Parte Prima

5 Capitolo 5- Come si cerca l’informazione giuridica

5.1 Banche dati proprietarie online: cenni

Per risolvere un problema posto da un caso occorre trovare la regola.

Nelle parole di Giovanni Pascuzzi [2019 103 ss.].

Dopo aver definito il problema occorre trovare la regola che lo risolve. […]
Posto di fronte al caso concreto, il giurista deve «cercare il diritto» che disciplina la vicenda e applicarlo. […]
Il giurista deve saper «cercare il diritto» (acquisendo la relativa abilità) ovvero deve saper cercare atti normativi, pronunce giurisprudenziali, contributi dottrinali. […]
Nell’impostazione tradizionale i materiali giuridici vengono conservati e diffusi su supporti cartacei: libri, riviste, repertori di giurisprudenza, raccolte di leggi ecc. […]
Ogni dato giuridico forma un’unità documentale distinta da ogni altro dato. È possibile distinguere ciascun dato sulla base di elementi identificativi (o estremi dell’atto). […]
[I dati normativi] si distinguono in funzione della natura dell’atto (legge statale, decreto legge, legge regionale ecc.); della data; del numero progressivo attribuito all’atto (non sempre previsto); del titolo (o rubrica). […]
[I dati giurisprudenziali] si distinguono in funzione dell’organo giurisdizionale (Cassazione, Tribunale, Consiglio di Stato ecc.); del tipo di atto adottato (sentenza, ordinanza, decreto: in mancanza di indicazione è sottinteso che si tratta di sentenza); della sezione dell’organo che ha emanato l’atto (non sempre prevista); della data della pronuncia; del numero o nome della parte (non sempre previsti; se c’è l’indicazione del nome della parte subito dopo la data, si tratta di un provvedimento della giurisdizione penale). […]
[I contributi dottrinali] si distinguono in funzione del nome dell’autore; del titolo del contributo; delle note tipografiche (se volume: luogo e data di edizione; se rivista: collocazione, ovvero: titolo rivista + anno + parte + pagina ...) […].

La ricerca del materiale giuridico costituisce un’abilità più complessa di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Non è questa la sede per approfondire l’argomento. Si rinvia perciò ai testi e ai manuali di riferimento per l’approfondimento [Pascuzzi, Guarda 2011; Pascuzzi 2019].

Qui occorre evidenziare che il ricorso agli strumenti cartacei sta progressivamente diminuendo per lasciare spazio a strumenti digitali e, in particolare, a banche dati online.

Le banche dati digitali presentano alcune caratteristiche comuni [Pascuzzi 2019, 112 ss.].

[I thesauri]. […] Per organizzare e immagazzinare i documenti in una banca dati vengono predisposti degli schemi generali di classificazione, ovvero dei thesauri. Sovente, con l’espressione «ricerca per parole chiave» ci si vuol riferire a una ricerca operata utilizzando le parole enucleate negli schemi e nei thesauri menzionati, cui i documenti sono stati associati nella fase di immagazzinamento. […]
[I canali di ricerca]. La ricerca di documenti in una banca dati può avvenire attraverso i «canali di ricerca». Si tratta di elementi caratterizzanti il dato che (al pari delle parole chiave costituenti il thesaurus) vengono associati al dato stesso. Ad esempio, in una banca dati giurisprudenziale il canale di ricerca può essere rappresentato dall’organo giudicante (Cassazione, Tribunale ecc.), ovvero dal nome delle parti in causa. […]
[La ricerca «full-text»]. […] Occorre rimarcare […] che i sistemi elettronici di information retrieval consentono di operare ricerche direttamente sul testo dei documenti. Questo tipo di ricerca (c.d. full text) elimina ogni mediazione tra dato e utente. È quest’ultimo a formulare le stringhe di ricerca, vale a dire a enucleare gli elementi che devono essere presenti nel documento cercato. […]
[I connettori booleani]. I sistemi elettronici di information retrieval hanno enormi potenzialità anche perché consentono di applicare principi di calcolo al ragionamento logico tramite l’utilizzazione di «connettori booleani» […].
I principali connettori booleani sono:
- «e»: richiede che tutte le parole specificate siano presenti all’interno dello stesso documento;
- «o»: richiede che almeno una delle parole specificate sia presente all’interno del documento;
- «senza»: inserito tra le due parole di ricerca, richiede che la prima sia presente nel documento senza che sia presente la seconda;
- «vicino»: inserito tra due parole di ricerca, richiede che sia rispettata la sequenza e l’adiacenza nella quale vengono specificate le parole. Di regola è possibile indicare un numero, subito dopo l’operatore, che indica la distanza massima tra i due termini.
[Gli operatori di espansione]. Le ricerche in una banca dati possono essere affinate anche grazie all’utilizzo di «metacaratteri» (ovvero operatori di espansione, ovvero wild chars). […] [Ad esempio, metacaratteri che servono al troncamento della parola]: nella stringa di ricerca si digita solo la radice della parola sostituendo con il metacarattere (che di volta in volta può essere un asterisco, un punto interrogativo o altro) le lettere mancanti.

Anche l’uso delle virgolette svolge una funzione molto importante. Quando si vogliono trovare documenti dove ricorre una precisa espressione occorre racchiudere le parole nelle virgolette: ad es. «diritti della personalità».

Esempi di banche dati proprietarie online sono «Il Foro italiano: le banche dati on line» (Società Editrice Il Foro Italiano, La Tribuna)4, «De Jure (Giuffrè Francis Lefebreve)»5 e «Leggi d’Italia (Wolters Kluwer)»6.

Si tratta di banche dati ad accesso chiuso, cioè alle quali è possibile accedere, previo pagamento dell’abbonamento, a diverse tipologie di informazioni.

Ad esempio, Il Foro italiano: le banche dati on line raccoglie materiale normativo, giurisprudenziale e dottrinale. In particolare, la banca dati è composta da:

    • Repertorio de il Foro italiano (dal 1981);
    • rivista Il Foro Italiano (dal 1987);
    • Cassazione civile (massime dal 1990 e sentenze integrali dal 1997);
    • Cassazione penale (massime e sentenze integrali dal 2009);
    • Merito ed extra (dal 2006);
    • Quattro Codici e leggi collegate.

Più nello specifico, in questa banca dati si possono reperire i quattro codici (civile, di procedura civile, penale, di procedura penale) e le leggi collegate, le massime giurisprudenziali raccolte nel Repertorio de il Foro italiano, una selezione di decisioni leggibili per intero, gli estremi delle indicazioni bibliografiche raccolte nel Repertorio e la rivista Il Foro italiano dove sono disponibili i testi delle decisioni giurisprudenziali, le note a sentenza e gli articoli apparsi nella medesima rivista.

Gli abbonamenti a pagamento presentano formule, che variano in base al prezzo, di accesso all’intera collezione o a parti di essa. Per fare un altro esempio, De Jure e Leggi d’Italia prevedono anche la possibilità di abbonarsi con formule che danno accesso a riviste, o collane di libri o a enciclopedie del diritto (De Jure offre l’accesso all’Enciclopedia del diritto Giuffrè; Leggi d’Italia al Digesto).

Si deve rimarcare che la copertura temporale di queste banche dati è limitata (ad esempio, il Foro italiano arriva al massimo agli anni ’80). Chi è interessato a ricerche di taglio storico dovrà fare riferimento agli strumenti cartacei o ad altre banche dati che hanno digitalizzato i materiali del passato. Ad esempio, le annate storiche della rivista Il Foro italiano sono accessibili fin dalla sua nascita (1876) tramite la banca dati proprietaria JSTOR7.

Gli studenti universitari se hanno la fortuna di studiare presso una sede che ha la disponibilità economica per comprare abbonamenti a banche dati proprietarie possono accedere mediante apposite credenziali alle risorse digitali. Potrebbero però non sapere che quell’accesso costituisce un privilegio legato allo status di studente. Una volta terminato il corso di studi e ottenuta la laurea gli ex studenti non potranno più godere della possibilità di accedere a importanti fonti di informazione.

Ma le banche dati proprietarie non costituiscono una strada obbligata, soprattutto nel campo del diritto. Un’alternativa ancora in via di sviluppo è illustrata nel paragrafo seguente.

5.2 Free Access to Law

In Italia gli atti ufficiali dello Stato non sono protetti dal diritto d’autore.

L’art. 5 della l. 22 aprile, n. 633 (l.d.a.) così recita.

Le disposizioni di questa legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere.

In altri termini, è possibile, ad esempio, riprodurre copie del testo di una legge o di una sentenza e distribuirlo al pubblico.

La pubblicità e la diffusione degli atti ufficiali sono aspetti fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia. Alla legge deve essere data pubblicità mediante pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. Le decisioni giurisprudenziali devono essere depositate in cancelleria dove si può chiedere di visionarle e di farne copia.

Nell’era di Internet è naturale pensare che la pubblicità debba riflettersi anche nella pubblicazione aperta sul web degli atti ufficiali dello Stato.

Paradossalmente, ciò è limitatamente vero in Italia.

Sul piano normativo, il nostro Paese solo in tempi relativamente recenti si è dotato di una versione digitale online della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana8, e di un sito «Normattiva»9, dove è possibile cercare e reperire i testi normativi.

Sul piano giurisprudenziale, mentre la Corte costituzionale10 e le giurisdizioni amministrative11 dispongono di siti web dove è possibile accedere alle decisioni, la Corte di cassazione è ancora all’inizio del processo di digitalizzazione. Solo di recente, infatti, la Corte di legittimità ha incominciato a pubblicare le sentenze per intero. Al momento sono disponibili sul sito del Centro Elettronico di Documentazione (CED) ItalgiureWeb gli ultimi cinque anni della giurisprudenza della Corte di legittimità, circa cinquecentomila documenti, una goccia nell’oceano delle decisioni della Suprema corte12. Per quanto concerne le decisioni delle autorità indipendenti occorre fare riferimento ai sit web delle stesse. Ad esempio, documenti prodotti dal Garante per la protezioni dei dati personali sono disponibili su un apposito sito.

Dopo la parola “sito” aggiungere una nota a pie’ di pagina con www.garanteprivacy.it Invece, la diffusione della giurisprudenza di merito (le decisioni di tribunali e corti d’appello) in forma digitale è ancora affidata a editori privati.

Più sviluppato è il sistema di comunicazione al pubblico via web di alcune corte internazionali. Ai fini dello studio del diritto civile rilevano in particolare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea13 e la Corte europea dei diritti dell’uomo14.

Tramite i portali web dell’Unione europea è possibile accedere al testo pieno delle decisioni della Corte di Giustizia, del Tribunale di primo grado, delle opinioni degli avvocati generali, nonché, per la materia che qui interessa più da vicino, ai documenti dell’European Data Protection Board (EDPB).

La Corte EDU dispone di un proprio portale web dove comunica al pubblico le proprie decisioni. Il Ministero di Giustizia italiano provvede a pubblicare, su un apposito sito Internet, le traduzioni di alcune decisioni della Corte EDU15.

A livello internazionale è da segnalare il World Legal Information Institute (World LII) che raccoglie le coordinate per l’accesso all’informazione giuridica nel mondo16. Il sito contiene indicazioni relative ai singoli paesi.

L’associazione Free Access to Law Movement mira a sviluppare l’accesso gratuito e libero all’informazione giuridica17. All’associazione fa capo una rivista scientifica in Open Access, Journal of Open Access to Law (JOAL), che pubblica articoli sul tema del libero accesso all’informazione giuridica. Nell’ambito del movimento si colloca, a livello italiano, l’Istituto di Teoria e Tecnica dell’Informazione Giuridica (ITTIG)18 confluito nel 2019 nell’Istituto di Informazione Giuridica e Sistemi Giudiziari (IGSG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Tra i vari progetti dell’ITTIG merita menzione in questa sede la banca dati ad accesso aperto DOGI sulla quale è possibile effettuare ricerche relative alla dottrina giuridica apparsa sulle riviste scientifiche dal 1970 in poi19.

Così si legge sul sito di riferimento.

Si tratta di una banca dati di riferimenti bibliografici di articoli pubblicati su riviste giuridiche italiane. Per ciascun articolo spogliato, il documento DoGi offre le informazioni bibliografiche (autore, titolo, rivista, fascicolo, anno e pagine) arricchite da:
- riassunto e/o sommario dell’articolo;
- una o più voci classificatorie tratte da uno schema di classificazione delle materie giuridiche;
- riferimenti delle fonti normative e giurisprudenziali (di diritto interno, internazionale, dell’Unione europea, canonico, ecclesiastico e storico) principali citate nell’articolo;
- abstract in inglese se presente.
Inoltre, sono presenti altri metadati per la descrizione di tratti significativi dell’articolo, fra cui l’indicazione del tipo di bibliografia, la tipologia (contributo indipendente, nota a sentenza o legislazione, comunicazioni in convegni, recensioni, necrologi, rassegne).

5.3 La dottrina giuridica in Open Access

Differentemente dagli atti ufficiali dello Stato le pubblicazioni della dottrina giuridica (note a sentenza, articoli, monografie, manuali, trattati, voci enciclopediche ecc.) sono soggette a diritto d’autore.

Tradizionalmente gli studiosi del diritto pubblicano con editori commerciali. Ad esempio, l’autore scrive un articolo o un libro e cede in via esclusiva i diritti economici all’editore, conservando il diritto di paternità (diritto della personalità irrinunciabile e inalienabile) [v. –> Capitolo 11 sul diritto morale d’autore]. A quel punto l’editore ha il controllo della circolazione del testo. Tradizionalmente l’editore guadagna attraverso l’accesso chiuso. Per accedere all’opera occorre pagare un prezzo. La fissazione del prezzo dipende dalla possibilità (e dal diritto) di restringere la circolazione non autorizzata dell’opera (c.d. pirateria editoriale). Si tratta di un paradosso, perché normalmente l’autore scientifico, differentemente dagli autori dell’editoria di varia, non percepisce un compenso per la commercializzazione della sua opera (articolo o libro). Il suo interesse, infatti, non è quello del guadagno ma della maggiore diffusione possibile del proprio scritto [v. –> Capitolo 23 sul diritto d’autore accademico].

Per correggere questa distorsione, nell’era di Internet è nato il movimento dell’Open Access (accesso aperto) alle pubblicazioni scientifiche [Suber 2012; Pievatolo 2012; Caso 2020; v. –>Capitolo 23]. L’autore pubblica con editori che garantiscono fin da subito l’accesso aperto (ad es. riviste o libri in Open Access) oppure, avendo conservato i diritti economici, ripubblica in Open Access quanto precedentemente pubblicato ad accesso chiuso.

Grazie a questo movimento che promuove il libero accesso alla conoscenza sono sorti archivi, piattaforme, riviste, collane di libri in Open Access.

In senso stretto, Open Access non significa solo gratuità dell’accesso, ma anche libertà di riutilizzo dell’opera (ad esempio, libertà di riprodurre, distribuire ed elaborare). Pionieri del movimento e istituzioni accademico-scientifche hanno emanato tre solenni dichiarazioni (Budapest20, Bethesda21, Berlino22) nei primi anni Duemila a favore dell’Open Access.

La Dichiarazione di Berlino del 2003 statuisce, tra l’altro, quanto segue.

Ciascun contributo ad accesso aperto deve soddisfare due requisiti:

1. L’autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d’accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l’autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile, soggetto all’attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente), nonché il diritto di riprodurne una quantità limitata di copie stampate per il proprio uso personale.
2. Una versione completa del contributo e di tutti i materiali che lo corredano, inclusa una copia della autorizzazione come sopra indicato, in un formato elettronico secondo uno standard appropriato, è depositata (e dunque pubblicata) in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati (come le definizioni degli Open Archives) e che sia supportato e mantenuto da un’istituzione accademica, una società scientifica, un’agenzia governativa o ogni altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell’accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine.

Peter Suber ha elaborato, sulla scorta tre dichiarazioni citate, una definizione di Open Access [Suber 2012, 4].

La letteratura ad accesso aperto è digitale, online, gratuita e libera dalle principali restrizioni imposte mediante diritto d’autore e licenze contrattuali23.

Il movimento dell’Open Access è approdato, seppur in ritardo, anche sul pianeta della dottrina giuridica. Un numero crescente di giuristi rende disponibile in accesso aperto sul web i propri testi.

Ad esempio, la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento pubblica in accesso aperto le proprie collane di libri24.

Sempre più riviste giuridiche scelgono l’accesso aperto per la propria diffusione, nascono serie di working paper dedicate al diritto, le tesi di dottorato nel campo della giurisprudenza vengono pubblicate in Open Access.

Per la ricerca della scienza giuridica, perciò, diventa sempre più importante padroneggiare gli strumenti per l’accesso aperto alla scienza (motori di ricerca, piattaforme e archivi Open Access, liste e indici di riviste e collane ad accesso aperto).

Sebbene, la scienza giuridica in Open Access rappresenti ancora una frazione dell’intera produzione delle pubblicazioni scientifiche, è molto probabile che il ricorso all’accesso aperto sia destinato a crescere nei prossimi anni.

Anche la pubblicazione di manuali e risorse didattiche pare candidata nel prossimo futuro a muoversi verso l’Open Access.

Per cercare la dottrina giuridica in Open Access si possono adoperare diverse strategie di ricerca.

a) Motori di ricerca. Innanzitutto, si possono utilizzare i motori di ricerca generalisti.

In aggiunta o in alternativa, si può fare riferimento a motori di ricerca specializzati nelle pubblicazioni scientifiche (ad es., BASE25, CORE26, Google Scholar27, Microsoft Academic28, PLEIADI29).

b) Archivi, portali e piattaforme. Esistono archivi disciplinari e istituzionali. Esempi di archivi disciplinari dove è possibile trovare articoli e saggi di dottrina giuridica sono costituiti da Social Science Research Network (SSRN30) e da LawArXiv31. Esempi di archivi istituzionali sono OpenAIRE32 e Zenodo33. Un esempio di piattaforma è rappresentato da Open Research Europe34. Occorre inoltre tenere a mente che molte università dispongono di archivi istituzionali dove è possibile reperire metadati (gli estremi identificativi della pubblicazione) e, talora, i testi pieni delle pubblicazioni. Ad esempio, l’archivio IRIS dell’Università di Trento contiene anche alcune pubblicazioni in Open Access del settore giuridico. Per le tesi di dottorato europee esiste il portale DART-Europe35.

c) Indici e liste di riviste e libri. Esistono infine indici di riviste e libri in Open Access. Esempi di indici sono la Directory of Open Access Journals (DOAJ36) e la Directory of Open Access Books (DOAB37). Una lista di riviste e collane di libri relative alla dottrina giuridica italiana è disponibile sul sito robertocaso.it38.