Capitolo VIII

Istruzione media, diffusa e scarsa nella criminalità

La corrispondenza assoluta, come era compresa dai più, pochi anni sono, della criminalità coll’istruzione è dimostrata ormai un errore. È noto purtroppo come il delitto in Europa aumenti malgrado che certo vi aumenti l’istruzione.

Le tre provincie di Torino, Genova, Milano, che diedero il minimo di analfabeti in Italia, un scolaro sopra 7 a 14 abitanti, videro negli ultimi anni aumentarsi di un terzo i reati, da 6983 a 9884 (Sacchi, Studi intorno all’indirizzo educativo, 1874).

Marro trovò su 500 rei e 500 onesti di Torino:

rei onesti
Analfabeti 12% 6%
Che sanno leggere e scrivere 75% 67%
Istrutti 12% 27%

con prevalenza è vero di analfabeti, ma anche di gente che sapevano leggere e scrivere nei rei.

Moreno a Palermo nel 1878 constata che 53 reati furono commessi alla scuola, 34 da scolari e 19 da maestri, a cui pare dunque che l’istruzione non potesse mancare (Lombroso, L’Incremento al delitto, pag. 80).

Il Curcio conta fra noi 1 condannato sopra 333 letterati, 1 sopra 484 analfabeti; ma poi, facendo molte giuste esclusioni, riesce a cambiare le proporzioni in 1 ogni 284 illetterati, 1 ogni 292 letterati; cifre che si equilibrano con un lieve aumento di colti fra i rei. E queste assai scarse differenze si fanno in alcune categorie ancor meno salienti. Tre settimi dei condannati ebbero un’istruzione elementare; metà dei rei contro il buon costume, metà dei rei di contravvenzione, 1025 dei rei contro le persone, e di quelli contro le proprietà, ebbero una qualche istruzione (S. Curcio, o. c.).

E qui pure, insieme accrebbe il numero dei condannati fra gli individui di istruzione superiore: nel 1826 erano 3,1‰ e nel 1860 erano 6,2 e gli accusati da 2 al 1830-40 saliva a 4 nel 1878.

Mentre i delinquenti, in genere, dànno una media da 75 a 50 di analfabeti, i rei minorenni ne diedero solo il 42%, ed in alcune provincie, come nella Lombardia il 5, nel Piemonte il 17. E già nel 1872 se ne contarono, per 453 illetterati, 51 che sapevano leggere, 368 leggere e scrivere, 401 leggere e scrivere e conteggiare; 5 con istruzione superiore (Vedi Cardon, Statist. carceraria, Roma, 1872). Secondo un’osservazione importante dello Joly, Herault che nel 1886 dava il minimo degli analfabeti 1% dei coscritti, e che ha ora una grande quantità di scuole, dalla più bassa scala nella criminalità quando era illetterato, salì ora alla massima, e così il Doubs e il Rodano.

Viceversa, Deux Sèvres, Vandea, Lot con 12; Vienne con 14; Indre con 17; Côtes du Nord con 24 e Morbihan con 35 illetterati dànno la cifra minima di criminalità.

Secondo Guillot in Francia si contano 3000 condanne di letterati contro 1000 illetterati.

Levasseur calcola che su 100 accusati in Francia erano:

1830-40 1840-50 1850-60 1860-70 1875 1878
Alfabeti 38 41 48 55 60 65
Di alta coltura 2 3 3 5 4 4

con un raddoppiamento di gente alfabetica e colta fra i rei in men di 30 anni.

Tocqueville dimostra che nel Connecticut la delinquenza crebbe coll’aumentare dell’istruzione.

Negli Stati Uniti le cifre massime di criminalità (0,35, 0,30, 0,37 per 1000) si notarono in Wyomin, California, Nevada che dànno il minimo di illetterati (3,4, 7,7 e 8,0%) e viceversa le minime di criminalità si notano in N. Messico 0,03, S. Carolina 0,06%, Alabama, Mississipi, Georgia, Luisiana che diedero cifre massime d’analfabeti (65,0, 55% e le 3 ultime da 49,1 a 50,9%); facendo eccezione Nebraska, Jowa, Maine, Dakosta con scarse cifre di rei e di analbeti, e ciò per altre cause che vedremo fra poco.

In Inghilterra e isole, i distretti Sorrey, Kent, Glocester, Middlesex presentano la massima criminalità e sono i più colti, mentre i meno colti North Wales, Essex, Cornwall, offrono la minima[1].

Nella stessa Russia tanto meno colta Oettingen (3ª ed. p. 597), calcola fra i condannati il 25% che sa leggere, anzi degli uomini il 29%, mentre la proporzione della popolazione onesta letterata l’8%.

In Scozia i delinquenti presentano, quanto al numero di analfabeti, un progresso maggiore che nel resto della popolazione (ibid.).

«Compulsate, dice Lauvergne, gli annali della giustizia, e troverete che i delinquenti più indomabili e recidivi sono letterati» (Les forçats, pag. 207).

Ma la prova migliore ce la dà il N. South Galles studiato da Fornasari sui documenti del Coghlan (The Wealth ecc., Sydney, 1895):

Gli analf. onesti sonvi al 12% nel 1880, gli arrest. analf. 5,5, i colti 6,2.

Gli analf. onesti sonvi al 7% nel 1891, gli arrest. analf. 4,1, i colti 4,7.

Tanto assolutamente quanto relativamente i colti delinquono più che gli analfabeti.

Dal 1881 al 1891 gli scolari crebbervi da 197.412 a 252.940 e gli arrestati da 39,758 a 44.851.

Per ogni nuova scuola aperta 1 arrestato di più. Per ogni 10 nuove scuole aperte 5 arrestati in più e ciò in tutti i varii rami della delinquenza:

Sapevano
arrestati analfab. leggere legg. e scriv.
Contro le persone 3.355 222 39 3.094
Contro la proprietà con violenza 990 60 14 916
Contro la proprietà senza violenza 4.878 331 69 4.473
Ribellioni, ubbriachezza 32.878 2348 473 30.057
Falsi monetari 157 3 4 150

Istruzione diffusa, suoi vantaggi.—Tuttavia, chi imparzialmente perscruta entro le cifre degli ultimi anni, s’abbatte in un fatto consolante, che dimostra non essere l’istruzione così fatale, come a tutta prima parrebbe; esservi un punto in cui l’istruzione favorisce il delitto, passato il quale l’istruzione invece serve d’antidoto. Dove l’istruzione ha preso una grande diffusione, cresce la cifra dei delinquenti a coltura superiore, ma ancor più quella dei delinquenti analfabeti; il che vuol dire, che la delinquenza scema nelle classi a coltura media. Così, a New-York mentre la popolazione dava, nel 1870, il 6,08% di analfabeti, e anzi, escludendone gli emigrati, che forniscono il più gran contingente alle carceri, solo 1,83%; i delinquenti dànno la quota di 31% di analfabeti[2].

Fra gli omicidi condannati or ora nell’America del Nord[3], 33% erano completamente analfabeti, 64% sapevano leggere e scrivere, 3% avevano istruzione superiore, mentre nei normali l’analfabetismo è solo nel 10%.

Nell’Austria, mentre la popolazione giovane, morale, di Salisburgo, del Tirolo, non ha analfabeti, la criminale ne ha dal 16 al 20% (Messedaglia).

Costruendo, coi lavori del Cardon, del Torre, del Bargoni, una tabella comparativa degli analfabeti soldati e delinquenti, troviamo:

Anni
1862 delinquenti analf. 60,57 soldati analf. 64,32 leva del 42
1863 delinquenti analf. 62,50 soldati analf. 65,46 leva del 43
1864 delinquenti analf. 58,20 soldati analf. 65,10 leva del 44
1865 delinquenti analf. 56,38 soldati analf. 64,27 leva del 45
1869 delinquenti analf. 64,00 soldati analf. 60,49 leva del 49
1871 case di pena 75,00 soldati analf. 56,74 leva del 51
1871 bagni 50,00 soldati analf. 56,74 leva del 51
1872 case di pena 79,00 soldati analf. 56,53 leva del 52
1872 bagni 78,00 soldati analf. 56,53 leva del 52[4]

Dal 1862 sino al 1869, dunque, la proporzione degli analfabeti onesti (soldati) fu superiore a quella dei delinquenti, come lo fu dal 1821 al 1829 in Francia (Oettingen, o. c.): ma i delinquenti analfabeti, più scarsi dei soldati nei primi anni, si fanno assai più numerosi negli ultimi; il che è tanto più notevole, perchè la cifra sempre più grossa dei recidivi, nei quali preabbonda l’istruzione, dovrebbe aumentare negli ultimi anni la quota degli istrutti fra i delinquenti.

Lo stesso può dirsi in Austria, ove

  • Nel 1856 i condannati analfabeti davano il 54,90%
  • Nel 1857 i condannati analfabeti davano il 58,90%
  • Nel 1858 i condannati analfabeti davano il 60,80%
  • Nel 1859 i condannati analfabeti davano il 61,43%

nel qual anno, all’aumento della criminalità degli analfabeti corrispose un aumento in quella delle classi più colte (Messedaglia, o. c.).

Anche in Francia negli anni:

  • 1827-28 i soldati analf. davano il 56% i condannati analf. 62%
  • 1831-32 i soldati analf. davano il 49% i condannati analf. 59%
  • 1835-36 i soldati analf. davano il 47% i condannati analf. 57%
  • 1836-50 i soldati analf. davano il 47% i condannati analf. 48%
  • 1863-64 i soldati analf. davano il 28% i condannati analf. 52%
  • 1865-66 i soldati analf. davano il 25% i condannati analf. 36%
  • 1871-72 i soldati analf. davano il 20% i condannati analf. 37%
  • 1874-75 i soldati analf. davano il 18% i condannati analf. 36%
  • 1875-76 i soldati analf. davano il 17% i condannati analf. 34%
  • 1876-77 i soldati analf. davano il 16% i condannati analf. 31%[5]

Decrebbero, dunque, anche là, ogni anno, gli analfabeti di ambe le categorie, ma assai più lentamente quelle dei condannati, e si aggiunga che là i rei sotto i 21 anni scemarono dal 1828 al 1863 di 4152 individui (Legoyt).

Più spiccato ancora risulta tal fatto, studiando in Europa dietro le ricerche di Levasseur (Bulletin de la Société Statistique, 1895) il numero degli scolari, e con quello di Bodio (Di alcuni indici misuratori del movimento economico, 1891) le proporzioni degli allievi delle scuole private e pubbliche, per abitanti, e le statistiche degli omicidi e dei furti del Ferri e delle rivoluzioni nel mio Delitto Politico: noi abbiamo questi dati:

Scolari Omicidi (1880-2) Furti Rivoluzioni
p. 100 ab. p. 100.000 ab. p. 100.000 ab. p. 10 milioni ab.
Prussia 17,8 5,7 246 5
Svizzera 16,1 16,4 114 80
Inghilterra[6] 16,4 5,6 163 7
Paesi Bassi 14,3 5,6
Svezia 13,6 13,0 13
Austria 12,5 25,0 103 5
Francia 14,5 18,0 103 16
Belgio 10,9 18,0 134
Spagna 9,1 74,0 52,9 55
Italia 7,6 96,0 150 30
Russia 2,4 14,0 ?

Donde si vede che col crescere degli scolari in massima diminuiscono gli omicidi, fatta eccezione per la Russia (con 14 di omicidi malgrado un minimo di scolari, 2,4) e per la Svizzera che ha una forte cifra di scolari e di omicidi.

Quanto ai furti seguono la linea inversa, si elevano in Inghilterra, Belgio, Prussia, col maggior numero degli scolari, e diminuiscono in Spagna col loro minor numero.

Quanto alle tendenze rivoluzionarie dànno risultati contradditorii.

Il rapporto si conserva fino a un certo punto studiando le singole nazioni.

In Italia completo è il parallelismo tra l’omicidio, lo stupro e l’analfabetismo, la cui quota minima, media e massima, corrisponde a quella dei due citati reati, come dalla seguente Tavola:

Analfabeti
da 80 a 86% da 80 a 50% da 50 a 0%
Omicidi[7] p. 100.000 abit. 32,3 22,9 6,6
Stupri[8] p. 100.000 abit. 23,6 11,3 10,2
Truffe[9] p. 100.000 abit. 41 63 50
Furti[10] p. 100.000 abit. 141 160 119

Se si passa a maggiori dettagli vediamo però per gli omicidi che in Sardegna, Cagliari, con 82% d’analfabeti, ha 21 00000 d’omicidi, la metà di Sassari—42—che pure ha un minor numero —76—di analfabeti; Torino, la prima per coltura (25% di analfabeti), dà 7 omicidi, mentre Brescia, Cremona, Verona con molto più analfabeti (44-45-46) danno meno omicidi!—3,4-4,8-2,8— influendo in Torino forse il vino e la razza e le abitudini guerriere. Reggio Emilia che ha il minimo di stupri, ha il 62% di analfabeti; vi sono dunque numerose e gravi interferenze.

Quanto alle truffe, minime dove è massimo l’analfabetismo (Cosenza, Benevento, Caltanissetta), crescono collo scemare di questo (Macerata, Sassari, Venezia), ma diminuiscono notevolmente quando l’analfabetismo è al minimo (Milano, Torino, Belluno), non però tanto da raggiungere la quota del massimo analfabetismo.

Anche il furto aumenta colla media istruzione (Treviso, Venezia, Lecce) e diminuisce colla maggior diffusione di questa (Alessandria, Novara, Como) mostrando un calo ben maggiore che non desse il massimo analfabetismo.

In Italia, Livorno che dà una delle cifre più basse d’analfabeti (44%, mentre Reggio il 61%, Firenze 59%, Pisa 62,3%), dà una criminalità maggiore che in tutti i reati della regione.

Nelle recenti statistiche di Francia portate da Joly (op. c.).

p. 100.000 ab. p. 100.000 ab.
Nei 6 dipartimenti con 7 a 10 illetterati = 9 accusati
Nei 13 dipartimenti con 11 a 20 illetterati = 13 accusati
Nei 3 dipartimenti con 20 a 50 illetterati = 13 a 11 accusati
Negli 11 dipartimenti con 50 a 61 illetterati = 8 accusati

Qui il delitto aumenta con una media istruzione e cala colla massima.

Noi abbiamo poco sopra notato, come in Francia ed in Inghilterra i delitti di sangue si fanno rarissimi nelle grandi città, ove sono quasi sempre opera di campagnuoli, o montanari, mentre prevalgonvi quelli contro le proprietà; e che così accade fra noi dei recidivi, appunto perché più istrutti. Nel Belgio, i grandi delitti scemarono ogni anno dal 1832 in poi—erano 1 ogni 83,572, calarono ad 1 ogni 90,220 nel 1855. In Svezia dal 1852 in poi i grandi delitti scemarono del 40%.

Anche nell’America del Sud, a Mendoza, un rapporto ufficiale dice, che si avevano:

359 condanne quando vi era 1 scolaro ogni 27 abitanti e 127 condanne quando vi era 1 scolaro ogni 8 abitanti

(Congresso di Stokolma, 1889).

Criminalità speciali dei colti ed incolti.—Tutto ciò ci spiega il fenomeno contradditorio sulle prime, e che Joly non seppe spiegare, che l’istruzione ora aumenti ora diminuisca il delitto. Dapprima, quando non è diffusa, quando non è maturata in un paese, aumenta tutti i delitti salvo l’omicidio: quando invece è diffusissima fa calare tutti i reati più feroci, non però, come vedremo, i reati minori, o quelli politici e i commerciali, o di libidine, perché essi aumentano col naturale aumento degli attriti umani, e degli affari e della attività cerebrale.

Dove, insomma incontrastabilmente influisce l’istruzione sulla criminalità, è nel mutarne l’indole, nel renderla meno feroce.

Fayet e Lacassagne mostrarono che:

1º negli analfabeti predominano gli infanticidi, la soppressione di parto, i furti, l’associazione di malfattori, saccheggi, incendi;

2º in quelli che san leggere e scrivere imperfettamente prevalgono l’estorsione di cambiali, minaccie per iscritto, ricatti, saccheggi, guasti di proprietà, ferimenti;

3º negli istrutti a leggere e scrivere prevalgono concussione, corruzione, falsi in iscritto, minaccie per iscritto;

4º negli istrutti con coltura elevata, falsi in scrittura di commercio, estorsione di fondi dei funzionari pubblici, falso in scrittura autentica, sottrazione d’atti, delitti politici (o. c.).

Insomma vi è una criminalità specifica per gli illetterati, è la più feroce ed una per i letterati, ed è la più astuta, ma più mite.

Il minimo del falso—107‰—ed il massimo degli infanticidi 705‰, si trovano fra gli illetterati: invece nei condannati con coltura superiore prevalsero i falsi di carte pubbliche, abuso di ufficio, infedeltà e truffa, mancando gl’infanticidi e i reati di violenza.

In Austria tra gli analfabeti prevalsero ratti, rapine, infanticidi, aborti, uccisioni, furti, bigamie, omicidi, danneggiamenti, ferite (o. c.).

In Francia pure dagli studi più recenti di Socquet (Contribution a l’étude de la criminalité en France) si vedono man mano diminuire i rei illetterati al 1876-80 in confronto al 1831-35: gli omicidi e gli assassini della 12, gli infanticidi e gli aborti di 13; i reati contro i costumi quasi di 13; i rei coltissimi poi scemano di 12 negli assassini e omicidi; mentre sono quasi stazionari negli altri reati.[11]

Quanto ai delitti politici essi aumentano costantemente colla maggior istruzione. Già la storia ci mostrò che le città più colte (Atene, Ginevra, Firenze) diedero il massimo delle rivoluzioni; e non è certo negli analfabeti, ma in quelli a coltura superiore che si trovano i nihilisti e gli anarchici, del che addussi abbondanti prove nel mio Crime Politique.

In Italia, dal bellissimo studio di Amati (Istruzione e delinquenza in Italia, 1886):

Anni 1881-83 Analfabeti Sap. scriv.
e legg.
Colti
% % %
Delitti politici 54 36 10
Truffe 38 55 7
Omicidi 62 37 0,12
Furti 65 34 1,7
Stupri 48 44 8
Ribellioni 49 48 3,1
Contro l’ordine delle famiglie 61 38 0,8

Nei 503 più colti si notavano nel 1881-83:

Falsi 76-152
Omicidi 44-88 »
Furti 40-80 »
Truffe 57-114 »
Concussioni 38-76 »
Grassazioni 22-44 »
Reati di lascivia 34-68 »
Bancarotta 33-66 »
Spergiuri 2-4 »
Ferite 13-26 »
Parricidi 2-4 »
Delitti politici 14-28 »
Religione 1-2 »
Distruz d’oggetti 4-8 »
Incendii 9-18 »
Istigazione a reati 6-12 »
Aborto 1-2 »

con cifre massime dunque di falsi, truffe, reati di lascivia, bancarotta, furti, concussioni, omicidi; e minime di ferite, grassazioni, parricidi, incendii.

In complesso si vede che se gli omicidi e i furti prevalgono negli analfabeti; unendo insieme i più colti e gli istrutti prevalgonvi specialmente i delitti politici, gli stupri e le truffe, nelle quali ultime sono in minoranza assoluta gli analfabeti e in maggioranza i colti e i semicolti.

E notisi che pei delitti politici, si trattava di un’epoca in cui essendo completamente libero fra noi il pensiero, ben pochi, e non i migliori erano i ribelli politici, ciò che spiega la cifra pur grossa di analfabeti, mentre ora i puniti per delitto politico son certo il fiore della coltura nazionale. Altrettanto accade in Russia dove il massimo contingente, nei reati politici è dato dall’istruzione superiore. Anche dal 1827 al 1846 i nobili esiliati in Siberia per politica erano 120 volte più numerosi dei contadini.

Su 100 donne condannate per delitto politico in Russia, 75 erano colte, 12 sapevano leggere e scrivere e 7 analfabete.[12]

In Francia calarono i delitti più gravi che si portavano alle Assise per cui da 40 00000 che si portavano alle Assise nel 1825, scesero a 11 00000 nel 1881, ma aumentarono gli accusati portati davanti al ministero pubblico da 48.000 a 205.000.

In complesso la criminalità aumentò del 133%; ma scemava quella di sangue ed aumentò quella contro i costumi, specie contro i fanciulli, che da 83 nel 1825 saliva a 615 nel 1881; oltraggio al pudore che da 302 nel 1875 saliva a 2592 nel 1880; i furti aumentarono dal 1826 al 1880 del 238%, le truffe del 323%, gli abusi di confidenza del 630%, i delitti contro i costumi del 700%.

Il vagabondaggio quadruplicò, gli oltraggi alle guardie quintuplicarono, il vagabondaggio ottuplicò; i fallimenti salirono da 2000 a 8000, mentre i commercianti accrebbero sì, ma non del quadruplo.

Questi aumenti esprimono l’influsso della coltura.

Più bella e più benefica è questa influenza nell’Inghilterra[13]: dal 1868 al 1892 calarono i prigionieri da 87.000 a 50.000 ed i criminali liberi da 31.295 a 29.825; i rei minorenni da 10.000 a 4.000; dagli ultimi 10 anni—1892—le offese contro le persone scemarono dell’8%, i furti e borseggi del 30%, i falsi monetari del 34%, i reati contro l’ordine pubblico del 35%; crebbero solo i reati contro la proprietà con violenza del 27% e per vendetta del 18%; mentre poi dal 1874 al 1894 crebbero le bancherotte da 28,7 a 36%. Crebbero insomma alcuni, non tutti i reati più gravi.

Eppure nello stesso tempo la popolazione aumentò del 12%; e ora non vi si contan più che 21 illetterati su 100 accusati: e il decremento si ebbe sopratutto su Londra, che è la città più ricca e ha scuole più diffuse.

Non si può dire, adunque, che l’istruzione sia sempre un freno al delitto, ma nemmeno che sia sempre uno sprono. Quando essa è veramente diffusa su tutte le classi, la si mostra, anzi, benefica, scemando i delitti fra gl’individui mediocremente colti e sempre raddolcendone l’indole.

Istruzione carceraria.—Tuttavia, se questo va inteso per la popolazione, in genere, non deve estendersi alla carceraria, dove una coltura elementare, che non si possa accompagnare con una educazione speciale, la quale prenda di mira le passioni e gli istinti piuttosto che l’intelligenza, è assolutamente dannosa, è un’arma di più che si somministra al reo per acuirsi nel crimine, per divenir recidivo. Sicchè, se deve darsi opera a estendere l’istruzione alfabetica, anche forzatamente, fra il popolo, non deve incoraggiarsi, punto, nelle case penali, dalle quali converrebbe pure togliere l’apprendimento di quelle arti, p. es., del fabbro, del litografo, del muratore, che possono favorire alcune delinquenze (Vedi vol. I, pag. 478).

Senza dubbio la istruzione alfabetica che si dà nelle carceri di Francia, Sassonia, Svezia spiega le cifre notevoli di falsi che si commettono dai recidivi.

Nè io saprei spiegarmi se non colla introduzione delle scuole carcerarie, che aumentano i contatti fra i discoli, ne acuiscono le menti e raddoppiano le forze e tolgono i vantaggi del silenzio e dell’isolamento, il gran numero dei nostri recidivi istrutti, tanto più che la statistica ci rivelò nei recidivi una cifra quasi doppia (67,40) di reati contro la proprietà, in confronto dei delinquenti non recidivi (28,47%), e inferiore di un quarto circa (40,13 per 32,54) di delitti contro le persone; aumentarono, dunque, fra essi probabilmente i delitti in cui occorre la cultura, e di altrettanto scemarono quelli, dove entra la violenza. Oserei dire perciò che, in buona parte, la scuola carceraria entra a fattore nell’accrescimento della criminalità—almeno fra i recidivi—che si osserva in molte regioni civili.[14]

E qui mi farò forte della opinione di Dante:

Che dove l’argomento della mente

S’aggiunge al mal voler ed alla possa,

Nessun riparo vi può far la gente.

(Inf., XXXI).

e d’un altro grande osservatore dallo sguardo felice:

Chi nun sa scrive’ in oggi fa poino…

Ma se sapevo scrive’, ‘r mi’ Pasquale,

Dove ci ho ‘alli, c’era ‘n pal di guanti.

Belle mi’ filme farse alle ‘ambiale!

Che scoti ‘r capo? l’anno fatto tanti;

Dunque vòr di’ che ‘un c’è nulla di male.

(Neri Tanfuccio, Sonetto, XCVIII, pag. 124).

Versi questi due ultimi che ci dipingono come e perchè il male impunito diventa epidemico.

«Sono stato a scuola, scrive Passanante, nel mio paese nell’anno 1864 o 1865, frequentando la scuola elementare del municipio. In seguito ho letto la Bibbia che acquistai e poi perdetti, e qualche altro libro che per caso mi è riuscito aver tra le mani, sopra svariate materie».

E aggiungerò come Caruso fosse solito a dire, che se avesse conosciuto l’alfabeto, avrebbe potuto conquistare il mondo; e come l’assassino Delpero a pie’ del patibolo dichiarasse che causa della sua disgrazia fu l’istruzione, procuratagli dai parenti, che lo fece invanire e quindi preferir l’ozio al lavoro mal ricompensato.

«Gli è che, nota assai bene il Messedaglia, l’istruzione va considerata più come una forza che come una ragione morale, forza che indirizza più al bene che al male, ma che può altresì essere abusata, ed anche in alcuni casi tornare indifferente. Ed altra cosa è saper leggere e scrivere, altro il possedere il grado necessario di moralità». «Le cognizioni, dice assai bene il Seymour, il presidente delle Associazioni carcerarie d’America, sono una potenza, non una virtù, e possono servire al bene, ma anche al male».—Gli è, ripeterò io, in altre parole, che la semplice cognizione sensoria della forma delle lettere o del suono onde s’intitola un oggetto, e anche le nozioni dei grandi progressi tecnologici e scientifici, non accrescono di una linea il peculio della morale, e possono, alla lor volta, invece, essere un valido strumento del maleficio, creando nuovi crimini, che più facilmente possono sfuggire ai colpi della legge, rendendo più affilate e più micidiali le armi onde si servono i rei; per esempio, insegnando a servirsi delle ferrovie, come appresero nel 1845 per la prima volta a Tiebert; o del petrolio, come accadde a quei della Comune; o della dinamite, come or ora a Thomas; o del telegrafo e delle lettere in cifra, come usava il veneto Fangin, che con questo mezzo segnalava ai seguaci la corriera da svaligiare; e tutti i delinquenti, poi, addottrinando colla lettura dei processi, di cui sono avidissimi, sulle arti dei loro predecessori. Così è che, su 150 vagabondi, Mayhew ne rinvenne 63 che sapevano leggere e scrivere, quasi tutti ladri; e di questi, 50 avevano letto il Jack Sheppart ed altri romanzi criminali, oltre al Calendario di Newgate; gl’illetterati se l’erano fatto leggere in casa; molti dichiararono che da queste letture avevano avuto il primo impulso alla loro vita sregolata.

Danni speciali dell’istruzione.—Gli è certo che la scuola non è un centro di moralità. È giusto quanto predica ai borghesi istrutti Joly: «Voi contate sulla scuola per supplire alla lacuna ed assenza dei genitori—che devono accudire i loro lavori o che non sanno e non possono fare il loro dovere—e poi contate sulla famiglia per supplire alla lacuna morale della scuola. Ma mentre uno attende tutto dall’altro tutti e due vi vengono meno».

E fin l’istruzione superiore che si appresta, almeno a noi Latini, fra cui il delitto è in aumento, aumenta spesso invece di medicare le piaghe: viviamo in un’epoca in cui i giorni son anni e gli anni secoli, e vogliamo far vivere i giovani in un’atmosfera di migliaia d’anni fa.

Non hanno nemmeno gli ingegni più forti tempo che basti per abbracciare quella parte di scibile che è necessaria a tutti (come la storia naturale, l’igiene, le lingue vive, la statistica, ecc.) e vogliamo che la consumino per imparare a balbettare malamente delle lingue e delle scienze morte: e tuttociò: per… raffinarci il buon gusto, mentre tutti noi troveremmo ridicolo che si insegnasse per dieci o dodici anni a fare dei fiori o dei solfeggi?

La fiumana della vita moderna, tutta impregnata di fatti, ci passa avanti, e noi non ce ne avvediamo.

Quanto dovranno sorridere i nostri nipoti pensando che migliaia e migliaia di uomini hanno creduto sul serio che qualche frammento di classico, studiato sbadigliando e per forza, e dimenticato più facilmente che non appreso, e peggio ancora, le aride regole grammaticali di una lingua antica, siansi credute lo strumento più prezioso per acuire l’ingegno ed il carattere del giovane, più che non l’esposizione dei fatti che più lo dovrebbero interessare e più della ragione dei fatti stessi. Ma intanto si fabbricano generazioni, il cui cervello s’imbeve, per molto tempo, solo della forma e non della sostanza, anzi, più che della forma (che almeno potrebbe tradursi in qualche capolavoro estetico) di un’adorazione feticcia di quella, e tanto più inesatta, tanto più sterile e cieca, quanto maggiore fu il tempo che inutilmente vi si consumava.

E quando crediamo di avere ingoffati a sufficienza quei poveri cervelli di questa classica stoppa, li rinzeppiamo, per soprassello, di vacuità metafisiche od archeologiche.

Da ciò l’incapacità di capire il nostro tempo, da ciò l’esagerata importanza data a pezzi di carta che si chiaman progetti di legge, da ciò la degenerazione del carattere.

Quella menzogna perpetua verniciata di retorica in cui viviamo, che ci rende la penultima delle nazioni latine, oltre che dall’imbeverci di una vita la quale non è la nostra, dipende dall’abito di correr dietro alla forma, al suono delle cose più che alla sostanza e dalla lunga abitudine, continuata per tanti anni della giovinezza, di ingannarci e ingannare gli altri nell’apprendimento di una lingua alla quale non ci interessiamo punto; di supplire alle inutili fatiche colle arti dell’adulazione, dei falsi. Poi l’abitudine fatta si estende alla vita di studente, di dottore, di deputato, di ministro.

Ecco perchè, mancando così di una solida base, il giovine si getta in braccio alla prima novazione, anche la più errata, la più discorde dai tempi, quando questa gli ricorda la male intravveduta antichità. Chi ne dubitasse, ricordi il classicismo dei rivoluzionari dell’89 e legga Vallès: Le bachelier et l’insurgé, e vedrà quanto contribuisca quell’educazione discorde dal tempo a farne uno spostato ed un ribelle.

E da quell’educazione dipende quell’adorazione della violenza che fu il punto di partenza di tutti i nostri rivoluzionari, da Cola da Rienzi fino a Robespierre.

«….. Tutta L’educazione classica, scrive Guglielmo Ferrero (Riforma sociale, 1894), che altro è se non una glorificazione continuata della violenza, in tutte le sue forme? che comincia dalla apoteosi degli assassinii commessi da Codro o da Aristogitone, per arrivare ai regicidi di Bruto. E tutta la storia del Medio Evo, e tutta la storia moderna, e la storia stessa del nostro risorgimento, come la insegnano oggi, quasi dovunque, che altro è se non la glorificazione, fatta da un punto di vista speciale, di atti brutali e violenti? Non ha forse potuto un poeta, che tutti considerano come il rappresentante morale dell’Italia nuova, scrivere tra gli applausi generali:

«Ferro e vino voglio io…

. . . . . . . . . . . .

Il ferro per uccidere i tiranni,

Il vin per celebrarne il funeral»?

«In questo punto, tanto il vizio è profondo, tutti i partiti sono d’accordo: i clericali grideranno urrah alla pugnalata di Ravaillac; i conservatori alle fucilazioni in massa dei comunardi del 1871; i repubblicani alle bombe di Orsini; ma tutti sono d’un pensiero, nel celebrare la santità della violenza, quando torna utile ad essi. Il nuovo eroe di questi ultimi anni del secolo non è nè un grande scienziato, nè un grande artista, ma Napoleone I.

«Chi può meravigliarsi, dopo ciò, se in una società così satura di violenza, la violenza scoppia fuori di tempo in tempo, da ogni parte, in lampi e tempeste? Non si può impunemente dichiarare santa la violenza, con il sottinteso che essa debba essere applicata solo in un modo determinato; presto o tardi arriva chi trasporta il Vangelo della forza da un credo politico ad un altro.

«L’istruzione ci favorisce dunque la simulazione e la violenza—peggio ci rende inerti ed inetti e quindi mendaci—o quel che è lo stesso politicamente malvagi».

Son lieto di essere in questa stato preceduto dal grande maestro mio Taine in queste sue ultime pagine quasi monito sacro alle nostre razze latine così tenaci e gloriose di quello che è la massima loro ruina.

«La vera istruzione, la vera educazione, scrive Taine[15], si ha al contatto delle cose, alle innumerevoli impressioni sensibili e che l’uomo riceve tutto il giorno nel laboratorio, nella miniera, nel tribunale, nell’ospedale, davanti agli strumenti, al materiale, che entrano per gli orecchi, pel naso, per l’odorato, e che sordamente elaborate, si organizzano in lui per suggerirgli prima o dopo una combinazione nuova, una semplificazione, un’economia, un perfezionamento, un’invenzione. Di tutti questi contatti preziosi, di tutti questi elementi assimilabili e indispensabili, il giovane francese è privato, e appunto nell’età più feconda. Per 7 o 8 anni è chiuso in una scuola, lontano dall’esperienza personale, che gli avrebbe data una nozione giusta e reale delle cose, degli uomini, e della maniera di armeggiarsi nella vita.

«È troppo esigere dai giovani che un giorno determinato, davanti a una seggiola, siano in possesso di tutto lo scibile; infatti due mesi dopo gli esami non ne sanno più niente: ma intanto il loro vigore mentale declina; i succhi fecondi sonsi inariditi; l’uomo fatto o meglio colui che non subisce più alcun cambiamento, diviene etichettato, rassegnato a tirar in lungo, a girar indefinitamente la stessa ruota.

«Viceversa gli anglosassoni i soli in Europa, nei quali, come vedremo, ci sia la minima criminalità, non hanno le nostre innumerevoli scuole speciali; da loro, l’insegnamento non è dato dal libro, ma dalla cosa stessa. L’ingegnere per esempio si forma in una officina, e non in una scuola; il che permette a ciascuno di giungere esattamente al grado che comporta la sua intelligenza, operaio o capomastro, se non può andar più in su, ingegnere se le sue attitudini glie lo additano. Invece da noi coi tre piani dell’istruzione per l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza; colla preparazione teorica e scolastica sui banchi e sui libri, si è prolungata e si è aumentata sempre più in vista dell’esame, del grado, del diploma, del brevetto, la tensione della mente, mentre le nostre scuole non dànno mai quel corredo indispensabile che è la solidità del buon senso, della volontà, e dei nervi. Così la entrata nel mondo dello studente e i suoi primi passi nel campo d’azione pratico, non sono per lo più che una serie di cadute dolorose; sicché ne resta indolenzito, e, qualche volta, addirittura stroppiato. È una prova rude e pericolosa; l’equilibrio mentale gli si altera e corre rischio di non potersi più ristabilire; la disillusione è stata troppo rude e troppo forte».

L’istruzione è infine spesso un incentivo del male, promovendo, senza le forze di soddisfarli, nuovi bisogni, nuovi desideri, e soprattutto nelle scuole, nuovi contatti, tra gli onesti e gl’inonesti, resi vieppiù perniciosi laddove l’istruttore stesso diviene l’apostolo del male, in ispecie pei delitti di libidine, come si nota qui ed in Germania (Oettingen, o. c.).


  1. Mayhew o. c. Glocester 26 condannati p. 10.000 ab. 35% analfab. Middlesex 24 » 18% » N. Wales 7 » 33% » Cornwall 8 » 45% »
  2. Barce, The dang. class. of New-York, 1871.
  3. Dal bellissimo studio di Bosco nell'Omicidio negli Stati Uniti (Rivista Penale, dic. 1895)
  4. Bargosi, Sull'istruzione obbligatoria, Firenze, 1865.—Torre, Relazioni sulle leve in Italia, 1869, 71-72.—Cardon, Statistica delle Carceri. Roma. 1872-73.
  5. Oettingen, III ed., p. 597.
  6. Di queste non c'è che le scuole pubbliche.
  7. Relazione alla Commiss. di Statistica giudiziaria del Bodio, 1896 (Bozze).
  8. Relazione alla Commiss. di Statistica giudiziaria del Bodio, 1896 (Bozze).
  9. Relazione alla Commiss. di Statistica giudiziaria del Bodio, 1896 (Bozze).
  10. Atlante dell'Omicidio del Ferri, 1895.
  11. 1831-35 1876-80 Omicidi: Illetterati 59% 31% Sapenti leggere e scrivere 31% 67% Colti 4% 2% Assassini: Illetterati 60% 31% Sapenti leggere e scrivere 36% 67% Colti 4% 2% Infanticidi: Illetterati 85% 52% Sapenti leggere e scrivere 14% 47% Colti 1% 1% Aborto: Illetterati 46% 36% Sapenti leggere e scrivere 39% 58% Colti 15% 12% Reati contro il pudore negli adulti: Illetterati 55% 34% Sapenti leggere o scrivere 48% 65% Colti 2% 1% Reati contro il pudore nei bambini: Illetterati 50% 33% Sapenti leggere o scrivere 41% 60% Colti 7% 7%
  12. B. N. Tarnowski, Jurisdiceswsy Westnick, 1889.
  13. Statist. giudiz. dell'Inghilterra, 1895. Revue de Paris, Joly, N. 21, 1895.
  14. Il borsaiuolo e il feritore nei bagni imparano a spese dello Stato a fabbricarsi chiavi false, coltelli, a batter moneta; a litografar banconote, a divenire scassinatori.
  15. Revue Philosoph., 1894-95