Mario Tedeschini-Lalli e Fabrizio Venerandi
Mario Tedeschini-Lalli
Mi sembra che la riflessione sul concetto di “complessità” sia centrale.
Ne ho parlato occasionalmente proponendo di mettere in soffitta le immagini tutte analogiche della “superficialità” e della “profondità”. Quali saranno i percorsi complessi di conoscenza e quali quelli elementari nel futuro/presente digitale.
E’ fondamentale osservare la realtà per quella che è e non limitarsi a stracciarsi le vesti. Il problema, naturalmente, è che mentre la “profondità” poteva essere in qualche modo misurata (quante pagine, quanti libri di uno scaffale ecc.) e specialmente replicata (rileggere quel libro o quei libri), la complessità cognitiva digitale, in forma di percorsi reticolari, è di difficile misurazione e – specialmente – di difficilissima replicazione e quindi valutazione.
D’altra parte – non sono un esperto – ma credo che l’Italia fosse un Paese a basso indice “librario” anche prima dell’avvento del digitale. Proprio come è stato sempre un Paese a basso indice di giornali quotidiani, nonostante i giornalisti che ora si stracciano le vesti accusando “internet” della crisi…
Fabrizio Venerandi
Il “problema” è che la gestione della complessità è sommariamente complessa.
Nei corsi di formazione mi picco di insegnare le basi, da XLM in su, perché temo che parte consistente del panorama digitale stia riproponendo tool di authoring che pensano come quelli cartacei: “se in stampa viene bene siamo a posto” viene affiancato dal “se l’ebook passa la validazione e si ‘vede’ bene siamo a posto”. Poi sotto c’è un deserto di span. Invece buona parte del digitale è invisibile all’occhio (già meno all’orecchio), e proprio da lì si parte.
A latere, parlando di tirature e di digitale, trovo particolarmente significativo che proprio “tirature” di Spinazzola da quest’anno sia solo digitale. E vaticino che gli esempi di questo tipo saranno sempre più frequenti e forse questi spingeranno in maniera più consistente alla lettura in solo ebook.