6 Il piombo fuso della memoria

a cura di Renato Suatoni

Terra di Palestina: campo di concentramento a cielo aperto

27 Gennaio 2009 Giornata della Memoria

“Ma cosa vogliono, ma chi sono, ma da dove spuntano fuori questi quattro palestinesi straccioni, pidocchiosi e puzzolenti che vivono grufolando rifiuti nei loro recinti ai margini dei possedimenti di una delle più avanzate, potenti e rispettate potenze di questo ultimo mezzo secolo? È finalmente giunto il momento di scrollarci di dosso, una volta per tutte, questi parassiti, schiacciarli nei loro formicai, spianare e lastricare con le loro ossa i loro ultimi spazi e, su tutto, disinfestare ogni possibile rischio di riproduzione”.

E così può calare il sipario su una delle più nere e infamanti pagine di violenze perpetrate dall’uomo sull’uomo in oltre sessanta anni dagli ebrei con la pianificazione scientifica di una altissima opera di ingegneria geo-politico-militare dell’ultimo secolo:

LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA.

“Sono senz’altro favorevole all’espulsione di massa di tutti i palestinesi con la forza, non ci vedo assolutamente nulla di immorale” così dichiarava D. Ben Gurion padre del Nazional-Sionismo ideologico all’Esecutivo dell’Agenzia Ebraica il 12 giugno 1938.

Gli inglesi non avevano ancora terminato di fare i bagagli che all’indomani del 10 marzo 1948 scattava il piano Mazav Dalet dell’Haganàh, dell’Irgun e dello Stern, le famigerate brigate sioniste, fresche di olocausto, con il metodico e capillare rastrellamento e annientamento di ogni forma di vita, la cancellazione di ogni traccia abitativa, per creare il vuoto autoctono, lo spopolamento, l’espropriazione, la diaspora dei nativi dal territorio. Contemporaneamente nel porto di Haifa, insieme ai carichi di bulldozer americani destinati allo spianamento di centinaia di case e villaggi, sbarcavano masse diimmigrati provenienti da tutta Europa chiamati ad occupare il vuoto etnico così a lungo agognato e così rapidamente reperito. Le istruzioni impartite dal piano Dalet uscite dalle stanze della famosa Casa Rossa erano chiare e minuziose: intimidazioni su vasta scala, assedio e bombardamento di villaggi e centri abitati, incendio di case, proprietà e beni, espulsione forzata, demolizione di ogni manufatto, minamento delle macerie ed avvelenamento dei pozzi rurali per impedire ogni tentativo di ritorno.

Alla fine di quello stesso anno, il 1948, dopo solo sei mesi, oltre metà della popolazione palestinese originaria, più di un milione di persone, era già stata sradicata, 700 villaggi distrutti, grossi centri abitati svuotati ed oltre 400 morti e centinaia di feriti. La memoria di quell’apocalisse, “Nakba”, è stata lobotomizzata scientificamente da ogni forma di informazione e chi opera nel sistema cognitivo sa di trascinare una colpa per continuare a sostenere l’ipocrisia e la menzogna necessarie a verniciare i 60 anni di mattanza e sterminio, esproprio e occupazione e la pulizia etnica di un intero popolo fino ai fatti di questi giorni.

I fatti di questi giorni sono la più nefanda prodezza in nome di David, sono l’atto finale di un lavoro consentito, sostenuto e incentivato anche da chi ha provato, e fatto provare, i benefici effetti dell’occupazione straniera. Dove li mettiamo gli oltre 80 massacri tra Palestina e Libano, gli oltre 8.000 morti, che fine faranno gli oltre 6 milioni di profughi rifugiati, chi risarcirà generazioni di nativi rapinati delle loro terre? Essi sono l’unica popolazione di rifugiati che non ha accesso ai servizi dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, concederlo equivale a riconoscerne l’esistenza.

La pulizia etnica è ormai quasi completata, di territorio da occupare non ne rimane quasi più, di palestinesi da espellere o eliminare non ne rimangono quasi più, a chi quindi, continuare a pretendere un riconoscimento? Forse agli oltre 1,400 morti di cui 322 bambini o ai 320 feriti morti nel corso del 2009 o agli oltre 5.000 intossicati, sciancati, smembrati?

Nella visione dei conquistadores ebrei i palestinesi non dovevano esistere, non dovevano difendersi, non dovevano opporsi, non dovevano resistere, sì perché il più piccolo tentativo di difesa organizzata, della propria casa o del villaggio, non poteva, non può essere e non sarà mai una difesa, bensì e soltanto terrorismo, succede ovunque ci sia in atto una occupazione.

Operazione “Piombo Fuso”, gli ebrei hanno imparato presto dagli americani il simpatico vezzo di dare definizioni evocatrici ai loro crimini punitivi, preparata da oltre 6 mesi controllando minuto per minuto che la controinformazione funzionasse perfettamente e messo in pratica anche per salutare degnamente l’uscente presidenza americana ed esorcizzare le imminenti elezioni israeliane. Tutto questo succede da più di mezzo secolo! Avevamo ancora i calzoni corti e sentivamo i grandi discutere di questi fatti, sono trascorse quasi tre generazioni, piccole e grandi guerre, trasformazioni epocali, la nuova Europa, la caduta del muro, l’uomo sulla luna, e gli ebrei sono ancora lì a martellare per dissolvere gli ultimi brandelli di questo popolo.

La cosiddetta Comunità Internazionale tace, non vede e non sente.

Invece l’Occidente, quello a stelle e strisce, è sempre più sensibile per la difesa e il sostegno della democrazia e il rispetto dei diritti umani, con ogni mezzo, preferibilmente con guerre preventive, secondo l’unico modello di cui la sua cultura dispone, il modello strettamente correlato ai suoi obiettivi strategici, economici e militari: l’Imperialismo.

ORA E SEMPRE RESISTENZA