13 Lettere 361 – 390

361.

1 agosto 1933

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 25 e la cartolina del 28. Ho ricevuto anche la lettera di Giulia. – Ieri ho fatto la prima iniezione di un preparato Clin composto di Glicerofosfato di soda, di Cacodilato di Soda e di Solfato di stricnina; farò una iniezione ogni tre giorni per vedere come sopporto la stricnina. Spero che mi faccia bene, sebbene non sia propenso a farmi delle illusioni. Penso che le iniezioni potranno giovare per l’esaurimento nervoso, ma che rimarrà sempre l’ipertensione arteriosa a lasciarmi poco tranquillo. Non mi hai accennato se hai fatto la pratica presso il Capo del Governo, che secondo me è la piú importante ed essenziale. Quella presso il Ministero ha perduto, per ora, della sua urgenza: è certo che le condizioni in cui mi trovo ora sono molto migliori di quelle in cui mi trovavo quando ti parlai l’ultima volta e potrebbero ancora migliorare senza grandi difficoltà. Oggi, se dormo poco, la causa è, in massima parte, da ricercare nelle mie condizioni fisiologiche e non piú tanto in cause esteriori e meccaniche. Cercherò di scrivere a Giulia, anche se brevemente. Carissima, ti sarei molto grato se mi potessi spedire un po’ di danaro. Adesso spendo molto e se mi trovassi dinanzi a un bisogno straordinario, mi troverei senza soldi. Questo mese ho speso 141 lire e me ne rimangono 144; forse è una sciocchezza, perché certo ne ho a sufficienza per tutto il mese, e si tratta di una delle tante fissazioni! – Ho riletto pochi giorni fa La capanna dello zio Tom e mi ha fatto una impressione migliore di quanto non fossero i ricordi della lettura passata. Ho trovato, pur in mezzo a tanta convenzionalità e artificio propagandistico, dei tratti abbastanza robusti.

Ti abbraccio affettuosamente

Antonio


362.

1 agosto 1933

Carissima Iulca,

devo rispondere a tre tue lettere. Ho anche ricevuto tre fotografie di Giuliano. Non mi sento in grado di scriverti a lungo e in modo conseguente. Qualche punto delle tue lettere riguarda argomenti accennati molto tempo fa, e che ora non ricordo piú con esattezza. Ho la memoria molto indebolita. Ti scrivo poche righe per riprendere la nostra corrispondenza che desidererei fosse piú coordinata. – Sono contento davvero che Delio sia andato al campeggio coi suoi condiscepoli; credo che acquisterà un’indipendenza intellettuale e si libererà da molte tendenze morbose, femminili in senso deteriore. Cosí mi ha interessato ciò che mi hai scritto a proposito di Giuliano e del suo modo di riprodurre le impressioni ricevute osservando i fiori della campagna. Ma non ti pare che sia un po’ precipitato trarre da questi piccoli fatti conclusioni tanto perentorie sulle sue inclinazioni? Si può già parlare di orientamenti mentali in un ragazzo ancora ai primi passi del suo sviluppo? Mi pare che ci sia molto meccanicismo scolastico in questo modo di considerare e molta, come dire? falsa scienza e pedanteria. Però è molto interessante che la maestra faccia questi rilievi e li coordini; tutto sta che i dati non siano troppo scarsi e sconnessi e pertanto non inducano a premere artificialmente su motivi educativi non bene fondati e superficiali. Carissima, ti abbraccio teneramente.

Antonio


363.

8 agosto 1933

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua cartolina del 5, i medicinali e i denari. Ti ringrazio di tutto con grande affetto. Le iniezioni che hai spedito vanno bene e saranno utilizzate. Per ciò che scrivi su questo preparato, non so cosa dire. Il medico, mi pare, conta specialmente sull’effetto che dovrebbe avere sull’organismo la stricnina anche per ciò che riguarda l’ipertensione arteriosa. Per questo, dopo aver consumato le compresse di «Elastina» ho già preso un flacone di Angioxil sciroppo. In generale, mi pare che il medico abbia ragione (per quanto io possa giudicare) e che sia possibile che l’ipertensione sia dovuta non ad arteriosclerosi, ma a qualche altra causa, connessa con la stanchezza per la lunga insonnia e per l’esaurimento. Ciò che d’altronde non è rassicurante per me, poiché nonostante tutto, riposo molto poco (non piú di due ore in media per notte) e ciò solo con l’aiuto dei sonniferi. Anche l’alterazione di temperatura non è superata, avantieri avevo ancora 37.2 e tutta la notte sono stato molto agitato (quando non riposo si ripete in forma violenta l’ipertensione e gli scatti automatici delle membra). Tuttavia, come media generale, mi pare di essere un po’ meglio, perché un certo riposo lo godo. – Carissima, vorrei sapere se hai spedito o se spedirai a Delio le Novelle della Jungla di Rudyard Kipling e la Capanna dello zio Tom. Di quest’ultima non saprei indicare una edizione: quella da me riletta nelle scorse settimane era tradotta dal francese in modo molto triviale e pedestre. – Mi sono sempre dimenticato di avvertire la Libreria che non ho ricevuto il fascicolo di maggio dei «Problemi del Lavoro». Ti abbraccio affettuosamente

Antonio


364.

8 agosto 1933

Carissima Iulca,

dovrei scrivere a Delio per rispondere a un suo biglietto di qualche tempo fa. Ma non ho voglia di farlo. Puoi dirgli tu stessa che gli saranno spediti due libri: le novelle della giungla, dove sono comprese le Novelle della Foca Bianca e di Rikki-Tikki-Tawi e La Capanna dello zio Tom. Sarei contento di sapere come sia venuto in testa a Delio di leggere questo ultimo libro e se, quando egli lo avrà, qualcuno glielo spiegherà storicisticamente, collocando i sentimenti e la religiosità di cui il libro è impregnato nel tempo e nello spazio. Questo lavoro mi pare molto difficile da fare con un ragazzo (da fare seriamente, s’intende, e non con le solite generalità e luoghi comuni). Tanto piú che tu stessa mi pare che non sei molto adatta a ciò; me ne convince ciò che accenni di Guerra e Pace di Tolstoi e della Cena di Leonardo. Non sono in condizione di scrivere coerentemente e conseguentemente ciò che penso in proposito. In generale, però, mi pare che tu ti metta (e non solo in questo argomento) nella posizione del subalterno e non del dirigente, cioè di chi non è in grado di criticare storicamente le ideologie, dominandole, spiegandole e giustificandole come una necessità storica del passato, ma di chi, messo a contatto con un determinato mondo di sentimenti, se ne sente attratto o respinto rimanendo però sempre nella sfera del sentimento e della passione immediata. Ecco perché forse non senti piú l’attrazione di un tempo per la musica. A me pare che debba avvenire in noi una catarsi, come dicevano i greci, per cui i sentimenti si rivivono «artisticamente» come bellezza, e non piú come passione condivisa e ancora operante. È forse una cosa da spiegare piú a lungo, ma mi pare che tu debba capire anche da questi pochi accenni.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio


365.

23 agosto 1933

Carissima Tania,

ho ricevuto la cartolina che mi hai spedito da Bari il 19. Spero che il viaggio per Roma non ti abbia stancato troppo. Ti ricordo alcune cose: 1) di farmi spedire dalla libreria le Prospettive economiche per il 1933 del prof. Giorgio Mortara e il volume della Banca Commerciale, Movimento economico italiano, che deve essere già stato pubblicato. 2) Sarei molto lieto di potere avere il rapporto tenuto qualche mese fa dal governatore della Banca d’Italia Azzolini, che quest’anno è particolarmente importante. 3) Vorrei avere questo volumetto: Santino Caramella, Il senso comune. Teoria e Pratica, Laterza, Bari. Carissima, non so cosa scriverti d’altro. Spero di riabituarmi a esprimere qualche idea, ma ancora non sono in grado di farlo. Hai ricevuto notizie da Giulia? Appena spedisci a Delio le Novelle di Kipling avvertimi, cosí cercherò di scrivergli qualche linea. Penso che sia meglio che tu non spedisca a Giulia i volumi di cui mi hai accennato; credo si tratti di un’antologia di scritti del Croce compilata dal prof. Floriano del Secolo, ad uso delle scuole, che mi pare completamente fallita. Non capisco perché tu l’abbia acquistata, credendo che io te l’avessi indicata. Io ti avevo indicato due opere: La storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis (ediz. Treves con note di Paolo Arcari) e la Storia della letteratura italiana di Vittorio Rossi (ediz. Vallardi). Si vede che leggi molto sbadatamente e dimentichi con grande facilità, perciò sarebbe bene che ti compilassi un promemoria. Che tu abbia bisogno di un promemoria me ne sono accorto piú di una volta!

Ti abbraccio teneramente

Antonio

Ma anche questi libri sarà inutile spedirli; se Giulia li avesse desiderati ne avrebbe scritto qualche cosa, ti pare? Del resto essi rientrano in un piano di lavoro per conoscere la storia della cultura italiana ed essere quindi piú qualificati come traduttori delle cose presenti. Secondo me oltre al linguaggio nel senso strettamente tecnico della parola, ogni paese ha un suo linguaggio «di civiltà» che occorre conoscere per conoscere il primo. Ma questo studio domanda vivacità di interessi intellettuali e questa vivacità domanda condizioni di salute che Giulia non può ancora avere. Insistere può essere dannoso, perché porta a riflettere sulla propria debolezza e credersi incapaci di ogni forma di lavoro.


366.

28 agosto 1933

Carissima Tania,

dopo la cartolina da Bari del 19 non ho più ricevuto nessun tuo scritto. Da Carlo ho ricevuto una cartolina illustrata da Roma con la data del 23; mi annunziava il suo viaggio a Milano nella stessa notte e che mi avrebbe «riferito» non so che il domani o il post-domani. Non so spiegare il tuo silenzio. Credo che avresti fatto bene a informarmi almeno del tuo arrivo a Roma. Immagino che tu e Carlo abbiate avuto qualche grave delusione. Dalle poche volte che vi ho visto ho capito che avevate fatto molti castelli in aria, molti voli poetici (per dirla con una espressione che ti deve essere cara, data la tua avversione per il «terra terra»). È proprio da un anno (se ci pensi) che hai voluto abbandonarti agli alti voli. Poiché io sono uno spirito poco poetico «terra terra», non ho paura di disillusioni; piú che stare in carcere a me non può capitare. Non sono esposto ai pericoli delle altezze e delle immensità. Attendo tue notizie.

Antonio

Aggiungo che mi ha molto sorpreso il fatto che non mi hai spedito il Sonnifen Roche, poiché in queste cose tu sei di una precisione e diligenza eccezionali. A parte gli scherzi, proprio in queste notti ho perduto quel poco di sonno che ero andato faticosamente conquistando, per le numerose onoranze notturne al santo locale. Davvero sono sorpreso di questa tua assenza di notizie. Ti abbraccio

Antonio


367.

3 settembre 1933

Carissima Tania,

ho ricevuto in questi sei giorni tre cartoline e una lettera da te. Da Carlo non ho ricevuto neanche una linea, ciò che non mi maraviglia affatto. Quando me lo sono visto comparire dinanzi, ho pensato che ancora una volta (sarà questa l’ultima certamente) tu avevi mutato di parere dopo essere partita da Turi il 10 luglio scorso e avevi deciso di fare qualche cosa di diverso da ciò che ti eri impegnata a fare con me. Sono contento di una sola cosa: che tutta la sarabanda di sciocchezze iniziata un anno fa, è finita, è liquidata. Sono andato a ricercare le tue vecchie lettere: ho trovato proprio quella del 24 agosto 1932 nella quale mi proponesti di far venire un medico di fiducia per visitarmi. Te ne trascrivo qualche brano: «È superfluo che insista oltre per assicurarti che non farò nessun passo, né prenderò nessuna misura, né cercherò di avere qualche informazione che solo nel caso che tu mi darai il tuo beneplacito e lo farò nel modo che vorrai». In questo anno nulla è stato fatto come io avevo indicato, tutto è stato manipolato, pasticciato, imbrogliato, arruffato secondo capricci del momento. Te lo scrivo perché non ti maravigli d’ora in avanti se ci sarà in me qualche cosa o molto di cambiato. Il male non è che si sia fatto un buco nell’acqua. Questo poteva e doveva essere previsto. Se ricordi, anche nel colloquio che ebbi con te nel marzo scorso, dopo che ebbi il deliquio, quantunque fossi sconnesso nel corpo e nel cervello, tuttavia ti pregai di seguire alla lettera le mie istruzioni, appunto perché nel caso probabile che non si ottenesse nulla, non mi rimanesse il dubbio che le cose fossero andate male perché si fosse fatto diversamente da ciò e dal come io ritenevo necessario fare. Tu non hai tenuto conto di questo avvertimento. Non credere che ora io incolpi te. Ti dico la verità, ciò mi sarebbe meno gravoso. Il fatto è che tu mi hai fatto completamente perdere la fiducia in me stesso, che era la mia piú grande forza negli anni passati. Ora so che non posso piú contare su nessuno, qualunque cosa mi capiti, e ogni cosa mi fa venire la tetraggine, perché le mie forze proprio sono logorate. – Ti prego di non trascrivermi piú le lettere che la tua mamma ti scrive e neanche quelle che Giulia scrive a te; mi fanno troppa impressione. In realtà non so piú come comportarmi e quale indirizzo dare a me stesso. Tutte le impressioni dall’esterno o mi esaltano o mi deprimono, sempre dolorosamente. Credevo di avere una certa personalità, un certo accentramento della volontà e dei sentimenti. In questo anno tutto si è disgregato; tu fino all’altro giorno mi hai, coi fatti (perché delle parole me ne infischio), mostrato che niente di ciò che io voglio o giudico saggio vale la pena di essere preso sul serio. Ne devo trarre le conseguenze. Non voglio discutere ciò che avete fatto con Carlo dopo essere andati via da Turi e che ho conosciuto dalla tua cartolina del 1° settembre; dico solo che c’è da trasecolare. È vero che tu stessa confessi di essere sbadata: ma che si possa far passare come mio «desiderio» tutto il contrario di ciò che si era detto insieme supera ogni potere di sorprendersi. – Ti voglio scrivere una cosa che ti farà dispiacere e che io stesso nel passato non avrei scritto per altre ragioni (oltre quella di non dispiacerti). L’ispettore Saporito, quando venne a visitarmi, mi disse (e non so da quale fonte potesse ricavare questa sua affermazione) che nel mio malessere, oltre alle ragioni fisiche, avevano specialmente influito motivi psichici, tra i quali l’impressione di essere stato abbandonato dai miei (non materialmente, ma per certi aspetti della vita interiore che in un intellettuale hanno gran peso). Sapeva anche che nel 31 e nel 32 non avevo avuto colloqui ecc. Credo che l’affermazione non sia esatta, perché io sono sempre stato abituato a essere distaccato da tutti, pure devo dire che una certa percentuale di vero debba essere riconosciuta (mettiamo dal 10 al 20%) in un certo senso: io sono sempre stato molto volitivo, e il fatto che una mia volontà riconosciuta giusta non sia seguita per motivi secondari, per sbadataggine, ecc. mi esaspera in modo indicibile. – Ma ora tutto ciò che c’era da dire è detto. Un anno di esperienza è passato, che ha lasciato traccie non solo metaforiche su di me. Ti ho scritto cosí, ho creduto di doverti scrivere, perché non so con esattezza ciò che starò per fare. In ogni modo non maravigliarti se qualche settimana non scriverò.

Ti abbraccio

Antonio

Ti prego di avvertire la Libreria che non ricevo più riviste da un mese; dovrei ricevere riviste ancora del mese di luglio (per es. l’«Educazione fascista») e in ogni modo non ho ricevuto nessuna pubblicazione del mese di agosto. Può darsi che qualche piego sia andato smarrito.


368.

25 settembre 1933

Cara Tatiana,

ti prego di trasmettere a Carlo la parte che lo riguarda. Desidero che riceva la mia lettera dalle tue mani e che tu ne prenda visione.

Ti abbraccio

Antonio


369.

1° ottobre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto il tuo vaglia del 22 settembre e ti ringrazio. Mi dispiace che tu sei stata male, come mi informi nel tagliando del vaglia. In questa settimana ho ricevuto anche due tue lettere (del 16 e del 22), ma devo dirti che tutte le questioni cui accenni non mi interessano piú.

Qualche giorno fa mi sono stati consegnati due pezzi di carta, uno scritto da Giuliano, l’altro scritto da Giulia e firmato dal bambino; poiché tu in una lettera mi accenni a «due lettere di Giuliano a me», penso che le abbia spedite tu. Mi dispiace che, come facevi precedentemente per le lettere di Delio, tu non abbia aggiunto la traduzione, che mi sarebbe stata consegnata subito e mi avrebbe permesso di comprendere con esattezza ciò che Giuliano mi scrive. Ciò mi avrebbe molto interessato perché è la prima volta che il bambino mi scrive.

Ti sarò molto grato se mi vorrai spedire un po’ di Quadro Nox e anche di Sonnifen Roche che sto per consumare: se stai veramente bene e puoi camminare per la città, credo che sia possibile che io riceva questi medicamenti in tempo per non interromperne l’impiego, senza di cui non posso dormire nemmeno quelle poche ore di sonno che oggi mi è possibile godere, per cosí dire. Come sai questi preparati non si trovano a Turi e averli per via di ufficio domanderebbe chissà quanto tempo. Mi dispiace di darti queste noie.

Ti abbraccio

Antonio


370.

1° ottobre 1933

Carissima Giulia,

ho ricevuto due missive di Julik e mi dispiace di non poter rispondere direttamente a lui, perché non sono sicuro di aver capito in tutti i particolari e con esattezza ciò che egli mi ha scritto. Da quasi tre anni, per varie ragioni, non ho piú letto un rigo in lingua russa e molto ho dimenticato di ciò che sapevo (che non era poi molto). Sono stato molto felice tuttavia che Julik abbia pensato a scrivermi direttamente e credo che ciò sia avvenuto spontaneamente, perché non mi pare che né lui né Delio siano molto incitati a fare cosí. Mi pare di aver capito che nella cartolina illustrata Julik mi informi che è ritornato a casa (dalla colonia). Nella letterina certo mi informa sulla nascita di nuovi dentini nella sua bocca, di un cane Nero e di una gatta Pascia e pare che voglia sapere qualcosa di me, ma non sono sicuro dei particolari. In ogni modo, poiché io, in queste condizioni, non posso scrivergli direttamente, fagli tante carezze da parte mia e assicuralo che ogni cosa che lo riguarda mi sta molto a cuore (nella colonia è aumentato o diminuito di 600 grammi?), digli che ho molto apprezzato una fotografia in cui egli mi pare corra come capofila della sua brigata e ho ammirato il suo portamento disciplinato e corretto da vero capofila. Si capisce che sta per avere i denti da uomo grande e non è più un bambino analfabeta. Veramente devi dirgli che sono fiero di lui, se ciò non urta i tuoi principi pedagogici.

Poiché tutto ciò che si riceve in carcere scritto in lingua straniera deve andare al ministero per una traduzione di controllo, ti prego, ogni volta che i bambini vogliono scrivermi, di aggiungere, a parte, in altro foglietto, la traduzione letterale che mi permetterà di comprendere il testo quando mi sarà consegnato e intanto mi sarà consegnata la lettera piú rapidamente. Naturalmente vorrei sapere tante cose anche di te, ma pare che questo mio desiderio non possa mai essere soddisfatto.

Ti abbraccio.

Antonio


371.

13 ottobre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto i medicinali e le tue due lettere del 6 e del 12. In questa ultima mi annunzi che il Ministero avrebbe accettato l’istanza presentata da Carlo qualche tempo fa’ ecc. Non ho ricevuto ancora nessun avviso ufficiale del fatto e non capisco cosa ciò possa significare esattamente, perché Carlo non mi ha mai informato di ciò che egli ha fatto. D’altronde, siccome da un anno a questa parte, sia da parte di Carlo che da parte tua, sono stato, parecchie volte, preso in giro (se vuoi, oggettivamente o inconsapevolmente) cosí posso anche pensare che Carlo abbia capito male la comunicazione ricevuta. In ogni modo, non posso darti nessuna disposizione, anche nel caso che il fatto che mi annunzi sia vero. Posso dirti solo che il medico che era a Turi e che mi ha tenuto in osservazione in questi ultimi mesi, è partito da una quindicina di giorni e trovasi proprio a Roma. Ritengo, nel caso che la notizia sia vera, che tanto Carlo che tu dovete intrigarvi il meno che sia possibile nelle quistioni pratiche, perché avete la speciale qualità di intorbidare ciò che è chiaro e di arruffare le cose piú semplici e rettilinee. Ti abbraccio

Antonio


372.

24 ottobre 1933

Cara Tatiana,

la tua ultima lettera da me ricevuta è datata del 12, ma ha il timbro postale dell’11 ottobre. Ho però ricevuto avant’ieri una lettera di Carlo del 19 e da essa ho potuto ricavare i termini essenziali per la questione che mi riguarda. Carlo mi scrive (dice lui) un’ora dopo essere stato alla Questura di Milano per fare la dichiarazione di accettazione delle condizioni in cui la sua istanza è stata accettata, ma aggiunge di non aver trovato in ufficio il funzionario incaricato della pratica e dice che all’indomani (cioè il 20) doveva ripresentarsi per definire la faccenda. Devo ritenere che ciò sia stato ormai fatto e ho ritenuto il 22 (quando ricevetti la lettera di Carlo) che l’accettazione da parte di Carlo fosse già fatta. Ti scrivo questo perché l’ammontare della retta giornaliera da pagare, mi ha, nella situazione attuale, molto fatto pensare e reso indeciso. Cinque mesi fa (faccio il calcolo del tempo che è passato dalla presentazione dell’istanza alla sua definizione e penso che, se essa fosse stata fatta quando io te lo indicai, nel marzo, da cinque mesi avrebbe potuto essere definita) passare una ventina di giorni in una casa di cura avrebbe avuto un’importanza che oggi, dopo cinque mesi di logoramento, non può piú avere: ecco perché sono stato indeciso e ho anche pensato di rifiutare. Tuttavia ho superato questa indecisione e ho pensato che può essere non inutile fare questa prova e intanto fissare ciò che dovrò fare in avvenire. Non so se Carlo abbia dovuto prendere impegni anche per ciò che riguarda i termini di tempo. Spero di no. Credo quindi che una ventina di giorni (o meno, se sarà possibile) siano sufficienti non per essere curato, ma almeno per essere sottoposto a una osservazione un po’ accurata e sapere come potrò curarmi in un carcere o almeno come potrò tirare innanzi meno dolorosamente. Questa è attualmente la mia opinione, in cui ho cercato di accordare diverse esigenze e spesso in contrasto tra loro: mi pare che l’esigenza piú incoercibile sia quella finanziaria e ad essa ho cercato di riferirmi per trovare l’equilibrio piú utile e soddisfacente.

Ti vorrei parlare del fatto che da quindici giorni tu non mi scrivi. Penso che la mia risposta alla tua del 12 (o 11) sia stata la cagione di questo tuo silenzio. Sono certo di averti addolorata. Ciò che piú di tutto mi dispiace oggi, come mi ha prodotto tanto dolore in questi ultimi anni, è il fatto che la mia situazione di carcerato non mi ha permesso né per lettera né in conversazione nei colloqui, di venire con te a una chiarificazione esauriente. Probabilmente ciò non sarà possibile neanche in avvenire, poiché del mio futuro ormai mi sono formato un giudizio chiaro e netto. Specialmente in questi mesi ho spesso pensato che tu mettevi una particolare cattiva volontà nel non comprendere quale fosse la mia esatta posizione, nel non comprendere la necessità di seguire alla lettera le mie indicazioni, di non fare nulla senza prima avvertirmene, di rinunziare piuttosto a fare ciò che io avevo indicato, se inattuabile, ma non di mutare i termini dell’indicazione. Ho anche pensato che tu non prendevi sul serio ciò che io ti dicevo, che non leggevi le mie lettere né ascoltavi, o ascoltavi distrattamente, per convenzionale cortesia, ciò che ti dicevo a voce nei colloqui. Te lo scrivo per dirti che oggi non lo penso piú. Mi sono definitivamente persuaso (definitivamente, perché anche prima ondeggiavo tra il suesposto stato d’animo e altri modi di pensare) che ci sono ordini di idee, di apprezzamenti che sono assolutamente fuori della tua sfera intellettuale e morale. Ti ho detto una volta che mancavi di fantasia: credo che sia vero anche oggi, ma penso che il giudizio andrebbe approfondito. Ti voglio raccontare un aneddoto. Nel 1916 la lavandaia che serviva la famiglia dove ero a pensione e che era anche lavandaia di un vicino monastero di clarisse o altre monache di clausura raccontò un giorno come nel convento fosse successo un dramma che pareva incredibile. Una suora anziana passeggiava in un cortiletto interno con altre, tutte a capo chino, secondo la regola dell’ordine. Per caso proprio in quel momento, nella visuale dello stretto cortile incassato nell’alto fabbricato, si sente il rombo di un motore e apparve a bassa quota un aeroplano gigantesco. La monaca dimenticò per un istante la regola dell’ordine, levò gli occhi al cielo, vide l’aeroplano e morí poco dopo di rottura d’aneurisma. Credette a un mostro dell’Apocalisse o chissà a che. Non sapeva che ci fosse la guerra, non sapeva che si potesse volare, ecc. Anche quella monaca «mancava di fantasia». Mi pare che tu sia come quella monaca, non per l’ordine dei fatti tecnici e scientifici, ma per altri ordini di fatti, di modi di apprezzare e di intuire, ecc. Mi pare che questi venti anni, dalla guerra in poi, con tutti i mutamenti che nel periodo di essi sono avvenuti nei rapporti tra gli uomini e specialmente nel modo di giudicare del valore della vita fisica dei singoli individui, sono passati senza che tu ne sia stata impressionata: sei ancora una buona e gentile signorina come se ne conoscevano nel 1912-13-14. Mi sono tante volte domandato come ciò potesse avvenire, ma il fatto mi pare innegabile. Perciò penso che sia bene che anche io rifletta prima di darti un incarico. Ti affatichi, ti stremi anzi qualche volta (credi che io ho sempre apprezzato giustamente tutto ciò che hai fatto per me) ma il risultato è negativo o quasi perché tu non riesci a comprendere il significato in cui occorre operare. Spesso mi sono sentito pieno di collera appunto per questo: perché commisuravo il tuo sforzo al risultato e mi pareva assurdo di affaticarsi per distruggere invece che per creare. Non so che impressione ti farà questa mia lettera. Da un pezzo non scrivevo cosí a lungo. E in verità non so piú come scriverti. Mi vengono dei pasticci. D’altronde sento che incomincia una nuova fase della mia vita carceraria, forse la peggiore di tutte le altre precedenti perché non potrò contare che su me stesso e sulle mie poche forze. Fra due settimane saranno compiuti sette anni dacché ho perduto la libertà. Non sono pochi sette anni. Ti abbraccio

Antonio


373.

29 ottobre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto la tua lettera del 24. Non so se hai già ricevuto la mia lettera del 23. Ti avevo precedentemente scritto il 13 e dalla tua pare che non abbia ricevuto questa lettera. È probabile che ci sia stato un qualche disguido postale o altro incidente. Carlo mi ha ancora scritto il 25 per informarmi che il 20 si era recato in Questura e aveva rilasciato la dichiarazione d’accettazione. Mi meraviglia che tu abbia potuto supporre che io abbia scritto a Carlo, dopo la lettera a lui che ti ho trasmesso e che penso tu non abbia trasmesso. Si vede che ancora tu non riesci a dare importanza a queste cose. Non cercherò di convincerti, perché sono persuaso che sia inutile. Puoi anche strappare la mia lettera a Carlo; ciò non muterà, però, la mia convinzione e il mio atteggiamento. – A proposito di quanto mi scrivi, ti assicuro che non ho bisogno né di denaro, né di biancheria, né di oggetti di vestiario per il «viaggio», a meno che esso non sia ritardato di troppo: ho ancora al libretto per la fine del mese circa 750 lire. – Credo che a quest’ora l’avvocato e quindi anche tu, sarete informati della risposta negativa data dal Tribunale Speciale al ricorso fatto a proposito dell’applicazione del decreto di amnistia e indulto di un anno fa. Io non ho ancora avuto una comunicazione ufficiale del rigetto del ricorso, ma ne ho avuto solo un accenno breve. Non conosco ancora le motivazioni del rigetto e non so se l’avvocato intenda continuare la pratica. Ti voglio solo avvertire che non sono contrario a una possibile continuazione, perché credo che la legge lo consenta. Solo per il merito delle sentenze del Tribunale Speciale non è consentito l’appello, ma in questo caso non si tratta di sentenza, ma di declaratoria o di ordinanza e in questo caso credo si possa ricorrere fino alla Cassazione. La sola obbiezione che si possa fare è quella finanziaria: cioè, sono favorevole a interporre appello fino alla Cassazione per l’applicazione del decreto di amnistia, purché non costi troppo. Tu e l’avvocato potete decidere secondo questa linea di condotta molto ampia. D’altronde, la cosa non credo sia urgente ed è probabile che ci si possa parlare a colloquio nel frattempo. Se però ci fosse un termine legale per l’appello, autorizzo l’avvocato a interporlo, se lo ritiene possibile. – Non credere che la notizia di questo rigetto mi abbia in qualsiasi modo agitato: me lo aspettavo come la cosa piú probabile. Come ti ho spiegato tante volte, sebbene sempre invano, ciò che mi fa male non è l’azione negativa dei rappresentanti del potere statale, ma solo l’azione incoerente, senza connessione, poco seria di coloro che mi sono o dovrebbero essermi cari. Una promessa non mantenuta, un impegno preso alla leggera e altrettanto alla leggera non osservato, l’incomprensione, la leggerezza, ciò mi irrita all’estremo, o almeno mi irritava fino a qualche tempo fa. Oggi molte cose sono cambiate in me e se fisicamente sono ridotto un cencio, forse moralmente sono piú forte di quanto non potessi pensare, perché mi sono abituato a non far calcolo che su me stesso e a prevedere con abbastanza freddezza di potermi trovare isolato e distaccato da tutti.

Ti abbraccio

Antonio


374.

5 novembre 1933

Cara Tatiana,

questa settimana non ho ricevuto tue notizie (l’ultima tua è del 24 ottobre). Poiché in quest’ultima lettera scrivi di non aver ricevuto miei scritti, ti avverto che ti ho scritto il 13, il 23 e il 31 ottobre; se non hai ricevuto qualcuna di queste lettere, avvertimi perché possa farne fare ricerca.

Mi è stata comunicata l’ordinanza del Tribunale Speciale, in data 13 ottobre, con la quale si rigettano le istanze presentate dall’avv. Castellett. La lettura del documento ha determinato in me due ordini di considerazioni. La piú importante mi pare questa: che il Tribunale non ha neanche sfiorato l’argomento impostato dall’avvocato, ciò che significa che non ha mai avuto neanche la minima intenzione di prendere sul serio la quistione. Le argomentazioni dell’ordinanza sono estranee al punto posto in discussione e non mi pare sia difficile rispondere. Ma ne vale la pena? Informami di ciò che ne pensa l’avvocato. Ti abbraccio

Antonio


375.

12 novembre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto la tua del 5 (con acclusa la lettera di Giulia) e un’altra tua dell’8, con le informazioni sulla mia pratica. Vedo che non riesci ancora ad evitare di montarti la testa a vuoto. Non capisco perché devi «troppo impressionarti» nel vedermi in una casa di cura. Tutto ciò mi fa solo pensare che tu non saprai evitare di fare delle sciocchezze o per lo meno delle cose inutili che talvolta sono piú dannose delle sciocchezze e delle malvagità appositamente fatte. Del resto io sono ancora nella Casa di Pena di Turi di Bari.

Voglio avvertirti che da un mese non ricevo riviste: le ultime ricevute erano tutte del settembre o con la data del 1° ottobre. L’«Educazione Fascista» non la ricevo dal mese di giugno; nel settembre non ho ricevuto i «Problemi del Lavoro». Non so se tu, cosí facile a impressionarti e a vedere tutto facile e bello e fatto, hai fatto interrompere l’invio delle riviste. Perciò ti avverto.

È possibile che non sia concesso l’appello contro l’ordinanza del Tribunale Speciale; io stesso non ho mai detto che l’appello fosse possibile in modo sicuro. Se è possibile, si faccia: ecco tutto. Non ho nessuna intenzione di scrivere memorie in proposito, perché non ho nessuna preparazione giuridica. Giudico l’ordinanza da un punto di vista storico-giuridico (qualche nozione in proposito avevo dovuto apprendere per la mia cultura generale) non tecnico-giuridico. Cosí mi pare assurdo il fatto che nell’ordinanza si faccia osservare che l’art. 134 del Codice 1889 non fa riferimento all’art. 252: per il codice 1889 gli art. 134 e 252 si riferiscono a due ordini di fatti completamente diversi e senza legame tra loro. Il 134 a fatti strettamente politici, di ordine costituzionale; il 252 a fatti contro l’ordine pubblico nel senso strettamente poliziesco. La Commissione parlamentare che esaminò il Codice Zanardelli nelle sue discussioni e nella sua relazione pose bene in chiaro che l’art. 252 era rivolto a reprimere le sommosse localistiche, specialmente comuni nell’Italia Meridionale e che erano una continuazione attenuata del cosí detto brigantaggio che infierí nel Mezzogiorno tra il 1860 e il 1870; dopo il 70 continuarono gli assalti ai Municipi, le lotte armate tra Comune e Comune per diritti di pascolo ecc. Che si potesse mettere in rapporto il 134 col 252 era proprio ciò che i legislatori non volevano espressamente, cioè essi non volevano che le sommosse meridionali apparissero come un «fatto politico», ciò che allora avrebbe significato che continuavano a esistere fautori del Borbone e che l’unità territoriale dello Stato era ancora precaria. Nella sua relazione al Re sul Codice vigente il ministro Rocco, pur non entrando in questi particolari storici, mette appunto in luce come presentemente le condizioni di fatto e di diritto siano mutate, come il Codice Zanardelli fosse diventato insufficiente ecc. e perciò l’elaborazione degli articoli 304 e 305 di cui solo il 304 ha riscontro nel 134 del vecchio Codice. Il 305 è nuovo di zecca, crea un nuovo stato di diritto ecc. e quindi nel mio caso il codice vigente è «legge piú favorevole» anche se ciò può sembrare paradossale. Nel caso di appello è la Relazione Rocco che mi pare debba essere posta a base del ricorso. Del resto il compilatore dell’ordinanza dimostra molta trascuratezza non in questo solo argomento. Anche il reato previsto dal 304 è punibile «in sé e per sé» (altrimenti perché e come sarebbe reato?) e non solo quello previsto dal 305; solo che si tratta di vedere se c’è «progressione di reato» nell’insieme delle imputazioni fattemi col vecchio Codice in base al Codice vigente, se cioè appunto, nel caso dato, il C. vig. è «legge piú favorevole». La trascuratezza anche formale risulta poi da ciò che nel riepilogo della mia attuale posizione giuridica è dimenticato l’anno di condono per le nozze del principe ereditario. L’appello potrà o non potrà farsi: nel caso che esso sia impossibile, io intendo fare un ricorso dirò cosí «amministrativo» al Capo del Governo per mettere in luce appunto questa trascuratezza che dovrebbe essere inconcepibile con l’ordine vigente. In tal caso desidererei avere un estratto della Relazione Rocco dove si tratta della questione degli articoli 304 e 305 in rapporto al 134 del vecchio Codice. All’avvocato non sarà difficile far fare questo estratto.

Ti abbraccio.

Antonio


376.

20 novembre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto la tua cartolina del 17 nello stesso momento in cui mi veniva comunicato che sarei partito immediatamente per la casa penale di Civitavecchia. Ti scrivo già, come vedi, dalla nuova residenza, dove sono giunto ieri sera: mi è stato impossibile comunicarti il fatto del viaggio per la rapidità con cui il provvedimento è stato messo in esecuzione.

Sono lieto che tu abbia ricevuto il mio telegramma del 17. È certissimo che io non ho mosso nessuna obiezione all’accettazione di essere trasferito nella clinica secondo la concessione del Capo del Governo. È vero però che, non avendo avuto precisazioni né da parte tua né da parte di Carlo sulla possibile durata del mio ricovero in clinica e ritenendolo relativamente breve, ho, verso la fine di ottobre o ai primi di novembre, scritto un’istanza a S. E. Novelli, direttore generale delle case di pena, affinché dopo trascorso il periodo di ricovero nella clinica fossi destinato a una infermeria che non fosse quella di Turi. Non era possibile nessun malinteso o equivoco e non mi riesco a spiegare il provvedimento fulmineo del trasferimento a Civitavecchia. Ho pensato che sia meglio che la pratica sia continuata da te e da Carlo, perché ritengo che essa non debba essere lasciata cadere. Ogni mio intervento può essere intempestivo. – Credo che tu vorrai venire a trovarmi a Civitavecchia, cosí vicina a Roma. Penso che sarà bene che passando al Ministero per tutta questa baraonda, ne approfitti per farti dare qualche permesso speciale per i colloqui e per qualsiasi altra cosa che tu creda opportuna. Pensa che Civitavecchia è tre o quattro volte piú grande di Turi e ciò porta con sé, automaticamente, cosí ritengo, a maggiori complicazioni. Del resto mi affido al tuo buon senso. Come puoi pensare, sono mezzo demolito dal viaggio. Attendo tue notizie con ansia. Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio

Se vieni, portami un po’ di Quadro Nox perché non so quando sarà trasmessa da Turi l’autorizzazione ministeriale con la quale, per me, non c’era limite nell’acquisto di specialità da parte dell’amministrazione. Sai che mi sono ricordato solo ora che tu, nel 1928, quando mi spedisti la valigia che ti fu consegnata al Giudiziario, non mandasti però la chiavetta? Era stata smarrita già allora? O tu dimenticasti di mandarla? A tanta distanza di tempo queste domande ti faranno ridere, ma talvolta proprio queste cosette si ricordano, meglio di altre piú importanti.


377.

27 novembre 1933

Cara Tatiana,

ho ricevuto il tuo telegramma del 24; da Turi mi è stata rispedita una tua lettera del 20. Non ho avuto, oltre a ciò, nessuna altra notizia. Dal telegramma pare che tu sia informata che io mi trovo a Civitavecchia. Non so se hai ricevuto la mia lettera di una settimana fa. In generale non so nulla e non so come comportarmi: sono mezzo inebetito, o del tutto inebetito, come è forse piú esatto. Forse tu hai delle informazioni su ciò che dovrà accadermi nel prossimo futuro. Al carcere di Turi ho lasciato due casse, una piú grande e il bauletto inglese che tu avevi acquistato a Milano; inoltre ho lasciato tanto da confezionare due colli ferroviari, tra biancheria e libri. Non so cosa fare di questa roba. Conviene farla spedire a Civitavecchia per poi farla ancora viaggiare? Le casse possono essere lasciate a Turi per qualche tempo; la cassa grande è piena di libri che non hanno per me nessun interesse urgente e che avrei spedito a casa, se ci fosse il permesso di farlo. Il bauletto invece contiene libri che ancora mi interessano per i miei studi (dato che sia ancora in grado di studiare) e mi pare contenga anche qualche effetto di biancheria. Credo che tu, se sai qualche cosa di ciò che deve accadermi, puoi scrivere alla Direzione del Carcere di Turi dando delle indicazioni per la spedizione dei colli ferroviari e pregando che attendano per le casse. Assicura che le spese di assegno saranno rimborsate subito e ogni spesa che la Direzione del Carcere dovrà fare (facchinaggio ecc.) sarà indennizzata appena se ne conoscerà l’ammontare. Carissima, ciò che mi preoccupa è che non ho nessuna forza di volontà e di decisione. Ti prego di non trascurare le cose mie e di non pensare che esse «andranno avanti da sé». Dalla lettera del 20 ho capito che l’avvocato non si è recato subito alla Direzione delle Carceri come io telegrafai il 17, altrimenti tu avresti saputo che già il 19 non ero piú a Turi.

Per ora non so cosa altro scriverti. Mi stupisce non aver ricevuto nessuna tua comunicazione dopo il telegramma del 27. Ti abbraccio affettuosamente.

Antonio


378.

4 dicembre 1933

Cara Tatiana,

ti scrivo poche parole. Ti ringrazio di essere venuta al colloquio. Come ti ho detto a voce, ho ricevuto solo poca posta in questi giorni: l’ultima notizia ricevuta era del 25 novembre, poi piú nulla. Cosí ero un po’ turbato e ansioso. La tua visita ha messo termine, per lo meno, a questo mio stato di turbamento. Non ho ricevuto ancora le fotografie dei bambini, di cui mi hai parlato: spero che non siano andate perdute. – Cosí sono in attesa di novità. Spero che non si facciano attendere troppo a lungo. Sono contento di sapere che tu non potrai tardare ad essere informata di ogni mutazione. Non ho scritto in questi ultimi tempi ad altri che a te e cosí continuerò a fare finché non sarò sistemato. D’altronde prima di scrivere a Giulia dovrò parlare con te. Ti raccomando di non trascurare di avvertire la direzione del Carcere di Turi di Bari appena sarà possibile per sapere dove possono inviarmi i colli ferroviari. Sai che dal 1° ottobre non ho ricevuto piú riviste. A Turi era giunto un pacco proprio la sera in cui mi fu comunicato l’ordine di partenza per il mattino dopo: non lo feci neanche aprire poiché mi fu mostrato alle 10 di sera mentre preparavo la valigia per partire dopo poche ore. Spero di ricevere tutte le riviste arretrate a suo tempo.

Ti abbraccio

Antonio


379.

8 marzo 1934

Carissima mamma,

l’anno scorso, per le gravi condizioni di salute in cui mi trovavo proprio di questi giorni, non mi fu possibile di inviarti gli auguri per il tuo onomastico. Non voglio che anche quest’anno trascorra senza ricordarti la mia grande tenerezza.

Tatiana ha tenuto informata Teresina delle mie nuove condizioni di vita, che pur non essendo delle migliori, non possono certo essere paragonate a quelle di un anno fa. Non ho scritto finora perché sono stato sempre un po’ scombussolato e anche perché sapevo che Tatiana, che viene a visitarmi tutte le domeniche, vi teneva informate.

Non sono ancora ridiventato padrone delle mie forze fisiche e intellettuali; nell’ultimo tempo passato a Turi mi ero logorato in modo quasi catastrofico e la ripresa è molto lenta, con ricadute e oscillazioni. Del resto tu sai che io sono molto resistente, e che ho una certa riserva di energie e di pazienza che mi ha fatto superare finora i momenti talvolta assai bruschi che ho dovuto attraversare.

Ho poche informazioni delle tue condizioni di salute: Teresina scrive poco, cosí Grazietta. Spero, d’ora in avanti, di scrivere regolarmente, anche se non troppo spesso. Ricevo notizie di Giulia e dei bambini e mi pare che le loro condizioni non siano cattive.

Carissima mamma, ti abbraccio con tutto il mio affetto insieme a tutti di casa.

Antonio


380.

8 aprile 1935

Caro Delio,

ho ricevuto la tua lettera e ho avuto notizie della tua attività di scolaro. Ti sono piaciute le novelle di Mowgli? La mia vita trascorre un po’ monotona, ma in modo abbastanza soddisfacente per la salute. Mi dispiace molto di non poter essere vicino ai miei cari ragazzi e di non poterli aiutare nel loro lavoro per la scuola e per la vita. Ho letto nei giornali il risultato del campionato degli scacchi, ma io non so giocare: ho imparato un poco solo il gioco della dama. Ti bacio.

твой папа Gramsci


381.

Formia, 22 luglio 1935

Cara Tatiana,

dopo una conversazione avuta col dottor Cusumano, mi sono persuaso della utilità di una tua intervista personale col comm. Leto, che tu dovresti procurarti appena ti è possibile, in ogni modo prima di un tuo ritorno a Formia: mi pare ormai accertato che dal comm. Leto, per le sue funzioni al Ministero, dipenda la soluzione definitiva (e specialmente la maggiore o minore rapidità dell’esecuzione delle decisioni stabilite da S. E. il Capo del Governo) della pratica che mi riguarda. Ti riassumo i punti che dovrai tener presenti nella conversazione e le quistioni sulle quali sarebbe bene avere qualche chiarimento:

1° Occorre dire che io sono fermamente deciso ad andarmene via dalla clinica Cusumano e ciò nel piú breve tempo possibile, anche se ciò necessariamente dovrà significare il mio trasferimento in Sardegna. Le condizioni del mio sistema nervoso (a parte il resto) stanno diventando acute e il ricordo di ciò che, per cause simili (la mancanza di riposo), ho sofferto nell’ultimo periodo di vita carceraria, mi ossessiona e in certi momenti mi porta alla disperazione. Occorre far presente che un mio trasferimento in Sardegna (nel mio paese) non potrebbe risolvere la mia quistione, perché l’operazione che devo subire e gli altri mali da cui sono affetto, mi obbligherebbero a fare nuove pratiche e istanze. – Carissima, stamane mi sono deciso a scriverti perché mi sentivo piú scombussolato del solito. Ora ripiglio la lettera stando a letto. Ho avuto nuovamente un lungo brivido e la temperatura è salita a 39,4. In questo momento è 38,4. All’esame delle urine non sono risultati cilindri ma un po’ di albumina ed emazie. Il dottore dice che si tratta della reazione a un’iniezione endovenosa di calcio fatta stamane, ma mi pare una reazione troppo esagerata. Domani sarà rifatto l’esame delle urine. – Non sono piú in grado di scriverti con la precisione che avrei voluto. Mi raccomando alla tua buona volontà per l’intervista col comm. Leto, che mi pare adesso ancor piú indispensabile. Ti posso dire che mi pare utile spiegargli come è stata scelta la clinica di Fiesole e come si sia cercato di tener conto specialmente delle esigenze della polizia, perché io sono realista e non mi nascondo le difficoltà né cerco giocare a moscacieca. D’altronde puoi ripetergli l’assicurazione fatta al comm. Valente che io non intendo dare fastidi o noie: il dovere professionale può impedire al comm. Leto di credere senz’altro alle mie parole, ma in questo caso le mie parole coincidono coi miei interessi vitali. Puoi domandare se, tardando ancora una soluzione sia possibile per me cambiare alloggio provvisoriamente a Formia stessa. Il malessere di oggi è dovuto, in gran parte almeno, al fatto che non ho dormito: è giunta la famiglia Cusumano e sulla mia testa è un continuo va e vieni, dalle 5 del mattino, a mezzanotte. Molte assicurazioni mi sono state fatte, ma la realtà è che le mie condizioni sono morbose e ogni piccolo fruscio mi mette in orgasmo. Cara, non allarmarti e non metterti in orgasmo anche tu: fa tutte le cose bene e con precisione. Vedrai che se riuscirò a cambiare ambiente e a riposare normalmente, senza bisogno di sonniferi, mi rimetterò di molti mali e proprio di quelli che immediatamente sono piú tormentosi. Affettuosamente

Antonio


382.

Caro Julik,

hai visto il mare, per la prima volta. Scrivimi qualche tua impressione. Hai bevuto molta acqua salata facendo i bagni? Hai imparato a nuotare? Hai preso dei pesciolini vivi o dei granchi? Io ho visto dei ragazzetti che prendevano dei pesciolini nel mare con un mattone bucato (ad aria); ne avevano riempito un secchiello.

твой папа Antonio


383.

11 agosto 1935

Cara Tatiana,

ho ricevuto la tua lettera che non mi ha soddisfatto per nulla. Si vede che appena ritornata a Roma, sei caduta di nuovo nel tuo stato di indecisione e di inerte aspettativa. Devi subito presentare la mia domanda, aggiungendo in calce l’elenco delle cliniche e pregare il comm. Leto che alla domanda sia data una risposta prima che sia possibile, perché io sono stremato. Adesso, col tuo fare e non fare, mi hai messo addosso l’ossessione che possa nascere qualche altro contrattempo. Ringrazia il professore della sua cortesia e assicuralo che, secondo me, questa, che ti indico, è la sola soluzione razionale. Se il comm. Leto ti dà una qualche assicurazione, comunicamela subito, perché mi possa preparare per la partenza. Affettuosamente, ma con un energico rimprovero

Antonio


384.

[25 novembre 1935]

Carissima,

ho ricevuto le tue due lettere. Sono piú tranquillo da quando ho ripreso a scriverti, anche se lo scrivere mi costa molta fatica e mi lascia per qualche ora (o per qualche giorno) in condizioni di eccitabilità poco piacevole. Tania mi ha riferito qualcosa di ciò che hai scritto a lei e delle altre notizie ricevute. Mi ha raccontato, molto divertita, che Delio ha pensato di ungere con la vasellina un elefante, di cui aveva sentito, probabilmente, la pelle ruvida sotto le dita: a me non pare molto strano che un ragazzo pensi di ungere un elefante con la vasellina, sebbene non credo che da ragazzo potessero venirmi idee simili. Mi ha anche riferito che Julik vuol sapere tutto ciò che si riferisce a me: penso che ciò sia in relazione col fatto di aver visto un mio ritratto in un parco di cultura. Carissima, quando penso a tutte queste cose, e a ciò che la vostra vita, da tanti anni (quasi un quarto della mia esistenza e piú di un quarto della tua) si svolge cosí staccata dalla mia, non mi sento molto allegro. Eppure occorre resistere, tener duro, cercare di acquistare forza. D’altronde, ciò che è accaduto, non era del tutto imprevedibile; tu che ricordi tante cose del passato, ricordi quando ti dicevo che «andavo alla guerra»? Non era forse molto serio da parte mia, ma era il vero e in realtà cosí io sentivo. E ti volevo molto, molto bene. Sii forte e fa di tutto per star meglio. Ti abbraccio teneramente coi nostri ragazzi.

Antonio


385.

[14 dicembre 1935]

Cara Iulca,

ho ricevuto la tua lettera e Tania mi ha riferito ciò che le ha scritto Genia a proposito del tuo stato d’animo e delle tue condizioni di salute. Devi tener conto che io non sono in grado di scrivere come dovrei e vorrei (è già molto che abbia conservato la coscienza abbastanza netta di ciò che sono e di ciò che vorrei essere). Non ho compreso bene ciò che Tania mi ha riferito, ma credo di poter dire che il nostro stato d’animo si rassomiglia molto. Dunque: io credo che tu faresti una cosa magnifica venendo in Italia, da tutti i punti di vista. Per la tua salute, che forse si ristabilirebbe in modo definitivo e per me, che ho bisogno di sentirti vicina, di riannodare profondamente i vincoli che sempre ci hanno unito ma che da troppi anni sono diventati qualcosa di etereo e di astratto. Cara, io ti ho sempre aspettato, e tu sei stata sempre uno degli elementi essenziali della mia vita, anche quando non avevo nessuna tua notizia precisa o ricevevo da te lettere rare e senza sostanza vitale e anche quando io non ti scrivevo perché non sapevo cosa scriverti, come scriverti, perché mi pareva che tu non volessi darmi nessun punto di presa e di contatto. Credo che sia giunto il momento di porre termine a questa condizione di cose e ciò può esser fatto se tu vieni da me, perché io non posso muovermi. Sono certo molto logorato e mi pare difficile poter riprendere le mie forze di una volta: tuttavia credo che tu puoi fare molto per me e credo che anch’io posso fare qualcosa per te, non molto, ma qualcosa. Credo inoltre che bisogna fare tutto ciò il piú presto possibile, cioè che tu debba prendere una decisione energica subito, tenendo conto delle circostanze, ma senza lasciarti vincere dalle circostanze anche se esse non sono semplici. Cara, io metto in ciò che ti scrivo tutta la mia tenerezza, anche se essa non appare dalle parole scritte. Del resto, tu ricordi che nel 1923 io non ero molto eloquente e tuttavia so che tu mi sentivi tutta la profondità dei miei sentimenti per te, che non sono cambiati per nulla, o certo si sono rafforzati e diventati piú sereni perché ci sono, assieme a noi, i due nostri ragazzi. Ti abbraccio forte

Antonio


386.

[25 gennaio 1936]

Cara Iulca,

il tuo biglietto mi pone in una situazione terribilmente imbarazzante. Non sono ancora deciso se debba scrivere o no. Mi pare che il solo fatto che io ti scriva esercita una coercizione sulla tua volontà e se da un lato mi ripugna profondamente di esercitare qualsiasi coercizione nei tuoi confronti, anche in questo senso che pare cosí indiretto e innocente, d’altro lato penso (ragionando freddamente) se talvolta, anche in queste cose, la coercizione non sia necessaria e non abbia del buono. In verità io mi trovo in questa situazione da molti anni, forse dallo stesso 1926, subito dopo il mio arresto, da quando la mia esistenza è stata, bruscamente e con non poca brutalità, costretta in una direzione data da forze esterne e i limiti della mia libertà sono stati ristretti alla vita interiore e la volontà è diventata solo volontà di resistere. Ma non voglio uscire troppo dalla quistione che presentemente ci interessa, e che interessa anche te pur se non ne accenni nel tuo biglietto: il tuo viaggio, cioè un tuo viaggio in Italia, per un tempo che tu stessa potrai decidere quanto debba esser lungo o corto, che non ti impegna per nulla, che deve avere per scopo principale quello di cercare di farti riacquistare definitivamente le forze necessarie per una vita normale di lavoro attivo. Io credo sia necessario che tu ti persuada, ragionevolmente, che questo viaggio è necessario per te, per i ragazzi (in quanto, allo stato attuale delle cose, il loro avvenire è legato essenzialmente a te e alla tua capacità di lavoro) e per altre cose ancora. Ma perché te ne persuada, occorre che il viaggio sia visto nei suoi veri termini, di cosa pratica, spoglia di ogni morbosità sentimentale, che ti lascerà libera o forse ti libererà definitivamente da un sacco di pensieri, di preoccupazioni, di sentimenti repressi, e non so che altro bagaglio ossessionante: io sono un tuo amico, essenzialmente, e dopo dieci anni ho veramente bisogno di parlare con te da amico ad amico, con grande franchezza e spregiudicatezza. Da dieci anni sono tagliato dal mondo (che impressione terribile ho provato in treno, dopo sei anni che non vedevo che gli stessi tetti, le stesse muraglie, le stesse facce torve, nel vedere che durante questo tempo il vasto mondo aveva continuato ad esistere coi suoi prati, i suoi boschi, la gente comune, le frotte di ragazzi, certi alberi, certi orti, – ma specialmente che impressione ho avuto nel vedermi allo specchio dopo tanto tempo: sono ritornato subito vicino ai carabinieri)… Non pensare che voglia commuoverti: voglio dire che dopo tanto tempo, dopo tanti avvenimenti, che in gran parte mi sono sfuggiti forse nel loro significato piú reale, dopo tanti anni di vita meschina, compressa, fasciata di buio e di miserie grette, poter parlare con te da amico ad amico, mi sarebbe molto utile. Né perciò devi sentirti pesare addosso chissà quali responsabilità; io penso a semplici conversazioni quali normalmente si fanno tra amici. Ebbene, sono proprio persuaso che da ogni punto di vista un tuo viaggio avrebbe conseguenze ottime per entrambi. Io sono molto cambiato, cosí mi pare, e anche tu non puoi essere rimasta la stessa. Non devi preoccuparti delle quistioni pratiche: penso che esse possono risolversi. Tu puoi viaggiare accompagnata: Tatiana può venirti incontro, in modo che in ogni caso ti trovi fisicamente sicura anche se le forze ti venissero meno. Credi che stare lontana dai ragazzi e dal tuo ambiente per qualche mese (6, 8 mesi) sia una cosa tanto tragica da rinunziare perciò ad altri benefizi che ti gioveranno ulteriormente? Io sono persuaso che i lati positivi dell’iniziativa siano piú numerosi di quelli negativi e adesso quasi mi maraviglio di non aver pensato prima a tutto ciò (ma ero sempre come un baco nel suo bozzolo e non sono neanche ora riuscito a sgomitolarmi). Soprattutto vorrei che tu non ti mettessi troppo in agitazione, ma considerassi le cose in modo piano, concreto, pratico, senza sentimenti morbosi: e ancora che fossi proprio tu a decidere, pacatamente, senza lasciarti impressionare da nessuno, neanche da me. Tu credi che i ragazzi sarebbero scontenti di sapere che tu vieni a trovarmi, se sanno che io non posso muovermi per forza maggiore? – Il tuo biglietto incomincia con una frase che pare di D’Annunzio; ciò non mi piace molto. Ci sono poi delle parole non compiute. Dovevi essere molto agitata. Io non so se una mia carezza potrebbe calmarti. Ti abbraccio.

Antonio

La lettera è molto arruffata ma non voglio riscriverla.


387.

[25 gennaio 1936?]

Carissimo Iulik,

ti faccio tanti auguri per l’andamento del tuo anno scolastico. Sarei molto contento se tu mi spiegassi in che consistono le difficoltà che trovi nello studiare. Mi pare che se tu stesso riconosci di avere delle difficoltà, queste non devono essere molto grandi e potrai superarle con la diligenza e la buona volontà. Il tempo assegnato allo studio è sufficiente per te? Forse sei un po’ disordinato, ti distrai, la memoria non funziona o tu non sai farla funzionare? Dormi bene? Quando giochi pensi a ciò che hai studiato o quando studi pensi al gioco? Oramai sei un ragazzo già formato e puoi rispondere alle mie domande con esattezza. Alla tua età io ero molto disordinato, andavo molte ore a scorazzare nei campi, però studiavo anche molto bene perché avevo una memoria molto forte e pronta e non mi sfuggiva nulla di ciò che era necessario per la scuola: per dirti tutta la verità debbo aggiungere che ero furbo e sapevo cavarmela anche nelle difficoltà pur avendo studiato poco. Ma il sistema di scuola che io ho seguito era molto arretrato; inoltre la quasi totalità dei miei condiscepoli non sapeva parlare l’italiano che molto male e stentatamente e ciò mi metteva in condizioni di superiorità, perché il maestro doveva tener conto della media degli allievi e il saper parlare correntemente l’italiano era già una circostanza che facilitava molte cose (la scuola era in un paese rurale e la grande maggioranza degli allievi era di origine contadina). Carissimo, sono certo che mi scriverai senza interruzione e mi terrai al corrente della tua vita. Ti abbraccio.

твой папа


388.

[16 giugno 1936]

Carissima Iulca,

non ti ho scritto la volta scorsa, perché, come già ti ho accennato, lo scrivere mi è difficile sia a te che ai ragazzi. Devo fare un grandissimo sforzo e dopo scritto rimango per molto tempo scontento e disilluso. Una volta non era cosí, anche il ricordo di questo tempo passato, in cui sentivo tanto piacere nel corrispondere con voi, mi sconforta e mi amareggia. Ho atteso la fotografia di Delio insieme con quella di Giuliano: e anche la tua. I ragazzi, in questa loro età, mutano cosí rapidamente, che da una fotografia all’altra, sembrano altre persone: Giuliano mi pare cambiato completamente. E tu? Non so cosa pensare esattamente di ciò che scrivi. Capisco tutte le difficoltà che devi sormontare, prima per abituarti all’idea di venire e poi per deciderti praticamente all’ora x del giorno x a salire sul treno; eppure mi pare che ci sia qualcosa ancora che ti trattiene e che io non riesco ad afferrare. Leggo le tue lettere che mi paiono scritte da una persona forte e completamente padrona dei suoi mezzi: non devi abbandonarti all’inerzia e rimandare sempre. Ciò mi fa molto male, perché anch’io devo prendere delle decisioni e sono rimasto irresoluto nell’attesa di un tuo atteggiamento, positivo o negativo ma certo. Non voglio scriverti di me; penso di essere a mezz’aria e quindi ogni giudizio non può essere che falso. La mia vita non dipende da me; dipende dalle autorità di polizia in primo luogo e poi da tante altre circostanze. Voglio scriverti ora una serie di pensieri che mi veniva quando ero in carcere: cercavo di rispondere alla domanda «chi mi ha condannato al carcere, cioè a fare questa determinata vita in questo determinato modo». La risposta non era facile, perché, in realtà, oltre alla forza principale che determina l’atto nel suo complesso, esistono tante altre forze che consciamente o inconsciamente partecipano alla determinazione concreta di una circostanza o di un’altra che vengono sentite talvolta con piú forza dell’atto principale. Insomma voglio dirti che la tua incertezza determina la mia incertezza e che devi essere forte e coraggiosa per darmi ogni aiuto possibile, cosí come io vorrei fare per te e purtroppo non posso. Ti abbraccio

Antonio


389.

[16 giugno 1936]

Caro Delio,

i tuoi bigliettini diventano sempre piú corti e stereotipati. Io credo che tu abbia abbastanza tempo per scrivere più a lungo e in modo piú interessante; non c’è nessun bisogno di scrivere all’ultimo momento, in fretta in fretta, prima di andare a spasso. Ti pare? Non credo neppure che ti possa far piacere che il tuo babbo ti giudichi dai tuoi bigliettini come uno stupidello che si interessa solo della sorte del suo pappagalluccio, e faccia sapere che sta leggendo un libro qualsiasi. Io credo che una delle cose piú difficili alla tua età è quella di star seduto dinanzi a un tavolino per mettere in ordine i propri pensieri (o per pensare addirittura) e per scriverli con un certo garbo; questo è un apprentissaggio talvolta piú difficile di quello di un operaio che vuole acquistare una qualifica professionale, e deve incominciare proprio alla tua età. Ti abbraccio forte.

папа


390.

[luglio 1936]

Cara Iulca,

il 10 agosto sarà il compleanno di Delio e il 30 quello di Giuliano. Spedisco due orologetti per farne loro regalo. Sei contenta? E saranno contenti i ragazzi? Spero che non li romperanno subito o troppo in fretta. Ricordi l’orologio che ti portai a Roma, quasi dieci anni fa? Te lo avevo appena consegnato che Delio lo prese e lo buttò a terra. Io avevo fatto un grande sforzo per trovare un orologio che non fosse di metallo prezioso e che per il prezzo desse la sicurezza di una certa distinzione e solidità: avevo speso 400 lire e me lo ero fatto comprare dal padrone di casa che era un ottimo uomo e conosceva personalmente l’orologiaio (erano due tedeschi e non si sarebbero imbrogliati, né il padrone di casa avrebbe imbrogliato me per il quale aveva un certo affetto). E appunto dal primo momento l’orologio andò a male e divenne un giocherello per Delio. Non che ciò mi sia dispiaciuto troppo: l’orologio era tuo e potevi farne quel che volevi, ma pensai che per far giocare un bambino non è necessario un orologio di 400 lire, basta uno di 5 lire e il bambino si diverte lo stesso. – Ti ringrazio delle notizie che mi mandi; che tu stai meglio e anche i ragazzi. Che tu stia meglio veramente non so se possa dedursi dalle lettere: Tania dice di sí. Io non so cosa scriverti, come scriverti ecc. Non so neanche cosa farò; mi pare che se rientro in Sardegna, tutto un ciclo della mia vita si chiuderà forse definitivamente. Perché non mi scrivi qualcosa di certo e di preciso? Accenni che alla fine di luglio avrai il posto nel sanatorio, cosí fuggevolmente. Ciò che mi fa male è il fatto che la mia vita dipende, in forma burocratica, non solo e specialmente dalla parte da cui non posso attendere nulla di buono, ma anche da quelli da cui qualcosa di bene attendo. D’altronde fa tu quello che vuoi. Ti abbraccio

Antonio

È vero che sono sempre malcontento e irritabile: la tua lettera dovrebbe almeno in parte acquetarmi. Non irritarti anche tu; non voglio farti del male in nessun modo. Vorrei sapere con molta precisione lo stato di salute di Delio.