4 Lettere 91 – 120

91.

26 marzo 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto una tua lettera, pochi giorni fa, che presenta alcune stranezze. Essa è da te datata del 5 febbraio, mentre mi pare debba essere piú recente; forse tu hai scritto 5. II, invece di 5. III. Inoltre essa non è firmata, non ha una conclusione, almeno dal punto di vista epistolare. Si tratta di due foglietti, il secondo numerato come secondo, scritti parte a penna e parte col lapis, nei quali mi riassumi tre lettere, di tuo papà, di tua mamma e di Genia. Il secondo foglietto è continuato da due righe scritte all’inizio della sua prima pagina, che chiudono il periodo lasciato in sospeso nella quarta pagina, ma che non rappresentano una conclusione. Ti scrivo questi particolari, per aiutare la tua memoria; infatti, rileggendo, osservo che la lettera potrebbe anche essere del 5 febbraio, poiché i dati cronologici riferiti, del prima e del poi, potrebbero anche riferirsi a questa data. In ogni modo, se la tua lettera è piú recente, essa non contiene tue notizie; se è del 5 febbraio, ciò significa che in tutti questi 26 giorni di marzo tu non mi hai scritto o almeno io non ho ricevuto niente da te.

Le notizie che mi hai trasmesso hanno suscitato in me un mondo di impressioni molto vive e anche molto dolorose, perché sono in grado di ricreare tutto l’ambiente materiale e tutte le difficoltà fisiche in cui si svolge la vita dei nostri: con due bambini queste difficoltà non possono che essersi moltiplicate in ragione geometrica. Forse tu te ne sei già accorta: è proprio questo ordine di preoccupazioni che mi ha sempre assillato nella forma piú intensa e mi ha fatto sentire tutta l’impotenza della mia situazione. E si aggiunge la preoccupazione per la tua salute, e per tutta la tua vita immediata che vorrei conoscere bene e che tu cerchi in tutti i modi di farmi credere senza soverchie noie. Cara Tania, devi proprio essere molto assennata e non fare nessuno sforzo, fidandoti della tua volontà. Io non sarò tranquillo, fino a quando non saprò con certezza che hai seguito alla lettera tutte le prescrizioni e i consigli del medico: vorrei che tu potessi allontanarti da Milano e vivere per qualche mese in un clima sano, che ti aiutasse a riacquistare le forze. Non devi pensare a me, che sto assolutamente bene e non ho bisogno di nulla: ho proprio bisogno di sapere che tu ti curi e ti sei ristabilita. Come potresti altrimenti fare dei viaggi lunghi e disagiati? Io credo proprio necessario che tu ti decida ad andare a trovare la tua mamma. Forse nel passato non sono mai riuscito a riprodurti l’intensità del suo desiderio di rivederti. Penso qualche volta che la tua mamma, nonostante la sua grande bontà, debba volerne un po’ a me per il fatto che non ti ha rivisto da tanto tempo: essa sperava già nel 22 che io sarei riuscito a convincerti. Ti abbraccio teneramente

Antonio

92.

2 aprile 1928

Carissima Tania,

perché non mi scrivi un po’ piú spesso? Non credo che le tue occupazioni, in clinica, ti assorbano le intere giornate. Leggi? Ti sei fatta passare qualcheduno dei libri che ho rimandato indietro? Non so se possano essere sempre interessanti per te, ma almeno qualche rivista, come la «Nuova Antologia», potresti sfogliarla. Io in queste settimane ho potuto avere dalla Biblioteca, una serie di nn. della «Revue des deux mondes» del 1846, del 1868 e del 1873, in cui ho trovato qualche articolo molto interessante di storia e di scienza. Per esempio i riflessi delle discussioni sollevate dagli studi di Claude Bernard e di Charles Robin sulla fisiologia e sulla quistione delle cosidette cause finali; il Robin non lo conoscevo neanche di nome e non so quale posizione abbia occupato nel mondo della scienza e nella metodologia. Alcune sue osservazioni mi hanno estremamente interessato e perciò vorrei sapere, anche genericamente, quale apprezzamento si dà dei suoi lavori e delle sue ricerche. Penso che tu puoi accennarmene qualche cosa.

Dalla Libreria ho ricevuto alcuni volumi che ti elenco per tua norma: i) Pasquale Jannacone, La bilancia del dare e dell’avere internazionale con particolare riguardo all’Italia; 2) Benedetto Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915; 3) Giovanni Carano-Donvito, L’Economia Meridionale prima e dopo il Risorgimento; 4) Antonio Graziadei, Capitale e salari; 5) Marcel Proust, Chroniques. Riceverò anche le Prospettive Economiche del Mortara e l’Almanacco Letterario Mondadori per il 1928, di cui ti avevo scritto; perciò non occupartene piú.

Giovedí ho avuto qualche notizia sulle condizioni della tua salute, migliori delle notizie precedenti. Ma, in verità, non riesco a raccapezzarmi. Pare che tu nasconda alla signora Tulli il tuo vero stato; per cui potrebbe trattarsi di induzioni piú o meno fondate. Insomma, «pretendo» proprio energicamente che tu mi scriva piú spesso e che mi parli di te più minutamente.

La mia salute va invece bene; Tulli dice perfino che sto mettendo la pappagorgia. Cose da strabiliare!

Della mia partenza non si parla ancora; non ne sono troppo malcontento, perché preferisco partire con un tempo migliore dell’attuale e spero che la primavera si decida finalmente a lasciarsi inaugurare. Con tanti auguri per le feste, ti abbraccio teneramente

Antonio

93.

9 aprile 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto ieri la tua lettera del 5, con rapidità del tutto pasquale. Ho ricevuto anche i capelli di Giuliano e sono molto lieto delle notizie che mi trasmetti. A dir la verità, io non so trarne molte conseguenze. A proposito della rapidità o meno di parlare dei bambini non ho altro elemento che un aneddoto su Giordano Bruno: – il quale, si dice, non parlò fino all’età di tre anni, nonostante comprendesse tutto: un mattino, al destarsi, vide che da un crepaccio del muro della casupola dove abitava, un grosso serpente si dirigeva verso il suo giaciglio; subito chiamò per nome il padre, che non aveva mai chiamato, fu salvato dal pericolo e da quel giorno incominciò a parlare anche troppo, come sanno anche gli ebrei rivenduglioli di Campo dei Fiori.

Mi dispiace che tu ti senta avvilita, come scrivi, e che perciò ti creda esonerata dallo scrivermi piú spesso. Questa è una ingiustizia palese, perché io potrei proclamarmi ancor piú avvilito di te e non scriverti del tutto; ciò che avverrà certamente, se mi provocherai ancora con simili avvilimenti. Dovresti scrivermi almeno due volte la settimana: come mai sei diventata cosí poltrona? Cosa fai tutto il giorno? E come hai passato la Pasqua?

Ho ricevuto alcuni giorni fa le Prospettive Economiche e l’Almanacco Letterario. Tutti gli anni, dal 25, davo a Giulia questo Almanacco. Non lo farei quest’anno. È caduto molto in basso. Riporta dei motti, cosidetti di spirito, che prima erano riservati ai giornaletti semipornografici, compilati per le giovani reclute che vengono in città per la prima volta. È vero che anche una simile constatazione può avere il suo peso ad essere fatta. Sabato ho ricevuto un nuovo pacco di libri, che però non mi sono stati ancora consegnati; credo si tratti di un certo numero di riviste di storia e di filosofia, ho potuto dare solo una sbirciatina, nel momento in cui firmavo la ricevuta per la Posta. In ogni modo, ho fatto nuovamente una certa provvista di letture per questo periodo che dovrò ancora rimanere a Milano.

Ho pensato che Delio compie quattro anni il 10 agosto e che adesso è già abbastanza grande per fargli un regalo serio. La signora Pina ha promesso di recapitarmi il catalogo del «Meccano»: spero che le diverse combinazioni siano esposte non solo in ordine ai prezzi (da 27 a 2000 lire!) ma anche in rapporto alla semplicità e all’età dei ragazzi. Il principio del Meccano è certamente ottimo, per i bambini moderni; io sceglierò la combinazione che mi sembrerà piú opportuna e poi te ne scriverò. Fino ad agosto c’è tempo sufficiente. Non so quali siano le tendenze prevalenti in Delio, dato che ne abbia già dimostrato in modo evidente. Io avevo spiccatissime tendenze per le scienze esatte e per la matematica, da ragazzo. Le ho perdute durante gli studi ginnasiali, perché non ho avuto insegnanti che valessero un poco piú di un fico secco. Cosí dopo il 1° anno di liceo, non ho piú studiato matematica, ma ho invece scelto il greco (allora c’era l’opzione); però in 3° anno di liceo ho dimostrato improvvisamente di aver conservato una «capacità» notevole. Succedeva allora che in 3° anno di liceo bisognava, per studiare la fisica, conoscere gli elementi di matematica che gli alunni che avevano optato per il greco, non avevano l’obbligo di sapere. Il professore di fisica, che era molto distinto, si divertiva un mondo a metterci in imbarazzo. Nell’ultimo interrogatorio del 3° trimestre, mi propose delle questioni di fisica legate alla matematica, dicendomi che dalla esposizione che ne avrei fatto sarebbe dipesa la media annuale e quindi il passaggio di licenza con o senza esame: si divertiva molto a vedermi alla lavagna, dove mi lasciò tutto il tempo che volli. Ebbene, rimasi mezz’ora alla lavagna, mi imbiancai di gesso dai capelli alle scarpe, tentai, ritentai, scrissi, cancellai, ma finalmente «inventai» una dimostrazione che fu accolta dal professore come ottima, quantunque non esistesse in nessun trattato. Questo professore conosceva mio fratello maggiore, a Cagliari, e mi tormentò con le sue risate ancora per tutto il tempo della scuola: mi chiamava il fisico grecizzante.

Carissima Tania, bando agli avvilimenti e scrivimi spesso. Ti abbraccio.

Antonio

Mi sono dimenticato di raccontarti come ho cercato di mettere ieri in imbarazzo la signora Pina. Poiché sabato Tulli è andato a colloquio, mi domandò se avevo qualche desiderio speciale per il desinare di Pasqua. Io ho sempre avuto dei desideri che non sono mai riuscito a soddisfare: vorrei mangiare dei rognoni di rinoceronte e un cosciotto di pangolino; in linea subordinata mi accontenterei di una testina di capretto al forno. Tulli si rifiutò di fare la commissione per ciò che riguardava il rinoceronte e il pangolino, giustamente preoccupato di non obbligare sua moglie a ricerche troppo lunghe nelle macellerie; volle limitarsi solo alla testina di capretto. Ma ieri la testina non arrivò, naturalmente; solo fu annunziato per domani, martedí. Io non ci credo neanche per domani, perché gli agnelli e i capretti arrivano in città senza testa, ma voglio informarmi sui seguiti che la faccenda avrà avuto. Spero che la signora Pina non vada troppo in collera con me; fammi il piacere di metterci tu una buona parola.

94.

16 aprile 1928

Carissima Tania,

non ho ricevuto tue lettere in questa ultima settimana e neanche ho avuto tue notizie un po’ precise per mezzo della signora Pina. Spero che tutto vada bene per la tua salute. Ho ricevuto dalla Libreria una certa quantità di riviste che mi hanno assorbito completamente, suscitando in me un interesse, che credevo di aver perduto, vivissimo per lo sviluppo che assumono le diverse attività culturali. Non avrei mai creduto che l’attività editoriale fosse cosí intensa, specialmente nel campo della divulgazione di ricerche storiche d’ogni genere. I preventivi di traduzioni, specialmente dal tedesco, per le opere storiche, e dall’inglese, per la produzione romanzesca, sono qualche volta spettacolosi. Tutto ciò mi pare di una grande portata culturale: che l’attenzione del pubblico medio sia passata dal romanzo francese al romanzo anglosassone e che della attività scientifica tedesca voglia partecipare non piú solo una stretta cerchia di universitari e di accademici, ma il pubblico più vasto che deve costituire la clientela di grandi imprese editoriali.

Ho ricevuto anche due volumi: un romanzo Le Pétrole di Upton Sinclair e La vie de Disraeli di A. Maurois. Ho letto quest’ultima, che mi ha dato uno «specimen» molto interessante della nuova fortuna che ha avuto in Francia la letteratura biografica «romanzesca». La vita di Disraeli ha già avuto 170 edizioni.

La penna mi fa andare su tutte le furie. Non so proprio quale ginnastica fare, per evitare che l’inchiostro sprizzi da tutte le parti. Eppoi, oggi mi costa molta fatica lo scrivere. Il corso dei miei pensieri non coincide perfettamente con le cose che debbo scriverti, tanto per tenerti un po’ distratta.

Ti abbraccio con tanti, tanti auguri

Antonio

95.

30 aprile 1928

Carissima mamma,

ti spedisco la fotografia di Delio. Il mio processo è fissato per il 28 maggio: questa volta la partenza deve essere prossima. Ad ogni modo vedrò di telegrafarti. La salute è abbastanza buona. Il vicino processo mi fa star meglio, perché almeno uscirò da questa monotonia. Non preoccuparti e non spaventarti qualsiasi condanna mi diano: io credo sarà dai 14 ai 17 anni, ma potrebbe essere anche piú grave, appunto perché contro di me non ci sono prove: cosa non posso aver commesso, senza lasciar prove? Sta’ di buon animo.

Ti abbraccio.

Nino

96.

30 aprile 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 25 aprile, con la lettera di Giulia. Ti ringrazio per le notizie che mi trasmetti. Sono stato proprio contento di ricevere tue notizie; ero molto preoccupato.

Non so se sei stata informata del fatto che il processo è stato fissato per il 28 maggio, ciò che significa che la partenza si approssima. Ho già visto l’avvocato Aris. Queste novità vicine mi eccitano alquanto; in modo piacevole, però. Mi sento piú vibrante di vita: ci sarà una certa lotta, immagino. Sia pure per pochi giorni, mi troverò in un ambiente diverso da quello carcerario.

Voglio protestare contro le tue deduzioni a proposito delle… teste di capretto. Io sono informatissimo su questo commercio. A Torino ho fatto, nel 1919, una larga inchiesta, perché il Municipio boicottava gli agnelli e i capretti sardi a profitto dei conigli piemontesi: c’erano a Torino circa 4000 pastori e contadini sardi in missione speciale e io volevo illuminarli su questo argomento. Gli agnelli e i capretti meridionali arrivano qui senza testa, ma c’è una piccola percentuale di commercio locale che fornisce anche le teste. Che sia difficile trovarle risulta dal fatto che la testina, promessa per la domenica, si è potuta avere solo il mercoledí. Inoltre io non ero molto sicuro che si trattasse di agnello o capretto, quantunque fosse molto buona (per me; a Tulli fece orrore). Doveva essere uno strano capretto, senza cervello e orbo di un occhio, col cranio molto rassomigliante a quello di un cane lupo (ma, per carità, non dirlo alla signora Pina!), stritolato dal tranvai! Ah! questi macellai!

Mi dispiace molto che Giulia sia rimasta tanto tempo senza notizie. Ci rivedremo prima della mia partenza? Non lo credo. Tu non devi fare nessuna imprudenza; devi curarti bene. Solo cosí sarò tranquillo. Pensa che d’ora innanzi potrò scriverti molto raramente. Ti abbraccio.

Antonio

97.

30 aprile 1928

Cara Giulia,

ho ricevuto il tuo biglietto del 3 aprile. Tania mi ha trasmesso le notizie riguardanti la vita dei bambini. Sono contento.

Un periodo della mia vita carceraria sta per finire, perché il 28 maggio avrò il processo. Non so dove sarò poi scaraventato. La mia salute è abbastanza buona. Ho saputo dalle autorità giudiziarie e carcerarie che sul mio conto sono state pubblicate molte inesattezze: che morivo di fame, ecc, ecc. Ciò mi è molto dispiaciuto, perché credo che in simili quistioni non bisogna mai inventare e neanche esagerare. È vero anche che mancano i mezzi per verificare le cose, e in realtà io non so piú di quanto mi è stato riferito. Ma tu sei stata sempre informata da Tania e perciò non hai avuto occasione di turbarti. Io non voglio scrivere fuori; forse me lo concederebbero, ma io non voglio per principio. Ho ricevuto, per esempio, recentemente, una strana lettera firmata Ruggero, che domandava di avere una risposta. Forse la vita carceraria mi avrà fatto diventare piú diffidente di quanto la normale saggezza richiederebbe; ma il fatto è che questa lettera, nonostante il suo francobollo e il timbro postale, mi ha fatto inalberare. Anche in essa si dice che la mia salute deve essere cattiva! o che le notizie che si hanno sono in tal senso. Sono stato male nei primi mesi, dopo il viaggio Ustica-Milano; poi mi sono riposato e rimesso in modo soddisfacente. Studio, leggo, nei limiti delle possibilità, che non sono molte. Un lavoro intellettuale sistematico non è possibile, per mancanza di mezzi tecnici.

Cara Giulia, mi dispiace di ricevere cosí scarse notizie sulla tua vita e sulla vita dei bambini. Temo che in avvenire esse possano diventare ancora piú scarse: è questa la piú grande preoccupazione per me.

Ti abbraccio teneramente, cara

Antonio

98.

7 maggio 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto due tue lettere, del 17 e del 20 aprile, che mi sono giunte dopo quella del 25, alla quale ho risposto lunedí scorso. Sono contento delle buone notizie che mi dai sulla tua salute; non credo però che ci si possa vedere prima della mia partenza. D’altronde io desidero che tu non ti arrischi a uscire dall’ospedale, prima di essere in condizioni migliori e di assoluta sicurezza per la gamba. Penso che tu devi stare molto tranquilla e aspettare che mi abbiano assegnato a una casa di pena, dopo il processo. Da Roma potrebbero anche rimandarmi nell’alta Italia e quindi tu da Milano potresti venire senza troppi disturbi di viaggio.

Non ti ho indirizzato prima le lettere all’ospedale, perché mi avevano detto che dovevi essere trasportata all’Ospedale Maggiore da un giorno all’altro: nell’incertezza d’indirizzo, ho preferito continuare a scriverti a casa.

Le mie osservazioni a una tua lettera con la data del 2 febbraio non tendevano per nulla a «farti arrossire» per il modo di compilazione, per la forma letteraria. Di queste cose mi importa assai poco. Io avevo l’impressione che dalla busta mancasse un foglietto, forse perduto durante la revisione. A questo proposito tu non mi scrivi nulla. Ti ho descritto la lettera minuziosamente per fartela ricordare, poiché aveva la data del 2 febbraio e la mia risposta non ti sarebbe arrivata che a due mesi da tale data. Per le notizie che mi trasmettevi, hai ragione: devi scrivermi tutto, anche il lato brutto delle cose.

Ti avverto che ho mandato fuori il paltò da inverno: vorrei che fosse smacchiato. Ho mandato fuori anche una grossa maglia. Credo sia bene che tu faccia consegnare all’avv. Aris tutti i libri che ho mandato fuori dal carcere; egli li terrà a mia disposizione e me li spedirà dove final-mente sarò assegnato dopo il processo. Credo sia la soluzione migliore da ogni punto di vista: tu devi occuparti solo della tua salute e non devi darmi dei dispiaceri: hai capito? Non devi piú affaticarti come hai fatto nel passato, non devi essere piú cosí prodiga delle tue forze, che non sono molte. Io ti scriverò sempre assiduamente; e tu dovrai scrivermi, ma non di piú. La preoccupazione della tua salute, da un anno a questa parte, mi ha spesso amareggiato troppo e mi ha fatto sentire la durezza della privazione di libertà della vita carceraria. Cara Tania, ti raccomando proprio di cuore di volerti curare per bene. Ti abbraccio teneramente

Antonio

99.

10 maggio 1928

Carissima mamma,

sto per partire per Roma. Oramai è certo. Questa lettera mi è stata data appunto per annunziarti il trasloco. Perciò scrivimi a Roma d’ora innanzi e finché io non ti abbia avvertito di un altro trasloco.

Ieri ho ricevuto un’assicurata di Carlo del 5 maggio. Mi scrive che mi manderà la tua fotografia: sarò molto contento. A quest’ora ti deve essere giunta la fotografia di Delio che ti ho spedito una decina di giorni fa, raccomandata.

Carissima mamma, non ti vorrei ripetere ciò che ti ho spesso scritto per rassicurarti sulle mie condizioni fisiche e morali. Vorrei, per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna siano per darmi. Che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione. Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perché non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è cosí, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.

Ti abbraccio teneramente.

Nino

Ti scriverò subito da Roma. Di’ a Carlo che stia allegro e che lo ringrazio infinitamente. Baci a tutti.

100.

27 giugno 1928

Carissima Tania,

nessuna novità in vista, fino a questo momento. Ignoro quando partirò. Non è però escluso che la mia partenza avvenga fra giorni; potrei essere messo in transito oggi stesso.

Ho ricevuto una lettera di mia madre qualche giorno fa. Scrive di non aver ricevuto mie lettere dal 22 maggio, cioè da quando ero a Milano. Da Roma ho scritto a casa almeno 3 volte: anche l’ultima lettera la inviai a mio fratello Carlo. Scrivi tu una lettera a mia madre, spiegandole che io posso adesso scrivere pochissimo, solo una volta ogni 15 giorni, e che devo distribuire le due lettere mensili tra lei e te. Posso invece ricevere lettere senza limiti: mia madre crede invece che ci sia un limite anche per la recezione. Informala sulla quistione della mia partenza sospesa per Portolongone dopo la visita speciale del medico, e sulla probabilità di una assegnazione migliore. Rassicurala in generale e scrivile che io non ho bisogno di consolazioni per essere tranquillo, ma sono tranquillissimo e serenissimo per conto mio. È questo un punto in cui non sono mai riuscito ad ottenere notevoli successi presso mia madre, che si fa un quadro terrificante e romanzesco della mia posizione di galeotto: pensa che io [sia] sempre cupo, in preda alla disperazione, ecc. ecc. Tu puoi scriverle che mi hai visto recentemente e che non sono per nulla disperato, avvilito, ecc. ma con spiccata tendenza a ridere e a scherzare. Forse ti crederà, mentre pensa che io le scriva in questo senso solo per consolarla.

Carissima Tania, mi dispiace di darti ancora questa incombenza epistolografica. D’altronde questa lettera avevo deciso di scriverla a te e non voglio venir meno al sistema prestabilito. Spero di vederti ancora prima di partire.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio

101.

Caserta, 10 luglio 1928

Carissima Tania,

ho fatto il viaggio Roma-Caserta in condizioni molto migliori di quanto avessi creduto. Sono stato trattato molto bene e ho potuto respirare a mio agio. A Caserta mi sono fatto visitare dal medico, che mi ha rassicurato a proposito dei dolori alla vita. Non si tratta, a quanto pare, di una infiammazione al fegato, ma solo di un erpete, che ha prodotto una infiammazione temporanea e di poca conseguenza, sebbene dolorosissima. Ho tutta la vita irritata e piena di gonfiori; io non me ne sono accorto che in viaggio di questa irritazione esterna! Ho incominciato a fare delle spalmature con una pomata; spero che mi gioverà. I dolori continuano e non mi lasciano riposare, ma il medico mi ha detto che fra qualche giorno tutto sarà passato. Io non so cosa siano gli erpeti. Non ho mai avuto, mai, affezioni alla pelle di nessuna qualità, ma in questi ultimi tempi ho visto che esse sono molto comuni tra i carcerati e che passano facilmente con le spalmature. In ogni modo, è meglio un erpete che una malattia al fegato: non ti pare?

Partirò domani mattina, ma non so quando arriverò a Turi. Se tu potrai inviare laggiú, fin d’ora, qualche libro, mi farai cosa grata. Se hai ritirato dal Carcere il mio bagaglio, potresti subito mandarmi i libri e le riviste contenuti nella valigia e nel sacco da viaggio. Desidererei avere specialmente le grammatiche. Per il tedesco ho solo i due libretti che tu stessa mi avevi mandato: la grammatica tedesca che avevo a Milano è andata perduta; ma tra i miei libri di Roma c’è la grammatica Metodo Otto Sauer – Ferrari e il Dizionario Langenscheidt. Puoi tu stessa scrivere all’avv. Aris, perché mi spedisca i libri che gli avevo lasciato in deposito a Milano? Il suo indirizzo è: Via Unione 1. Vedi che continuo a farti lavorare e a farti stancare. La tua ultima lettera mi ha procurato un certo dispiacere. Penso che tu non abbia interpretato molto esattamente il contenuto della lettera che hai ricevuto con cosí grande ritardo. Io non me ne ricordo piú, ma escludo come possibile la tua interpretazione. Cara Tania, come puoi pensare che in un qualsiasi momento di tutto questo tempo pieno di peripezie dolorose, io abbia potuto non riconoscere la tua grande bontà e non volerti un’infinità di bene? Non solo, ma è un mio continuo rimorso l’averti dato tante preoccupazioni e l’averti fatto compiere tanto lavoro per me. Ti scriverò a lungo su questo argomento, quando sarò riposato e potrò meglio connettere. Tu devi solo comprendere che da quando io mi trovo in carcere, ho fatto tutto uno sforzo volontario per controllare i miei sentimenti e i miei affetti e tenerli infrenati il piú possibile: è questa una forma di autodifesa. Cosí può essere avvenuto, e anzi deve essere avvenuto certamente, che spesso nelle mie lettere, io sia apparso arido, secco, un po’ egoista, ecc. ecc. Ma in ogni caso escludo che da esse potesse trarsi la conseguenza che tu ne hai tratto. Ti scriverò a lungo appena giunto a destinazione e scriverò a Giulia. Attendo con molta impazienza le fotografie promesse. Carissima Tania, ti abbraccio teneramente

Antonio

102.

20 luglio 1928

Carissima Tania,

sono giunto a destinazione ieri mattina. Ho trovato la tua lettera del 14 e una lettera di Carlo con 250 lire. Ti prego di scrivere tu a mia madre per comunicare quelle cose che possono interessarla. D’ora in poi scriverò solo ogni 15 giorni una lettera, ciò che mi porrà dinanzi a dei veri casi di coscienza. Cercherò di essere ordinato e di utilizzare al massimo la carta disponibile.

1°. Il viaggio Roma-Turi è stato orribile. Si vede che i dolori da me sentiti a Roma e che mi sembravano un mal di fegato, non erano che l’inizio dell’infiammazione che si manifestò in seguito. Stetti male in modo incredibile. A Benevento trascorsi due giorni e due notti infernali; mi torcevo come un verme, non potevo stare né seduto, né in piedi, né sdraiato. Il medico mi disse che era il fuoco di S. Antonio e che non c’era da far nulla. Durante il viaggio Benevento-Foggia il male si calmò e le bolle di cui ero ricoperto nella vita destra si seccarono. A Foggia rimasi 5 giorni e negli ultimi 3 giorni ero già a posto, potevo dormire qualche ora e potevo sdraiarmi senza essere trafitto dai dolori. Mi è rimasta ancora qualche bolla mezzo secca e un certo dolore alle reni, ma ho l’impressione che non si tratti di una cosa grave. Non so spiegare l’incubazione romana che durò circa 8 giorni e che si manifestava con violentissime punture interne nella vita destra anteriore.

2°. Non ti posso ancora scrivere nulla sulla mia vita avvenire. Sto facendo i primi giorni di quarantena, prima di essere assegnato definitivamente ad un reparto. Penso che però tu non possa mandarmi nulla oltre ai libri e agli effetti di biancheria: non si può ricevere nulla di alimentare. Perciò non mandare mai nulla senza che io prima te l’abbia domandato.

3°. I libri da Milano (Libreria) falli spedire direttamente: è inutile che tu spenda per trasmettere ciò che deve essere già affrancato.

4°. Il memoriale non c’era piú: l’ho dovuto prendere con me.

Le ciliegie mi sono state utilissime, quantunque io non le abbia neppure assaggiate: mi hanno facilitato il viaggio.

Ricevo in questo momento la tua lettera del 19, con la lettera di Giulia. Vorrei scrivere a lungo a Giulia, ma non riesco a impostare la lettera cosí come vorrei. È difficile da scrivere. Vedrò la prossima volta, dopo essermi riposato un po’ ed aver messo un po’ d’ordine nelle mie idee. Scrivile tu e mandale le notizie solite.

Carissima, scrivi a Carlo che anche lui non si metta in testa delle stranezze, come sarebbe di far venire la mamma fino a Turi. Sarebbe un delitto far fare a una vecchia che non si è mai mossa dal paese un viaggio cosí lungo e disagiato. E poi penso che avrebbe una impressione troppo brutta nel vedermi vestito da recluso ecc. ecc.

Ti abbraccio teneramente.

Antonio

103.

30 luglio 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto due tue lettere, con la data del 25 luglio. Ti ringrazio. Adesso dovrai aver pazienza, perché ti potrò scrivere solo tra un mese; la prossima lettera, fra 15 giorni, la scriverò a Carlo e alla mamma, che non si accontenterebbero di ricevere mie notizie solo per il tuo tramite. Bisognerebbe poter soddisfare tutte le esigenze, ma ho diritto solo a 2 lettere al mese! Pazienza. Vedrò di scriverti per ordine su tutti gli argomenti essenziali, ora che mi sono un po’ orientato e informato.

1° È necessario che tu ti metta in grado di dimostrare il mio diritto di scriverti e il tuo diritto di occuparti dei fatti miei. La settimana scorsa, dopo averti scritto, sono stato sottoposto a una specie di interrogatorio. Secondo me, è sufficiente che tu abbia a disposizione, per mandarlo in caso di bisogno a questa Direzione, una carta che dimostri come il Tribunale Speciale a Milano e a Roma e la Direzione del Carcere di Roma ti hanno permanentemente dato il colloquio. Forse basta una carta dell’Ufficio-Colloqui di Roma; in caso di necessità però puoi anche rivolgerti all’Avvocato Generale Militare Isgrò. Speriamo che sia sufficiente e che non occorra spendere denari per certificati piú complessi.

2° L’erpete è quasi guarito. Mi dà solo fastidio, non piú dolore vivo. Sarebbe guarito anche prima, se durante il viaggio avessi avuto la possibilità di fare le spalmature regolari di una pomata prescritta dal medico di Caserta. Cosí è avvenuta, io credo, una cicatrizzazione insufficiente per l’attrito continuo con la biancheria e un ritardo della guarigione.

3° Come vedi, anche dall’avviso contenuto nella testata del foglio, non posso ricevere nessun genere alimentare. Posso invece ricevere effetti di biancheria. Ma si presenta il problema della sua utilizzazione razionale, poiché in cella ne posso tenere pochissima (il cambio settimanale) e ciò non permette il programma da te esposto nella lettera. Tuttavia credo di aver bisogno ancora di alcune camicie. Le maglie sarà bene mandarmele. Ricordati che ho lasciato della biancheria a Milano al Tulli; dovrebbe essere in consegna presso l’avv. Ariis. Bisognerà mandarmi anche una valigia e forse anche il sacco per tenere la roba in magazzeno.

4° Ho ricevuto i due pacchi di libri, rispediti da te. Direttamente dalla Libreria non ho ricevuto ancora nulla. A Roma mi sono sempre dimenticato di dirti che bisogna mandare il mio indirizzo a «Virginio Borioni, confinato politico, Ustica» il quale ha in consegna i libri da me lasciati a Ustica al momento dell’arresto. A Ustica ho lasciato anche della corrispondenza e la Gillette per la barba. Scrivi, raccomandandoti perché tutto mi sia spedito qui a Turi.

5° Bisogna lasciar passare ancora qualche tempo, prima che ti possa scrivere sulle mie condizioni in questo reclusorio. Ho il vitto latteo d’infermeria; c’è il passeggio due volte al giorno, sufficiente. Non mi sono ancora abituato alla vita promiscua del camerone (siamo 6 in compagnia); e soffro molto d’insonnia. Dopo una piú lunga esperienza, vedrò se sia necessario fare pratiche speciali presso il Ministero e presso il Tribunale Speciale per ottenere di avere una cella da solo, ciò che renderebbe piú facile ottenere di poter avere il necessario per scrivere e quindi per poter studiare organicamente. Forse lo farò, basandomi sul precedente che a Milano, quando fu fatta l’inchiesta sulle mie condizioni di salute, fui rimproverato dal Direttore per non essermi lamentato prima e non aver domandato prima ciò di cui avevo bisogno.

6° Mandami del sapone e del dentifricio. Puoi mandarmi il Sedobrol che dovevi mandarmi a Roma? Ti ringrazio per i regali che hai mandato a mio nome per Delio e per Giuliano: non saprei cosa indicarti per Giulia; scegli tu e io sarò contento. Ti abbraccio, cara,

Antonio

(Scrivimi spesso – quanto puoi)

Scrivendo a Carlo, vedrò di farti scrivere qualcosa di cui posso essermi dimenticato o qualche novità.

104.

13 agosto 1928

Carissimo Carlo,

sono giunto a Turi il 19 luglio; le prime due lettere le ho dovute scrivere a Tatiana per informarla di ciò che poteva mandarmi del bagaglio da me lasciato al carcere di Roma. Tatiana ha scritto di aver mandato una lettera alla mamma per darle mie notizie e trasmetterle le parti delle mie lettere che la potevano interessare. Bisogna che ti ricordi sempre e ricordi alla mamma che io posso scrivere una lettera ogni 15 giorni; perciò a voi posso scrivere una volta al mese per scrivere una volta al mese anche a Tatiana. Bisognerà aver pazienza. Vuol dire che Tatiana vi trasmetterà delle mie lettere a lei delle parti che vi possono interessare, e tu o la mamma trasmetterete a Tatiana ciò che può interessarle delle mie lettere a voi.

1) Ho ricevuto la tua assicurata del 12 luglio con le 250 lire; ti ringrazio. Ho ricevuto la lettera della mamma del 3 agosto: mi è dispiaciuto assai l’aver conosciuto cosí tardi la sua malattia. Faccio tanti auguri alla mamma per un suo ristabilimento rapido e sicuro. Tienimi informato sempre di tutto; Teresina non mi ha scritto. Ho ricevuto notizie di Giulia e dei bambini. Sono rientrati dalla campagna da qualche giorno; Giulia, che era debole, si è rimessa. I bambini stanno bene e si sviluppano. Riceverò le loro fotografie e scriverò perché una copia sia mandata anche alla mamma. Intanto la mamma non mi ha ancora mandato le sue impressioni sulla fotografia di Delio che le ho spedito da Milano e io ci tengo assai ad avere dei grandi complimenti.

2) Ti devi, appena hai un po’ di tempo disponibile, occupare di una pratica per me di grande importanza. Bisogna che tu domandi al ministero competente, a nome della mia famiglia (della mamma e tuo), che siano prese disposizioni perché io possa essere messo in una cella da solo, qui nel carcere (si chiama esattamente «Casa Penale Speciale di Turi»). Ora sono in una camerata con altri quattro, anch’essi condannati per reato politico, ma che hanno malattie ai bronchi e ai polmoni. Io non ho tali malattie e la promiscuità continuata, nonostante tutte le precauzioni (d’altronde molto difficili nella vita carceraria) potrebbe, specialmente nella prossima stagione, che acuisce i mali polmonari, avere conseguenze gravi. Io penso che non sia difficile ottenere ciò, dato che il Tribunale speciale mi ha condannato alla reclusione ma non ha specificato che essa debba essere aggravata dalla tubercolosi. Attraverso Tatiana puoi fare avvertire l’avv. Niccolai, in queste pratiche l’intervento di uno che vada negli uffici competenti vale piú di cento lettere. Aggiungi che io sono affetto da grave depressione nervosa e da insonnia, puoi immaginare quali notti io passi. Nella domanda aggiungi che il mio passato lavoro di intellettuale mi fa sentire fortemente la difficoltà allo studio e alla lettura che si trova quando si è in una camerata di tali ammalati e chiedi che andando da solo mi sia concesso di poter avere carta e inchiostro per dedicarmi a qualche lavoro di carattere letterario e allo studio delle lingue. Ricorda che io sono stato assegnato a Turi non per malattie polmonari, ma per uricemia cronica che mi ha rovinato la dentatura e lo stomaco e mi ha dato degli esaurimenti nervosi con seguito di emicranie e nevrastenia croniche.

3) Scrivi a Tatiana che non posso avere né vestiti né soprabiti: solo biancheria. O tu direttamente o attraverso Tatiana dovreste mandarmi: un pettine – due o tre fodere da cuscino – qualche pacchetto di sigarette Esportazione – per profumare il tabacco fammi mandare tre o quattro «fave americane» (si trovano nelle grandi farmacie di Roma).

4) Non so quali libri potresti mandarmi, per ora fammi mandare il catalogo della Casa Editrice «Il Nuraghe» e il Calendario-Atlante De Agostini. Scrivi subito a Tatiana per fare avvertire l’avv. Niccolai della pratica al Ministero di Giustizia e per salutarla tanto a mio nome. Rassicura la mamma sulle mie condizioni di salute. A Tatiana fa sapere che non ho ricevuto nulla ancora direttamente dalla libreria, ma solo tre pacchi rispediti da Roma; il mio nuovo indirizzo è stato comunicato? O la comunicazione è andata perduta?

Scrivimi quanto puoi e fammi scrivere. Abbraccia tanto la mamma e tutti di casa. Affettuosamente.

Antonio

105.

27 agosto 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto in questo mese sei tue lettere. Ti ringrazio. Io, per un pezzo ancora, ti potrò scrivere solo una volta al mese, cioè potrò scrivere solo una lettera ogni 15 giorni (l’altra alla mamma o a Carlo). E (almeno questo ancora) le mie lettere non possono che essere di carattere immediato, per organizzare la mia vita alla bella meglio. Incomincio la lista delle quistioni. – 1° Per carità, non fare nessuna pratica per un qualsiasi mio trasferimento ad altra casa. Non pensarci neppure. Se può dipendere dalla mia volontà, io non viaggerò piú. L’ultimo viaggio è stato orrendo e ancora non mi sono rimesso completamente dall’abbrutimento in cui mi aveva piombato. Sono stato quasi 20 notti senza dormire! – 2° Sono stato messo in una cella da solo. Da questo punto di vista sto molto meglio di prima. Occorre però continuare le pratiche perché mi siano concesse carta e penna dal Ministero. Quando potrò lavorare organicamente intorno a qualche ricerca letteraria o fare qualche traduzione, il tempo mi passerà facilmente: ho una maravigliosa facilità all’adattamento. Ciò che mi ha reso duro il carcere, finora (a parte tutte le altre privazioni che sono portate dalla mia situazione) è stato l’ozio intellettuale. – 3° Sulla quistione dei libri dovrei scrivere molti commi. La Libreria di Milano ha avuto il mio indirizzo? Finora non ho ricevuto direttamente nulla. Cosí non ricevo con ordine le riviste e non posso controllare gli arrivi. L’avv. Ariis cosa ha intenzione di fare coi libri che gli lasciai in deposito a Milano? Ti ha scritto qualche cosa? Fagli scrivere da mio fratello per sollecitarlo, poiché io penso che ciò sia necessario. Per i libri russi che vuoi mandarmi mi occorrerebbe un dizionario: io devo averne uno, russo-francese, del Makharof. Quello che mi avevi mandato ad Ustica era in francese-russo e non so dove sia andato a finire. (I miei libri di Ustica erano stati presi in consegna, dopo mia lettera, da Virginio Borioni, che non era fra gli arrestati di Palermo. – Non so se gli hai scritto per dargli il mio indirizzo; egli mi aveva promesso di spedirmi i libri alla Casa di Pena dove sarei stato assegnato). Dei miei libri romani vorrei avere quelli di storia e quelli dedicati all’Azione Cattolica e al Cattolicismo in generale. – Non mandarmi l’«Emporium» o altro di simile. Non voglio ricevere nulla piú di quanto io stesso ho comandato alla Libreria. Una cosa che puoi farmi avere è il «Secolo Illustrato» di Milano, per le fotografie d’attualità: puoi farmi l’abbonamento dal 1° luglio (coi numeri arretrati) per il secondo semestre del 28. – 4° Carlo ti ha trasmesso, come scrivi, la lista delle cose da me desiderate. Aggiungi: a) una borsa di gomma per il tabacco – b) delle pastiglie del dott. Favre per l’emicrania – c) dell’aspirina Bayer.

Auff! Non ne posso piú di tutte queste cose che devo scriverti. Penso alle camminate che ti costringo a fare: e non mi hai piú informato della tua flebite! Parliamo d’altro. Per esempio del regalo che vuoi fare a Giulia. Sai che non ho mai preso sul serio la tua idea di fare un regalo a Giulia, a mio nome. Per Delio e per Giuliano va bene: essi possono veramente credere che sia io a fare loro dei regali e legare il mio nome agli oggetti che riceveranno. Ma Giulia non è una bambina e mi pare che ci sia una certa presa in giro in questo affare dei regali. Tutt’al piú potrei regalarle la mia penna stilografica, ma non le servirebbe! Ti pare? D’altronde mi sento enormemente in difetto verso di lei, perché non le scrivo direttamente da tanto tempo. Sono sicuro che lei non crede perciò che io le voglia meno bene, ma non so come fare: quando scrivo, mi pare di emarginare delle pratiche burocratiche e non voglio scriverle essendo dominato da questo stato d’animo. Vedi come sono sentimentale! Meno male che ci sei tu, che sei cosí buona e non ti offenderai perché a te non esito a inviarti pratiche burocratiche! Questo è un bel ginepraio! Carissima Tania, scrivi tu a Giulia per me. Eppoi: le mandi ancora queste mie lettere? Esse sono scritte non solo per te: né io riesco sempre a pensare a te come distaccata da Giulia. Come potrei altrimenti essere cosí insistente nel darti tanti fastidi? Che sarebbero fastidi, poi, se in te non ci fosse qualcosa di Giulia e io non pensassi a te in una con Giulia. Vedi? È una specie di pirandellismo epistolare, questo. Cara, ti abbraccio teneramente

Antonio

Sai che mi fa uno stranissimo effetto sentirmi chiamare Nino da te: cosí mi chiamavano a casa tanto tempo fa e cosí mi scrive mia madre e Carlo. Mi fa anche un po’ ridere, perché si tratta, nella mia vita, di uno scenario vecchissimo e anacronistico.

106.

6 agosto[1] 1928

Carissima Tania,

ho ricevuto le tue lettere del 31 agosto e del 10 e 3 settembre dopo che ti avevo già scritto (– ti ho scritto il 27 agosto e ho spedito con raccomandazione; il 3 sett. tu non avevi ancora ricevuto questa mia lettera; tienimi informato perché io possa reclamare in caso di smarrimento –). Ho domandato di scriverti questa lettera straordinaria per vedere di fermare l’alluvione di iniziative che d’improvviso tu hai scatenato. Ma che cosa ti è saltato in testa? Appena giunto a Turi ti ho scritto di «non inviarmi nulla che io prima non ti avessi richiesto». Il Direttore del carcere, in una udienza, mi ha detto di aver sottolineato questa frase, per metterla piú in rilievo. Tu mi hai risposto che andava bene, che ti saresti attenuta a questa norma; perché poi hai mutato parere? Lo stesso si dica per l’affare di Soriano. Prima mi accenni alla cosa, assicurandomi che non avresti fatto nulla senza il mio consenso preventivo; poi mi scrivi d’averne parlato al Ministero. Perché fai cosí? Oggi la collera mi è passata, perché ho ricevuto i 4 pacchi e ho dovuto, se non altro, ridere della tua amorevole ingenuità, ma ti assicuro che nei giorni scorsi sono stato proprio male. L’impossibilità di scriverti subito e di evitare a tempo qualche iniziativa catastrofica (come sarebbe di farmi viaggiare nelle condizioni in cui mi trovo) mi empiva di un vero furore, ti assicuro. Mi sembrava di essere doppiamente carcerato, poiché anche tu ti mettevi a non riconoscermi nessuna volontà, a ordinare la mia vita come ti saltava in testa, senza voler ascoltare il mio parere, che pure sono in carcere, so cos’è, ne ho i segni dolorosi sulla pelle. Come puoi illuderti ancora di traduzioni straordinarie, nonostante tutte le promesse, quando hai visto ciò che mi è successo finora? Eppoi io non voglio cambiare, in nessun modo, anche se mi traducessero in sleeping, perché sono contrario per principio a ogni cambiamento che non sia necessario e fatto a ragion veduta, molto veduta. Già a Milano abbiamo avuto, a questo proposito, uno scambio di opinioni un po’ vivace: tu mi avevi promesso di non ricominciare. Ahimè! Cosí si dica per gli oggetti che mi mandi e che scrivi di volermi ancora mandare. Ho riso oggi, ma sai che c’è da diventar tristi a vedere ciò che tu credi io possa avere. Vuol dire che non immagini cosa sia il carcere, cioè che non riesci a formarti un concetto esatto di quale sia la mia reale situazione. Tu credi che io sia in un pensionato o qualcosa di simile. Ora, io non posso avere nulla di mio, solo della biancheria e dei libri. Basta; hai capito? Niente vestito, niente soprabito, ecc. ecc. Niente di metallo: neanche una scatoletta per la vasellina. Non devi proprio mandarmi nulla che io non ti abbia prima domandato e non devi prendere nessuna iniziativa che prima non abbia avuto la mia esplicita approvazione. Senza eccezioni di sorta. Altrimenti tu mi aggraverai il carcere invece di alleviarmelo. Fa invece ciò che io ti domando. 1° Ancora non ricevo regolarmente le riviste dalla Libreria. 2° Invece di mandarmi una grammatica tedesca per gli italiani, mi hai mandato una grammatica italiana per i tedeschi (proprio cosí). 3° I miei libri ad Ustica sono stati raccolti da Virginio Borioni (confinato politico). 4° Non so se hai scritto all’avv. Ariis per i libri che ho lasciato a Milano. – Basta. Non arrabbiarti troppo neppure tu per ciò che ti ho scritto: so bene che tutto ciò che hai fatto lo hai fatto per ciò che credevi il mio bene. D’altronde non dubitare: se ho bisogno di qualcosa, ti scriverò. Per esempio: puoi mandarmi qualche pacchetto di sigarette Giubek o Macedonia-Esportazione. Mandami una dozzina delle cosidette «fave americane» che servono a profumare il tabacco (si vendono nelle farmacie). Mandami pure qualche traduzione dal russo (ediz. Slavia) e la Letteratura del Lo Gatto. Ti abbraccio teneramente, ma non farmi piú arrabbiare. Credi che ho una volontà razionale e che ciò che faccio lo faccio dopo averci pensato molto, molto.

Antonio

107.

11 settembre 1928

Carissimo Carlo,

ho ricevuto la tua assicurata del 27 agosto. Ti ringrazio. Forse Tatiana ti ha già comunicato che la mia situazione è molto migliorata per il fatto che mi trovo da qualche settimana solo in una cella. La quistione dell’avere la disponibilità della penna e della carta non ha fatto nessun passo in avanti; non so quale risultato abbiano avuto le pratiche fatte da te e da Tatiana. In ogni modo devi sapere che tutto dipende dal Ministero, come mi fu assicurato anche dall’Ispettore che visitò recentemente le carceri di Turi, per cui io qui posso fare poco e ottenere nulla. È necessario che sia tu ad insistere per ottenere il permesso, che non è escluso dal regolamento e che viene dato a parecchia gente in altre Case di Pena. Non credo che contro di me si voglia applicare una misura speciale di rigore.

Ho ricevuto il pacco. Non capisco le complicazioni che hai immaginato per le sigarette Macedonia tipo Esportazione, per le quali dici di aver scritto a Genova al porto franco. Esse sono in vendita da per tutto e non c’è bisogno di scrivere ad un porto franco. Chissà cosa mai hai creduto che desiderassi: qualche specialità straordinaria. Tieni sempre presente che io non domando mai niente di straordinario ed eccezionale.

Una raccomandazione devo fare a te che ho fatto a Tatiana abbastanza vivacemente. Di non iniziare nessuna pratica che mi riguardi e non mandarmi nulla, se prima non sono stato avvertito. Tatiana mi ha fatto passare due brutte settimane, facendomi sapere di aver detto a qualche impiegato del Ministero che sarebbe stato bene trasferirmi da Turi a Soriano. Non so se anche tu sei stato d’accordo in questo affare. Ad ogni modo sei avvertito che tutte queste iniziative mi sono enormemente sgradite e che io non accetterò cambiamenti, per quanto mi è possibile. Non voglio piú viaggiare. L’ultimo viaggio mi ha ridotto uno straccio. Non puoi immaginare quanto abbia sofferto. L’irritazione del sangue e della pelle subita durante tutti i cambiamenti che il viaggio domanda fu tale che mi scoppiò il cosidetto «fuoco di S. Antonio», con sofferenze atroci. Ora mi sto rimettendo, ma sono ancora mezzo abbrutito. Immagina quale impressione mi ha fatto il sapere di poter essere minacciato da un nuovo viaggio alla ventura. Ho scritto a Tatiana forse anche con troppa durezza. Ma ancora si faceva delle illusioni su un viaggio straordinario. Illusioni, perché in ultima analisi tutto dipende dai carabinieri e dalla Questura. Da Ustica a Milano dovevo fare il viaggio straordinario per ordine del Tribunale Speciale; rimasi in viaggio 20 giorni, e pernottai in 10 carceri. Da Milano a Roma il viaggio fu straordinario per la durata, ma rimasi 16 ore coi ferri nel vagone cellulare per mancanza di carabinieri invece che in terza, come aveva ordinato il Tribunale, ci fecero viaggiare in cellulare, di notte, ciò che è proibito dal regolamento. Per il viaggio da Roma a Turi avevo un certificato del medico: al momento della partenza il certificato sparí e dovetti stare in viaggio 12 giorni, col «fuoco di S. Antonio» addosso. Eppoi non voglio viaggiare né mutare. Sei avvertito. – Scrivi a Tatiana che in una sua lettera del 1° settembre accenna a notizie sui bambini che avrei ricevuto e che invece non ho ricevuto per nulla, forse una lettera si è perduta. – Scrivile anche che tra i libri romani ci deve essere un libro intitolato: Gino Piastru – La truffa garibaldina in Francia, che vorrei avere per ricostruire una conversazione amichevole avuta col giudice istruttore di Milano.

Mandami notizie un po’ dettagliate sulla salute della mamma che non mi ha piú scritto. Teresina non mi ha scritto ancora. – Tra i miei libri di Ghilarza ce n’è uno «Goethe, Über allen Gipfeln» (in tedesco, rilegato) che vorrei avere. – Saluta e bacia tutti di casa. Abbraccia tanto la mamma e falle tanti auguri. Vi abbraccio.

Antonio

108.

8 ottobre 1928

Carissimo Carlo,

ho ricevuto la tua lettera del 23 settembre (assicurata), quella del 24, la lettera della mamma del 25 e la tua cartolina del 2 ottobre. Ti ringrazio delle 200 lire e delle notizie che tu e la mamma mi mandate sulla vita del paese. (A proposito: ho ricevuto l’atlantino, il catalogo del «Nuraghe» e le sigarette). Devi sempre mandarmi notizie di Ghilarza: esse sono molto interessanti e significative. Mi pare che se ne possa trarre questa conclusione. Mentre prima, in Sardegna, c’era una delinquenza di carattere prevalentemente occasionale e passionale, legata in modo indubbio ai costumi arretrati e a punti di vista popolari che se erano barbarici conservavano tuttavia un qualche tratto di generosità e di grandezza, ora invece si va sviluppando una delinquenza tecnicamente organizzata, professionale, che segue piani prestabiliti, e prestabiliti da gruppi di mandanti che talvolta sono ricchi, che hanno una certa posizione sociale e che sono spinti a delinquere da una perversione morale che non ha niente di simile con quella del classico banditismo sardo. È un segno dei tempi dei piú caratteristici e significativi. Cosí è significativo il diffondersi dei suicidi. –

Hai fatto male a comandare il libro di Goethe alla Libreria Sperling. Non credo che si riesca a trovare con la semplice indicazione del titolo, perché si tratta di una delle tantissime antologie goethiane stampate in Germania, il cui titolo è preso dal primo verso di una brevissima poesia. Io credo che sia veramente nella scansia di casa, perché ricordo di averlo visto nel 1924. D’altronde ti prego di non comandare mai libri per me alla Sperling, perché si sta formando una confusione incredibile. – Invece dovresti acquistarmi a Cagliari qualche numero della rivista «Mediterranea»; la vedo spesso citata in altre pubblicazioni, per articoli di storia sarda, talvolta molto interessanti, ma non so dove sia stampata: credo a Cagliari. In ogni modo a Cagliari deve essere facile trovarla. – Nella cartolina mi scrivi di non ricevere lettere da Tatiana. Tatiana mi scrive di aver scritto a te e alla mamma e di non aver ricevuto risposta. Ci deve essere stato qualche disguido. Non so, perciò, se sai che Tatiana si è trasferita a Milano, dove abita in via Plinio 34. Oggi stesso ho ricevuto una sua raccomandata, contenente le fotografie dei bambini e una lettera di Giulia che dà notizie buone. I bambini sono graziosi e stanno bene.

Sono contento che la salute della mamma e tua e di Grazietta sia migliorata. Alla mamma vorrei osservare che mi pare che ci mette troppo piacere nello scrivermi che Edmea fa dei rimproveri alla sua mamma perché si è sposata. Che non c’entri per nulla la suggestione di ciò che sente dire intorno a sé? La situazione per voi è difficile e imbarazzante, lo comprendo, specialmente ora che la bambina è cresciuta. Ma non vi pare che sia male di mettere, o di contribuire a mettere una figlioletta contro la sua mamma? E credete che quando Edmea sarà cresciuta e potrà veramente capire e giudicare, non potrà serbarvi rancore di averle instillato o di non avere cercato di impedire che nascessero in lei dei sentimenti cosí morbosi. A me pare che la sua mamma abbia fatto benissimo a sposarsi. Per quanto mi consta è una brava donna che ha sempre lavorato e che è stata trattata molto male da Nannaro, non perché non abbia voluto sposarla, s’intende, ma per altre cose molto brutte. Credete che un giorno Edmea non possa venire a sapere molte cose e sentire di aver oggi falsificato i suoi sentimenti? Scrivo queste cose perché io stesso ho sofferto da bambino per aver mal giudicato e alcune di queste sofferenze hanno lasciato una cicatrice nella mia coscienza.

Informami della pratica che hai fatto o devi ancora fare per farmi ottenere la possibilità di scrivere. Non devi limitarti a scrivere all’avv. Niccolai; devi fare la pratica tu stesso, a nome della famiglia, presso il ministero. Io credevo che tu avresti fatto prima di me. Se avessi saputo, avrei fatto io stesso la pratica direttamente, attraverso la trafila carceraria. Pazienza. – Scrivimi piú spesso che puoi. La mia salute è sempre la stessa.

Abbracci affettuosi a tutti

Antonio

109.

19 novembre 1928

Carissima Giulia,

sono stato molto cattivo con te. Le giustificazioni, in verità, non sono molto fondate. Dopo la partenza da Milano, mi sono stancato enormemente. Tutte le mie condizioni di vita si sono aggravate. Ho sentito di piú il carcere. Ora sto un po’ meglio. Lo stesso fatto che è avvenuta una certa stabilizzazione, che la vita si svolge secondo certe regole, ha normalizzato in un certo senso anche il corso dei miei pensieri. – Sono stato molto felice nel ricevere la tua fotografia e quella dei bambini. Quando si forma troppa distanza di tempo tra le impressioni visive, l’intervallo si riempie di brutti pensieri; specialmente per Giuliano, non sapevo che pensare, non avevo nessuna immagine che mi sorreggesse la memoria. Ora sono proprio contento. In generale, da qualche mese, mi sento piú isolato e tagliato via da tutta la vita del mondo. Leggo molto, libri e riviste; molto, relativamente alla vita intellettuale che si può condurre in una reclusione. Ma ho perduto molto del gusto della lettura. I libri e le riviste dànno solo idee generali, abbozzi di correnti generali della vita del mondo (piú o meno ben riusciti), ma non possono dare l’impressione immediata, diretta, viva, della vita di Pietro, di Paolo, di Giovanni, di singole persone reali, senza capire i quali non si può neanche capire ciò che è universalizzato e generalizzato. Molti anni fa, nel 19 e 20, conoscevo un giovane operaio, molto ingenuo e molto simpatico. Ogni sabato sera, dopo l’uscita dal lavoro, veniva nel mio ufficio per essere dei primi a leggere la rivista che io compilavo. Egli mi diceva spesso: «Non ho potuto dormire, oppresso dal pensiero: – cosa farà il Giappone? –» Proprio il Giappone lo ossessionava, perché nei giornali italiani del Giappone si parla solo quando muore il Mikado o un terremoto uccide almeno 10 000 persone. Il Giappone gli sfuggiva; non riusciva perciò ad avere un quadro sistematico delle forze del mondo, e perciò gli pareva di non comprendere nulla di nulla. Io allora ridevo di un tale stato d’animo e burlavo il mio amico. Oggi lo capisco. Anch’io ho il mio Giappone: è la vita di Pietro, di Paolo e anche di Giulia, di Delio, di Giuliano. Mi manca proprio la sensazione molecolare: come potrei, anche sommariamente, percepire la vita del tutto complesso? Anche la mia vita propria si sente come intirizzita e paralizzata: come potrebbe essere diversamente, se mi manca la sensazione della tua vita e di quella dei bambini? Ancora: ho sempre la paura di essere soverchiato dalla routine carceraria. È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella secondo una certa serie. Quando vedo agire e sento parlare uomini che sono da 5, 8, 10 anni in carcere, e osservo le deformazioni psichiche che essi hanno subito, davvero rabbrividisco, e sono dubbioso nella previsione su me stesso. Penso che anche gli altri hanno pensato (non tutti ma almeno qualcuno) di non lasciarsi soverchiare e invece, senza accorgersene neppure, tanto il processo è lento e molecolare, si trovano oggi cambiati e non lo sanno, non possono giudicarlo, perché essi sono completamente cambiati. Certo io resisterò. Ma, per esempio, mi accorgo che non so piú ridere di me stesso, come una volta, e questo è grave. Cara Giulia, ti interessano tutte queste chiacchiere? E ti dànno un’idea della mia vita? Però, mi interesso anche di ciò che avviene nel mondo, sai. In quest’ultimo tempo ho letto una certa quantità di libri sull’attività cattolica. Ecco un nuovo «Giappone»: – attraverso quali fasi passerà il radicalismo francese per scindersi e dare vita a un partito cattolico francese? Questo problema «non mi lascia dormire» come avveniva per quel mio giovane amico. E anche altri naturalmente. Ti è piaciuto il tagliacarte? Sai che mi è costato quasi un mese di lavoro e mezzi i polpastrelli consumati? – Cara, scrivimi un po’ diffusamente di te e dei bimbi. Dovresti mandarmi le vostre fotografie almeno ogni sei mesi, in modo che io possa seguire il loro sviluppo e vedere il tuo sorriso piú spesso. Ti abbraccio teneramente, cara.

Antonio

– Postilla per Tania – Ma come sei cattiva, Tania. Da quanto tempo non ricevo tue notizie? Non importa che tu scriva delle lunghe lettere, basta anche una cartolina illustrata. Sai che anch’io sento sempre più la forza d’inerzia che mi spinge a non scrivere? E devo lottare per vincerla. Ma vincerò sempre? Qui c’è della gente che non scrive da mesi e da anni. Anch’io farò la stessa fine, certamente, se non trovo corrispondenti attivi. Cara Tania, ti abbraccio, sperando che non ti senta male.

Antonio

110.

3 dicembre 1928

Carissimo Carlo,

ho ricevuto, nello scorso mese, scarsissime notizie da voi tutti: – una lettera della mamma dell’8 novembre e una tua dell’11, poi piú nulla (ho ricevuto naturalmente, le calze, le sigarette e piú tardi la nasalina e la rinoleina). Perché mi lasciate tanto tempo senza informazioni, specialmente in un periodo di malattia della mamma? Capisco che non si scrivano delle lunghe lettere: può mancare la voglia o il materiale che si ritiene interessante; ma basterebbe scrivere piú spesso qualche cartolina con poche righe di notizie essenziali!

Ti prego di scrivere a Tatiana per riferirle queste cosette che mi domanda pressantemente: – ho depositato al libretto 930 lire, che però alla fine del mese si ridurranno a circa 700 lire, perché oltre alle spese ordinarie dovrò pagare una cassa che mi sono fatto costruire e che non so quanto costerà, ma immagino piú di 50 lire. Il mese scorso ho speso esattamente 120 lire. Quando giunsi a Turi avevo 650 lire. A Roma non fu depositato niente per me. Ecco il consuntivo essenziale. Per ciò che riguarda il preventivo: penso che sia bene avere a libretto un fondo stabile di almeno 700 lire, per ogni evenienza straordinaria, come sarebbe, per esempio una malattia, per la quale dovessi andare all’ospedale, un viaggio in traduzione, ecc. Poste cosí le cose, Tatiana può essere tranquilla e non preoccuparsi delle mie finanze. Ti dico che mi dispiacerebbe se mi mandasse dei soldi, perché so come si sacrifica e finisce di rimetterci la salute. Perciò cerca di convincerla anche tu e di assicurarla. Dille che se mi occorresse qualche cosa, io certamente mi rivolgerò a lei, ma che per ora non ho proprio bisogno di nulla.

Cosí non deve preoccuparsi di fare pratiche per far aumentare la somma che è concesso spendere giornalmente. Non ne vale la pena, perché non c’è nulla da comprare. Turi è un piccolo centro agricolo e non brilla certo per un mercato ricco; inoltre la stragrande maggioranza dei reclusi credo che non possa spendere nulla, per mancanza di mezzi, per cui il campionario delle cose in vendita è limitatissimo. Questo in linea di fatto. In linea di principio poi: non bisogna mai domandare piú di una cosa, se non si vuole passare per scocciatori professionali, e non essere presi sul serio per nulla. Ora è in corso la pratica per lo scrivere. Questa pratica basta.

Tatiana mi ha disilluso; credevo fosse piú sobria nell’immaginazione e piú pratica. Vedo invece che si fa dei romanzi, come quello che sia possibile che la reclusione venga trasformata, per ragioni di salute, in confino: possibile in via ordinaria, già si intende, cioè in virtù delle leggi e regolamenti scritti. Ciò sarebbe possibile solo per via di una misura personale di grazia, che sarebbe concessa, già s’intende, solo dietro domanda motivata per cambiamento di opinioni e riconoscimento ecc. ecc. Tatiana non pensa a tutto ciò: è di una ingenuità candida che mi spaventa qualche volta, perché io non ho nessuna intenzione né di inginocchiarmi dinanzi a chicchessia, né di mutare di una linea la mia condotta. Io sono abbastanza stoico per prospettarmi con la massima tranquillità tutte le conseguenze delle premesse suddette. Lo sapevo da un pezzo cosa poteva succedermi. La realtà mi ha confermato nella mia risoluzione, nonché scuotermi per nulla. Dato tutto ciò, occorre che Tatiana sappia che di simili romanzi non bisogna neanche parlare, perché il solo parlarne può far pensare che si tratti di approcci che io posso aver suggerito. Questa sola idea mi irrita. Fa il piacere di scrivere tu queste cose a Tatiana, perché se le scrivo io, temo di trascendere e di offendere la sua sensibilità. – Scrivile inoltre che a Milano io ho lasciato le pantofole invernali e le sopracalze: davvero mi servirebbero, perché incomincia a far freddo.

Vorrei poi che tu mi mandassi il «siero Casali» come mi hai scritto una volta. Mi sento piú debole con l’avvicinarsi del freddo. Inoltre dovresti mandarmi dell’«Ovomaltina» in modo che la cura ricostituente sia piú completa. Regolati per la quantità, in modo da organizzare una cura completa. – Dovresti poi mandarmi delle solette di feltro da mettere nelle scarpe, per evitare di rovinare le calze e anche per avere piú caldo. Mandandomi le sigarette, puoi mandarmi tutto.

Carissimo Carlo, scrivimi piú spesso; perché non mi scrivi sull’attività delle latterie sociali, in cui sei occupato? Mi interesserebbe molto.

Abbraccia la mamma molto affettuosamente. Baci a tutti. Cordialmente.

Antonio

(Per tua norma, in caso di smarrimento, in novembre non ho ricevuto denari da te).

111.

Ti ringrazio della tua lettera sulle Latterie Sociali Cooperative. Mi piace che io possa rimanere della mia opinione sulle cause che hanno portato alle disgrazie di Pili. Naturalmente io non sapevo prima e non so adesso i particolari sullo svolgimento completo degli avvenimenti e sulla forma specifica che essi hanno assunto.

Il fatto è che io non potevo seguire in nessun modo questi avvenimenti, all’ingrosso li ho indovinati, perché mi basavo su ciò che rappresentava Pili e sulle ripercussioni che la sua attività avrebbe avuto, e sulla colossale forza che gli si opponeva e che certamente non poteva rimanere inerte a contemplare la sua progressiva rovina. Mi pare che la sconfitta del Pili sia la sconfitta decisiva del P. S. d’A., che Pili cercava di acclimatare nelle nuove forme politiche attualmente dominanti: cosa di cui non ho mai dubitato.

112.

17 dicembre 1928.

Carissima Tania,

questo mese sei stata veramente brava: mi hai scritto quattro lettere! Ti ringrazio proprio di cuore. Ora cercherò di rispondere a tutte le quistioni che mi hai accennato, con un certo ordine.

1° – Penso che farai molto bene ad andare dai tuoi. Tua madre, specialmente, ne sarà tutta consolata e felice. Ma penso anche che faresti male ad andare d’inverno. Secondo me, dovresti andare di maggio. Per varie ragioni, tutte valide. La tua salute. Penso che sarebbe spiacevole per te e per tutti, se appena giunta, dovessi ammalarti ed essere costretta a giacere in un ospedale. Poi d’inverno, la vita è tutta rannicchiata in se stessa e se non si ha un grande appartamento, l’aggiunta di una persona finisce con l’angustiare e diminuire la gioia di vederti. Accenno solamente. – 2° A molte quistioni della tua lettera del 25 novembre non rispondo oggi perché ho incaricato Carlo di scrivertene 15 giorni fa: spero che l’abbia fatto. – 3° Per i libri che sono ancora in casa dell’avvocato. Puoi farmeli spedire e liberarlo dalla noia. Mi sono fatto costruire una cassa molto capace e cosí posso tenere i libri bene raccolti nel magazzino del carcere. Vorrei sapere se i miei libri di Milano sono tutti a posto, oppure quali sono andati dispersi. Ti scrivo questo, perché con molta sorpresa e alquanto disappunto, ho trovato nel carcere di Roma un detenuto il quale aveva la mia grammatica tedesca: la signora Pina aveva creduto bene regalarla. I libri che avevo a Milano mi servono ancora quasi tutti, perché alcuni non ero ancora giunto a leggerli e altri vorrei rileggere e studiare. Cosí vorrei sapere se a Roma esistono ancora miei libri o se quelli che non hanno trovato posto nella cassetta sono andati dispersi. Dal carcere di Roma, poi, ho mandato fuori il 1° volume delle Memorie di Salandra, che non ho trovato nella cassetta. Puoi informarmi di tutto ciò?; intanto fammi spedire dall’avvocato i libri a lui consegnati dal carcere di Milano. – 4° Ti mando una lista dei volumi che puoi farmi spedire: – α) Hegel – Introduzione alla storia della filosofia, a cura di F. Momigliano (ediz. Laterza, Bari) – β) Guido De Ruggero – Sommario di storia della filosofia (Laterza, Bari) – γ) A. Gerbi – La politica del settecento (Laterza, Bari) – δ) A. C. Jemolo – Il Giansenismo in Italia (Laterza, Bari) – ε) Ben. Croce – La poesia di Dante (Laterza, Bari) – θ) Ben. Croce – Poesia e non poesia (Laterza, Bari) – Inoltre –: L’Almanacco letterario per il 1929 (ed. Unitas – Milano) – Il Calendario-Atlante De Agostini per il 1929 – e un libro di Vincenzo Morello sul X Canto dell’Inferno di Dante pubblicato dal Mondadori e di cui non so il titolo esatto. – 5° Avverti la Libreria che non ho ricevuto il n. 38 (11 settembre) della «Rassegna settimanale della Stampa Estera» e il n. di settembre della «Critica» di Benedetto Croce. Forse sono stati inviati a Roma e sono andati smarriti. Vorrei proprio averli.

Carissima Tania, cosí ho sbrigato le cose pratiche. Vorrei poterti scrivere su tante altre cose, chiacchierare con te, come tu scrivi. Ma ancora non sono psicologicamente maturo, o almeno non in tutte le mezze ore in cui ogni due lunedí sono chiamato per scrivere, ne ho la voglia. Tu mi provochi, molto amabilmente, ma io non mi lascio trascinare neanche, come dire?, dalla vanità paterna. Forse, quando sarò piú rimesso e avrò meno mal di capo, ritroverò la buona voglia che avevo a Milano. Ma allora, le cose erano molto diverse: scrivevo 2 lettere ogni settimana e le scrivevo nella mia cella, avendo a disposizione 4-5 ore di tempo. A Roma e qui le cose sono cambiate, anche tecnicamente, perché si scrive in un locale comune, su dei banchi da scuola e bisogna fare il piú in fretta che è possibile. Scrivo molto velocemente e sono portato a scrivere solo di cose molto concrete.

Scrivimi piú a lungo sulla tua salute. Sai che 5 mesi fa, quando ti vidi a Roma, eri ischeletrita. Anche per questo tuo padre ha ragione quando ti fa delle saggie prediche a proposito del tuo viaggio. Devi rimetterti bene, prima di deciderti ad affrontare una lunga fatica. La volta prossima, scriverò per Giulia. Alla mamma scriverò domani, poiché si ha una lettera straordinaria per Natale.

Carissima, ti abbraccio teneramente con tanti auguri

Antonio

– Mi sono ricordato che avevo deciso di scriverti per farmi mandare una grammatica inglese. Vorrei quella di Pietro Bardi, edizione Laterza, Bari, che ho già studiato un po’ all’università, dove ho seguito anche il corso di letter. e lingua inglese. – Non mandarmi, per ora, nessun dizionario. Te lo domanderò io stesso a suo tempo, quando avrò rivisto la grammatica e mi sarò nuovamente orientato. Non ho capito bene quanto mi hai scritto di Fabrizio. Devi ricordare che io non so nulla. Per es. non ho neanche saputo quale sorte abbia avuto Tulli, il mio compagno di cella a Milano.

113.

31 dicembre 1928

Carissimo Carlo,

ho ricevuto un mucchio di cose: i medicinali, le 200 lire, ecc. Ti ringrazio di cuore. Il medico mi ha detto che il Siero Casali mi farà certamente bene. Pare sia la cura piú appropriata. Per Natale è venuta a Turi Tatiana; si è trattenuta abbastanza per avere alcuni colloqui. Mi è dispiaciuto che proprio nei giorni di Natale mi sia sentito poco bene. Ho avuto un attacco di uricemia, con grandi dolori alle reni, alle viscere e alla vescica, che però è già in via di dileguarsi. Cosí temo che Tatiana abbia avuto una impressione falsa della mia condizione generale di salute. In realtà questo è un male doloroso solo quando si fa acuto; ciò che può avvenire di raro, purché si stia attenti a escludere dall’alimentazione ogni cibo irritante o riscaldante. D’ora innanzi starò ancora piú attento che per il passato e spero di evitare ogni altra occasione. La visita di Tatiana, a parte questo contrattempo, mi ha fatto molto piacere, come puoi immaginare.

Ho ricevuto la lettera di mamma del 24, col biglietto e la figurina di Edmea. Sono contento che la mamma stia meglio e vada rimettendosi. Bacia tanto Edmea da parte mia, con qualche leggero pizzicotto nelle parti grasse, e ringraziala delle sue espressioni molto gentili e molto ben dette. Però mi pare che ella, se compone abbastanza bene e sa mettere in frasi spontanee e vive i suoi sentimenti, commette un numero di strafalcioni d’ortografia troppo grande anche per una scolara che è appena in terza. Dev’essere poco attenta e sempre piena di fretta: penso che anche nel parlare, qualche volta rassomigli a un mulinello e si mangi la metà delle parole, inghiottendo l’r con particolare gusto. Bisogna stare attenti a farle fare i compiti con diligenza e con molta disciplina. Nelle scuole sarde di villaggio avviene che una bambina, o un bambino, che in casa è stato abituato a parlare l’italiano (anche se poco e male), per questo solo fatto si trova ad essere superiore ai suoi condiscepoli, che conoscono solo il sardo e quindi imparano a leggere e a scrivere, a parlare, a comporre in una lingua completamente nuova. I primi sembra che siano piú intelligenti e vispi, mentre qualche volta non è, e perciò in famiglia e a scuola, si trascura di abituarli al lavoro metodico e disciplinato, pensando che con l’«intelligenza» supereranno tutte le difficoltà ecc. Ora l’ortografia è proprio il punto dell’asino di questa intelligenza. Se Mea non studia bene e non si corregge di questa deficienza, cosa si potrà pensare? Si potrà pensare che si tratti di una di quelle tante bambine che hanno i nastrini ai capelli, le vestine bene stirate ecc. e poi hanno le mutandine sporche. Diteglielo con un certo garbo, per non farle troppo dispiacere. La sua figurina non mi piace per nulla: non c’è nessuna spontaneità e nessun gusto. Eppure sarebbe tanto bene che imparasse un po’ di disegno.

Caro Carlo, non devi preoccuparti troppo dei denari che mi mandi. Non devi fare sciocchezze inutili. Sai che io sono molto positivo e pratico in queste cose. Ho adesso al libretto 950 lire, depurate di ogni gravame (la cassa l’ho già pagata). Ciò significa che bisogni urgenti non posso averne e che tu non devi stare in pensiero se per qualche mese non ti è comodo mandarmi neanche un soldo. Ti pare? Tanti auguri a tutti per il nuovo anno. Baci affettuosi

Antonio

114.

14 gennaio 1929

Carissima Tania,

ho ricevuto una tua cartolina postale dopo il tuo arrivo a Milano e un pacco di libri che tu hai indicato alla Libreria secondo la mia lettera anteriore al Natale. Ti ringrazio tanto di essere venuta fino a Turi: sono stato molto contento di vederti, come puoi immaginare. Solo avevo paura che un viaggio cosí lungo ti potesse stancare troppo e magari ti facesse star male. A Milano ho passato dei bruttissimi giorni quando ti sei ammalata dopo il viaggio da Roma per visitarmi. – La mia salute si è alquanto rimessa. Non ho più avuto forti dolori alle reni e alle viscere. Continuo la cura del Siero Casali e per indicazione del medico prendo anche il Valero-Fosfer Wassermann: dopo finite le tre bottiglie del Casali farò le iniezioni di Bioplastina e prenderò i Glicerofosfati che tu mi hai lasciato. Ho ricevuto anche la borsa per l’acqua calda, ma la adopererò solo se mi ritornano i dolori forti. Ma a Turi l’inverno è abbastanza mite (in questi giorni c’è un sole primaverile) e spero di non aver ricadute. Nel vitto ho escluso sistematicamente ogni cosa che può irritare lo stomaco: invece dei 200 grammi di vino che avevo prima, mi danno ora 300 grammi di latte: ho cosí un litro di latte al giorno che bevo al mattino e al pomeriggio. Cosí prendo la pasta con la sola ricotta, invece che col pecorino troppo piccante (ma tra poco potrò avere del formaggio non fermentato). Tra breve potrò anche avere il necessario per scrivere in cella e cosí sarà soddisfatta la mia piú grande aspirazione di carcerato. – I libri che ho già ricevuto e che sono indicati nella mia lettera del dicembre sono: L’Almanacco Letterario Unitas e La Politica del 700 di Antonello Gerbi. Non darli perciò piú in lista. Aggiungi invece un opuscolo: Storia e Antistoria di Adriano Tilgher (Bibliotheca Editrice, Rieti). Da Giulia non hai piú ricevuto notizie? Le scrivo poche linee, in attesa che risponda alla mia ultima lettera. Non ho notizie da casa. La mamma sta male. Potresti mandarle le fotografie di Delio e Giuliano? La renderesti felice. Tu riuscirai ad averle di nuovo, io credo. Cara Tania, ti abbraccio teneramente

Antonio

115.

14 gennaio 1929

Carissima Giulia,

attendo ancora la tua risposta alla mia ultima lettera. Quando avremo ripreso una conversazione regolare (se pure a lunghi intervalli), ti scriverò tante cose sulla mia vita, sulle mie impressioni ecc. ecc. Intanto tu devi informarmi sul come Delio interpreta il Meccano. Questo mi interessa molto, perché non ho mai saputo decidere, se il Meccano, togliendo al bambino il suo proprio spirito inventivo, sia il giocattolo moderno che piú si può raccomandare. Cosa ne pensi tu e cosa ne pensa tuo padre? In generale io penso che la cultura moderna (tipo americano), della quale il meccano è l’espressione, renda l’uomo un po’ secco, macchinale, burocratico, e crei una mentalità astratta (in un senso diverso da quello che per «astratto» s’intendeva nel secolo scorso). C’è stata l’astrattezza determinata da una intossicazione metafisica, e c’è l’astrattezza determinata da una intossicazione matematica. Come deve essere interessante osservare le reazioni di questi principi pedagogici nel cervello di un piccolo bambino, che poi è nostro e al quale siamo legati da ben altro sentimento che non sia il semplice «interesse scientifico». Carissima, scrivimi a lungo. Ti abbraccio forte, forte.

Antonio

116.

29 gennaio 1929

Carissima Tania,

ho ricevuto la tua lettera del 13 e poi la lettera di Giulia. Hai visto che storia Giulia racconta a Delio, provocandone la monelleria? Eppoi, se è vero che io mi sono sdraiato sulla neve e mi sono messo a fumare, non è vero che passassero dei contadini (chissà quanti!) e mi guardassero con maraviglia. Non passò proprio nessuno, e a ridere era solo Giulia. I contadini, invero, non si maravigliano di nulla e tanto meno di un uomo che fuma, dopo il crepuscolo, sdraiato sulla neve in aperta campagna, mentre una signorina (questa espressione farebbe troppo arrabbiare Giulia), ora seria, ora ridente, lo sta a guardare. Cara Tania, ti devo fare alcune raccomandazioni: 1° di non mandarmi e non farmi mandare dalla Libreria, dei libri nuovi. Ora che potrò scrivere, mi farò un piano di studio e io stesso domanderò i libri che mi abbisognano. Per ora non ne ho bisogno. Mi dispiace che si spenda per dei libri quasi inutili o superflui, mentre poi avrò bisogno di libri piú sostanziosi! 2° Dirai alla Libreria che non ho ricevuto né la «Rassegna settimanale della Stampa Estera», né il «Marzocco» dal 1° gennaio. Non sarà stato rinnovato a tempo l’abbonamento. Solo per l’esattezza, ti avverto che «Critica Fascista» non è stata soppressa almeno fino al 15 dicembre 1928: ne ho visto il sommario a questa data. Se l’abbonamento era stato pagato ai primi del 28, come la Libreria mi scrisse al carcere di Milano, bisognerà domandare i numeri dal febbraio in poi: io ricevetti infatti solo i due numeri del gennaio 1928. Del resto di questa rivista posso farne a meno. 3° Scrivi al signor Antonio Pescarzoli, redattore della «Fiera Letteraria», Piazza S. Carlo 2, Milano, un biglietto su per giú cosí concepito: «Antonio Gramsci, recluso nella Casa di Pena di Turi di Bari, la prega di volergli inviare i cataloghi delle principali Case Editrici italiane e francesi. Il Gramsci è abbonato alla Fiera Letteraria, per il tramite della Libreria Sperling e Kupfer. Le spese di posta le saranno rimborsate». Ringraziamenti, ecc. Se passi per Piazza S. Carlo, vedi di parlare direttamente col Pescarzoli, che è molto gentile. Ti abbraccio teneramente.

Antonio

117.

9 febbraio 1929

Carissima Tania,

hai ricevuto il mezzo foglio che ti ho scritto 15 giorni fa nella lettera alla mamma? Io ho ricevuto le tue lettere del 4 e del 5 febbraio (con la lettera di Giulia). Qui ha fatto 4 o 5 giorni di gran freddo, con una nevicata eccezionale; ma è stata una parentesi. Il tempo si è rimesso e il sole è nuovamente primaverile. La famosa borsa per l’acqua calda mi è stata utilissima: mi ha aiutato a superare brillantemente la situazione, senza troppo gravi disturbi. Proprio oggi ho ricevuto i 5 numeri del «Marzocco» che non mi erano giunti settimana per settimana. Forse tu hai già avvertito la Libreria che alcune riviste dal 1° dell’anno non mi arrivano piú, come ti ho scritto, e perciò il servizio riprende: non ho ancora ricevuto invece la «Rassegna settimanale della Stampa Estera». Cosí non ho ricevuto il n. del 20 gennaio della «Fiera Letteraria» che mi interessa di avere (gli altri n. li ho avuti). Ti ripeto ancora di avvertire che non mi mandino piú dei nuovi libri. Ora che posso scrivere in cella, prenderò delle note dei libri che mi servono e ogni tanto le invierò alla Libreria. Adesso che posso prendere degli appunti di quaderno, voglio leggere secondo un piano e approfondire determinati argomenti e non piú «divorare» i libri. Penso che solo eccezionalmente, per qualche bel libro di attualità, di cui io non posso conoscere l’esistenza, si può fare a meno del mio avviso. D’altronde la Libreria, che non ha certo uno schedario dei libri già inviati, mi ha già due volte spedito dei doppioni. Sai? Scrivo già in cella. Per adesso faccio solo delle traduzioni, per rifarmi la mano: intanto metto ordine nei miei pensieri. – Mi sono sempre dimenticato di domandarti una notizia che mi interessa molto: potrai informartene presso l’avvocato. Il Giudice Istruttore militare ha avuto delle noie per le dichiarazioni fatte da me e da Terracini al Tribunale Speciale? Se ne è lamentato con l’avvocato? Ciò che egli mi aveva detto era troppo importante per la mia difesa perché io potessi essere tenuto alla discrezione: d’altronde egli non mi parlò da solo a solo, ma in presenza del cancelliere, con abbondanza di particolari, in modo che io credetti di essere autorizzato a servirmi delle sue affermazioni. Tuttavia, se avesse avuto delle noie, mi dispiacerebbe, perché in lui non c’era accanimento contro di me. Cara Tania, scrivimi piú spesso: ti sei dimenticata delle cartoline?

Ti abbraccio

Antonio

Ho ricevuto anche la tua lettera dell’8.

118.

9 febbraio 1929

Carissima Giulia,

avevo pensato di scrivere una lettera particolare, proprio personale, per Delio. Ma Tania mi scrive che egli si trova in casa di Anna e poi la tua brillante narrazione sulle conseguenze dell’avergli raccontato la mia fumata sulla neve, mi fa esitare. Voglio prima avere il tuo consiglio. Mi pare che Delio sia molto reattivo, come era già a Roma e a Trafoi e non vorrei impressionare troppo la sua sensibilità. Perciò preferisco attendere il tuo parere.

La mia impressione su Tania è abbastanza buona. Quando la vidi a Milano l’ultima volta, ma specialmente a Roma, 7 mesi fa circa, era molto debole. Invece nel dicembre mi parve rimessa in parte e piú forte. Io non avrei voluto che ella facesse un cosí lungo viaggio per avere qualche mezz’ora di colloquio: ma è venuta all’improvviso, e poi, naturalmente, ne sono stato molto felice. Adesso dovrei farti un grande elogio di Tatiana, e della sua grande bontà. Ma non lo faccio, perché qualche volta esagera e finisce per operare come se mi giudicasse completamente sprovvisto di senso pratico, assolutamente incapace di vivere senza un istitutore o una bambinaia. Qualche volta mi ha persino fatto arrabbiare, ma piú spesso mi ha fatto ridere, sebbene da qualche tempo io rida poco e non abbia voglia di scherzare come una volta. Credo che questo sia il piú notevole mutamento avvenuto in me. Insomma ho concluso che Tatiana è il migliore esemplare di tutta la famiglia Schucht, che pure il famoso Diogott mi affermava essere una famiglia modello (non te l’avevo mai detto, ma adesso te lo dico per farti arrabbiare!); la sola che rassomigli veramente alla tua mamma.

Cara, è proprio vero ciò che scrivi: anch’io vorrei scriverti tante cose, ma non riesco a vincermi, a superare una specie di ritegno. Credo che dipenda dalla nostra formazione mentale moderna, che non ha ancora trovato dei mezzi di espressione adeguati e propri. Io sono sempre un po’ scettico e scanzonato e mi pare che se esprimessi tutto ciò che vorrei, non potrei superare un certo convenzionalismo e un certo melodrammaticismo che è quasi incorporato nel linguaggio tradizionale. Lo stesso studio professionale che ho fatto delle forme tecniche del linguaggio mi ossessiona, ripresentandomi ogni espressione in forme fossilizzate e ossificate che mi destano ripugnanza. Tuttavia sono convinto che tra noi non si spezzerà mai il contatto intimo.

Ti abbraccio forte forte

Antonio

119.

24 febbraio 1929

Carissima Tatiana,

ho ricevuto le tue tre cartoline (anche quella con gli scarabocchi di Delio), poi ho ricevuto i libri che avevo al carcere di Milano e ho constatato che il tuo bauletto inglese ha fatto miracoli, perché, imperterrito, ha superato il viaggio a piccola velocità, con ruzzoloni connessi, senza subire nessun danno e sfregio permanente; inoltre ho ricevuto le due paia di calze rammendate che ti avevo lasciato a Roma e le Memorie di Salandra. Ringrazia l’avvocato per il disturbo che gli ho arrecato coi libri, sebbene il baule fosse un po’ riempito come di patate: non ho potuto ancora fare una identificazione precisa, ma mi pare che alcuni libri manchino; non fa nulla! Mi ha molto divertito la storia della conferenza di Innocenzo Cappa. Questo tipo è un po’ il prezzemolo di tutte le salse intellettuali milanesi; e ancora, l’immagine è troppo favorevole a lui, perché il prezzemolo nella salsa compie una funzione utile e congrua, mentre il Cappa sta al mondo della cultura come il tarlo sta all’arte dell’abbigliamento. Una volta era il piagnone della democrazia lombarda; l’avevano anzi battezzato meglio: siccome Cavallotti era stato chiamato il bardo della democrazia, il Cappa ne fu chiamato il bardotto e bardotto è il mulo nato dall’incrocio di un’asina e un cavallo. Una figura intellettualmente nulla e moralmente discutibile.

Qui il tempo pare rimesso; pare che si senta finalmente l’odore della primavera. Ciò mi fa ricordare che si avvicina l’epoca delle zanzare, che l’anno scorso mi hanno tormentato assai. Desidererei perciò avere un pezzo di velo di zanzariera, per essere in grado di riparare la faccia e le braccia appena se ne presenti la necessità. Non molto grande, naturalmente, perché altrimenti forse non sarebbe neanche permesso; penso della superficie di un metro e mezzo quadrato. Poiché ci sono, ti espongo qualche altro desiderio: avere qualche matassina di lana per rammendare le calze. Ho studiato i rammendi delle due paia ricevute e mi pare che non oltrepassino la mia perizia. Bisognerebbe anche disporre di un ago d’osso, capace per la lana. Inoltre desidererei avere anche qualche fava americana per il tabacco, perché le altre hanno già perduto il profumo. Mi sono sempre dimenticato di scriverti di non mandarmi l’apparecchio per il meta, perché io ne possiedo già uno tutto d’alluminio; non ho mai domandato di averlo in cella, perché ho saputo che ad altri è stato rifiutato; d’altronde non mi serve molto. L’ho tenuto perché sono persuaso che col tempo lo permetteranno in tutte le case di pena, giacché in parecchie è già entrato e viene provveduto dalla stessa amministrazione.

Cara, ti abbraccio affettuosamente.

Antonio

Mandami anche, se puoi, i semi di qualche bel fiore.

120.

11 marzo 1929

Carissima Tatiana,

bisogna proprio che ti ringrazi cordialmente per la tua frequenza nello scrivere: quando ricevo della corrispondenza provo una vera gioia, un po’ fanciullesca persino. Oggi stesso ho ricevuto la tua cartolina di 200 lire; avevo pochi giorni fa ricevuto 200 lire da Carlo e cosí alla fine del mese avrò ancora a libretto 1150 lire, una somma rispettabile, come vedi. Nella cartolina di oggi scrivi di «lettere di Giulia e di libri», che avrei dovuto ricevere. Di Giulia ho ricevuto l’ultima lettera il 2 marzo, speditami da te il 28 febbraio: accenni a quella? Altre non ne ho ricevuto. Quindici giorni fa ti scrissi mezza lettera, che forse ti è stata spedita in ritardo da Carlo, dove, tra l’altro ti domandavo alcune cose: m’ero dimenticato però di pregarti di mandarmi anche qualche scatola di Ovomaltina, giacché sto per ultimare quella speditami da Carlo qualche mese fa. I libri spediti dall’avvocato li ho ricevuti. Ne mancano alcuni: certamente mancano i seguenti, come ho controllato: Benedetto Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX; Guglielmo Ferrero, Le due verità; La terza Roma; Alessandro Zévaès, Histoire de la IIIeme Republique; Upton Sinclair, Le pétrole; Enrico Ferri, Mussolini, uomo di Stato. Un volume di uno come «Bucard» sull’Intelligence Service inglese con prefazione di Stéphane Lauzanne (non ricordo il titolo). Questi libri devono essere in casa della signora Pina e desidererei averli, specialmente quello di Croce: pensa che questo l’ho già comprato tre volte e sempre mi è stato rapinato. Ora basta. Costa 40 lire: ho speso 120 lire e dovrei ancora spenderne 40 (cioè 160 lire) per avere un libro che mi è indispensabile: mi pare una esagerazione troppo esagerata. Ti prego perciò di ricercarli e di tenermi informato: ho proprio l’impressione che siano stati scelti e trattenuti a bella posta e ciò mi esaspera. Mi pare che lasciar passare sarebbe una sciocchezza, e non bisogna avere troppi riguardi contro certe indelicatezze: questa gente sa bene che sono in carcere e che i sacrifizi che i miei fanno per me non devono essere sfruttati da terzi. Credi: sono proprio esasperato. Dillo, anche, se è necessario, al signor Tullo, o faglielo capire. L’ho visto a Milano, mentre ero a colloquio insieme a suo fratello, e mi ha fatto un’impressione spiacevole, proprio di un collotorto. Mi è dispiaciuto assai, dopo averli visti, che tu abbia dovuto far conoscenza con quella gente. Basta. Il 19 è l’onomastico di mia madre: puoi mandarle un telegramma coi miei auguri? Sarà una sorpresa gradita per lei. Carissima Tania, ti scrivo sempre per darti fastidi e incarichi che ti fanno stancare. Voglimi bene lo stesso

Antonio

Non ho ancora ricevuto la «Rassegna settimanale della Stampa Estera» dal 1° dell’anno. Ma vedrò di aspettare ancora un po’. Ti abbraccio.


  1. Leggi settembre.