Capitolo V

Applicazioni pratiche alla critica penale, alle ricerche peritali, alla pedagogia, all'arte e alle lettere.

Questi fatti dimostrano ampiamente che l’antropologia criminale non è solamente una scienza che giunge o tenta giungere a sciogliere alcuni problemi teorici sulle origini del delitto, ma la cui evoluzione è già così innanzi da tradursi in dirette applicazioni e da suggerire utili provvedimenti nella lotta della società onesta contro i delinquenti, proprio all’inverso della scienza penale, com’era finora, che quanto più si innalzava nelle alte regioni giuridiche tanto più divergeva dalla pratica e sempre meno ci sapeva difendere e tutelare.

Gli è così che un codice come il nuovo codice italiano, che si disse il frutto di 30 anni di lavoro dei migliori giuristi italiani, poteva nel volger di pochi mesi esser dimostrato inopportuno, contraddicendo al plauso universale, da pochi edotti dell’antropologia criminale[1]: il tempo dimostrò che questa impresa che pareva scandalosamente audace poggiava sul vero.

E la nuova scienza si dimostrò utile anche alla pratica minuta psichiatrica e medico-legale.

Delitto politico.—Una delle applicazioni più curiose e insieme più pratiche è quella che dallo studio fisionomico e biologico del criminale politico assurgeva a trovar la differenza tra la vera rivoluzione, sempre utile e feconda, e la ribellione e le rivolte, sempre sterili e dannose[2] e così a fissar le basi del delitto politico vero che si erano sottratte finora agli sforzi di tutti i giuristi.[3]

È un fatto ormai stabilito, e di cui ho dato le prove nel Delitto politico, che i rivoluzionari, cioè gli iniziatori delle grandi evoluzioni scientifiche o politiche che provocano un vero progresso nell’umanità, sono quasi tutti dei genii o dei santi e hanno tutti una fisionomia bella, leale armonica: basta, per convincersene, ricordare le nobili fisionomie di Paoli, Fabrizi, Dandolo, Moro, Mazzini, Garibaldi, Gambetta, Marx, Lassalle, dei nichilisti e dei martiri cristiani. In generale, questi uomini hanno una fronte larga, una barba abbondante, un occhio dolce e grande: qualche volta si trova fra loro la mascella molto sviluppata, mai però ipertrofica; qualche volta anche il pallore del viso (Mazzini, Bruto, Cassio): ma quasi mai questi caratteri si trovano insieme nello stesso soggetto tanto da formare quello che io chiamo un tipo criminale (Atlante, Tav. LXII).

Da uno studio, anzi, che io ho fatto su 320 dei nostri rivoluzionari italiani, quasi tutti maschi (vi eran 27 donne su 100 uomini), la proporzione del tipo criminale è emersa del 0,57%, cioè molto meno che non fra i normali, dove essa è del 2% (Vedi Vol. I).

Su 30 nichilisti russi, 18 hanno una fisionomia bellissima, 12 presentano qualche anomalia isolata, 2 soli hanno il tipo criminale, vale a dire il 6,7%.

Ebbene, se dai martiri d’una grande idea politica o religiosa noi passiamo ai regicidi, ai presidenticidi, come Fieschi, Guiteau, ai fautori della carneficina del 1793, come Carrier, Jourdan, Marat, noi troviamo al contrario in tutti o quasi tutti il tipo criminale (Vedi Atlante, Tavole LXI e LXIII).

E il tipo si ripete, ma con però meno frequenza, fra i comunardi e gli anarchici come Ravachol, Pini. Su 43 fotografie di anarchici di Chicago favoritemi dal dottor Carus, ho trovato l’enorme proporzione del 40% di tipi criminali. Negli anarchici di Torino, trovai questo tipo nel 34%, mentre nei rei comuni lo trovo nel 43%.

Applicazione alle perizie psichiatriche.—I medici legali, i penalisti pratici che, sentendo viva, come ben diceva il Majno[4], la modernità, si sono impadroniti di questa nuova scienza, hanno potuto accorgersi che prezioso strumento essa sia, anche nelle applicazioni più pratiche: per provare, per es., se e quale parte abbia preso un reo nel delitto, quali fra alcuni complici e alcuni indiziati sia il vero reo od il reo principale, ecc., ecc.; tutte nozioni che si appoggiavano spesso ad indizi fragili, come le propalazioni fatte in carcere, le povere indicazioni dei sindaci, l’incerto o quasi vuoto casellario giudiziario, ecc.

Ed è così che una metà dei processi va a male e che molti innocenti son colpiti e molte colpe restano impunite.—Quanto in questi casi possa giovare l’antropologia criminale lo mostrarono alcuni recenti processi in cui essa fece capolino per quanto troppo timidamente.

È noto che mediante l’abilità del prof. Bianchi, il prete Palmeggiano, accusato di ferite contro il Conti, risultò innocente e l’accusa del Conti una calunnia: qui le stigmate isteriche, i grandi accessi ipnotici, l’abuso delle lettere che è così speciale agli isterici, furono la guida psichiatrica ed antropologica che condusse il Bianchi allo inaspettato risultato.[5]

Viceversa abbiamo veduto che i caratteri del tipo criminale, gli antecedenti criminali ed isterici della Zerbini, mostrarono chiaramente al Ceneri come le sue accuse contro il Pallotti che n’era immune fossero complete calunnie, e come essa sola fosse l’autrice dell’assassinio Coltelli[6]; e così venne liberato un innocente e punita od almeno tentato di punire una colpevole.

Vediamo ora con altri casi pratici fino a qual punto si possano trovare delle applicazioni analoghe.

Bersone Pietro, d’anni 37, notissimo ladro, era stato arrestato per sospetto di un audacissimo furto di 20.000 lire, in ferrovia. In carcere si finse alienato pretendendo essere avvelenato. Intanto si ebbero prove di molti altri furti, essendogli in una perquisizione trovata una quantità di portafogli e passaporti, per es., di certo Torelli. Alto m. 1,80, pesante kg. 77, presenta larga capacità cranica, 1589; indice cefalico 77; fisonomia fiera, con capelli brizzolati, mandibola voluminosa; torace ampio; muscoli ben nutriti; forza notevole col dinamometro, kg. 55 a destra e 40 kg. a sinistra; temperatura normale 37,0.

Il tatto è di poco più ottuso del normale, 2-3 a destra, 2-1 a sinistra, lingua 1,9, fronte 25,0.

Quanto alla sensibilità generale coll’algometro elettrico, mentre un uomo sano offriva 84 mill. slitta Rhumkorff al dorso della mano, egli offriva 80 a destra e 79 a sinistra.

Quanto al dolore, mentre un uomo sano dava 61 e 24 mill. slitta a destra e sinistra, egli ne dava 48 e 40, dunque con ottusità notevole.

Lo studio coll’idrosfigmografo, strumento col quale si mettono in evidenza i tracciati del polso e le modificazioni di volume degli arti, sotto l’influenza di una emozione, e che quindi esprime in millimetri la reazione emotiva e psichica, mi confermò nell’osservazione della grande insensibilità al dolore che non muta mai la linea sfigmica. Altrettanto accadeva quando si parlava a lui di veleni, e così dicasi quando gli si parlò del furto in ferrovia.

Invece si aveva una enorme modificazione pletismografica (abbassamento di 14 mill.) quando gli si parlava del furto Torelli, di cui venni a cognizione.

In carcere fino dai primi giorni si mostrò di una esagerata circospezione. Rifiutò di farsi fotografare, di parlare, rifiutò gli alimenti, ma nel medesimo tempo mi chiamò e mi fece avvertito che egli li aveva rifiutati perchè credeva vi fosse del veleno mandato dai suoi nemici e dalla sua amante. E quando io messo da ciò sull’avviso di una possibile simulazione, gli dissi che egli simulava e che non gli avrei creduto, montò in furore e pretese di essere visitato da altri medici: continuò poi a rifiutare qualche giorno il cibo, ma un giorno o due dopo il rifiuto mangiava sino a riportarne indigestione.

Al 18 marzo parve preso da un accesso di furore: mentre era condotto al passeggio, salì sulla cinta di questo e si mise ad urlare agli operai che lo liberassero perchè lo avvelenavano, minacciando con pietre guardie e compagni.

Però la temperatura non era aumentata che a 37,6; le urine che nell’accesso maniaco per solito diminuiscono molto di volume e appaiono più colorate e più pesanti, presentavano il solito volume e scarso peso specifico (1025), e nessuna variazione di colore (3 Vogel).

Scrisse lettere al Giudice, al Procuratore del Re, ma la calligrafia, l’ortografia, e il contenuto stesso non aveano il carattere speciale al monomane od al maniaco.

Ed io fui stupito della docilità con cui dopo ciò si prestava agli esami fisici che potevano essere creduti atti di tortura nel concetto di qualunque delirante persecutorio.—Passato ad una delle sezioni dell’infermeria, continuò a dire di essere condannato, ma con poca insistenza.

Tutto sparve come per incanto il giorno in cui vennero per riconoscerlo due presunte sue vittime che lo ispezionarono dall’usciolino, [604]senza riconoscerlo pel loro derubante. Ed egli lo seppe subito per quella complicità che aleggia per tutto nelle carceri.

Dei suoi parenti raccolsi che il padre ed un cugino paterno si sono suicidati; un altro cugino è pazzo; ed uno fu condannato per furto. Un fratello è bravo ed onesto.

In base a tutto ciò conclusi: che si trattava di un vero abituale delinquente che aveva un grande interesse a nascondere la propria identità, che, perciò ricorse, in parte, alla violenza ed in parte alla simulazione, senza però escludere una possibile ricorrenza di un vero delirio persecutorio provocato dall’isolamento e dall’alcolismo, in una tempra predispostavi.

Ei però certo simulò la monomania di persecuzione e la mania acuta. Quanto alla prima i caratteri del tatto e della sensibilità dolorifica così vicina al normale già ci fanno sospettare la simulazione; ma più lo confermano la sua scomparsa troppo rapida; mentre essa ha una forma tenace, e, infine, la nessuna reazione data dal pletismografo quando gli si parlava di veleno, la nessuna resistenza fatta agli esami fisici, e poi la stessa inquietudine esagerata ed affettata, quando ne mancavano i motivi.

Quelli che delirano di essere avvelenati, assumono in genere, una attitudine passiva, non mangiano, sì, ma non lo fanno sapere; arrivano all’astinenza, fino a morire tabifici, mentre egli si asteneva un giorno per mangiar doppiamente l’indomani; dormono poco di notte, mentre egli dormiva poco alcune notti, per poi dormir doppiamente le notti susseguenti.

Però questa simulazione, come accade spesso negli epilettici, partiva da un fondo vero—da un residuo ogni tanto ripullulante dei delirii persecutori—per cui, diremo in una parola, copiava se stesso.

Quanto all’esacerbazione maniaca essa fu probabilmente provocata dalla dimora in cella che sì spesso la cagiona.

Ad ogni modo non ne restò più traccia appena fu messo alla sezione Infermeria.

Quello che però fu curioso e nuovo, fu il risultato dell’esame pletismografico, che rivelò nettamente che egli non aveva avuto parte nel furto in ferrovia, mentre il contrario doveva essere per il furto Torelli, il che si verificò.

Gall… Maria, d’anni 66, di Lucera, veniva trovata morta nel 19 giugno 1886, in istato di putrefazione avanzata, coperto il capo dalla piega di un lenzuolo, col corpo parte boccone, parte sul lato destro; col braccio destro sottoposto al tronco, il sinistro allungato, la faccia addossata al materasso, le narici sanguinanti, schiacciate e rivoltate a sinistra e rotte internamente.

Si sospettarono i due figliastri M…. e F…, malfamati, che erano stati veduti gironzare in quel giorno, e avevano interesse alla sua morte, perchè essa stava per fare un vitalizio che li diseredava.

All’autopsia, eseguita il giorno 20, si scoprirono internamente tutti i caratteri della putrefazione avanzata e dell’asfissia; fluidità del sangue, chiazze emorragiche alla pleura costale, all’arteria polmonale e alla mucosa bronchiale e tracheale, che è di colore rosso vivo; ricchezza di liquido spumoso e sanguinolento nei piccoli e grossi bronchi; iperemia nei visceri addominali e più nei polmoni; vuoto il cuore.

Aperto l’esofago nella parte superiore, si rinvenne un ascaride lombricoide, lungo 20 centimetri, che coll’estremità cefalica era appoggiato sull’apertura della glottide.

Due periti, Resi e Raffa, dichiararono trattarsi di asfissia prodotta da mano violenta per occlusione delle vie aeree, per essersi manteunta la vittima, per qualche tempo, colla faccia sopra un corpo molle, cuscino, ecc., in modo da impedire l’entrata dell’aria; non trovando contraddizioni a ciò dalla scoperta dell’ascaride, in quanto che l’ascaride poteva essere ricacciato da un colpo di tosse, non essendo esso penetrato che superficialmente nelle vie aeree e per gran parte del suo corpo restando nell’esofago.

Il De Crecchio, chiamato a nuova perizia in proposito, ammise l’asfissia, ma non volle escludere che ne potesse essere causa l’elminto.

Chiamato, io, dai giudici ad una sopraperizia, non potei a meno di osservare: che i morti per asfissia da lombrici erano bimbi o dementi, e presentarono sempre una lunga reazione che qui mancò; che dal testimone C… la notte del 17 si sentirono delle grida soffocate e dei colpi nella direzione della camera della vittima; che il M., antropologicamente e giuridicamente indiziato di crimine, era già stato condannato per porto di arma, aveva spogliato la vittima, appena morì il padre, di molte sostanze, l’aveva truffata d’una fortissima somma a proposito dell’eredità; s’aggiugne ch’egli, ch’era lascivo e cupido, avendo, un giorno, messe le mani addosso ad una ragazza, questa lo rimproverò di volerla strozzare come aveva fatto con la Gall…, ed egli allibì e raccomandò che non lo ripetesse; altre volte, a proposito di eredità, ebbe a minacciare della scure il fratello. E, cosa importantissima, facendo in quei giorni un contratto, ne mise fra le clausole di scioglimento il caso di andare in carcere. E fu accusato dal fratello F… che, essendo meno criminale, è meno proclive di lui alla completa negativa.

E qui serviva mirabilmente l’antropologia criminale anche per decidere quale dei due fratelli fosse il più colpevole, anzi, il colpevole.

M…, che ha un passato così triste, ha il più completo tipo criminale, mandibole enormi, seni frontali e zigomi sviluppatissimi, labbro superiore assottigliato, incisivi enormi e maggiore il destro del sinistro, testa voluminosa con capacità esagerata, 1620 cc., tatto ottuso, 4,0 a destra, e 2,0 a sinistra; dunque mancinismo sensorio, più mancinismo motorio: tutti fenomeni che mancavano (meno i seni frontali e gli zigomi voluminosi) nel fratello F…—Dunque egli era il più sospettabile del delitto.—Fu condannato.

Ladro ed assassino ignoto.—Il ricco fattore S…, tornando dal mercato colla somma di L. 2000, era stato avvicinato da uno sconosciuto che vagabondava per impiegarsi come bracciante, e che gli chiese di salire sul suo carretto. Ciò ottenuto, non si dipartì più da lui malgrado deviasse dalla sua strada; cenarono insieme, e verso sera lo sconosciuto fu visto accompagnarlo su uno stradale, dove l’infelice fu trovato cadavere la notte seguente con segni di strangolamento e col cranio sfracellato da grosse pietre e la borsa vuota.

Quattro testimoni segnalavano la fisonomia di quell’uomo come sospetta e sinistra, e dichiaravano che s’erano meravigliati di vederlo in giro con un galantuomo[7], ma non lo riconoscevano. Solo una ragazzina dichiarò d’aver veduto, la sera, disteso a terra, dormire vicino all’infelice, un certo Fazio.

Fu pure veduto questi il giorno dopo e seguenti, invece di andare al lavoro di bracciante, oziare e giuocare forti somme (più di 60 lire) che egli mai possedette e di cui non seppe giustificare la provenienza; e fu pure veduto temere i carabinieri e nascondersi quando vennero nel paese, e farsi tagliare i baffi.

Il giudice, impressionato dai testimoni che parlavano tutti della fisonomia sinistra dell’imputato, e non estraneo agli studi di antropologia criminale, mi volle interrogare, spedendomi tre fotografie, se potessi precisarne in forma scientifica il tipo e concludere sulle sue tendenze criminali.

Io dall’esame delle fotografie dedussi che vi erano orecchie ad ansa, zigomi e mandibole voluminose con appendice lemuriana, bipartimento del frontale, rughe precoci e profonde, sguardo truce; in complesso una fisonomia che si accosta al tipo criminale; però dichiarai che non avrei potuto concludere sulla sua criminalità senza conoscere i particolari della sua vita e dei suoi genitori e senza vedere se egli avesse delle anomalie nella motilità, sensività, ecc.

Da una seconda informazione risultò che egli appartiene ad un paese nomato Valle d’Inferno, famigerato per criminalità; che dei suoi parenti un cugino morì pazzo, un avo apoplettico ed uno zio è incendiario ed epilettico, e che egli, quantunque non fosse malfamato, era dedito al giuoco sfrenatamente.

Il curioso si è poi che chiamato innanzi alle Assise mesi dopo a rifare la mia perizia, mentre non rinvenni più alcuni caratteri che erano apparenti nella fotografia, p. es., l’occhio truce, ho trovato invece stenocrotafia (fronte 110, zigomi 127), naso torto verso destra che la fotografia non dava, cicatrice di vasta ferita del cranio che data dall’infanzia e che pure non si vedeva nella fotografia, capacità craniale notevole, 1561; indice cefalico 76; il che è normale in individuo ligure.

Benchè i caratteri degenerativi fossero aumentati, l’insieme della faccia non presentava quella cupezza che risultava dalla fotografia, forse perchè fu presa nei primi giorni dell’arresto.

Era importantissimo il fatto, poi, che gli si rinvenne una quantità di caratteri biologici che completavano, come io prevedeva, il quadro criminale: la pupilla poco mobile, i riflessi tendinei a destra più vivaci che a sinistra; l’ottusità tattile grande e più a destra, 5,0, che a sinistra, 4,0, e 3,5 alla lingua: mancinismo motorio e sensorio: largo tatuaggio nel petto rappresentante una donna e le parole: Ricordo Celina Laura (era sua moglie); mentre nel braccio ha il ritratto di una prostituta. Tutti e due i tatuaggi erano stati fatti in carcere nei pochi mesi della detenzione. Egli si mantenne negativo e sorridente davanti alle spoglie sanguinose della sua vittima.

Ho dichiarato: che se gli indizii fisionomici erano minori di quanto io credeva, i biologici e gli psichici li completavano e davano un indizio potente della sua colpevolezza; che la minore intensità dei caratteri fisionomici si poteva spiegare, perchè egli era uno di quelli che noi chiamiamo rei d’occasione; che cioè, predisposto dall’eredità al crimine, non vi precipitò senza il bisogno diretto e l’occasione di trovare un uomo pieno di denari che gli si confidava ciecamente; e quindi la fisonomia non aveva preso quei caratteri torvi che acquistano i criminali col lungo abito del delitto.

Il criminaloide è così poco lontano dal criminale-nato, che ne acquista in un momento i caratteri alla prima occasione. E così è che anch’egli, che non era tatuato, appena entrato in carcere si tatuò, e con quei tatuaggi osceni e contradditori che sono proprii dei criminali. Certo, ad ogni modo, qui la biologia dava degli indizi che uniti a quelli dei non pochi testimoni in un altro paese meno tenero dei rei avrebbe bastato per farlo condannare.—Egli fu assolto.

Innocente rivelato.—L’antropologia criminale non solo servì a designare meglio un criminale ma a salvare un innocente.

Così in un caso in cui una bimba di 3 anni e mezzo era stata stuprata e sifilizzata da un ignoto e la madre avevane successivamente accusato e segnalato 6 persone, queste vennero arrestate: tutte stavano nella stessa scala, tutte bazzicavano colla bambina, e tutte negavano. Io studiandoli ne segnalai subito al giudice uno che aveva tatuaggi osceni sul braccio, fisonomia negroide, campo visivo alterato, nel quale con una certa diligenza potemmo trovare le traccie di una recente sifilide; e se ne ebbe più tardi la confessione.

Più importante ancora fu il caso raccolto dalla mia Clinica, pubblicato da Virgilio Rossi in Una centuria di criminali, 1888; certo Rossotto Giacinto per una serie di falsi indizi e specialmente per una lettera ricevuta da un cognato grassatore in cui lo pregava di testimoniare il falso, fu condannato per grassazione alla galera in vita nel 1866.

Ora facendo noi, nelle lezioni di antropologia criminale, studii su criminali liberi ed esaminando costui davanti alla scolaresca, con meraviglia nostra c’accorgemmo che era uno dei tipi più normali che mai ci fosse capitato fra le mani.

Alto 1,73; a 50 anni pesava 74,5 chilogr.; capelli e barba abbondante; capacità cranica c. c. 1576; indice cranico 84; nessuna anomalia della faccia, salvo la mascella un po’ più voluminosa. Tatto finissimo, 1,1 a destra; 1,0 a sinistra; 0,5 alla lingua; sensibilità elettrica generale 50 e 51 e dolorifica 30 a destra e 35 a sinistra; normale; ignora il gergo; non è religioso nè cinico: non si occupa di politica, ma è in quello stato di indifferenza in cui si trova la maggior parte degli uomini del ceto medio.

Ama il lavoro, che fu il suo unico sollievo in quei suoi lunghi anni di bagno penale, ove tenne una condotta esemplare, e non vi ebbe, dice, mai dispiaceri; salvo il dolore dell’ingiusta condanna, e della lontananza dei suoi congiunti.

Non ha vizi, nè s’ubbriacò mai; da giovane anzi non beveva vino.

Si era ammogliato a 19 anni senza prima aver mai toccato donne.

Dei suoi parenti nessuno fu pazzo nè delinquente.

I suoi vicini, i suoi superiori, dai quali io attinsi poi informazioni, lo dichiarano un tipo di onestà.

Ed io mentre lo esaminavo senza ancor nulla saperne, dissi agli studenti: «Se non fosse stato condannato in vita, questo rappresenterebbe per me il vero tipo medio onesto». E fu allora che con una tranquilla reazione quell’infelice, disse: Ma, io sono onesto e lo posso dimostrare; e mise a mia disposizione numerosi documenti della sua perfetta onestà: dichiare di direttori di bagni che lo hanno trovato un lavoratore modello; dichiare dei veri autori della grassazione, dei reclusi Foresta, Burzio che escludono davanti al pretore la sua correità, ecc.—Ebbene dopo tutto questo ci accorsimo di un’altra lacuna della nostra giustizia; infatti, non solo non potemmo ottenere che venisse rifatto il processo, ma nemmeno che gli venisse tolta la sorveglianza, poichè la giustizia dimenticando di essere umana si crede infallibile, pur tralasciando intanto i mezzi per esserlo e peggio per riparare ai suoi errori.

Pedagogia.—Un’altra applicazione immediata della nuova scuola è quella pedagogica. Mentre l’esame antropometrico, rilevando il tipo criminale, sopratutto lo sviluppo precoce del corpo, l’asimmetria e la piccolezza del capo, spiegherà gli insuccessi didattici e specialmente disciplinari di alcuni giovanetti, permetterà di selezionarli a tempo dai compagni più ben dotati, e indirizzarli verso carriere adatte alle loro tempre, salvando dal loro contatto gli onesti e permettendoci colle cure precoci specialmente mediante l’emigrazione, il baliatico morale, forse anco un trattamento medico, la loro guarigione.[8]

Arti. Lettere.—Perfino nella letteratura, si può intravedere già una ultima applicazione non solo nell’interpretare i capi lavori in cui il genio aveva intravveduto le risultanze dell’antropologia criminale, ma nel suggerire nuove forme nell’arte, come nell’immortale opera di Dostoyewski, La Casa dei morti, Delitto e pena e come nella Bestia umana di Zola, nella Baraonda di Rovetta, nel romanzo Kolbotubrew of Andre Skildringar di Garborg[9], nell’Hedda Gabler, Colonne della società e Spettri di Ibsen, nell’Innocente di D’Annunzio, nel Profumo e in Giacinto di Capuana e nella Lupa di Verga.

E perchè non conteremo anche noi tra i trionfi delle applicazioni sue quelle a rami anche più lontani dello scibile?

Così il Max Nordau ha potuto poggiarvi per trovar la critica delle creazioni artistiche, filosofiche e letterarie.[10]E il Ferri e Le Fort poterono farne un’applicazione alla critica dei grandi maestri della pittura, ed ora Sighele, Ferrero e Bianchi ne fecero alla storia e alla politica.

Quando un delitto collettivo sorge come un’oasi strana, inesplicabile, nella società moderna, le ricerche sul delitto speciale delle folle, ce lo spiega mirabilmente e ci insegna a difendercene diffondendo più viva e previdente la pietà là dove prima l’armare la società delle reazioni più feroci e crudeli raccoglieva il generale consenso e raggiungeva l’effetto opposto, di riaccerbare la piaga.


  1. Troppo presto di C. Lombroso, Torino, 1888.—Appunti al nuovo codice di Ferri, Berenini, Garofalo, Balestrini, Lombroso, Torino, Bocca, 1889.
  2. Vedi sopra, vol. II, pag. 255 e seg.—Vedi Lombroso e Laschi, Delitto politico, ecc., Torino, Bocca, 1891.—Vedi Lombroso, Les applications de l'anthropologie criminelle Paris, Alcan, 1892.—Lombroso, Gli anarchici, 2ª ed., 1895.
  3. Vedi sopra, vol. II, pag. 255 e seg.—Vedi Lombroso e Laschi, Delitto politico, ecc., Torino, Bocca, 1891.—Vedi Lombroso, Les applications de l'anthropologie criminelle Paris, Alcan, 1892.—Lombroso, Gli anarchici, 2ª ed., 1895.
  4. Commenti di nuovo codice penale, 1892-96.
  5. Archivio di psichiatria e antropologia, VIII, pag. 65.
  6. Id. id., VI, pag. 251.
  7. Nuova prova che l'idea del tipo è ormai diffusa naturalmente nelle plebi.
  8. Vedi pag. 398.—Monist, 1894.—Vitale, Studi antropologici in servizio alla pedagogia, Forlì, 1896.—Marma, Ricerche antropologiche sui ragazzi, Torino, 1896.
  9. Vedi Le più recenti scoperte ecc. di C. Lombroso, 1893, pag. 350.
  10. Degenerazione, 2ª ediz., 1896.