13 7. Prospettive future

Se i vantaggi dell’accesso aperto sono tanti e tanto evidenti come si è spiegato nel corso del libro, perché ha avuto così pochi progressi? Questa è la domanda che può assalire il lettore dopo tanti elogi.

Non siamo i primi a domandarcelo. E’ la stessa domanda che già si poneva Harnad (2006, 73) qualche anno fa: perché si ha l’impressione che l’accesso aperto stia tardando molto nell’ottenere il 100% se è il modello che permette di massimizzare l’accesso e l’impatto dei contenuti scientifici? Vale a dire che, nonostante il notevole impatto che hanno avuto le dichiarazioni e iniziative già descritte, sembra che il libero accesso abbia ancora un ruolo di testimonial nel mercato dell’editoria tecnico-scientifica e che, dopo uno stadio iniziale di diffusione e di rapida crescita, questo movimento abbia difficoltà nel mettere realmente nei guai il predominio degli editoriali commerciali.

Le cifre dello sviluppo dell’accesso aperto sono difficili da stimare in particolare perché non si conosce sufficientemente il numero di riviste ad accesso aperto (via dorata), che in precedenza nel capitolo dedicato alle riviste abbiamo supposto essere all’incirca un 14%, ma anche perché si devono considerare pure i documenti archiviati in repositories (via verde) e ciò è più complicato.

Gli studi realizzati finora partono da valutazioni e permettono di avere un’idea generale sulla rilevanza dell’accesso aperto nell’edizione scientifica.

Uno studio di Björk et al (2010) stimava che un 20% degli articoli pubblicati nel 2008 poteva essere ad accesso aperto. E’ un’analisi fatta su un campione di 1837 riviste che indica che l’8,5% degli articoli si può consultare nella pagina web dell’editore (via dorata) e un 11,9% in più si trova in rete (via verde), nei repositories o nelle pagine web degli autori.

Altre relazioni presentano valutazioni sulla crescita annuale dell’edizione in accesso aperto. Lo studio Laakso (2011) indica che nel 2009 il numero di articoli pubblicati nelle 4700 riviste ad accesso aperto era di 191.000 con una crescita annuale del 20% negli ultimi quattro anni.  Lo studio stabilisce tre stadi dell’evoluzione: l’esordio (1993-99), l’innovazione (2000-04) e il consolidamento (2005-09). Secondo Springer, le previsioni di crescita degli articoli in open access si aggireranno attorno al 20% annuale fino il 2020, mentre l’aumento annuale degli articoli sarà del 3,5%.

Come già abbiamo indicato precedentemente, nel caso delle riviste ci sono anche difficoltà di tipo economico, dato che è basilare consolidare modelli commerciali che assicurino la loro sostenibilità. Il volontariato non può funzionare né a medio né a lungo termine.

Inoltre, possiamo conoscere alcune cifre orientative relative alla via verde, in concreto con la media dei documenti depositati in repositories rispetto al totale dei documenti. Attualmente, solo il 27% dei 2358 repositories inclusi nell’OpenDOAR contengono più di 10.000 documenti, e si rileva che solo 84 di questi (poco più del 3,5%) ospitano più di 100.000 documenti. Esistono molti depositi, ma resta evidente che la principale difficoltà che incontrano sia l’incrementare notevolmente i propri contenuti. In secondo luogo, i registri inclusi nei grandi harvesters come BASE o OAIster, circa 50 milioni, danno un’indicazione del numero totale dei documenti depositati nei più di duemila repositories esistenti.

Riprendiamo la domanda iniziale: perché siamo così lenti? La risposta, come direbbe la saggezza popolare, è che i cambi profondi non sono mai rapidi. Sostituire un modello che funziona da 350 anni non si può realizzare dal giorno alla notte. Se cerchiamo esempi per il confronto potremmo prendere come riferimento il cambiamento dall’edizione stampata a quella digitale, iniziata alla fine del XX secolo e che è a poco dal completarsi interamente, inoltre potremmo pensare alla sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili, che è probabile  duri un po’ più tempo o, se volessimo essere più pessimisti o volessimo giocare con una maggior dose di incertezza, potremmo prendere come riferimento la firma di un trattato di pace tra israeliani e palestinesi.