14 Lettere 391 – 428

391.

[estate 1936]

Caro Delio,

ho saputo da mamma Iulka che la mia ultima lettera (o anche altre?) ti ha procurato un po’ di dispiacere. Perché non me ne hai scritto nulla? Quando nelle mie lettere qualcosa ti dispiace, è bene che tu me lo faccia sapere e mi spieghi le tue ragioni. Tu mi sei molto caro e io non voglio procurarti nessun dolore: sono tanto lontano e non posso accarezzarti e aiutarti come vorrei a risolvere le quistioni che nascono nel tuo cervello. Devi ripetermi la quistione che una volta mi avevi posto riguardo a Cekhov e alla quale non ho risposto: io non me ne ricordo proprio per nulla. Se tu sostenevi che Cekhov è uno scrittore sociale avevi ragione, ma una ragione che non deve inorgoglirti perché già Aristotele aveva detto che tutti gli uomini sono animali sociali. Credo che tu volevi dire di piú, che cioè Cekhov esprimeva una determinata situazione sociale, esprimeva alcuni aspetti della vita del suo tempo e la esprimeva in modo da dover essere considerato come uno scrittore «progressivo». Ciò io penso. Cekhov a suo modo, nelle forme date dalla sua cultura, ha contribuito a liquidare le classi medie, gli intellettuali, i piccoli-borghesi come portatori della storia russa e del suo avvenire: essi credevano, nella vita reale, di essere i protagonisti di chissà quali miracolose innovazioni e Cekhov li ha mostrati come erano, meschini, vesciche gonfie di gas putridi, fonte di comicità e di ridicolo. Cosa intendevi tu? Scrivimelo. Si capisce che non si può dire tutto di Cekhov in poche parole. – Tu osservi che il giornale dei pionieri, nel passato, dedicava molto spazio a Tolstoi e poco o quasi nulla a Gorki. Adesso che Gorki è morto e si sente il dolore della sua perdita, ciò può apparire una cosa non giusta. Ma bisogna giudicare con spirito critico in ogni momento e allora non bisogna dimenticare che Tolstoi è stato uno scrittore «mondiale», uno dei pochi scrittori di ogni paese che ha raggiunto la maggiore perfezione nell’arte e ha suscitato e suscita torrenti di emozione da per tutto, anche in traduzioni pessime, anche in uomini e donne che sono abbrutiti dalla fatica e hanno una cultura elementare: Tolstoi è stato davvero un portatore di civiltà e di bellezza e nel mondo contemporaneo ancora nessuno lo ha eguagliato: per trovargli compagnia occorre pensare a Omero, a Eschilo, a Dante, a Shakespeare, a Goethe, a Cervantes e altri pochissimi. – Sono contento della tua lettera, e piú contento che ti senti meglio, che ti arrampichi sui muri per vedere l’eclipsi, che farai i bagni e delle passeggiate nel bosco e che imparerai l’italiano. Anche l’irrobustirsi è fare qualcosa. Caro, ti abbraccio forte.

папа


392.

[luglio 1936]

Carissimo Delio,

sono molto contento di sapere che nessuna delle mie lettere ti abbia procurato dispiacere (ho saputo che verso quel tempo tu sei stato poco bene, ma non so nulla di certo) e tu hai ragione quando pensi che non si può essere offesi quando ci si dicono cose giuste col tono giusto. Adesso credo di comprendere perché non ti ho scritto nulla a proposito del disaccordo fra te e la maestra sull’opera di Cekhov: credo sia stato perché la quistione, cosí come tu la ponevi, era la formulazione di un dogma sociologico, di poca importanza, di quelli che Engels diceva avevano piene le tasche certuni che credevano cosí di esimersi dallo studiare la storia in concreto. Ma tu hai solo 12 anni, e non penso che abbia le tasche piene di dogmi scolastici; del resto hai tutto il tempo per svuotar le tasche e ammobiliare il cervello. Non voglio discutere con te perché ho un’orribile emicrania; penso solo che hai 12 anni e, quantunque da molto tempo non veda tue fotografie, ti immagino molto cresciuto e con l’aspetto serio, serio (dinanzi al fotografo!). Ti ho mandato un orologio. Sei contento? I tuoi ricordi non sono molto precisi, ma non importa. Sarà difficile trovare una palla di celluloide col cigno dentro: io l’avevo portata da… Milano. Ti bacio forte.

папа


393.

[agosto 1936]

Caro Delio,

ti faccio tanti auguri per esserti già rimesso dalla malattia. Non mi hai scritto se l’orologio ti è piaciuto. Spero che adesso mi scriverai piú a lungo e mi farai partecipe di ciò che ti interessa.

Ti bacio, tuo

папа


394.

[estate 1936]

Cara Giulia,

non so ciò che puoi aver capito della mia espressione «finire un ciclo della vita», ma mi pare che non hai capito con esattezza e che hai dato all’espressione un significato troppo tragico, che io non capisco con esattezza. E poi, non hai ragione quando dici che «né la malattia né altri fatti possono dividere una vita umana in diversi cicli». Questo, per dirla con pedanteria, è evoluzionismo volgare e, sotto la sua apparenza di un razionale ottimismo, è una forma di fatalismo quietistico. Ciò che io intendo quando penso che un mio ritiro in Sardegna (che pure sento sarebbe e potrebbe essere utile alla mia salute) sarebbe l’inizio di un nuovo ciclo della mia vita è l’espressione di una analisi ben ponderata, nelle condizioni date, della mia posizione che sarebbe di isolamento completo, di degradazione intellettuale più accentuata dell’attuale, di annullamento o quasi di certe forme di attesa che in questi anni, se mi hanno tormentato, hanno anche dato un certo contenuto alla vita. Ma non credo che possa scrivere di questo argomento in modo da dartene un senso profondo. Del resto, e questo mi pare per ora il piú importante, non devi credere che questi miei sentimenti esprimano scoraggiamento e un qualsiasi pessimismo che dirò «storico». Ho sempre pensato che la mia sorte individuale era una subordinata; ciò non vuol dire che anche la mia sorte individuale, come quella di ogni altro individuo, non mi preoccupi e anche non mi «debba» preoccupare. Essa preoccupa abbastanza l’«altra parte» perché io possa disinteressarmene, ti pare? Ma mi sento debole fisicamente e la resistenza da svolgere mi pare troppo grande. Tu scrivi che ne discuteremo e io penso che quando tu vorrai venire non è impossibile che ciò ti riesca molto difficile, molto piú difficile di ciò che sarebbe stato qualche mese fa, anche se ti sentirai piú forte fisicamente come è certo e come appare anche oggi dalla tua lettera.

Vedi come sono bislacco: adesso che tu scrivi di poter venire con un senso di maggior sicurezza, io ti faccio delle difficoltà.

Sono proprio contento che gli orologetti per i ragazzi ti siano piaciuti. Mi scriverai a suo tempo ciò che risentiranno Delio e Giuliano? Hai ragione per ciò che riguarda il… 31; è vergognoso da parte mia… ma ho qualche scusante. Vorrei scriverti molto sulla malattia di Delio, su Julik, ma certi argomenti che riguardano la nostra tenerezza per i figli mi riescono di una difficoltà spaventevole a scriverne, perché mi indeboliscono e mi turbano. Cara, non sono contento di questa mia lettera (e neanche delle altre precedenti), ma non voglio ricominciare. Spero che tu sia molto molto forte anche per me.

Ti abbraccio

Antonio


395.

[estate 1936]

Cara Giulia,

mi riesce sempre piú difficile scriverti, ma Tatiana insiste perché ti mandi almeno qualche linea e perché almeno ti domandi di dare notizie esatte sulle ragioni che hanno determinato l’invio di Julik a una scuola speciale. Ecco fatto. Veramente avevo scritto una lettera abbastanza lunga, ma l’ho interrotta, perché facevo disgusto a me stesso. Non sono sicuro se manderò le lettere a Julik e a Delio. Oggi ha fatto molto sole e molto caldo, ma forse questo appunto mi disgusta. Manda davvero le notizie su Julik e non stranirti delle mie stranezze. Ti abbraccio.

Antonio


396.

[5 novembre 1936]

Carissima Giulia,

mi scrivi che sei «sicura» che puoi parlarmi di tutto, non solo delle tue gioie ma anche dei tuoi dolori. Ma mi parli veramente di tutto? Mi pare che negli anni piú belli della nostra vita, e specialmente nel 23, abbiamo parlato spesso di queste cose: come cioè, entro un determinato cerchio di persone che si vogliono bene, ognuno finisca col credere di essere il solo capace di sopportare con forza certi dolori e li nasconda agli altri, finché si forma una specie di «commedia degli equivoci», se di commedia si può parlare. Io sono sempre stato dell’opinione che la verità abbia in sé la propria medicina e sia, in ogni caso, preferibile al silenzio prolungato che, tra l’altro, è anche offensivo e degradante, perché chi tace di un fatto che può provocare dolore, pare che sia persuaso che l’altra parte non capisca che lo stesso silenzio ha un significato non solo, ma non possa pensare che il silenzio può nascondere cose ancora piú gravi di quelle che si vogliono celare. Dunque verità, chiarezza, sincerità nei nostri rapporti.

Quello che scrivi di Delio mi interessa, ma… Io ho sempre pensato che, nella mia condizione, sia difficile scrivere a dei ragazzi che non conosco intimamente, di cui non ho seguito lo sviluppo intellettuale e morale, di cui non sono in grado di «risentire» la sensibilità e le reazioni. Talvolta li immagino come dei bambini, altre volte come dei grandi: d’altronde mi pare che i ragazzi amano e sono felici quando vengono considerati come degli «eguali». Perciò ho sempre pensato e te ne ho anche scritto, che contavo su una tua collaborazione, per «tradurre» non letteralmente, ma secondo la loro mentalità, i miei biglietti a loro, e per aiutarmi a comprendere loro intimamente. Sono anzi persuaso che senza questa tua collaborazione, una mia corrispondenza seguita con Delio e Giuliano sia impossibile o diventi un puzzle. – Scrivimi molto della tua salute e con franchezza. Ti abbraccio teneramente

Antonio


397.

[24 novembre 1936]

Carissima Iulca,

per farti ridere, vorrei proprio scrivere una lettera tutta professorale, piena di pedanterie da cima a fondo, ma non so se mi riescirà. Il piú delle volte sono pedante senza volerlo: mi sono fatto uno stile di circostanza, sotto la pressione degli avvenimenti, in questi dieci anni di molteplici censure. Ti voglio raccontare un «piccolo» episodio per farti ridere e per farti capire il mio stato d’animo. Una volta, quando Delio era piccolo, tu mi scrivesti una lettera molto graziosa, nella quale volevi mostrarmi come il piccolo si iniziava alla… geografia e all’orientamento: me lo descrivevi a letto, sdraiato da Nord a Sud, che parlava come in direzione della sua testa c’erano dei popoli che facevano trainare i loro carri dai cani, a sinistra c’era la Cina, a destra l’Austria, in direzione delle gambe la Crimea ecc. Per aver questa tua lettera ho dovuto discutere piú di un’ora col direttore del carcere che sospettava chissà quali messaggi convenzionali! Ho dovuto discutere senza aver letto nulla ancora, si capisce, cercando di indovinare dalle domande che mi faceva, cosa tu avevi scritto e cosa volevi dire. «Cos’è questo Kitai, e cosa c’entra l’Austria?» «Cosa sono gli uomini che fanno trascinare i carri dai cani?». Ci volle un bello sforzo da parte mia per dare una spiegazione plausibile (non avevo ancora letto la lettera) e non so se sarei riuscito a spuntarla, se a un certo punto non avessi domandato bruscamente: «Ma lei ha moglie? E non capisce come può scrivere una mamma quando vuol scrivere di un figlio al padre lontano?» Il fatto è che mi consegnò subito la lettera; aveva moglie, ma non figli. Una sciocchezza, ma ha il suo significato: io «sapevo» che lui avrebbe letto le mie lettere con la stessa acrimoniosa e sospettosa pedanteria e ciò mi «costringeva» a un modo di scrivere «carcerario», da cui non so se riuscirò mai a liberarmi dopo tanti anni di «compressione». Ti potrei raccontare altri episodi e altre cose, ma non voglio che per farti ridere, ti rattristi invece con lo sciorinare le miserie del passato. La tua lettera mi ha rallegrato: mi pare che da un pezzo non scrivevi con tale lievità e con tale… assoluta mancanza di errori. Cara, fa lavorare il cervello e perciò scrivimi piú a lungo sui малыши, senza obbiettività. A proposito, mi pare che questo tuo aforisma sentenzioso: «Fare un rapporto (!?) sulla vita dei ragazzi è disfare la loro vita!» sia un grandioso sproposito, ma di quelli! Altro che l’Imalaia! Niente rapporti (io non sono un brigadiere) ma solo le tue impressioni «soggettive». Cara, io sono cosí isolato che le tue lettere sono come il pane per l’affamato (altro che pedanteria!): perché mi misuri cosí le razioni? Eppoi, a dir la verità, credo che la pedanteria e il professorume siano tutti dalla tua parte: solo che tu non te ne accorgi, perché sono comodi. Un povero disgraziato come me ti domanda: scrivi su di te, sui figli estesamente ecc. e tu, dalla tua trincea rispondi: «Ohibò! Per me, scrivere sulla vita dei ragazzi sarebbe come disfarla!» Altro che pedanteria; questa è della peggiore e della peggior specie. Tu «lavora col cervello» eppoi mi darai ragione. Cara Iulca, ti abbraccio teneramente.

Antonio


398.

[24 novembre 1936]

Caro Julik,

vedo con piacere, dalla tua lettera, che scrivi meglio; hai già una scrittura da ragazzo grande. Perché ti è piaciuto il film su I figli del capitano Grant? Devi scrivermi un po’ piú a lungo e descrivermi la tua vita, a cosa pensi, quali libri ti piacciono, ecc. – Sono contento che l’orologio ti piaccia; ma non aver tanto timore di portarlo, anche fuori; se è bene assicurato al polso non si può perdere, a meno che quando sei fuori non ti abbandoni a esercizi violenti di boxe, o simili. Quali giochi preferisci?

Caro Julik, ti abbraccio.

папа


399.

[novembre 1936]

Carissimo Delio,

puoi scrivere su Puškin quando vuoi; anzi è meglio che ci pensi bene, in modo da darmi una prova conclusiva della tua capacità a pensare, a ragionare e a criticare (cioè a discernere il vero dal falso, il certo dal possibile e dal verosimile). Non devi però diventare nervoso: io conosco la tua età, la tua preparazione e quindi saprò giudicare obbiettivamente (anche se ti voglio bene molto molto, e quindi essere obbiettivi sia piuttosto difficile). – I libri su Puškin e Gogol sarà difficile trovarli; ma poi cosa ne faresti? Ormai sono invecchiati mentre ora c’è tutta una letteratura fresca sui due scrittori, letteratura criticamente elaborata su scoperte fatte negli archivi aperti alla giovane e valorosa filologia sovietica. – Sono tanto felice che tu stia bene e che non ti stanchi nello studiare. Caro, ti abbraccio e ti incarico di abbracciare tanto la mamma per parte mia.

папа


400.

[dicembre 1936]

Cara Iulca,

le tue lettere mi producono sempre una grande emozione, ma… (questi maledetti ma…) mi lasciano un po’ confuso e con pensieri che girano a vuoto. Tu sai che ho la mania della concretezza, che ammiro molto i… rapporti (daklad) quando sono ben fatti e le relazioni anche come quelle dei molto reverendi padri gesuiti sulla Cina che insegnano qualche cosa anco dopo qualche secolo. Cara, sono d’una pedanteria spaventosa: scrivi come vuoi, perché tu scrivi sempre bene, con grande spontaneità e mettendoci tutta te stessa. – Né io voglio farti un… rapporto su Tania. Ella vive a modo suo, naturalmente, ciò che talvolta mi dà una terribile sardesca voglia di avere in mano un nodoso bastone; ma mi pare che ella abbia una vitalità prodigiosa e che stia bene. Talvolta litighiamo perché ella è disordinata nel mangiare, cioè mangia poco e male, sebbene io abbia ragione di credere che ella è donna di buon appetito, quando tutto le è stato messo sotto il naso. Sebbene ella protesti e cerchi di attenuare è certo che a Formia le ho visto mangiare un pollo intero (bollito, dice lei, non arrosto), non enorme è vero, ma rispettabile, e ciò come prima colazione (savtrak). Cosí le ho visto mangiare delle porzioni considerevoli di agnello con patatine arrosto. Ora invece mi pare che si trascuri e ho l’impressione che abbia perduto di peso. Certo che bastano poche settimane di nutrimento normale per cambiarla molto, per farla ringiovanire ecc. – Sai che tutto questo mi dispiace di scriverlo, perché rimbrotto sempre Tania e tutto ciò non fa piacere (ieri anche mio fratello Carlo le ha dato una lavata di testa a questo proposito) e anzi mi produce spesso una grande irritazione. Su Tania stop.

Sono molto contento dei figli e delle loro due ultime lettere. Iulik è laconico, epigrafico. Non un aggettivo né un riempitivo: stile quasi telegrafico. Delio è molto diverso. E tu, cara, come sei? Non riesco piú a immaginarti bene, sebbene pensi sempre al passato. Mandami delle fotografie; sono poca cosa, ma aiutano. Quando ero a Ustica confinato, un beduino mi si era affezionato molto: era confinato anche lui; veniva a trovarmi, si sedeva, prendeva il caffè, mi raccontava novelle del deserto e poi stava zitto per delle ore a guardarmi leggere o scrivere; invidiava le fotografie che io avevo e diceva che sua moglie era cosí stupida che mai avrebbe pensato a mandargli la fotografia del figlio (non sapeva neanche che i mussulmani non possono ritrarre la sembianza umana e non era stupido). Tu non diventerai mica «la moglie del beduino»?

Cara, ti abbraccio con grande tenerezza.

Antonio


401.

[dicembre 1936]

Caro Delio,

aspetto che tu risponda alla quistione su Puškin, senza fretta; tu devi ferrarti bene e fare del tuo meglio. Come va la scuola per te e per Iulik? Adesso che avete le annotazioni ogni mese, sarà piú facile il controllo sull’andamento dei corsi. Ti ringrazio di avere abbracciato forte forte la mamma per parte mia: penso che devi farlo ogni giorno, ogni mattino. Io penso sempre a voi; cosí immaginerò ogni mattino: ecco che i miei figli e Giulia pensano a me in questo momento. Tu sei il fratello maggiore, ma devi dirlo anche a Iulik: cosí ogni giorno avrete i «cinque minuti del babbo». Cosa ne pensi?

Ti bacio.

папа


402.

[1936]

Cara Giulia,

dovrei forse rispondere a te, invece che a Delio, per spiegare ciò che intendo per «fantasia», perché la tua lettera è scritta con una sorprendente assenza di ciò che io chiamerei «fantasia concreta», mentre vi sono contenuti molti elementi di ciò che chiamerei «fantasia astratta» e altri elementi che in verità non riesco a capire. Ma ho sempre paura, quando ti scrivo, di cadere nella pedanteria concreta e astratta, ciò che significa che ho sempre l’impressione che non si riesca piú a comprenderci l’uno con l’altro, con la conseguenza che non si sa da che parte incominciare e si finisce col cessare di scrivere. Voglio darti qualche esempio:

1° Non ho scritto a proposito di Giuliano «solo» per l’insistenza di Tania. Abbiamo avuto con Tania una discussione sul tipo di scuola frequentata dal bambino e Tania era molto… pessimista. Io non ero pessimista sulle condizioni intellettuali di Giuliano, solo che il fatto stesso che si potesse accendere una discussione del genere mi amareggiava perché mi sarei aspettato una spiegazione da parte tua (senza bisogno di chiederla). Anche il chiedere informazioni in proposito mi dispiaceva, mi amareggiava, perché lo scrivere su queste cose mi si rappresentava come un esempio concreto della mia condizione generale: in realtà io so quasi nulla dei ragazzi, del loro sviluppo intellettuale, della loro vita concreta. A ciò si aggiunge che in ogni istante io rivivo tutto il passato e mentre discutevo con Tania ricordavo come di Giuliano io abbia sempre saputo cosí poco, tanto che solo dalla traduzione di una lettera tua a Tania io abbia saputo nel 1928 che Giuliano… parlava, mentre Tania mi aveva scritto – un anno prima – che aveva saputo che Giuliano era tardivo nel parlare. Tu hai sempre i ragazzi in tua presenza, li osservi nel loro sviluppo e ti colpisce ciò che di originale può essere in loro. Per me le cose sono molto diverse; ciò che a te sembra notevole a me può parere insignificante, perché mi manca la nozione di ciò che è piú sostanzialmente vitale ed espressivo in un essere che si sviluppa.

2° Cosí non è esatto che io abbia detto che Delio non è concreto, per la semplice ragione che non so neanche cosa Delio sia. Sono anzi persuaso che egli, come tutti i ragazzi della sua età, sia molto «concreto» come tu dici, nella vita reale. Ciò non significa che le letture e l’indirizzo scolastico datogli da qualche insegnante, non lo inducano, in certi casi, a fantasticare in modo che a me pare errato su ipotesi pseudo scientifiche; pare errato e da riprendere perché io credo che occorra sempre ricondurre gli scolari su una via che permetta lo sviluppo di una cultura solida e realistica, depurata da ogni elemento di ideologie rancide e stupide e permetta la formazione di una generazione che sappia costruire la sua vita e la vita collettiva in modo sobrio, con il massimo di economia negli sforzi e il massimo di rendimento. Naturalmente posso aver sbagliato per assenza di informazioni; ma, ritorno da capo, l’assenza d’informazioni su Delio è una delle condizioni dei miei rapporti con lui. Ho cercato di avere queste informazioni da lui stesso, trattandolo come una personalità compiuta e in ciò non credo di aver sbagliato: credo che un ragazzo sia piú contento di essere trattato come una personalità completa, che come un eterno giocattolo per i grandi e che ciò gli giovi di piú da ogni punto di vista.

Tania vorrebbe che ogni volta io ti scrivessi un trattato per indurti a scrivere di piú e con maggior precisione. Io credo che questo sia inutile e anche molto noioso. Certe cose o si fanno spontaneamente o non si fanno o non servono a nulla. Ti voglio solo spiegare ciò che intendo, press’a poco, per fantasia concreta: l’attitudine a rivivere la vita degli altri, cosí come è realmente determinata, coi suoi bisogni, le sue esigenze, ecc., non per rappresentarla artisticamente, ma per comprenderla ed entrare in contatto intimo: anche per non far del male. Le cose e le situazioni sono abbastanza crudeli obbiettivamente senza che si aggiunga qualcosa a questa loro crudeltà. Non bisogna neanche pensare che gli altri siano insensibili o trascurati o dimentichi o che so io. Mi costa un grande sforzo scriverti queste cose, perché anche di te so poco e ho sempre timore di farti del male: almeno la tua sensibilità credo di averla conosciuta e di averla assimilata quasi come un istinto nei miei rapporti con te. Ciò che non significa che non possa averti fatto del male senza volerlo. Ma non voglio cadere nel patetico.

Ti abbraccio

Antonio


403.

Caro Giuliano,

hai letto solo mezza novella di Wells e già vorresti giudicare tutta l’opera di questo scrittore, che ha scritto decine e decine di romanzi, raccolte di novelle, saggi storici ecc.? Mi pare un «po’ esagerato». E che novella hai poi letto? La piú bella o la piú brutta o quella che rappresenta la media delle possibilità dell’autore? Il piú grande scrittore dell’antica Grecia fu Omero e lo scrittore latino Orazio ha scritto che anche Omero qualche volta «dormicchia». Certo Wells in confronto di Omero dormicchia almeno 360 giorni dell’anno, ma potrebbe darsi che negli altri 5 o 6 giorni (quando l’anno è bisestile) fosse sveglio del tutto e avesse scritto qualcosa di piacevole e di resistente alla critica. Anche tu spesso non sei molto ordinato: la tua lettera è scritta in fretta, con molte parole lasciate a metà; eppure io credo che tu possa scrivere molto meglio, con piú ordine, con piú attenzione. Perciò io non ti giudicherò da questa lettera e non dirò: ma guarda che asinello di figlio! Caro Iulik, non prendertela e scrivi sempre tutto quello che pensi, anche se affrettato; poi ci ripenserai meglio, correggerai i tuoi errori e rafforzerai i tuoi giudizi. Mi dispiace di non poter discutere con te a viva voce; non credere che io sia molto pedante, mi piacerebbe ridere e scherzare con te e con Delio e parlare di tante cose che interessavano molto anche me quando ero un ragazzo. Ti abbraccio teneramente.

твой папа


404.

Caro Delio,

avevo ricevuto la penna del pappagalletto e i fiorellini che mi sono piaciuti. Ma non riesco a immaginare come sia l’uccelletto e perché si strappi delle penne cosí grosse; forse il caldo artificiale gli ha fatto male alla pelle, forse non ha nulla di grave e con la buona stagione gli passerà ogni prurito. Forse bisognerà dargli da mangiare qualcosa di molto fresco che sostituisca ciò che i suoi congeneri mangiano nel paese di origine, perché ho letto che gli uccelletti tenuti in casa, con cibi non adatti, soffrono di avitaminosi, perdono le penne e hanno una specie di rogna (che non è contagiosa): ho io stesso visto un passero cosí mal ridotto perché mangiava sempre mollica di cattivo pane, guarire con l’aggiunta al menú di un po’ di insalatina verde. – Non mi ricordo piú in che senso ti ho parlato della «fantasia»; forse accennavo alla tendenza di fantasticare a vuoto, di costruire dei grattacieli su una testa di spillo ecc. Caro, ti abbraccio tanto forte.

папа


405.

[5 gennaio 1937]

Cara Iulca,

anche la mia memoria non è molto buona (nel senso che dimentico le cose recenti, mentre ricordo spesso minutamente le cose di dieci, quindici anni fa), tuttavia so di certo che molte volte ciò che tu rispondi non risponde a ciò che io avevo scritto. Ma ciò non importa molto. L’importante è che tu scriva tutto ciò che ti viene nella fantasia… spontaneamente, cioè senza sforzo, lievemente. Io leggo parecchie volte le tue lettere; le prime volte come si leggono le lettere dei nostri piú cari, dirò cosí «disinteressatamente», cioè col solo interesse della mia tenerezza per te; poi le rileggo «criticamente», per cercare di indovinare come tu stavi durante le giornate in cui hai potuto scrivere, ecc.; osservo anche la scrittura, la sicurezza maggiore o minore della mano ecc. Insomma, dalle tue lettere cerco di estrarre tutte le indicazioni e significazioni possibili. Credi che questa sia pedanteria? Non credo: forse un po’ di «carcerite» entra in tutto ciò, ma non la vecchia tradizionale pedanteria che, d’altronde, oggi, mi sentirei di difendere aspramente contro certa faciloneria superficiale e bohème che ha procurato tanti guai e ancora ne procura e ne procurerà. Oggi mi piace piú un Manuale del caporale che i Refrattari del Vallès. Divago forse? – Del resto, tu mi scrivi benissimo dei ragazzi e le mie continue lamentele sono dovute al fatto che nessuna impressione, sia pur quella di te, di Iulca, che sento come parte di me stesso, può sostituire l’impressione diretta: credi che anche tu non vedresti nei figli qualche altra cosa di nuovo o di diverso, se li vedessi insieme a me? Ma gli stessi ragazzi sarebbero diversi, non ti pare? Proprio «obbiettivamente» diversi. – Cara, io voglio che tu abbracci la mamma per conto mio con tanto affetto e con una infinità di auguri per la sua festa. Io credo che tu abbia sempre saputo che in me c’è difficoltà grande, molto grande a esteriorizzare i sentimenti e ciò può spiegare molte cose ingrate. Nella letteratura italiana hanno scritto che se la Sardegna è un’isola, ogni sardo è un’isola nell’isola e ricordo un articolo molto comico di uno scrittore del «Giornale d’Italia» che nel 1920 cosí cercava di spiegare le mie tendenze intellettuali e politiche. Ma forse un pochino di vero c’è, quanto basta per dare l’accento (veramente dare l’accento non è poco, ma non voglio mettermi ad analizzare: dirò «l’accento grammaticale» e tu potrai divertirtene di cuore e ammirare la mia modestia grillesca).

Cara, ti abbraccio con tutta la mia tenerezza.

Antonio


406.

[23 gennaio 1937]

Cara Iulca,

sai che non sono mai stato abituato a ricevere auguri e neanche a farne. A dir la verità mi sembrano tutte sciocchezze (o mi sembravano) convenzionali, ma per i ragazzi certo non è stata cosa convenzionale (e neanche per te, cara). Solo che mi è sembrato di comprendere che tutti voi abbiate creduto di dovermi «far la festa» il 12, mentre io sono nato il 22 (mi pare di aver capito l’origine dell’errore) e voglio proprio essere festeggiato come piace a me: in questo caso voglio assolutamente una bella fotografia dei figli e tua. Una fotografia fatta bene, da un buon fotografo e non un giocarello da dilettanti. Non capisco perché non mi mandi piú spesso vostre fotografie: per la spesa? non credo. Per quale altra ragione? Sono passati piú di dieci anni da che non ci vediamo; perché non vedersi piú spesso in questa forma? Per me la quistione è molto, molto diversa e tu lo comprendi, credo: 1° dovrei passare per la trafila della polizia e questo 1° è già decisivo, per me. Cara Iulca, davvero, mandami delle belle fotografie di tutti, in gruppo e individualmente. Cara, ti abbraccio.

Antonio

Abbraccio anche la tua mamma buona, se me lo permette.


407.

[23 gennaio 1937]

Caro Iulik,

disegna come vuoi, per ridere e per divertirti e non «seriamente», come se facessi un compito che non ti piace. Vorrei però vedere qualcuno dei disegni che fai per la scuola! Questi disegni come li fai? Con serietà oppure come quelli che fai per ridere? – Mi pare davvero che alla scuola le cose ti vanno abbastanza bene; e la salute come va? Corri, giochi o ti diverti solo a scarabocchiare sulla carta figure non fatte seriamente? Ti ringrazio dei tuoi auguri. Oggi ho molto mal di testa e non posso scrivere a lungo.

Ti bacio.

папа

Con chi studi il violino?


408.

Evviva Julik! ho ricevuto una tua fotografia e sono stato molto felice di vedere la tua personcina. Però devi essere molto cresciuto dall’altra fotografia che mi è stata spedita tempo fa, cresciuto e cambiato; sei proprio un giovinetto ormai. Perché non mi scrivi piú? Aspetto una tua lettera lunga.

Ti abbraccio.

твой папа


409.

Caro Delio,

non ho letto molto di Wells, perché i suoi libri non mi piacciono gran che. Credo che se anche tu non lo leggi, non sarà una gran perdita per la tua formazione intellettuale e morale. Anche il suo libro di storia universale non mi è molto piaciuto, sebbene egli cerchi (e in ciò rappresenta una certa novità, almeno nella letteratura storica dell’Europa occidentale) di allargare l’orizzonte storico tradizionale, dando importanza, non solo ai greci, agli egiziani, ai romani ecc., ma anche ai mongoli, ai cinesi, agli indiani ecc. Come scrittore di fantasia mi pare che egli sia troppo meccanico e stopposo – come storico gli manca la disciplina intellettuale, l’ordine e la mentalità del metodo. – Fammi sapere se ti piace questo mio modo di scriverti e se capisci tutto. – Non ti ho risposto alla lettera precedente. Mi è piaciuta la tua idea di vedere il mondo popolato di elefanti dritti sulle zampe posteriori, col cervello molto sviluppato: certo per stare in grande quantità sulla superficie del globo, chissà che enormi grattacieli avrebbero dovuto costruire. Ma il cervello senza mani a che avrebbe servito? Gli struzzi hanno la testa alta e libera, stanno solo su due piedi, ma il loro cervello non si è molto sviluppato per questo. Si vede che per l’uomo, nella sua evoluzione, si sono concentrate molte condizioni favorevoli nel senso di aiutarlo a diventare ciò che era anche prima che si sviluppassero la volontà definita verso un fine e l’intelligenza sufficiente per organizzare i mezzi necessari per raggiungere il fine stesso. La quantità diventa qualità per l’uomo e non per gli altri esseri viventi, a quanto pare. Scrivimi a lungo. Ti abbraccio.

папа


410.

Caro Iulik,

questa volta non ho ricevuto nessuna tua lettera. Mi dispiace. È vero che io non ho risposto alla tua ultima, ma stavo poco bene. Sarei contento se tu mi scrivessi molto, anzi avevi promesso (mi pare) di scrivere qualche cosa ogni giorno di vacanza e poi mandarmi lo scritto insieme alle lettere di Delio, della mamma, di Genia. Si vede che sei un po’ disordinato e che dimentichi ciò che era per te un impegno. Puoi scrivermi di tutto e io ti risponderò seriamente. Ormai sei un ragazzo già grandetto e devi avere un certo senso di responsabilità. Che ne pensi? Scrivimi ciò che fai nella scuola, se impari con facilità, ciò che ti interessa. Ma se una cosa non ti interessa e tuttavia devi impararla, come fai? E quali giochi preferisci? Caro Iulik, ogni momento della tua vita interessa me. Ti abbraccio.

папа


411.

Caro Julik,

ho ricevuto la fotografia e il biglietto, ma le due cose non vanno d’accordo. Nella lettera ti lamenti, quasi piagnucoli come un bimbetto di cinque anni, mentre sei un ragazzo grande e forte e dovresti affrontare gli avvenimenti con coraggio e con calma tranquillità. Tu stesso mi hai scritto una volta che la scuola che frequenti serve per non perdere un anno di studio; e ti par poco? Poi bisogna vedere se i rimproveri che ti fanno non sono meritati. In ogni caso se bisogna fare una cosa, bisogna farla senza lamentarsi, senza guaire come i cagnolini da latte, in modo da trarne tutto il profitto. A me non piace che un ragazzone come te si lamenti, mentre nella fotografia pare che tu sia risoluto, tranquillo nella volontà di raggiungere il tuo scopo; cosí mi piaci molto e ti faccio tanti auguri. Ti abbraccio. целую1.

папа

(1) è Tania che mi fa scrivere mentre non sto bene e perciò scrivo male; dammi zero in tutto.


412.

Caro Delio,

mi hai scritto quattro linee che sembrano estratte da una grammatica per stranieri: – il pappagallo sta bene! (fagli i miei piú vivi rallegramenti e auguri!); che tempo fa? Qui fa bel tempo! ecc. E tu come stai? E cosa pensi di Pickwick? E i tuoi esami come si presentano? Senti un po’ di tremarella o sei sicuro di te stesso? Da qualche tempo mi scrivi poco poco e di cose poco interessanti. Perché? Scrivi piú a lungo. Ti bacio

папа


413.

Caro Iulik,

ho ricevuto tue notizie dalle lettere di mamma e di nonna. Ma perché tu non scrivi qualche parola? Io sono molto contento quando ricevo una tua lettera e chissà quante cose tu potresti scrivere sulla scuola, sui tuoi compagni, sui tuoi insegnanti, sugli alberi che vedi, sui tuoi giochi ecc. E poi… tu avevi promesso di scrivermi qualche cosa ogni giorno di vacanza. Bisogna sempre mantenere le promesse, anche se costa qualche sacrifizio e immagino che per te non deve essere un grande sacrifizio scrivere qualche cosa. Avevi promesso di mandarmi le lettere quando la mamma ti andava a far visita alla scuola… Caro, ti abbraccio.

папа


414.

Carissimo Delio,

io non so se l’elefante può (o poteva) evolversi fino a diventare sulla terra un essere capace, come l’uomo, di dominare le forze della natura e di servirsene per i suoi propri fini – in astratto. Concretamente l’elefante non ha avuto lo stesso sviluppo dell’uomo e certo non l’avrà piú perché l’uomo si serve dell’elefante, mentre l’elefante non può servirsi dell’uomo, neanche per mangiarselo. Ciò che pensi della possibilità dell’elefante di adattare le sue zampe per il lavoro pratico non corrisponde alla realtà: infatti l’elefante ha come elemento «tecnico» la proboscide e dal punto di vista «elefantesco» se ne serve a maraviglia per strappare alberi, per difendersi in certe circostanze ecc. – Tu mi avevi scritto che ti piaceva la storia e cosí siamo giunti alla proboscide dell’elefante. Io credo che per studiare la storia non bisogna troppo fantasticare su ciò che sarebbe successo «se»… (se l’elefante si fosse drizzato sulle zampe posteriori per dare maggior sviluppo al cervello, se… se…; e se l’elefante fosse nato con le ruote? sarebbe stato un tranvai naturale! e se avesse avuto le ali? Immagina un’invasione di elefanti come quella delle cavallette!). È già molto difficile studiare la storia realmente svoltasi, perché di una gran parte di essa si è perduto ogni documento; come si può perdere il tempo a stabilire ipotesi che non hanno fondamento? E poi nelle tue ipotesi c’è troppo antropomorfismo. Perché l’elefante doveva evolversi come l’uomo? Chissà se qualche saggio vecchio elefante o qualche giovinetto ghiribizzoso elefantino, dal suo punto di vista, non fa delle ipotesi sul perché l’uomo non è diventato un proboscidato! Aspetto una tua lunga lettera su questo argomento. Qui non ha fatto molto freddo eppoi quest’anno io non soffro per il freddo come gli anni scorsi. Ci sono sempre dei fiori sbocciati. Non ho con me nessun uccelletto ma vedo sempre nel cortile due coppie di merli e i gatti che si appiattano per prenderli; ma i merli non pare se ne preoccupino e sono sempre allegri ed eleganti nelle loro mosse.

Ti abbraccio.

папа


415.

Caro Delio,

questa volta non mi parli degli elefanti come portatori di una eventuale civiltà. Gli elefanti ce li hai di sapone e in questo senso possono portare la civiltà (o un aspetto di essa) nella sala da bagno: poveri elefanti! È vero che mi parli di tante altre cose e io dovrei iniziare con te tutta una serie di polemiche. Ma non posso, perché soffro di mal di capo e non sempre riesco a concentrarmi anche per cose di poco conto. Io credo che la mamma e Genia e tutti gli altri di casa devono sempre essere in discussione con te su tutti gli argomenti dello scibile e del fattibile. Benissimo! Ma quali cose ti interessano di piú? Una volta mi hai scritto che ti interessava la storia, ma poi non sei stato capace di continuare la quistione e hai scantonato sugli elefanti; adesso mi pare che ti interessi alle scimmie come progenitori degli uomini. Ma anche in questo punto mi pare di poter dire che a te piace piú la fantasticheria che la storia, e che sarebbe piú opportuno studiare la storia reale, quella che si può scrivere sulla base di documenti ben precisi e concreti. Il fantasticare su le ipotesi scientifiche era proprio degli uomini di 50 anni fa che vivevano in condizioni molto difficili di lotta ideologica. Oggi molte quistioni sono cadute nel nulla perché la vita ha superato e protagonista e antagonista e ha creato il costruttore. Purtroppo è difficile liberarsi dalle cose morte; ma tu, dacci un calcio nel mezzo e studia solo le cose concrete.

Ti abbraccio.

папа


416.

Caro Delio,

vedo che adesso ti interessi molto alle scimmie. La fotografia che mi mandi è ben riuscita: deve trattarsi di una scimmia pensatrice. Penserà alle carrube che può mangiare e alle altre cose che le passerà come pasto la direzione dello Zoo. E il pappagallo? Ho parlato dell’insalatina, ma mi riferivo ai passeri. Cosa mangia il tuo uccelletto? Vegetali teneri come l’insalata oppure frutta secche e legumi come le fave, le noci, i ceci, le mandorle? Quando ero ragazzo abbiamo avuto in casa una cocorita che veniva dall’Abissinia: tutto il giorno rosicchiava fave e ceci (le mandorle e le noci ce le mangiavamo noi) ed era molto antipatica perché non sapeva far altro e non era bella per nulla: aveva un testone grosso come tutto il corpo e il suo colore era un grigio tendente al giallo. Spero che il tuo uccelletto sia molto piú bello e simpatico. – Scrivimi qualche cosa sulle tue letture. Ti faccio tanti complimenti per gli studi e per il distintivo che hai avuto. Ti abbraccio teneramente.

твой папа


417.

Carissimo Giuliano,

tu vuoi che ti scriva di cose serie. Molto bene. Ma cosa sono le «cose serie» che vuoi leggere nelle mie lettere? Tu sei un ragazzo e anche le cose per i ragazzi sono molto serie, perché sono in rapporto con la sua età, con le sue esperienze, con le capacità che le esperienze e la riflessione su di esse gli hanno procurato. Del resto prometti di scrivermi qualche cosa ogni cinque giorni; sono molto contento se lo farai, dimostrandomi di aver cosí molta forza di volontà. Io ti risponderò sempre (se potrò) e molto seriamente. Caro, io ti conosco solo per le tue lettere e per le notizie che mi mandano di te i grandi: so che sei un bravo ragazzo, ma perché non mi hai scritto nulla sul tuo viaggio al mare; credi che non sia stata una cosa seria? Tutto ciò che ti riguarda è per me molto serio e mi interessa molto; anche i tuoi giochi. Ti abbraccia

твой папа Antonio


418.

Carissimo Delio,

mi sento un po’ stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti piú uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi non può non piacerti piú di ogni altra cosa. Ma è cosí? Ti abbraccio.

Antonio


419.

Ma questo figlietto Julik perché non mi scrive mai? Eppure avevi promesso di scrivere qualche cosa ogni giorno festivo e poi di mandare a suo tempo! Come mai un ragazzo che ha già 10 anni non mantiene le sue promesse? Caro Julik, voglio sapere da te come stai e come ti piace la nuova vita. Ti abbraccio teneramente.

папа


420.

Caro Iulik,

cosí ti sei liberato dal collettivo e vai al campo. Tornerai a scuola? Perché scrivere proprio all’ultimo momento, in attesa della macchina? Ti abbraccio tanto per la tua festa e ti mando un orologino, sperando che ti faccia riflettere al tempo e quindi… scrivere non all’ultimo momento.

Ti bacio.

папа


421.

Carissimo Iulik,

finalmente mi hai scritto qualche rigo. Ti faccio tanti complimenti per la tua festa: sei già grande, piú di mezzo soldato. Ti è piaciuto l’orologio? Mi scriverai come ti ritrovi a scuola? Io sono un po’ stanco e perciò ho potuto scrivere poco sia a Delio che a te. Ti abbraccio.

папа


422.

Caro Iulik,

ho ricevuto con molto entusiasmo i tuoi nuovi disegni: si vede che sei allegro e quindi credo che tu sia in salute. Ma dimmi: sai fare altri disegni che non siano per burla? Cioè sai disegnare seriamente per fare disegni da burla? Non mi hai scritto se in iscuola ti fanno imparare il disegno e se ti piace disegnare anche «sul serio». Io da ragazzo disegnavo molto, ma i disegni erano piuttosto lavori di pazienza; nessuno mi aveva insegnato. Riproducevo, ingrandendole, le figure e i quadretti di un giornalino. Cercavo anche di riprodurre i colori fondamentali con un mio sistema non difficile, ma che domandava molta pazienza. Ricordo ancora un quadretto che mi costò almeno tre mesi di lavoro: un contadinello tutto vestito era caduto in un tino pieno d’uva, pronto per la pigiatura, e una contadinella tutta rotondetta e grassottella lo guardava tra spaventata e divertita. Il quadretto apparteneva a una serie di avventure in cui il protagonista era un terribile caprone (Barbabucco) che, cozzando all’improvviso e a tradimento, faceva volar per aria i suoi nemici o i ragazzi che gli avevano dato la baia. Le conclusioni erano sempre allegre, come nel mio quadretto. Come mi divertivo a ingrandire il disegnino: misure col doppio decimetro e col compasso, prove, riprove colla matita, ecc. I fratelli e le sorelle guardavano, ridevano, ma preferivano correre e gridare e mi lasciavano alle mie esercitazioni. Caro Iulik, ti bacio.

папа


423.

Caro Iulik,

i tuoi disegni mi sono piaciuti molto perché sono tuoi. Sono anche molto originali e credo che la natura non abbia mai inventato delle cose cosí stupefacenti. Il quarto disegno è la rappresentazione di un animale straordinario; non può essere uno scarafaggio, perché troppo grande e con solo quattro lunghe zampe in movimento come quelle dei grandi quadrupedi, ma non è neppure un cavallo perché non ha orecchie visibili (anche nel primo animale da te disegnato, non si vedono orecchie e cosí anche uno degli uomini non ha orecchie); potrebbe essere un leone addomesticato e… trasparente; trasparente perché del cavalcatore si vedono tutt’e due le gambe. Mi piace anche il fatto che i tuoi uomini possono camminare sulla punta dei piedi nei posti piú difficili; sulla cima del ramo di un albero e sulla testa degli animali (forse perciò l’animale ha perso le orecchie)… Caro Julik, ti dispiace che io mi diverta sui tuoi disegni? Essi mi piacciono davvero cosí come sono; ma tu devi mandarmi non dei disegni fatti sul momento, ma di quelli che fai per la scuola. Ti bacio.

папа

Come vai a scuola? Riesci a studiare bene senza stancarti e senza diventare nervoso? E ti piace studiare?


424.

Caro Iulik,

come va il tuo cervellino? La tua lettera mi è piaciuta molto; il tuo modo di scrivere è piú fermo di prima, ciò che mostra che tu stai diventando una persona grande. Mi domandi ciò che mi interessa di piú. Devo rispondere che non esiste niente che «mi interessi di piú», cioè che molte cose mi interessano molto nello stesso tempo. Per esempio, per ciò che ti riguarda, mi interessa che tu studi bene e con profitto, ma anche che tu sia forte e robusto e moralmente pieno di coraggio e di risolutezza; ecco quindi che mi interessa che tu riposi bene, mangi con appetito ecc.; tutto è collegato e intessuto strettamente e se un elemento del tutto viene a mancare o fa difetto, l’intiero si spapola. Perciò mi è dispiaciuto che tu abbia scritto di non poter rispondere alla quistione se vai con risolutezza verso la tua meta, che in questo caso significa studiar bene, essere forte ecc. Perché non puoi rispondere, se dipende da te il disciplinarti, il resistere agli impulsi negativi ecc.? Ti scrivo seriamente, perché vedo che tu ormai non sei più un ragazzino, e anche perché tu stesso una volta mi hai scritto che vuoi essere trattato con serietà. A me pare che tu abbia molte forze latenti nel cervello; la tua espressione che non puoi rispondere alla domanda significa che rifletti e sei responsabile di ciò che fai e scrivi. Eppoi, si vede anche dalla fotografia che ho ricevuto che c’è molta energia in te. Evviva Iulik! Ti voglio molto bene.

целую


425.

Caro Iulik,

come stai nella nuova scuola? Cosa ti piace di piú, il vivere accanto al mare o il vivere vicino alle foreste, tra i grandi alberi? Se vuoi farmi un piacere, dovresti descrivermi una tua giornata, da quando ti levi dal letto fino a quando la sera ti riaddormenti. Cosí io potrò immaginare meglio la tua vita, vederti quasi in tutti i tuoi movimenti. Descrivimi anche l’ambiente, i tuoi compagni, i maestri, gli animali, tutto: scrivi un po’ per volta, cosí non ti stanchi e poi, scrivi come se volessi farmi ridere, per divertirti anche tu. Caro, ti abbraccio.

твой папа


426.

Carissimo Delio,

spero che quando riceverai questa mia lettera tu ti sia ben rimesso di salute e abbia acquistato almeno… cinque chili di peso. Ti faccio tanti auguri e ti raccomando di mangiare molto molto. Aspetto una tua lettera con molte notizie tutte belle per te, per mamma Iulca, per babula e per mammina.

Ti abbraccio.

папа


427.

Caro Delio,

perché non mi parli del tuo pappagalletto? È ancora vivo? Forse non ne parli piú perché io, una volta, ho osservato che ne parlavi sempre? Allegro Delio! Tatanička vuole che io ti scriva che alla tua età avevo un cagnolino e che ero diventato mezzo matto per la contentezza di averlo. Vedi! È vero che un cane (anche se piccolo, piccolo) dà molte piú soddisfazioni di un pappagallo (ma tu forse credi il contrario), perché gioca con il padrone, si affeziona… Il mio si vede che era rimasto un cane-bambinello, perché, per mostrarmi il massimo del suo entusiasmo, si metteva sulla schiena e si faceva la pipi addosso. Quante insaponature! Era proprio piccolo tanto che non riuscí per molto tempo a salire i gradini delle scale, aveva il pelo nero e lungo e sembrava un barbone in miniatura. Io lo avevo tosato come un leoncino, ma non era obbiettivamente bello, anzi era piuttosto brutto, brutto assai, adesso che ci penso. Ma come mi faceva divertire e come gli volevo bene! Il mio gioco favorito era questo: quando andavamo a passeggio in campagna, lo mettevo su un sasso sporgente e mi allontanavo senza che lui, che mi guardava e mugolava, osasse saltare. Io mi allontanavo a zig-zag, poi mi nascondevo in un fosso o in una cunetta. Il cane prima strillava, poi riusciva a trovare il modo di scendere e correva in caccia: questa mi divertiva, perché il poveretto, che allora, d’altronde, era ancora molto giovane, guardava latrando dietro tutte le pietre, si affacciava alle piccole (ma grandi per lui) fosse e impazziva perché io mi spostavo lestamente dopo averlo chiamato. Che feste, quando finalmente mi facevo ritrovare! E che abbondanza di pipí! Caro, adesso mi scriverai del pappagalletto? Ti abbraccio.

папа


428.

Caro Delio,

questa volta non ho ricevuto nessun tuo biglietto. Dalla fotografia di Giuliano ho potuto vedere un angolo della tua stanza, con la gabbia del pappagallo. Peccato che non sia possibile discernere l’uccelletto. Spero che con l’insalatina fresca (che deve essere tritata minutamente) e la cascia di miglio esso guarisca bene e le penne ricrescano lunghe e lucide. Ti bacio.

папа