anni. Questi elevators in un solo anno, nel 1895, hanno protetto e mantenuto 3275 individui.

Pei carcerati la Salvation Army tiene conferenze in molte carceri del regno e ne arruola i migliori perchè non restino troppo scoraggiati al loro escire, come soldati nelle sue file; parte poi ne ammette in uno stabilimento speciale, che ne ha custoditi in un anno circa 516, dove è tentata la loro educazione morale e pratica, dove vengono ammaestrati in un mestiere, e da cui passano poi agli elevators, e quindi alle case private, alle citate fattorie, ecc.

L’armata possiede poi 84 uffici speciali, slums offices (uffici pegli stracciati), per far la guerra corpo a corpo contro il vizio; i cui ufficiali hanno visitato in un anno circa 58.723 famiglie povere nelle case private, e 15.702 persone nelle Public-houses, e 7500 nelle Lodging-houses, assistendovi ben 3887 malati: essa possiede dormitori e istituti speciali pei bambini; che vengono spediti il più presto possibile alle colonie in Australia.

Per le donne l’armata ha 9 dormitori speciali e 13 Rescue homes (che strappano le donne proprio quasi materialmente fuori dalle bettole e dalle Lodging-houses) e ne impiega 1556 a un lavoro a lor scelta, e dopo qualche tempo le manda in case private o nelle fattorie della Salvation.

Strano è come questi nuovi soldati della carità arrivino dappertutto senza alcuna traccia di violenza: le loro case, gli elevators, le fattorie sono aperte; vi entra chi vuole e chi vuole esce, e se esce e poi rientra è sempre accolto come il figliuol prodigo con libertà perfetta ed intera.

E altrettanto dicasi dei Wellesleiani.

Dopo che uno di questi, Mearns, rivelava con un’inchiesta gli orrori della Londra povera, si gettavano a corpo perduto a convertire i viziosi, gli alcoolisti.[6]

Hugues, uno dei loro grandi apostoli, predicava: «Noi non dobbiamo occuparci di salvare le anime tanto da dimenticarci di salvare i corpi», e colla voce della convinzione più calda trascina centinaia di persone che si dichiarano convertite e li consegna al pastore.

Scelgono le ore in cui più gli uomini pericolano, le ore sociali come essi li chiamano, dalle 9 alle 11, e li invitano a serate in cui loro dànno lauti trattamenti, musica, canti, si mettono in relazione con loro e li trascinano a firmare il giuramento di temperanza; armano squadre per visitare i luoghi più infetti, le osterie, e formano gruppi di sorelle che invigilino e salvino le donne pericolanti.

Una di quelle vede un giorno una ragazza trascinata alla bettola da un uomo vizioso, e la affronta e le dice: «Su, ricordati che sei donna« e la bacia in fronte, e l’altra commossa fuggendone le risponde:—Non entrerò mai più in una bettola, ma raccoglieteci sempre alla sera, così non cadremo in peccato.

Nell’Associazione protestante per lo studio pratico della questione sociale trovi i partigiani alla partecipazione degli operai ai lucri del capitale ed all’assicurazione degl’infortuni del lavoro, trovi Lord Schaftesbury, che trasformò le condizioni dei minatori in Inghilterra.[7]

L’Ordine dei Buoni Templari fondato a N. York nel 1852 e la Croce Bleu, fondata a Ginevra nel 1877, contano l’uno 500.000 e l’altro 10,000 membri, da cui solo si esige di astenersi da ogni bevanda fermentata per un determinato periodo di tempo: 15 giorni, 1 mese. E vi riesce.—Ed è così che si spiega che nei paesi protestanti, specie Svizzera ed Inghilterra, l’alcoolismo va diminuendo mentre cresce nei cattolici (Vedi Atlante).

Ottennero altrettanto i nostri Salesiani, le nostre buone Suore?

Per ottenere questi risultati, per cercarli, anzi, ci vuole un grado di idealità a cui non giungono le vecchie razze, che si sfogano e si cristallizzano nei riti, e mettono capo ad un dittatore, ad un individuo, per cui la giaculatoria, l’adorazione d’un uomo, sia esso papa, generale dell’ordine o santo, o semi Dio, o, anzi, parte del suo corpo, costituiscono il massimo del parossismo.

Ciò ho indirettamente dimostrato coll’esporre uno accanto all’altro i miracoli ed i meriti di D. Bosco e quelli del dott. Barnardo. Da noi vediamo divenire utili contro il delitto alcune poche individualità, quando a guisa di frammenti planetarii, sono dissidenti come Lazzaretti, o almeno eccentriche dalla orbita della Chiesa, come Don Bosco, S. Francesco d’Assisi, i quali costituiscono pel momento una vera religione nuova, viva, palpitante e che in breve formerebbero un scisma, se non vi pensasse a tempo, volta per volta, la potente piovra di Roma. Perciò un santo come il D. Bosco, e come vogliamo crederlo, fino a prova contraria, il Bartolo Longo non sorge senza aver trovato ostacoli da tutte le parti, perfino in quelle autorità ecclesiastiche che dovrebbero porli sugli altari; perciò per quanto vogliano cogliere la modernità, non vi giungono che a mezzo; e piuttosto che indirizzare i derelitti in larga scala nei mestieri più utili, organizzando emigrazioni, dissodamenti di terre come il dottor Barnardo, essi riescono a grandi e ben diretti conventi ed a convertire dei vagabondi in preti o in quei cultori delle scuole classiche che poi sono nuovi spostati. Sono santi, insomma, di un’epoca che non è la nostra, la cui opera, per quanto vasta, è impari alla grandezza dei bisogni, e troppo di raro va alla radice del delitto; e per quanto ammirabili per genio e santità devono nei loro moti uniformarsi al moto del pianeta maggiore, e mostrare d’avere più a scopo il trionfo del rito, del Dio di Roma che della virtù, se no sono soppressi;—così uno dei massimi scopi di D. Bosco era di creare dei preti salesiani—come di B. Longo (che si firma, notisi, conte, commendatore) di onorare la Madonna di Pompei. Che se coll’offrire ed insegnar ai derelitti un mestiere, con una educazione certamente morale [394]essi certo giovarono a impedirne la trasformazione in veri criminali dei rei d’occasione, non salvarono il vero criminaloide, nè il criminale nato.

E così dopo molte richieste non potei raccogliere dall’opera di D. Bosco del delitto che questi esempi di redenzione: «Nel 1848, i genitori d’un povero ragazzo, potevano meritatamente chiamarsi suoi persecutori: i maltrattamenti erano quotidiani, e sovente, dopo avergli logorata tutto il giorno la vita, gli facevano soffrire la fame. Egli frequentava l’Oratorio, ma loro malgrado. E un giorno il padre rinforzò la proibizione con uno schiaffo. Il povero ragazzo, temendo di peggio, fugge verso l’Oratorio. Ivi arrivato fu sorpreso dal timore che il padre gli tenesse dietro e il venisse a trar fuori; per la qual cosa invece di entrare in casa si arrampicò ad un gelso, e vi si nascose tra le foglie. Ed ecco spuntare i suoi genitori i quali minacciarono D. Bosco di ricorrere alla questura.—Fate pure, rispose loro il Sacerdote, ma sappiate che ci andrò anch’io, e saprò svelare le vostre virtù e miracoli, e se in questo mondo vi sono ancora leggi e tribunali, voi ne subirete il rigore.—Per quell’anno il giovanotto fu applicato ad imparare l’arte da legatore da libri, ma in appresso D. Bosco, conosciutone l’ingegno svegliato e l’indole buona, lo destinò agli studii, facendogli scuola egli medesimo d’italiano e di latino. Ricevette lezioni di piano-forte da D. Bosco, e riuscì buon suonatore d’organo, e il suo braccio destro nelle partite e feste musicali. Ora occupa un posto ragguardevolissimo nel clero torinese». Ma come è chiaro non era nemmeno un criminaloide, era un maltrattato. I Salesiani mi aggiunsero poi che la massima parte dei giovani indisciplinati, con tendenza al furto e alla menzogna migliora o anche si corregge: ma che li respingono se persistono. Mi citarono però un giovane che aveva commesso atti sanguinarii in famiglia; e che dopo qualche mese era migliorato, e di un ragazzo di Torino incline talmente al furto che si dovette restituirlo alla famiglia: egli rubava, senza potersene trattenere, anche cose che sapeva non gli giovavano a niente. Noto poi che in alcuni predisposti la clausura, la vita conventuale provoca a sua volta come notammo dei nuovi delitti (inversioni sessuali, truffe), e poi non permette che il giovane slanciato nel mondo abbia forti a sufficienza le ali per lottare contro il male.

S’aggiunga infine che per quanto verniciato e mascherato il rituale, la formula liturgica s’impone in quegli istituti fra noi più di tutte le norme per la vita.

Negli orfanotrofi di Francia, scrive Joly, si bada sopratutto agli interessi religiosi dei bimbi e si classificano in confraternite e non si dànno ad un mestiere (Joly, Le combat contre le crime, p. 91).

Anche Roussel fa notare che la carità congregazionista di Francia è tutta rivolta alle ragazze, sicchè i maschi abbandonati non hanno altra risorsa che il carcere e i riformatori correzionali; e che di più gli asili cattolici quasi mai accolgono gli orfani illegittimi; e che mentre i protestanti cercano di mettere in luce le proprie organizzazioni, essi cercano di sfuggirla e non vogliono aver rapporti che col vescovo e con Roma; e molte cercano di lucrare col lavoro delle minorenni, nè le pongono in condizione di guadagnarsi il pane perchè non li mettono in cognizione di un mestiere, ma di una parte di un mestiere.—Gli allievi degli orfanotrofi crescono senza pratica al mondo e incapaci di crearsi un avvenire (Roussel, Enquète sur les orphelinats, 1882).

Nè la cooperazione del pubblico è nella carità latina diretta, continuata, quasi, in associazione col fondatore e al più è solo di denaro e non di prestazione personale e attiva, e quindi meno interessata e meno efficace: e l’azione dei grandi apostoli è tutta subordinata alla influenza personale e ieratica di un dato individuo che ne ha tutti i meriti come tutte le responsabilità, ma che sparendo lascia un incolmabile vuoto.

Concludiamo: maggiore è la differenziazione nella carità Anglosassone; e la cura di salvaguardare la fierezza umana, di servirsi dell’opera del povero, di rendere insomma cooperativa e mutua la carità invece che conventuale, e la tutela sopratutto pel bimbo ancora nelle fascie che è appena ricordato nella razza latina o tutt’al più nutrito, certo mai educato.

Qui intere sètte, o meglio gruppi religiosi come la Salvation Army, come i Battisti si propongono la redenzione dal vizio, la prevenzione, per es., degli alcoolici, la tutela del bimbo, come lo scopo ultimo, unico della loro vita. E se un uomo molto vi può influire, come Booth e Barnardo acutizzando col genio e coll’ispirazione il modo di trovare a ciò i mezzi migliori, esse possono farne a meno perchè è la legione intera che lavora, e per lo stesso suo numero e per lo stesso suo entusiasmo suggestiona il pubblico.—Quindi non le religioni son qui benemerite, ma alcune religioni—meglio alcune razze.

Tuttavia, date come sono le condizioni nelle genti latine, noi dobbiamo segnalare gli istituti come i Salesiani, le Suore ecc., come i soli non ufficiali che aiutino davvero in qualche modo senza violenze a salvarci dal delitto, mentre tutte le altre istituzioni governative non fanno che aggravarlo.


  1. Tribuna giudiziaria, 1896.
  2. Delia, dite l'Oiseau Bleu, par E. M. Whittemor. Genève, 1894.
  3. Autrefois et maintenant. Confessions. Genève. 1895.
  4. Vedi i lagni terribili dell'egr. magistrato Lino Ferriani, Minorenni delinquenti, 1894—e il libro di Don Carlo di S. Montrucco, Salviamo il fanciullo, Milano, 1895.
  5. Truth about the Salvation Army, of Arnold White, Francis Park and Ferrar, 1892, London.—Booth, Light in darkest England, 1892, London.
  6. Revue du Christianis. praticante, 1890-95. Vals.—Morcom Taylor, Portraits and pictures of the West, London, Mission, 1893—Mearns, The bitter cry of out cast. London, 1893.
  7. Travaux du Congrès de Montauban. Paris, 1885.