Capitolo XVI

Carcere—Altre cause.

Carcere.—La causa maggiore d’ogni delitto è il carcere. Noi, precisamente quando crediamo vendicare e difendere la società, colla carcere somministriamo ai delinquenti i mezzi di conoscersi, di istruirsi e di associarsi nel male.

Ma vi ha, se è possibile, di peggio: la carcere è una causa diretta di delitti per sè stessa, perchè diventata un comodo albergo, stante all’esagerata mitezza riesce la mira di alcuni che delinquono per ottenerla.

«Io farei a fette il viso a chi sparla (cantava un prigioniero di Palermo; della Vicaria. Chi dice che la carcere castiga, oh! come si sbaglia il poveretto; la carcere è una fortuna che vi tocca, poichè vi insegna i ripostigli (porteddu) e i modi del furto».

Questi fatti ci spiegano come le nostre statistiche e le statistiche inglesi ci diano così spesso degli individui entrati nel carcere fino a 50 a 60 volte, e ci spiegano il caso di quel tale di cui narra Breton che commetteva furti solo per farsi ricoverare in prigione e che alla 50ª volta condannato alla cella disse: La giustizia questa volta mi ha frodato, ma non mi ci corranno un’altra volta; ed il caso ripetutosi nel maggio del 1878 a Milano da quel Zucchi chè rubò alle Assise per farsi porre in prigione. «Dal 1852 in poi, diceva egli, ho passato in carcere 20 anni: l’amnistia mi ha fatto escire, ma non posso vivere con una lira al giorno; ho pensato di farmi mettere in prigione per poter mangiare, bere e dormire. Sig. Presidente, calchi la penna, perché tanto e tanto in carcere non si sta male (Rivista di discipline carcerarie, 1878); e nel 1879 a Roma un vecchio di 80 anni che ne era stato 47 in prigione, dove si era trovato benissimo, in ispecie sotto il papa, strepitava presso il questore per rientrare in carcere: «Io non vi chieggo un impiego, ma un carcere qualunque pur che possa vivere tranquillo; ho oramai 80 anni e non vivrò tanto da rovinare il vostro governo che è già male in gamba».

Che questa esagerata mitezza sia deplorata anche altrove lo dimostrano le parole di Tallack e di D’Olivecrona.

«I delinquenti, dice il Tallack (Difetti nell’amministrazione della giustizia penale d’Inghilterra e d’Irlanda. Londra, 1872, pag. 71, fra noi si avvezzano a riguardare la prigione come alcun che di fruttifero e di attraente: se non altro li assolve dalle spese di tavola, di alloggio e di vestiario, e li dispensa dal troppo affaticarsi».

«Mentre il forzato, scrive D’Olivecrona, nel volgere dell’anno, consuma 33 chilogrammi di carne, il bracciante stabile di campagna non ha, di solito, in forza del contratto locativo, se non chilogrammi 25 e 12 di bue salato, 25 e 12 di maiale salato, che è quanto dire, in tutto, chilogrammi 51: assegno che deve bastare per lui, per la donna e pei figli (De la récidive, 1812).

«All’ultima ora del suo gastigo (in Svezia), un forzato rese vivissimi grazie al direttore, dichiarando che, prima dell’arresto, non aveva mai gustato cibarie tanto sapide e sostanziose. In altro stabilimento, una femmina aveva fatto considerevoli risparmi sulla razione del pane, affinchè, diceva essa, i miei figli, quando sarò a casa, dividano con me il buon pane dello Stato (Id.).

«Io non esito, continua egli, a porre fra le cause della recidiva l’indulgente trattamento che si usa ai forzati».

Oltre a tutti questi difetti, generali a tutta l’Europa, il carcere d’Italia ne ha anche di tutti suoi, o meglio di quelli che solo la Spagna può vantare comuni—ha la mala struttura che permette la facile evasione come in Girgenti e Caltanissetta, e forse in quasi tutte le carceri mandamentali—ha l’insufficienza, la sproporzione dei locali alle singole condanne. La legge commina la custodia, l’arresto, la carcere, la cella, la relegazione, ma tutto ciò resta lettera morta, perchè le celle non bastano non che pei minorenni, nemmeno per il decimo dei soggetti a giudizi, per cui, se si vuole un buon processo, sarebbero più necessarie.

Rachitide.—Fra le cause che spingono al delitto, ve ne hanno alcune troppo accidentali o troppo rare per poter figurare davanti allo statista, ma che non meritano perciò meno d’essere studiate dall’antropologo. Chi può sapere fino a qual punto la scrofola, l’arresto di sviluppo e la rachitide possono aver influito a provocare o modificare le tendenze criminali?

Noi abbiamo rinvenuti 11 gobbi sopra 882 delinquenti, quasi tutti ladri o stupratori. Virgilio trovò 3 rachitici ed 1 con arresto di sviluppo dello scheletro su 266 condannati da lui presi in esame, e 6 con balbuzie, 1 con labro leporino, 5 con strabismo, 45 scrofolosi e 24 colpiti da carie. Secondo lui, 143 sopra 266 di costoro portano traccie di impronte fisiche degenerative (op. cit, p. 22).

Vidocq osservava, che tutti i grandi assassini capitatigli fra le mani avevano le gambe arcuate.

Thompson rilevò nei delinquenti di Scozia una grande quantità di piedi vari, di labbri leporini, di rachitici e di scrofolosi.

Cranio.—E chi può dirci fino a qual punto abbia influito allo sviluppo della delinquenza la diminuita capacità cranica, che nell’uomo libero non passa l’11%, e che noi abbiamo rinvenuto in un rapporto del 18 nei delinquenti vivi, in ispecie ladri e incendiari, e nei morti fino del 59%? E quelle deformazioni craniche (Plagiocefalia, Oxicefalia, Trococefalia) che nei vivi ci apparvero in una frequenza dell’8, e nei morti del 9%, non possono esse aver influito di molto? Non dobbiamo noi tenerne conto pel crimine tanto almeno come per l’eziologia dell’alienazione?

Fegato, Genitali.—E così dicasi pure dell’ipertrofia di fegato, che pare abbia una certa influenza nei reati di vendetta; e di quella degli organi genitali, che conta fra le probabili cause di stupri, di assassinio e d’incendi, e che il Virgilio rinvenne frequente 1,3%. In una condannata per violenze sul marito che costringeva ad esser testimonio delle sue libidini si rinvenne una clitoride ingrossata del doppio. In tutti i delinquenti, specialmente ladri e assassini, lo sviluppo dei genitali è assai precoce e specialmente nelle ladre, dove ci occorse trovare tendenze alla prostituzione fino in età di 6 a 8 anni.

Boggia a 62 anni avea spermatozoi numerosi e vivacissimi (Mantegazza, Sui testicoli, 1863). Ho notato che le grandi avvelenatrici furono tutte assai feconde o libidinosissime, e tali furono gli assassini e tali erano i criminali fra gli Juke.

Casper trovò in un pederasta abituale (200) completa ipospadia e stortilatura del membro; quest’ultimo carattere fu trovato in un altro pederasta da Hoffmann. Secondo Tardieu, gli anorchidi e gli ermafroditi dànno un numeroso contingente ai delitti contro natura (Sur l’identité, 1870). Evidentemente per essi è questo un fenomeno fisiologico. Ora in coloro che Westphal definisce affetti da pazzia per appetenze sessuali contro natura, vi è se non una materiale certo una vera femminilità morale per cui sentono gli stimoli del sesso in senso inverso della natura. Chi può dire in questo caso dove comincia la colpa?—Forse l’ermafroditismo e l’ipospadia, il femminalismo appunto perchè, come la microcefalia, sono effetto di un arresto parziale di sviluppo, più facilmente si connettono ad arresti di sviluppo dei centri nervosi e quindi a mancanza del senso morale, e perciò forniscono al crimine, relativamente al loro numero, una quota molto maggiore di delitti degli altri uomini; Hoffmann narra di un pseudoermafrodita levatrice, che eseguendo l’esplorazione stuprava le sue clienti. Io so di una pseudoermafrodita, la cui gelosia per l’amasia, era così violenta da rasentare il delitto; e di un ipospadico completo, creduto donna fino a 24 anni, Raffaella Amato, che uccise uno, perchè rivelò i suoi impuri amori con una donna e il suo vero sesso. E qui giova notare collo stesso Hoffmann (Ein Fall v. Pseudoermafroditismus, 1877, Wien), che forse a questa legge si connette quell’altro fenomeno della comune mancanza di barba e della ricchezza dei capelli, delle apparenze femminee, insomma, che noi avvertimmo in tutti i veri delinquenti. E, in parte, a questa stessa legge si collega la frequenza della precoce pederastia nelle case di pena.

L’amore, dice Courtelles, per il patico è alle volte sì grande nei carcerati da spingerli alla recidiva per poter riprendere la diletta compagnia; altrettanto vedemmo accadere nelle donne prostitute.

Traumi.—Gall narro di due fratelli danesi, che caddero da una scala battendo del capo; l’uno divenne di grande ingegno e l’altro, da gentile, illibato e virtuoso che era, si fece vizioso e dedito al crimine. Ora, fra 290 studiati da me, non meno di 20 avevano toccato ferite al cranio fino della tenera età. Del Bruck ne osservò 21 su 58 rei alienati. Spurzheim osservò un fanciullo, in cui dopo un colpo al capo si cangiò il carattere morale, sicchè da dolce divenne irascibile e cupo. Acrell ne notò un altro, in cui l’osso temporale si fratturava, sicchè dovette trapanarsi; guariva l’infermo, ma dopo d’allora mostrò un inclinazione irresistibile al furto (Fantonetti, Della pazzia. Milano 1830).

Concepimento.—Nessuno può decidere fino a qual punto possano avere influito sull’indole del reo le circostanze, in cui si trovavano i parenti nel momento della fecondazione e della gravidanza. Si narra che Robespierre nascesse nell’anno in cui si squartava Damiens, anno di fame e di guerra; Pietro il crudele e Militello nacquero in mezzo alle stragi.

Sensazioni.—Un’altra causa del delitto, potentissima, ma che pure mal si saprebbe precisare o dimostrare, se non forse coll’aumento di alcuni delitti per alcune professioni e pei maggiori contatti, è l’influenza di una data impressione sensoria. V’hanno ladri che non possono resistere alla vista di un oggetto d’oro. Troppmann e Costo dichiararono essere stati trascinati al delitto dalla lettura d’un dato libro; l’uno di un romanzo, l’altro di un autore greco.—Un ricco banchiere, Downer, entra ubbriaco nella bottega del suo barbiere; il sedicenne garzoncello di questo, fino allora onesto, gli sente suonar delle monete in saccoccia, e subito è preso dall’idea di ucciderlo; ed abbassatogli il capo, con una corda lo strozza. Poco dopo fugge inorridito, e confessa che se non avesse udito quel suono, non si sarebbe sognato di commettere l’orrendo misfatto.—Maria Frank, d’anni 38, bevitrice ostinata, già pazza, battuta dal marito continuamente, un giorno vede un grande incendio; tosto nasce in lei desiderio vivessimo di appiccar il fuoco, e incendiava dodici case. Fu condannata a morte.—Adele Strohm assistette al supplizio di due condannati, e subito dopo viene colpita dall’idea di uccidere la sua più cara amica, onde morire in grazia di Dio e confessata (Despine, op. cit.).

Imitazione.—In questi casi entra, e per molto, anche la follia, ma più di tutto vi influisce l’imitazione, che è principalissima causa, così dei delitti, come delle pazzie. Nel 1868 e nel 1872 appena i giornali cominciarono a raccontare di abbandono di fanciulli, a Marsiglia si ripeterono i reati fino ad 8 in un sol giorno (Despine). La notizia dell’assassinio dell’arcivescovo Sibour spinse un prete a ferire il vescovo di Matera, col quale non aveva alcuna causa di odio. Dufresne avversava un tale Delauchx, ma senza pensare a fargli del male; legge il processo di Verger, s’esalta, e gridando: Anch’io farò come Verger ed uccide quell’infelice.—Si è notato che a Bergamo, poco tempo dopo il processo Verzeni, avvennero altri due casi di strangolamento di donne; e altrettanto accadde a Parigi poco dopo il processo di Philippe, di Billoir, di Moyaux, ed a Firenze dopo quello di Martinati. Al tempo del processo di Roux vi furono due domestici che simularono esser stati garottati dal padrone dopo averlo derubato: l’avvelenamento di La Pommerais fu seguito da quello di Pritchard; e peggio va la cosa col sorgere adesso in Italia di quei diari, veramente criminali, che intingono la penna nel putridume più fetido delle piaghe sociali e non per altro se non per cavarne un triste guadagno, titillano i malsani appetiti e la più malsana curiosità delle basse classi sociali sì, che io li vorrei paragonare a quei vermi, che, sorti dalla putredine, l’aumentano colla loro presenza. Questi diari pur troppo in una sola città nostra toccano la cifra enorme di 28 mila lettori.

Il danno loro fu provato ivi pure per uno strano reato. Si trovò, mentre era assente il padrone R…, scassinato il suo banco; si sospetta e si arresta un agente; e nella sua casa si trova la somma mancante, che egli confessa dubito, piangendo, aver sottratto, ma senza nessuna prava intenzione: egli poteva, infatti, fruire di somme anche maggiori col consenso del padrone, in lui fiduciosissimo, e senza scassinare alcun armadio; nè venne a quel passo che per porre in pratica un colpo letto il giorno prima in un di quei sciagurati diarii. Il padrone dichiarò credere verissima questa scusa, sapendonelo lettore infervorato e difatti lo riprese appena fu assolto.—Un altro esempio offerse Grimal; nel 73 a Parigi delibera di commettere un delitto per far parlare di sè, come nei giornali leggeva dei grandi malfattori; tenta un incendio, e, suo malgrado, non è creduto reo; maltratta la moglie che poi muore, e se ne denuncia l’autore, ma anche qui esce con sentenza di non farsi luogo; allora gli capita sottocchio il processo della vedova Gras, e, per imitarla, getta sul viso di uno che gli era amico, dell’acido nitrico: l’amico muore, ed egli non che nascondersi narra a tutti la sua bella azione; il dì dopo, corre a leggere il Petit Journal, che raccontava il triste fatto, si costituisce egli stesso alla questura, dove si appurò che le idee dei suoi delitti gli vennero in capo in grazia dei romanzi giudiziarii e dei fatti diversi dei giornali che erano la sola sua prediletta lettura.

Nel 1851, una donna assassinava, a New-York, suo marito, e pochi giorni dopo, tre altre donne fanno altrettanto.—Corridori uccide il preside del Liceo, che lo rimproverava per una giusta mancanza, e prima dichiara: «Ripeterò il fatto del preside di Catanzaro», che anch’egli fu ucciso per simile causa.—L’assassinio tentato sul D. James nella ferrovia fu seguito da un altro nella stessa linea e nello stesso modo (Montel).

E quanti splendidi esempi non addusse in proposito Holtzendorff nella sua stupenda opera: Das Verbrechen des Mordes und die Todestrafe, 1875, Berlino!