Capitolo XVIII

Cause di delitti politici.

Abbiamo visto che il delitto politico è una specie di reato per passione che intanto è dannoso e punibile in quanto porta offesa al sentimento della conservazione, all’odio del novo, proprio della razza umana, specialmente nella religione e nella politica.[1] E abbiam visto che qui i giovani pigliano una parte maggiore (V. vol. II) ed i popoli più intelligenti e più colti, ed abitanti dei paesi caldi.

Orografia.—E grande vi è l’azione orografica. Si può dire che i principali conati per la libertà e le ultime resistenze alla servitù si notarono sempre fra gli abitanti delle montagne; tali i Sanniti, i Marsi, i Liguri, i Cantabri, i Bruzzi contro i Romani; gli Asturii contro i Goti ed i Saraceni; gli Albanesi, i Transilvani, i Drusi, i Maroniti, i Mainotti[2] contro i Turchi; i Tlascalisi ed i Chileni nelle Americhe; i montanari di Schwitz-Uri ed Unterwald contro l’Austria e la Borgogna. Così nelle Cevenne in Francia ed in Valtellina e Pinerolo da noi, malgrado le dragonnades ed i supplizi dell’Inquisizione, sorsero i primi conati a favore della libertà religiosa.

Così avvenne più recentemente dei popoli del Caucaso.

In Inghilterra, nella regione montuosa del paese di Galles, fu difficile stabilire la dominazione d’un solo capo e più ancora il far riconoscere quella del potere centrale.

Secondo Plutarco, Atene dopo la sedizione di Cimone si divise in tre partiti corrispondenti alla varia configurazione geografica del paese: gli abitanti della montagna volevano ad ogni costo il Governo popolare, quelli della pianura chiedevano un Governo oligarchico, e coloro che abitavano presso il mare stavano per un Governo misto.

Luoghi concentrici.—Nei punti ove convergono le valli, e perciò si agglomerano le popolazioni per i loro bisogni morali, politici e industriali, queste son più novatrici e ribelli.

La Polonia, forse, dovette la precocità della sua civiltà e delle sue rivolte, come poi le sue sventure, alla sua posizione di cuneo o di ponte fra gli Slavi, i Tedeschi ed i Bizantini.

I dipartimenti di Francia lungo i grandi fiumi, Senna, Rodano, Loira, o con grandi porti, diedero, indipendentemente da altre cause, il maggior numero di voti rivoluzionari.[3]

Densità.—Altrettanto si dica della maggior densità demografica e della maggiore attività industriale che sono in rapporto al maggior spirito ribelle ed evolutivo, mentre le popolazioni agricole e a minima densità sono più spesso le più conservatrici.[4]

Salubrità e genialità.—E la salubrità e fertilità della terra hanno pure una forte influenza, come ho dimostrato con lunghe serie di cifre, fra noi, e moltissimo vi può la genialità maggiore, per cui Firenze, Atene e Ginevra furono le più geniali e le più ribelli; e i genii e le rivoluzioni fioriscono nelle Romagne e nella Liguria, che sono fra le terre più salubri d’Italia.[5]

In Francia si mostra il parallelismo ancor più chiaro, essendovi—in 75 su 86 dipartimenti—contemporaneo predominio del genio e dell’alta statura e dei partiti antimonarchici.[6]

Razze.—E molto vi può l’influenza etnica. Dallo studio delle votazioni e delle rivoluzioni di Francia io ho potuto dimostrare che i dipartimenti con prevalente razza Ligure o Gallica diedero il massimo dei ribelli, mentre quelli con razza Iberica e Cimbrica ne diedero il minimo. E v’hanno paeselli e città, come Arluno, Livorno,—con notoria costante tendenza ribelle.[7]

L’indole ribelle degli antichi Romagnoli (Romagna tua non fu mai senza guerra), l’origine e la storia dei Livornesi e dei Liguri Apuani ci può giovare a spiegarci il divamparvi anche ora così spesso dell’anarchia e della ribellione.[8]

Innesti.—Un’azione etnica più chiara si sorprende nell’innesto reciproco di razze, che può farle divenire tutte più rivoluzionarie, più progressive: è un fenomeno che si collega a quello scoperto nel mondo vegetale da Darwin, secondo cui la fertilizzazione anche nelle piante ermafrodite deve essere incrociata; e colla legge di Romanes, secondo cui prima causa delle evoluzioni sarebbe la variazione indipendente.

Ne abbiamo un esempio negli Jonii, che pur essendo affini ai Dori, furono rivoluzionari e diedero i maggiori genii (Atene), certo anche perchè, precocemente mescolati coi Lidii e coi Persiani nelle colonie dell’Asia minore e nelle isole loro, subirono un doppio incrociamento—di razza e di clima.

L’innesto colla razza Germanica, reso più potente perchè in istato nascente, spiega il fenomeno della coltura della Polonia venuta in breve tempo gigante in mezzo agli altri Slavi ancora rozzi, e quando non erano molto civili quegli stessi Tedeschi che le importarono i primi semi di civiltà[9], e ci dà in parte la ragione delle sue continue ribellioni successe.

L’innesto climatico ed etnico degli indigeni coi coloni Europei nelle Repubbliche spagnuole fa che esse siano molto più attive nei commerci e perfino negli studi;—e più ribelli. La Spagna non conta un Ramos-Mejas, nè un Roca, nè un Mitré.

Ed è senza dubbio alla mistione di sangue tedesco che si deve la strana frequenza nella Franca Contea, negli ultimi tempi, dei più grandi rivoluzionari scientifici (Nodier, Fourrier, Proudhoe, Cuvier).[10]

In Sicilia vi ha maggior tendenza evolutiva e ribelle che nel Napoletano, perchè il sangue vi è più misto; e ciò si nota specialmente in Palermo, dove la mescolanza di sangue normanno e saraceno fu più intensa.

Cattivi governi.—Un Governo, in cui il benessere pubblico sia negletto e gli onesti perseguitati, è causa di rivolte e di rivoluzioni. Le persecuzioni vi mutano le idee in sentimento (Machiavelli).

Beniamino Franklin, alla vigilia della Rivoluzione americana, in un opuscolo intitolato: Regole per fare di un grande impero uno piccolo, così riassume le cause di mal governo che, infatti, trascinarono poi il suo paese alla rivolta:

«Volete voi, scriveva rivolgendosi alla metropoli, irritare le vostre colonie e spingerle alla ribellione? Ecco un mezzo infallibile: Supponetele sempre disposte alla rivolta e trattatele di conseguenza: ponete presso di loro dei soldati che, per la loro insolenza, provochino alla rivolta e la reprimano con delle palle e delle baionette».

In un paese, in cui le riforme politiche vanno di pari passo colle aspirazioni del popolo, le sommosse sono poche o nulle, come lo prova l’Italia, in cui, per quanto imperfetto, pure il regime attuale segna un indiscutibile progresso sugli anteriori, quantunque il desiderio della unificazione politica e legislativa, soverchiamente spinto, non tenga nel dovuto calcolo le differenze di clima e di costumi delle varie regioni.[11]

In Francia un regime adatto per le classi colte, ma non per le infime, come quello degli Orléans, moltiplicò le rivolte ed i reati politici; che scomparvero invece sotto il Governo cesareo-democratico di Napoleone III, che più confortava le plebi col fasto e col tentativo di riforme sociali. Ciò appare dalla statistica degli accusati e delle accuse in cause politiche dal 1826 al 1880 (compresi i reati di stampa), dalla quale si rileva, infatti, come il periodo napoleonico (1851-1870) corrisponda al minimo dei processi politici:

In contradditorio Contumaci
Medie annuali Cause Cause
1826-30 13 284
1831-35 90 406
1836-40 13 63
1841-45 4 41
1846-50 9 271
1851-55 4
1856-60 1
1861-65 1
1866-70 1
1871-75 10 64
1876-80 6
146 1185

La lotta per la supremazia fra le varie classi sociali è un effetto di quell’ineguaglianza, che Aristotile chiama fonte di tutte le rivoluzioni.[12] «Da una parte, egli scrive, vi sono coloro che vogliono l’eguaglianza e che insorgono, se credono di aver meno degli altri, anche se sono eguali a coloro che hanno di più: dall’altra parte coloro che aspirano al potere, si sollevano, se essendo ineguali, pensano che non vi ha giusta ragione dell’ineguaglianza».

Basta che una classe dominante abusi del potere perchè susciti la reazione; e già Aristotile ebbe a dire (Politicon, VIII) che: «da qualunque lato penda un governo, esso degenera sempre, per l’esagerarsi dei principi su cui è fondato».

In Francia la Rivoluzione dell’89 che sembrava dovesse spegnere il principio monarchico nel sangue d’un re, degenerata in anarchia, preparò l’Impero, che risorse di nuovo dopo i torbidi anarchici della Repubblica del 1849. Le torture che infliggevano Demofilo e sua moglie ai loro servi furono (insieme alle abitudini di un autorizzato brigantaggio) causa della grande rivolta dei servi in Sicilia.

Prevalenza esclusiva di una classe. Preti.—Indipendentemente da ogni forma di governo, il solo prevalere di una classe, di una casta sull’altra, fu sempre pericoloso, arrestando lo svolgimento organico di un paese e predisponendolo per questo prima all’atrofia, poi all’anarchia, con un processo opposto, ma egualmente fatale, delle violente rivolte.

Così la preponderanza del clero in Spagna, in Iscozia, da noi nello Stato Pontificio e nel Napoletano, ritardò lungamente quei paesi sulla via del progresso e li spinse a rivolte.

Così la tirannia dei patrizi a Roma, per quanto sconfitta, condusse prima a Saturnino, a Catilina, poi alla dittatura di Cesare; e questa produsse a sua volta il tentativo di Bruto, che fallì al suo scopo, perchè gli Imperatori incarnavano una giusta reazione delle classi umili contro le oligarchiche.

E non di rado gli oligarchi, come a Cnido, rivaleggiando fra loro, per il potere ristretto a troppo pochi, lasciarono il varco al popolo che li abbatte. Questa volta sono essi stessi che si fan demagoghi, per vincere i compagni (Aristotile, o. c.).

Nel medio Evo, a Firenze, la tirannia dei nobili preparò il trionfo dei popolani grassi: e gli abusi di questi provocarono, a loro volta, la chiamata del Duca d’Atene, il quale per quanto poi cercasse di reprimere le prepotenze, finì coll’inimicarsi anche la plebe, che lo cacciò.

Classi equilibrate.—Dove invece le classi sociali e i poteri che ne derivano, si equilibrano, la libertà si mantiene e le rivoluzioni si fanno rarissime: così la durata di Sparta secondo Aristotile derivò dall’equa distribuzione dei poteri tra le classi alte, rappresentate dal Senato, le basse dalla Eforia che si eleggeva per suffragio, ad alta voce, nelle piazze, ed i re, le cui attribuzioni erano limitate e che per essere in due, e quindi facilmente discordi, raramente potevano divenire tiranni.

Partiti e sêtte.—I partiti e le sêtte, a volta utili nella lotta dei deboli contro i forti, furono spesso, come li chiama il Coco, mezzi di corruzione dell’uomo che a sua volta corrompe la nazione.

Se ne può trovare evidente conferma nello spettacolo che offrirono i nostri Comuni medioevali e specialmente Firenze, in cui l’intolleranza e l’esagerazione dei partiti portarono, secondo il Perreus[13], il completo esaurimento politico ed intellettuale.

Peggio è poi quando i partiti cadono nell’esagerazione: lo prova il Sarmiento per la Repubblica Argentina, dove alla reazione di Rosas contribuirono appunto le esagerazioni degli Unitari di Buenos-Ayres, costituito da veri tipi di utopisti rivoluzionari ideologici come i nostri Mazziniani, che procedevano diritti col capo alto, senza deviare mai, adoperando sempre certe loro frasi sdegnose; alla vigilia di una battaglia si occupavano di un regolamento, di una formula, di una frase pomposa: impossibile trovare uomini più ragionanti, più intraprendenti e più… privi di senso pratico.[14]

Quanto più progredirono i partiti nell’influenza politica, scemò invece collo sviluppo della libertà l’importanza delle sêtte, che erano appunto frutto dell’oppressione, perchè, come ben scrisse il Coco, la persecuzione muta le idee in sentimenti e questi in sêtte; per questa stessa loro origine, forse, la civiltà moderna va loro debitrice di non pochi servigi e riforme nel campo politico: basti ricordare i Carbonari in Italia, i Cartisti in Irlanda, le Eterie in Grecia e gli stessi Nichilisti in Russia, per quanto i loro ideali non sembrino corrispondere ai desideri della gran maggioranza della Russia attuale, di cui si può dire, come dell’antica scrive lo Stepniaek, che Czar e Dio siano fusi insieme nell’idea popolare.[15]

Da noi la Mano fraterna in Girgenti, scoperta nel 1883, era, in origine, una specie di società di mutuo soccorso nelle infermità, nelle morti. Ma subito degenerò. Alcuni doveri davan luogo ad alcuni delitti. Tutti dovevano farsi rispettare per onore del corpo, proteggere le donne, vendicare le offese dei compagni come fatte a loro, cooperare per salvarli, se imputati; però finirono con l’assassinio, che si ordinava ed eseguiva, come fra cacciatori l’inseguimento e la morte di una lepre: e con l’intimidamento sui giurati, sugli emuli ai pubblici incanti. Sicchè gli onesti si dovevano affigliare e pagare altri criminali per difendersene.[16]

In Irlanda la Lega agraria, di cui è noto l’alto ed onesto patriottismo nella lotta a favore della libertà politica ed economica di quel paese, vide non è guari sorgersi al fianco la setta degli Invincibili, composta di non più che duecento individui, ma che si affermò ben presto con ogni sorta di delitti, cosidetti agrari.

Imitazione.—Noi vedemmo la criminalità, la pazzia, l’allucinazione farsi epidemiche per vera imitazione nelle plebi sommosse, ed essere da questo lato l’imitazione una causa e un fattore potente della rivolta.—Ciò può vedersi in grande scala fra i popoli, per modo da sembrare una epidemia rivoluzionaria; avvenne così, secondo il Ferrari[17] nel periodo dal 1378 al 1494, in cui le plebi europee imitarono le moltitudini italiane rivoltate contro gli antichi signori a Roma con Cola, a Genova con Adorno, Doge plebeo, a Firenze coi Ciompi, a Palermo con Alessi, a Napoli coi Lazzari.

E si ebbero, in quel periodo quasi contemporaneamente, l’insurrezione in Boemia degli Ussiti contro i Lussemburgo; le rivolte degli operai e dei contadini delle città libere di Germania (Worms, Hall, Lubecca, Aquisgrana), il rifiuto dei borghesi di Gand di pagare le imposte, la guerra d’indipendenza della Svizzera, le insurrezioni dei paesani Svedesi con Inglebert, dei Croati con Harvat, e in Inghilterra il movimento religioso iniziato da Viclef.

Gli uomini del 93 imitarono, o meglio scimmieggiarono gli eroi di Plutarco (Buckle), come i Napoleonidi imitarono i Cesari.

Tutti quasi i dipartimenti nell ’89 in Francia imitarono le stragi settembristiche di Parigi, e più tardi quelle del terrore Bianco.

E Aristotile nota come causa di rivolta la vicinanza di paesi governati diversamente. La vicinanza dell’oligarchica Sparta facea spesso cadere la democrazia di Atene e viceversa.

Ideali epidemici.—E vi influisce il dominare quasi epidemico di certi ideali: una volta era l’ideale monarchico—la gloria del proprio re; poi la sovranità popolare (1789); poi il principio della nazionalità; ora il miglioramento nelle condizioni economiche: non già che veramente esse siano peggiori di quelle dei nostri padri; le carestie, anzi, che mietevano a milioni le vittime, ora non ne mietono che poche centinaia, e le nostre operaie han più camicie delle più superbe castellane antiche. Ma sono aumentati in isproporzione ai guadagni i bisogni e la repugnanza contro il modo di soddisfarli: la carità conventuale, monastica, è ancora il modo più esteso che ci si offra a medicare le troppe miserie, nè essa appaga tanto le prime necessità, quanto irrita la naturale alterigia dell’uomo moderno; quanto alla cooperazione, essa ha una zona di azione troppo limitata: anzi, nelle campagne nostre manca quasi affatto.

Tradizione storica.—Ogni rivoluzione, lasciò scritto Machiavelli, lascia un addentellato per un’altra; si videro, infatti, certe rivoluzioni riprodurre le forme di altre, succedute in epoche anche remotissime: come il Tribunato, che dopo tanti secoli rivisse in Roma con Cola e Baroncelli, e ultimamente con Ciceruacchio e Coccapieller, malgrado tanta diversità di istituzioni e di individui.

Le tendenze rivoluzionarie della Romagna si connettono colla loro storia medioevale:

«Romagna tua non è nè sarà mai

«Senza guerra nel cuor dei tuoi tiranni».

(Dante).

Egualmente la Comune di Parigi si atteggiò all’89: e questo alle Jacqueries, mentre l’Assemblea nazionale di Parigi si foggiava sulle Assemblee provinciali di Francia; si può dire che a Parigi le barricate sieno divenute quasi una decennale abitudine, come già in Spagna le rivoluzioni militari, in Russia l’uccisione degli czar, in Macedonia ed in Grecia il brigantaggio, ecc.

Un’ultima prova di questa influenza delle tradizioni è che le rivoluzioni, le quali non sappiano mantenere le tradizioni in onore, periscono; e quanto maggiore è la diversità tra la forma del Governo abbattuto e quella del nuovo, più instabile è l’adesione del popolo.

Miglior fine ebbero perciò le rivoluzioni i cui autori si attaccavano ad un diritto anteriore, come Bruto 1 che conservò alla plebe il suo re sotto il nome di re sacrificulo, come i Cesari che conservarono i tribuni, il Senato ed anzi la stessa forma repubblicana assumendo solo il nome di generali: e gl’Inglesi, che colla Magna Charta s’attennero al diritto anteriore, come da noi i Guelfi, che pur rappresentando la plebe, per conservare il potere, scelsero il capitano del popolo fra i nobili, come già avevano fatto i Ghibellini per il loro podestà.

Ciò non isfuggì all’acuta mente del Segretario Fiorentino, che lasciò scritto: «Chi vuol riformare uno Stato libero ritenga l’ombra dei modi antichi, perchè alterando le cose nuove, le menti degli uomini si devono ingegnare che quelle alterazioni ritengano dell’antico più che sia possibile».

Riforme politiche inadatte.—Solo uomini ignoranti della natura umana, od eccessivamente prepotenti, possono decretare misure non rispondenti alle condizioni del momento, distruggendo istituzioni antiche per sostituirvene delle nuove, non perchè siano richieste, ma perchè le videro applicate da altri ed in altri organismi sociali. In tal modo destano il malumore che porta ogni riforma, e non addentellando il nuovo col vecchio, creano un vero equilibrio instabile, la cui risultante è il disperdimento delle forze dello Stato, e quindi un continuo rinnovarsi di rivoluzioni. Così avvenne delle riforme di Arnaldo e di Savonarola; così di Cola da Rienzi, che voleva tentare in Italia una riforma politica quale soltanto Cavour potè attuare e non completamente; ed altrettanto successe in Francia di Marcel, che tentava di fondare una federazione repubblicana, quando forse non era possibile neppure una costituzione: e di introdurvi (ciò ch’era un sogno in quel tempo) la tassa proporzionale, l’unità sociale ed amministrativa, i diritti politici estesi come i civili, l’autorità nazionale sostituita alla regia, e Parigi a capo di tutta la Francia.[18]

Voler tutto riformare è voler tutto distruggere, scrive il Coco a proposito della Rivoluzione napoletana del 1799.

In Ispagna Carlo III potè, col prestigio dell’ingegno e dell’autorità, reprimere il clero e migliorare le condizioni del paese; ma oltrechè il popolo unanime richiese in piazza il ristabilimento dei gesuiti, appena caduto lui, tutte le riforme cessarono senza lasciare un rimpianto, perchè non erano mature. Nel 1812, nel 1820 e nel 1836, vi furono pur colà al Governo dei riformatori ardenti, ma caddero perchè non erano in corrispondenza coi sentimenti del popolo: nel 1814 e nel 1823, scrive Walton[19], l’indignazione pubblica cacciò le Cortes (liberali). Quin racconta che dovunque passava il re, la folla gittava insulti ai liberali, alla Costituzione ed alle Cortes.[20]

Religione.—Le religioni, nei paesi asiatici, africani, non solo si mescolarono colla politica, ma ne furono la sola politica, qualche volta rivoluzionaria, più spesso reazionaria, com’è nell’indole stessa della religione.

Nell’India, Nanak (1469) facendo miracoli, fondò la religione dei Sikhs (Vinson, Les religione actuelles, 1888), che aveva per base l’unità di Dio, l’abrogazione delle caste, suprema gioia il Nirvana: ebbe pochi proseliti; ma i Sikhs, sotto uno de’ suoi successori, Hagovind, presero le armi contro il fanatismo musulmano e così più tardi sotto Banda: furono ancora vinti; ma quando avvenne la rivolta dei Maratti ripresero forza e si costituirono in una specie di repubblica e toccano ora quasi a due milioni.

Maometto fece cessare il feticismo, conquistò l’Arabia, e benchè ignorante egli stesso (si potrebbe sfidare chiunque a trovare un senso in quasi tutte le surate del suo Corano), pure diede luogo a una rivoluzione fin nel campo scientifico, poichè dal 750 al 1250, sempre col lo scopo, o, meglio, colla scusa di spiegare il Corano, si tradussero dagli Arabi i Greci, si fecero immense raccolte lessicografiche, che si propagarono in Europa.

E quasi per suggellare un’altra volta il parallelismo della religione colla politica, la Convenzione decretò l’adorazione dell’Essere Supremo, organizzò le Cene: e la plebaglia si mise a capo la pazza Caterina Théot, la madre di Dio, che aveva già prima predicato l’immortalità del corpo e che pretendeva—a 70 anni—dover fra poco ringiovanire: la Convenzione favorì la società dei Teofilantropi, che occuparono Nôtre-Dame, divenuto il tempio della Ragione, S. Rocco quello del Genio, dove sugli altari si cantavano dei versi sentimentali dei classici, si ponevano frutta e fiori, e si celebravano, in quattro feste, Socrate, S. Vincenzo, Rousseau, Washington (Vinson, p. 127).

Nei tempi antichi la controrivoluzione di Geroboamo successe al governo di Salomone, perchè questi, rivoluzionario almeno nell’arte e nell’industria, aveva avanzato di parecchi secoli le inclinazioni popolari.[21]

Così la reazione si manifestò ogniqualvolta si volle andar contro gli usi ed anche contro le superstizioni di un paese: ad esempio, una delle cause della ribellione degli Annamiti contro i Francesi fu attribuita al mal uso che fanno gli Europei delle vecchie carte scritte, venerate così fra coloro, che vi sono delle società colla speciale missione di raccoglierle e tenerle in onore, probabilmente perchè si credono investite di un potere magico (Revue politique, 1888).

Tutte le rivolte dell’India contro l’Inghilterra furono occasionate da violazioni dei costumi e della religione del popolo: così la rivolta dei Cipays del 1857, non fu provocata tanto dall’occupazione violenta, da parte della Compagnia delle Indie, del regno d’Auda, quanto dalle predicazioni dei ministri protestanti e dai loro eccessivi tentativi di proselitismo, che aizzarono contro l’Inghilterra i bramini e i mussulmani; nonchè dall’obbligo fatto ai Cipays (o meglio dalla voce còrsane) di servirsi delle cartuccie unte con grasso di porco. [300]Nell’Africa la rivoluzione reazionaria è opera dell’ordine dei Senussi, una specie di gesuiti mussulmani, il cui primo scopo è di far rivivere la purezza dei costumi antichi, il secondo di stabilire sotto una forma nuova l’autorità canonica.

Ed anche oggidì vediamo le sêtte religiose in Russia che, secondo recenti calcoli[22] raggiungerebbero l’enorme cifra di 13 milioni di credenti, concludere alla negazione assoluta dello Stato, della società e della famiglia—un vero ritorno adamitico.

Influenze economiche.—L’influenza delle cause economiche fu dimostrata dal Loria[23] con prove incontestabili in molti dei più grandi moti rivoluzionari degli ultimi secoli.

Le lotte di classi in Inghilterra scoppiarono quando la nobiltà cominciò a votar leggi che favorivano la proprietà fondiaria, danneggiando le industrie; fu allora che la borghesia si strinse attorno ad Elisabetta, e prima trionfò con essa contro i nobili aggruppati intorno a Maria Stuarda; poi con Cromwell e finalmente elevando al trono Guglielmo d’Orange.

Similmente avvenne in Germania nel XVI secolo, dove la nobiltà, rappresentata dai principi elettori, avendo esclusivamente nelle mani il potere politico, potè emanare delle leggi ostili al capitale ed al commercio, imponendo dei dazi sulle importazioni ed esportazioni.

Anche in Italia le contese dei Guelfi e Ghibellini mascheravano (almeno secondo Loria) la lotta fra la proprietà mobile e la fondiaria, rappresentate dagli industriali e dai feudatari.[24]

A sua volta in Francia fu la borghesia, che vistasi per lungo tempo impotente contro la Corona e la nobiltà e per di più esclusa dall’Assemblea Nazionale, eccitò il popolo alla rivolta, sconfiggendo al suo fianco le Corti e l’aristocrazia.

Anche l’odierno nichilismo, secondo il Roscher, sarebbe originato dal conflitto tra la proprietà mobile e quella fondiaria e specialmente dal favore accordato dalle classi commercianti e dai piccoli proprietari al riscatto dei coloni, a svantaggio della nobiltà, che reagì alleandosi con tutti i diseredati e tutti i nemici della borghesia (Loria).

Tschen notò che la prosperità della China è legata e deriva dalla diffusione dei canali d’acqua che la fertilizzano, e ogni imperatore che trascurò i canali decadde e fu sostituito (Revue scient., 1889).

Imposte e alterazioni delle monete.—Non di rado poi sono gli stessi governi, che colla sconoscenza delle leggi economiche, aggravando lo squilibrio già esistente provocano le rivolte, come in Francia, dove una delle cause della rivoluzione del 1860 fu l’essersi sotto i Valois mutato 26 volte in un anno il valore dell’oro; e in Sicilia, dove ai Vespri, secondo l’Amari, non fu estraneo il malcontento portato dagli abusi del Governo nell’alterare il valore della moneta (Loria).

Nel 1531 a Parigi il dazio sui legumi originò la spaventosa sommossa dei Mallottins.

Nel 1548, i villici si ribellano in numero di circa 50 mila, si rifiutano al pagamento dell’imposta sul sale. I Commissari ed i Regi delegati non sono risparmiati più che i signori ed i vescovi medesimi. Ma De-Moneins tradisce e vende gli insorti, i quali finiscono coll’essere sterminati a Bordeaux.

Nel 1638 le milizie di Luigi XIII e gli esattori di Richelieu, sguinzagliati nelle campagne, diedero luogo alla sommossa e all’eccidio dei Va-nuds-pieds.

Nel 1640 Mazzarino raddoppia a Parigi i dazi sui commestibili. Il popolo inalza le barricate del 26 agosto: assedia ed espugna le prigioni, da dove libera e porta in trionfo Potier di Blancmesnil, presidente del Parlamento ed il consigliere Brouselle, che vi erano stati rinchiusi per ordine del ministro stesso. La Corte si sgomenta: viene a patti col popolo, il quale ottiene uno sgravio nelle imposte di oltre 12 milioni.

Nel 1639, il popolo insorge a Rouen al grido di: «Morte agli esattori delle Gabelle!» Ma la sommossa viene spenta nel sangue degli insorti medesimi. L’odio popolare contro gli agenti delle gabelle si mantiene però sempre palese ed attivo. Per il che il Governo pubblica un decreto (17 gennaio 1640) con cui, pena la vita, proibisce gli epiteti di gabellieri, spogliatori, monopolisti (gabelleurs, maltôtiers, monopoliers) verso gli esattori.

Nel 1649 il popolo di nuovo si rifiuta a pagare le eccessive gabelle. Altra insurrezione. 1200 barcaiuoli della Loira si portano a Nantes dove si provvedono in abbondanza di sale, che poi vendono nei villaggi, alle porte delle chiese, sulle piazze e sui mercati, come una merce usuale esente da tasse. L’odio contro il fisco si spinge a tanto, che al solo grido di «abbasso la maltolta« emesso da un inseguito qualunque dagli agenti del Governo, bastava per assicurarlo del concorso del popolo in suo favore, e toglierlo dalle mani della forza.

Nel 1789 il primo passo compiutosi dalla Rivoluzione francese, non fu già la presa della Bastiglia, ma bensì la distruzione e l’incendio delle barriere.

Da noi la popolazione di Napoli, sofferente per lunghi anni del giogo spagnuolo, insorse con Masianello in parte perchè alle tasse esagerate che avevano stremate tutte le sue risorse si era aggiunta l’imposta sul sale: nel 1767 un’altra sommossa vi si verificò per un’imposta sui fichi, mentre lo stesso accadeva in Olanda per una imposta sul pesce.

Anche quando un’imposta ha una base giusta, solo che colpisca più direttamente una classe di un’altra e ne turbi troppo gli interessi, provoca delle sommosse: esempio, il macinato a Pavia, nell’Emilia ed il catasto a Firenze, che appena applicato produssero delle rivolte nelle provincie sobillate dalla aristocrazia borghese.

Crisi economiche.—Le crisi industriali e commerciali, però[25], non hanno tanto un’influenza sui moti rivoluzionari, quanto nelle rivolte, nei tumulti locali. Così in Roma dove pure, secondo Carle[26], le grandi agitazioni avevano per movente principale o i debiti di cui la plebe era gravata, o le leggi agrarie, durante le contese feroci tra Consolato e Tribunato, la prosperità economica era tutt’altro che deficiente; Spurio Cassio anzi, che proponeva una legge agraria, per la quale i beni comunali dovevano essere in parte divisi tra cittadini poveri, non solo non fu appoggiato dal popolo, ma fu ucciso, solo perchè voleva che nella divisione avessero parte anche i federati latini.[27]

È inutile, del resto, contestare oggidì l’importanza del fattore economico sulle sorti politiche d’un paese; si può dire che il problema è ancora alle stesse condizioni in cui lo poneva Aristotile, mostrando come i governi aristocratici sono minacciati da rivoluzione quando gli uni sono ricchi e gli altri poveri; e che anche nei governi democratici o repubblicani, quando la classe povera aumenta smisuratamente, il corpo politico deve subire una rivoluzione (Politicon, libro V).

Pauperismo. Scioperi.—Nei nostri tempi le più grandi fonti alle rivolte politiche e sociali rimontano alle nozioni affatto teoriche e dottrinarie che l’economia politica classica, auspice A. Smith, aveva fatto passare come assiomatiche, per ciò che concerne i rapporti tra il capitale ed il lavoro.

L’enorme sproporzione fra questi due fattori, resa sempre maggiore dalle nuove speculazioni, specie bancarie, ha messo in chiaro una lacuna che i dottrinari liberali vorrebbero colmare troppo precipitosamente, ma che esiste senza dubbio e che si impone sovrana.

Le stesse teorie Darwiniane ammettono, è vero, la sproporzione fra gli individui e quindi anche una necessaria disuguaglianza nella ricchezza.

Ma fosse anche contro la teoria di Darwin, quel sentimento di umanità che ebbe il primo spiro da Cristo e che non deve essersi svigorito col tempo, non può permettere che un uomo, pur lavorando, muoia di fame e che volendo e potendo esser utile, non possa trovar lavoro.

Quando si vedono migliaia di campagnuoli costretti a vivere di maiz guasto, senza che per molto tempo si sia pensato al mezzo di difenderneli: e, pensatovi, non si trovi chi in Parlamento lo sostenga; quando si vedono nelle regioni alpine il gozzo ed il cretinismo deformare intere popolazioni, oltre che produrre altre infermità, come sordità, sordomutismo, albinismo, ecc., solo perchè non si spende una centesima parte di quelle somme, che si perdono in inutili monumenti, per il trasporto d’acque sane; quando si pensa che in tante pianure d’Italia—alle porte delle due maggiori città—abbiamo la malaria che decima le popolazioni[28], si deve pur convenire che se il contadino protesta colle dimostrazioni e cogli scioperi, come non è guari tra noi nel Pavese, nel Mantovano, nel Polesine, la responsabilità ricade su chi non ha saputo mai provvedervi.

In Francia gli scioperi del 1882 di Roanne, di Bessège, di Molière e di altri centri industriali del Mezzodì, e i torbidi più gravi di Montceau-les-Mines e di Lione furono effetto di una agitazione socialista avente un carattere eminentemente politico, i cui sintomi si fecero sentire fino da quando dopo l’attentato di Pietroburgo, in un meeting, presieduto da Rissakoff, si proclamava: «I tiranni si uniscono per tiranneggiare i popoli: bisogna che questi si uniscano per distruggere i tiranni, i re, e gli stessi borghesi».

Nella stessa America, la frazione socialista rivoluzionaria che fa centro a Chicago ed è organizzata in federazione, tende a conquistare sempre maggiore importanza in causa delle crisi economiche, prodotte specialmente dalle esagerate speculazioni sulle strade ferrate, e per il fatto che i partiti politici sembrano sdegnare una politica operaia. Ora è a questo partito rivoluzionario che va attribuita molta parte dei numerosi scioperi che vi scoppiano ogni anno (160 nello spazio di 2 anni).

Di 16 sommosse sopra 142, avvenute in questo secolo, ossia per l’11,2%, furono causa le carestie; motivo che scema d’importanza, però, pensando che la metà di queste avvennero nel 1847, in cui, notoriamente, altre cause politiche si complicarono al caro dei viveri ed il numero maggiore scoppiò nel Belgio (4) e poi in Francia (3), in nazioni, cioè, in cui le condizioni economiche sono tutt’altro che le più misere d’Europa.

Quanto alle altre cause economiche troviamo 19 sommosse operaie, cioè il 13,4 p.%; e 13, cioè il 9,1 p.%, provocate da leggi di carattere finanziario; un totale adunque di ben 48 rivolte aventi un substrato economico, il che vuoi dire il 29,58%, un terzo del totale.

Di quelle contro leggi economico-finanziarie, il numero maggiore (6) scoppiò nei paesi meridionali d’Europa.

L’incremento delle sommosse per cause economiche nella nostra epoca in confronto all’antica, ed in ragione inversa delle sommosse militari, è mostrato chiaramente dalla storia e dal fatto che esse spesseggiano nelle nazioni più civili (Francia, Inghilterra, Belgio), che ci rappresentano l’età moderna: mentre l’inverso accade della Turchia e della Spagna, che sono ancora, può dirsi, un frammento vivo della storia antica.[29]

Cause militari.—Vi si vede infatti che

  • su 19 ribellioni la Spagna n’ebbe 5 militari, 3 solo economiche ed operaie
  • su 24 ribellioni la Turchia n’ebbe 9 militari, 1 solo economiche ed operaie
  • su 16 ribellioni il Belgio n’ebbe 8 economiche ed operaie e nessuna militare
  • su 13 ribellioni l’Inghilterra n’ebbe 8 economiche ed operaie e nessuna militare

Le rivolte militari furono 26, il 18,3%; ed è d’uopo subito avvertire che per le nazioni del Nord se ne conta una sola in Russia; 4 nei paesi del centro; mentre ben 21 scoppiarono nelle regioni meridionali; e di queste 12 nella Penisola Iberica; 7 poi di giannizzeri in Turchia nel breve periodo di 20 anni (1807-1826).

La più gran parte di queste sommosse militari scoppiò nei paesi caldi e nelle calde stagioni (11), come, del resto, le religiose (7 su 15).

Solo Italia, Germania, Austria e Russia ebbero rivolte di studenti.

Il 26% ebbe origine da cause politiche (34), predominando in Svizzera, 3 su 5, Italia, 13 su 22, Spagna, 5 su 19, Turchia, 4 su 14: nei paesi, cioè, più mal governati e nei governati a repubblica: 14 avvennero contro re, capi e tra partiti politici: 23 per l’indipendenza, contro occupazioni straniere, o per ottenere una costituzione od una revisione di costituzione. Sia geograficamente che di fronte alle stagioni, troviamo una diversa distribuzione specifica di queste due categorie di motivi politici.

Mutazioni esterne.—Lo stesso Spencer, così partigiano convinto dell’evoluzione, ammette che molte volte mutando le azioni esterne, la specie muta e spesso retrocede. «Così accade in molte specie di parassiti che perdettero per un moto retrogrado la struttura primitiva. Qualche volta il progresso di certi tipi, porta ed implica il regresso di altri tipi ch’esso ricaccia in climi meno favorevoli e costringe a modi di vita disagiati».

Il clima caldissimo e piano rende antirivoluzionari i Semiti, i Fellah ed i Berberi dell’Egitto; viceversa, gli affini Berberi montanari dell’Algeria danno luogo a continue rivoluzioni contro la Francia, come prima erano ribelli al proprio Governo, tanto che ad Algeri si mostrano i sepolcri di sette Bey, nominati ed uccisi in un sol giorno. Ma le nuove condizioni civili favorite dal Tewfick vi iniziarono or ora un germe di rivoluzione.

Sotto i nuovi ambienti ed i nuovi incrociamenti gli agricoltori Olandesi divennero i nomadi pastori d’Africa (Boeri), i cacciatori Normanni divennero audaci navigatori, gli Ebrei pastori divennero commercianti, il rigido conservatore Anglo-Sassone il libero novatore e rivoluzionario Nord-Americano.

Stato nascente.—Il predominare di alcune cause in modo assoluto in alcuni tempi, e non più in altri, specialmente nei tempi moderni, si spiega anche abbastanza facilmente col fatto che, come nella chimica, così nella sociologia, l’influenza di alcuni agenti in istato nascente è assai più potente e più netta e lascia traccie più durature, il che può comprovarsi anche colla fisiologia umana dal fatto che gli stimoli primi, anche se più deboli, son più avvertiti dei secondi, e che nelle ulteriori fecondazioni l’influenza del primo fecondante si fa sentire in proporzioni relativamente maggiori: quindi l’influenza del clima perdurò anche quando ve l’ostacolava e lo interferiva l’influenza della razza.

Ed ecco nuove ragioni perchè in parecchi siti, p. es., Firenze, la collina non è più così favorevole al genio come in altri tempi.

Attualmente una religione ben poco influisce sulla civiltà e sulla evoluzione, ma quando era in istato nascente, e il moto che induceva l’aumento, diremo, della circolazione sanguigna che da quella derivava, favoriva di molto le rivolte e la rivoluzione: e le nuove religioni quasi sempre sono accompagnate da una vera rivoluzione progressiva nella morale, nel miglioramento del carattere, quando sono in istato nascente—il che le aiuta a far proseliti fra gli onesti: e ben ne è esempio il Babismo in Persia, il Buddismo in Asia, il Cristianesimo e il Luteranismo in Europa—e anche ciò notasi al sorgere di alcune sêtte, come dei Lazzarettisti, dei Quaqueri, e dei settari Russi (v. s.), ma dopo qualche tempo il fenomeno scompare e perfino si hanno nelle religioni delle nuove fonti d’immoralità.

Noi vediamo, infatti, i Sardi assolutamente disaffini dai Piemontesi, ed i Côrsi, così differenti dai Francesi, vissero con loro d’accordo: tutta Europa ci offre il fenomeno del sovrapporsi e mescolarsi di razze le più disaffini, mentre altre, quantunque affini, non si fondono fra loro, per l’influenza d’altre cause disassimilatrici; così i Polacchi odiano i Russi, con cui pure hanno comunanza di sangue Slavo, perchè intolleranti del loro dispotismo, spinto sino a sopprimerne la lingua, mentre si vanno assimilando invece cogli Austriaci, coi quali avrebbero minore affinità di sangue.

Viceversa le popolazioni del Reno, Tedesche in maggioranza, si accostano più volentieri alle Francesi che alle proprie consanguinee; perchè le tradizioni della buona amministrazione Francese, gl’interessi commerciali e le abitudini vincono l’attrazione etnica.

Così la sola disaffinità di razza non basta a dar ragione degli odii Irlandesi contro l’Inghilterra, certo più affini a loro dei Francesi, che tanto spesso invocarono; ma ben li spiegano le antiche violenze, le negate franchigie e i danni economici; infatti il paese di Galles, altrettanto Celto quanto l’Irlanda, si fuse invece completamente coll’Inghilterra e ciò avvenne pure della Scozia, anch’essa Celta in gran parte.

A favorire la fusione delle razze, il buon governo, poi, giova specialmente quando vi si aggiunga la causa fisica della attrazione delle grandi colle piccole masse, causa massima della fusione delle razze Semitiche, Sarde, colle Celte Piemontesi, e delle Côrse, perfettamente Italiche, colle Francesi.

La fede immensa del nomade vinse due volte il mondo. Il suo genere di vita nomade, l’impossibilità di trasportare monumenti, statue (ed io aggiungo la grande uniformità della natura nella steppa e del deserto, e la mancanza di immaginazione, che ne fu l’effetto), lo allontanarono dall’idea dei templi e delle statue; l’assenza di queste tolse una delle cause dell’idolatria; e questo abito a sua volta gli fece amare la semplicità e quindi semplificare il culto».

«Il nomade era un protestante nato, continua Rénan. La pioggia, rappresentata dall’Indo Europeo come l’effetto degli abbracci del cielo e della terra, lo è dal Semita come un effetto della volontà di Dio: questa a lui tutto spiega, gli spiega il fulmine, l’aurora, le vittorie, le sconfitte, ecc.».

Piccole cause.—Infine vi hanno le piccole cause, di cui centinaia sfuggono alla nostra attenzione. Così, nota Spencer, che le sorgenti calde furono la fonte delle vaste fabbricazioni di ceramiche nelle tribù Americane:—d’altra parte la possibilità di avere animali da soma, facilitando i trasporti dell’Indo Europeo, ne aumentò l’evoluzione: e così la molteplicità dei prodotti minerali o vegetali che rendano facile a fabbricare barche, case, stoffe. Una foresta, invece, troppo spessa, inaccessibile, delle abbondanti bestie feroci, possono inceppare una evoluzione. Così la laguna isolando Venezia, ed i suoi canali rendendone difficile la insurrezione in massa, fu una causa della sua stabilità politica.

L’Olanda è paese freddo, piano, antirivoluzionario, dunque, per eccellenza, specie poi in epoche anteriori, in cui la coltura era pure assai poco diffusa; ma la lotta col mare e coll’oppressione straniera ne acuivano la tendenza evolutiva.

Cause occasionali.—Aristotile (o. c.) ricorda che le oligarchie rovinano quando qualche suo membro vi emerga troppo, ed all’inverso cadute al basso tentano rifarsi colle rivoluzioni. A Siracusa (egli continua) la costituzione si mutò per una querela amorosa che spinse all’insurrezione due giovani altolocati e i loro seguaci: e parlando dei tirannicidi egli trova che essi sorgono per lo più da offese personali.

A Mitilene le liti di due eredi e a Delfo una mancata promessa di matrimonio causarono torbidi per lunghi anni; come a Firenze pretendevasi, ma non è certo, che lo sfregio a Buondelmonti agli Amedei originasse le sanguinose contese dei Guelfi e Ghibellini.[30] Certo, però, un asino, appartenente agli Albizzi, che urtava un Ricci per via, fu causa di una mezza battaglia (Sacchetti, II, 159-160).

Osserva Bacone[31] che persino delle frasi o risposte vivaci di alcuni principi furono talora scintille di sedizione: Galba si perdette per aver detto: Legi a se militem non emi; non sperando più in tal modo i soldati di far pagare i loro voti. Probo, egualmente, per aver detto: Si vixero, non opus erit amplius Romano imperio militibus, rivoltò contro a sè la soldatesca.

Anche nel nostro secolo, sommosse non lievi ebbero un motivo assai futile. Così: nell’aprile 1821 scoppiò una rivolta a Madrid, perchè il re non volle o non potè intervenire ad una processione religiosa; nel luglio 1867, Bukarest insorse contro il monopolio dei tabacchi; nel settembre 1867, Manchester, per l’arresto di due Feniani; nel settembre 1876, Amsterdam, per l’abolizione d’una delle fiere annuali.

Guerre.—Occasioni di sommosse sono pure le guerre.

Così a Tebe, dopo perduta la battaglia degli Enofiti, il Governo democratico fu rovesciato: ad Atene le classi ricche perdettero il primato, dopo che per le perdite fatte in guerra contro Sparta dovettero andare in fanteria. Ad Argo, dopo la perduta battaglia contro Cleomene, tutta l’armata dovette dare la cittadinanza ai servi: a Taranto prevalse la demagogia, dopo vinta in una battaglia la maggioranza dei cittadini: Siracusa, dopo che il popolo vinse gli Ateniesi, sostituì la democrazia alla repubblica.

«Spesso gli Oligarchi (scrive Aristotile) in tempo di guerra, per mutua diffidenza, rimettono la guardia della città a soldati, il cui capo diventa poi il padrone di tutti, così a Samo, a Larissa, ad Abido, e noi diremo, anni sono, in Francia».

Viceversa, le vittorie Polacche dal 1587 al 1795, secondo Soltyk, aggravando le classi povere senza compensi e aumentando l’operosità dei popoli vinti, sarebbero state una delle cause della rovina della Polonia.

La guerra Franco-Prussiana creò o meglio cementò l’Impero in Germania, quantunque prima lo popolazioni vi si mostrassero avverse: e lo prova la statistica dei reati politici in Germania, da cui si rileva che i processi per offese contro l’Imperatore, dopo essere saliti da 76 (1846) a 242 nel 1848 ed a 362 nel 1849, avevano a poco a poco ripreso il corso normale, prima della guerra del 1866; salendo poi nuovamente a 375, per calare nel 1879-81 a 132 e 193.[32]

A sua volta, Sédan, segnò la caduta dell’Impero Napoleonico, come ora la battaglia di Adua segnò la fine della dittatura di Crispi in Italia.

Secondo Rénan, le due grandi evoluzioni ebree del Giudaismo e del Cristianesimo, si dovettero, oltrechè ai Profeti (v. s.), alla grande perturbazione realmente provocata fra gli Ebrei dalle vittorie degli Assiri e dei Romani.

Ben inteso che le occasioni, se influiscono nelle rivolte, non sono che un pretesto, un determinante nelle rivoluzioni, fanno cioè che un popolo predispostovi vi si precipiti.

La brutalità d’un soldato e la libidine di un principe furono l’occasione allo scoppio dei Vespri e alla cacciata dei Tarquinii. Ma chi può credere, ricordando di quante infamie si resero, impunemente, colpevoli e re e popoli conquistatori fra noi, che quella, sola, ne fosse la vera causa o non meglio l’occasione, il pretesto?


  1. Lombroso e Laschi, Delitto politico, 1890. Parte I.
  2. Furono i Mainotti del Monte Taigeto (Sparta) che proclamarono pei primi l'indipendenza (Gervinus, Risorgimento della Grecia, 1864).
  3. Vedi Delitto politico di Lombroso e Laschi, 1890.
  4. Vedi Delitto politico di Lombroso e Laschi, 1890.
  5. Vedi Delitto politico di Lombroso e Laschi, 1890.
  6. Vedi Delitto politico di Lombroso e Laschi, 1890.
  7. Vedi Delitto politico di Lombroso e Laschi, 1890.
  8. Livorno (Vedi N. Magri ed A. Santelli, Lo stato antico e moderno di Livorno) fu popolata dai Liburni, popoli dell'Illirico, inventori della Galeotte liburne e insigni pirati, i quali, venuti a predare nel mare toscano, ove era l'antico e forse distrutto tempio di Labrone, vi edificarono una stazione o ritiro. I Liguri Apuani furono ribelli costanti sotto i Romani.
  9. L'innesto Germanico pare vi avvenisse anche in epoche preistoriche; certo nelle sepolture preistoriche della Polonia, Prussia, come a Volinia, si trovano cranii doligocefali, ortognati coi caratteri germanici (Dict. d'anthropol.).
  10. Revue de Deux Mondes, 1882.
  11. Lombroso, Tre Tribuni, 1887.—Troppo presto, 1889.
  12. Politicon, lib. V, cap. II. È un fatto curioso che tutti gli autori che studiarono e scrissero delle rivoluzioni, non fanno che copiare Aristotile, perchè, positivista di genio, vissuto in mezzo ad un numero grande di piccole rivoluzioni, ne vide e ne apprese forse più che tutti i successori.
  13. Histoire de Florence, vol. VI.
  14. Sarmiento, Civilisation y Barbaria. Buenos Ayres, 1869.
  15. La Russie sous les Czars. Paris.
  16. Vedi Lestingi, L'Associazione della Fratellanza (Arch. di psichiatria, vol. V, p. 452).
  17. Storia delle rivoluzioni d'Italia. Milano, 1870.
  18. Le vieux neuf, 1877.
  19. Revolut. of Spain, 1837.
  20. Memoires of Ferdinand, 1824
  21. Renan, Études d'histoire israélite.—Revue des Deux Mondes, août, 1888.
  22. La Russie sectaire (sectes réligieuses), par N. TSAKMI. Paris, 1886.
  23. La teoria economica della costituzione politica, 1885.
  24. Forse l'idea è troppo ardita ma non manca di prove. Per es., il Bonaccorsi, podestà di Reggio, essendosi mostrato incline ai poveri vi fu dopo 8 mesi licenziato dai Ghibellini (Memoriale Potestatum Regiensium, VIII, 1126).
  25. Rossi, Il fattore economico nei moti rivoluzionari.—Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale, vol. IX, fasc. I.
  26. Genesi e sviluppo delle varie forme di convivenza civile e politica. Torino, 1878, pag. 16.
  27. Mommsen, Storia Romana, trad. Sandrin, vol. I, pag. 288.
  28. Degli 5258 Comuni d'Italia, 2813 con undici milioni e mezzo di abitanti sono soggetti alla malaria e in 2025 altri Comuni, con una popolazione di 8 milioni, i casi si verificano con una certa frequenza (Bodio, Bulletin de l'Institut international de statistique, 1887.
  29. Le rivolte pretoriane e quelle militari, che diedero origine ai trenta o meglio diciannove tiranni ribelli dei tempi di Galieno, avvennero nell'Impero Romano, ma quando questo imbarbariva e s'era fatto Asiatico, il che conferma dunque il nostro asserto.
  30. Hartwig, nei Florentinische Studien, lo dichiara una leggenda.
  31. Essais de politiques. Paris, 1734.
  32. Verbrechen und Verbrecher in Prussen, 1854-1878. Berlin, 1884.