9 5. I ricercatori

Gli agenti del processo della comunicazione scientifica più citati finora sono stati gli editori, le istituzioni accademiche, gli istituti di ricerca e le biblioteche. Stranamente abbiamo menzionato poco i principali attori del processo, gli autori. Non potrà aumentare il numero di riviste ad accesso aperto se i ricercatori non pubblicano in esse e l’efficacia dei repositories sarà minima senza la partecipazione attiva degli accademici che depositano le proprie pubblicazioni.

In questo contesto le domande da porsi sono due. In primo luogo, quali sono i comportamenti e le opinioni dei ricercatori riguardo l’accesso aperto? E, a seguire, quali le loro abitudini di pubblicazione in riviste ad accesso aperto o di auto-archiviazione in repositories?

Potrebbe sembrare che una buona opinione riguardo l’accesso aperto comporti un buon livello di pubblicazione in riviste di questo tipo o di auto-archiviazione in depositi. La realtà, tuttavia, non è esattamente questa.

Diversi studi rilevano le differenze di comportamento dei ricercatori quando cercano informazioni (utenti, lettori) o quando ne generano (autori). Questo effetto viene denominato “dei due cappelli” (Sale, 2006) o anche, in forma più cruda, “la sindrome di Dr. Jekyll e Mr. Hyde” per indicare le differenze nel comportamento degli autori quando sono consumatori dell’informazione o quando sono produttori della stessa. Esiste un divario tra i comportamenti del ricercatore e le sue abitudini riguardo il come e il dove pubblicare e l’accesso alle pubblicazioni. Come lettore consulta le fonti ad accesso aperto e desidererebbe l’eliminazione di barriere. Nonostante ciò, come autore è invece restio all’idea di pubblicare in riviste d’impatto senza considerare il copyright, il prezzo o la diffusione delle stesse.

Descriviamo brevemente queste due facce o comportamenti e, al termine, risponderemo alla critica sulla loro mancanza di interesse e motivazione per l’accesso aperto.

Ciò che pensano: comportamento da lettori

Sono molti gli studi effettuati riguardo i comportamenti e le percezioni dei ricercatori. L’ultimo di questi è stato il progetto SOAP (Study of Open Access Publishing), finanziato dalla Commissione Europea in occasione del 7° Programma Quadro di I+D, e che ha analizzato le attitudini e le convinzioni dei ricercatori rispetto alla pubblicazione in accesso aperto attraverso indagini online realizzate a più di 50.000 ricercatori di tutte le discipline e nazionalità tra il 2009 e il 2011. Precedentemente, tuttavia, altri studi si erano focalizzati sulla stessa questione (Rowlands et al., 2004; Swan,  Brown, 2005; Rowlands, Nicholas, 2005, Swan, 2008; Fry, 2009).

In tutti questi, risulta chiaro che in generale gli autori non solo conoscono sempre più il modello di accesso aperto, ma inoltre, manifestano un enorme appoggio  nei suoi riguardi, ritenendo meraviglioso che tutti i contenuti derivati dall’attività scientifica possano essere accessibili di forma libera e gratuita. Nel caso del SOAP, per esempio, all’incirca il 90% dei ricercatori intervistati considera che le riviste ad accesso aperto sono o sarebbero vantaggiose per la loro area di attività scientifica, con poche differenze tra tematiche e paesi.

I pregi più rilevanti del nuovo modello di comunicazione scientifica sono il bene alla comunità, il vantaggio economico che apportano, l’accessibilità, ecc. in linea con quanto già detto riguardo i principali vantaggi nel secondo capitolo.

Questa visione è contornata da diverse critiche, preoccupazioni e malintesi, come la mancanza di qualità, i costi di pubblicazione per l’autore, l’insostenibilità del modello, ecc., che abbiamo già affrontato in diverse parti del libro.

Ciò che fanno: comportamento da autori

In precedenza abbiamo indicato che il 90% dei ricercatori considera positivo l’avere a disposizione articoli ad accesso aperto, ma in realtà solo un 20% degli articoli, come spiegheremo, sono accessibili in questa modalità. La valutazione da lettori o consumatori delle pubblicazioni, pertanto, contraddice il loro comportamento da autori, visto che in quel caso la preoccupazione sta nel pubblicare in riviste d’impatto dimenticando le condizioni sul prezzo, sui diritti d’utilizzo o sul grado di diffusione delle riviste.

Questo duplice comportamento è curioso ma non strano e si spiega a partire da uno svariato insieme di dubbi, a buona parte dei quali stiamo fornendo delle risposte in questo libro. Perché non pubblicano, quindi, in riviste ad accesso aperto? Secondo lo studio SOAP, i principali intralci sono dovuti alle seguenti questioni:

– Mancanza di finanziamenti

Il 39% dei ricercatori che vorrebbero pubblicare in riviste ad accesso aperto hanno difficoltà nel trovare risorse economiche che permettano di sostenere il costo della pubblicazione degli articoli. Questi sono specialmente autori delle aree di scienze della salute nel cui ambito questo sistema è il più utilizzato. Ad ogni modo, lo studio segnala che più della metà degli autori non ha pagato alcuna quota per la pubblicazione e che, nei casi in cui il pagamento era dovuto, solo il 12% lo ha versato di tasca propria (nel resto dei casi si sono utilizzati fondi di ricerca o ha pagato l’istituzione).

– Qualità delle riviste ad accesso aperto

Sebbene la maggior parte dei ricercatori sia in disaccordo con affermazioni quali “le riviste open access sono di scarsa qualità scientifica” o “non accettano revisioni da parte di colleghi”, il 30% degli intervistati indica che non si trovano riviste ad accesso aperto di sufficiente qualità per la loro disciplina.

Altri motivi addotti riguardano l’accessibilità (8%), la non conoscenza (7%) o la mancanza di esperienza in questo tipo di pubblicazioni (4%).

Tuttavia, non possiamo dimenticare che l’opinione dei ricercatori che hanno pubblicato in riviste ad accesso aperto rivela che i motivi per la loro scelta sono la libera disponibilità dei contenuti per i lettori e la qualità scientifica delle riviste, così come la rapidità nella pubblicazione e, in alcuni casi, il fatto che l’autore non fosse tenuto a pagare direttamente alcun costo di pubblicazione.

Passiamo ad analizzare la via verde: perché non si archiviano in repositories? I principali motivi risultati dagli studi fatti finora (Swan, Brown, 2005; Swan, 2008; Fry et al, 2009) segnalano i seguenti inconvenienti:

– Dubbi riguardo la violazione dei diritti

Gli autori segnalano che non sanno se sono o meno autorizzati a depositare i propri lavori e, inoltre, quale versione di questi possono archiviare. Le directories sui diritti delle riviste descritte in precedenza (Sherpa/Romeo o Dulcinea) sono un passo importante per ridurre al minimo questo dubbio.

– Reticenze riguardanti la qualità del mezzo

Una parte degli autori ha la sensazione che i documenti in accesso aperto dei repositories siano materiali di qualità inferiore non sottoposti a revisione degli esperti. Sebbene tutti i depositi dispongano di una politica di raccolta che segnala quali contenuti possono essere inseriti, è probabilmente necessario che queste politiche siano indicate in maniera più chiara.

– Paura del plagio

Gli autori, nei campi delle scienze umane e sociali in particolare, pensano che l’harvesting in depositi faciliti il plagio dei contenuti. C’è sfiducia riguardo come i propri materiali potrebbero essere utilizzati da altri.

– Troppe procedure (mancanza di tempo)

La procedura di aggiunta dei raccoglitori nei depositi è considerata lunga e impegnativa (si deve avere un account nel repository, attribuire metadati, ecc.) e toglie del tempo che gli autori non sono disposti a spendere. In molti centri i bibliotecari hanno affrontato questo problema occupandosi loro stessi di questo compito per contribuire all’aumento dei contenuti dei repositories.

Buona parte di queste questioni, tanto quelle riferite alle riviste quanto ai repositories, sono state già trattate in precedenza perché corrispondono ai principali dubbi che riguardano l’accesso aperto. È chiaro, tuttavia, che è necessario sviluppare politiche di informazione e allo stesso tempo di controllo per la realizzazione di un nuovo modello di comportamento da parte degli scienziati.