Parte Prima

3 Capitolo 3- La tecnica argomentativi del bilanciamento dei diritti

3.1 La tecnica argomentativa del bilanciamento: una mappatura di alcune decisioni

Giorgio Pino così definisce la tecnica argomentativa del bilanciamento tra principi o diritti [Pino 2007].

[…] Per bilanciamento o ponderazione si intende una tecnica argomentativa solitamente utilizzata allorché il caso da decidere in sede giudiziale sembri contemporaneamente sussumibile sotto due o più norme confliggenti, e manchi un criterio di coordinazione formalmente previsto o convenzionalmente accettato dagli operatori giuridici.
[…] Tipicamente, le circostanze appena descritte si verificano quando il concorso conflittuale riguarda norme che hanno (cui è attribuita) la qualificazione di principi, e specialmente principi «fondamentali», che ascrivono diritti a loro volta fondamentali. Di conseguenza, dunque, la tecnica del bilanciamento è ampiamente usata soprattutto dalle corti che «maneggiano» con maggior frequenza diritti e principi fondamentali: corti costituzionali in primo luogo, ma anche corti ordinarie nella misura in cui anche ad esse sia demandato («formalmente», o per convenzione diffusa e accettata nella cultura giuridica) un controllo di costituzionalità o l’applicazione diretta di diritti principi costituzionali.

Il bilanciamento si relaziona al principio (e tecnica argomentativa) della ragionevolezza.

Si leggano, in proposito, le parole di Roberto Bin a margine di un ragionamento su ragionevolezza e divisione dei poteri.

[…] Nella tradizionale teoria dell’interpretazione della legge è costantemente presente l’esigenza di un ragionevole bilanciamento degli interessi contrapposti. […]
Quanto intendevo dimostrare è soltanto come i segmenti e i percorsi di cui si compone il giudizio di bilanciamento non siano affatto estranei ad alcuni segmenti e percorsi del processo di interpretazione giuridica tradizionalmente intesa. Potrei aggiungere che ogni volta in cui l’interprete sia indotto a riflettere sulla ratio di una norma si ritrova a ragionare e argomentare degli interessi che attorno ad essa si addensano e della loro equilibrata composizione. Sotto questo profilo mi sembrerebbe probabile che argomenti tradizionali, come l’argomento a fortiori, l’argomento della sedes materiae o l’argomento della lex specialis, proprio perché basati sulla delimitazione della ratio legis e mirano perciò al fine di ridefinire l’assetto degli interessi coinvolti, riproducano tratti salienti del giudizio di bilanciamento [Bin 2002].

Si ponga ora attenzione alle riflessioni di Lipari sul ruolo del giudice.

Non si tratta di […] di ribadire – secondo quello che Paolo Grossi ha definito «il massiccio plagio illuministico di cui siamo ancora portatori» – che spetti esclusivamente al potere legislativo (cioè alle maggioranze politiche contingenti che si succedono nel tempo) di esprimere la volontà generale. È questo l’errore in cui tuttora si avvitano taluni riformatori dei nostri giorni. Si tratta semmai di ancorare l’interpretazione a parametri che, nel contingente storico, possano essere da tutti condivisi. E in questa condivisione c’è l’impegno di ciascuno di noi a sentirsi parte di una comunità interpretante della quale il giudice è soltanto una delle modalità espressive. Per intenderne appieno il significato basterebbe ripercorrere il richiamo al principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che ad esso ha informato tutte le operazioni di bilanciamento tra principi o valori concorrenti […] [Lipari 2017, 34].

Qui di seguito riporto alcuni esempi di decisioni giurisprudenziali, che saranno discusse in seguito, in cui si fa riferimento al bilanciamento di interessi, diritti, principi, valori o, nella terminologia della Corte di Giustizia UE, al giusto equilibrio tra diritti fondamentali.

Partiamo dal leading case in materia di diritto alla riservatezza [v. –> Capitolo 12 sul diritto alla riservatezza], cioè da Cass. 27 maggio 1975, n. 2129, in Foro it., 1976, I, 2895 (Soraya Esfandiari). [corsivi aggiunti].

Il principio stabilito dall’art. 41, comma secondo, Cost. secondo cui l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, viene a convalidare ulteriormente la conclusione che, nel bilanciare i contrapposti interessi, deve ritenersi che l’utilizzazione dell’immagine altrui per scopi prettamente commerciali cede di fronte alla mancanza di una vera utilità sociale ed al pregiudizio per la libertà e la dignità della persona umana. […]
Va premesso che a due fondamentali spinte sociali della moderna civiltà corrispondono interessi, a volte complementari o contrapposti, sintetizzati nella felice formula dell’art. 2 della nostra Costituzione: quelli relativi all’individualità (col riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, come singolo e nelle sue formazioni sociali, prima fra tutte quelle della famiglia), e quelli relativi alla solidarietà politica, economica e sociale.
Stabilire quali di questi interessi costituiscano la regola e quali l’eccezione è compito del legislatore e dell’interprete, attraverso un giustificato bilanciamento e secondo le diverse fattispecie.>/pre>

 

Passiamo [v. –> Capitolo 13 sul diritto all’identità personale] a Cass. 7 febbraio 1996, n. 978, in Foro it., 1996, I, 1253 sul diritto all’identità personale [corsivi aggiunti].

 

Si riflette infatti nella dialettica che viene ad instaurarsi tra il diritto alla identità personale ed i contrapposti diritti di critica di cronaca e di creazione artistica (a loro volta riconducibili alla comune matrice costituzionale dell’art. 21) quel fenomeno di confliggenza di interessi, di cui la casistica è ricchissima (si pensi alla libertà sindacale confliggente con la libertà di impresa; al diritto alla salute confliggente con l’interesse della produzione, ecc.) e che trova soluzione attraverso il contemperamento e l’equo bilanciamento delle libertà antagoniste, per modo che la tutela dell’una non sia esclusiva di quella dell’altra. […]
Nel conflitto, in particolare, che qui ne interessa un tale bilanciamento degli opposti valori costituzionali si risolve nel riconoscimento della libera esplicabilità del diritto di cronaca e nella sua prevalenza sul diritto alla identità personale ove ricorra la triplice condizione: a) della utilità sociale della notizia; b) della verità dei fatti divulgati; c) della forma civile della esposizione dei fatti e della loro valutazione, non eccedente rispetto allo scopo informativo ed improntata a serena obiettività, con esclusione di ogni preconcetto intento denigratorio (cfr. già Cass. 1984 n. 5259, Foro it., 1984, I, 2711) [c.d. decalogo del giornalista].

Riprendiamo [v. –> Cap. 14 sul diritto all’oblio] ora alcuni brani della motivazione di Cass., sez. un., 22 luglio 2019, n. 19681, in Foro it., 2019, I, 3071, sul diritto all’oblio [corsivi aggiunti].

Il che significa che il diritto ad informare, che sussiste anche rispetto a fatti molto lontani, non equivale in automatico al diritto alla nuova e ripetuta diffusione dei dati personali.
È questo, in definitiva, il costante filo rosso che tiene unita la giurisprudenza nazionale ed Europea richiamata in precedenza. Ed è questo il senso dell’affermazione, più volte rintracciabile nella citata giurisprudenza, secondo cui il trascorrere del tempo modifica l’esito del bilanciamento tra i contrapposti diritti e porta il protagonista di un fatto come quello di cui oggi si discute – che nessun diritto alla riservatezza avrebbe potuto opporre nel momento in cui il fatto avvenne – a riappropriarsi della propria storia personale. L’ormai lontana sentenza n. 1563 del 1958 coniò, in relazione alla drammatica vicenda del Questore di Roma, la cupa ma felice espressione di «diritto al segreto del disonore». […]
Deve essere poi ulteriormente rilevato che la sentenza impugnata non ha neppure considerato, nel bilanciamento delle contrapposte tutele, la bontà del percorso di riabilitazione che il S. aveva compiuto nei ventisette anni intercorsi tra la prima e la seconda pubblicazione, scontando una lunga pena detentiva e reinserendosi, con tutte le comprensibili difficoltà che questo comporta, nel tessuto sociale produttivo.

Un’analoga tecnica argomentativa è usata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea [v. –> Capitolo 17]. Un esempio è offerto da Corte di giustizia 29 gennaio 2008, C-275/06 (Promusicae), in Dir. Internet, 2008, 459 [corsivi aggiunti].

68. Di conseguenza, gli Stati membri sono tenuti, in occasione della trasposizione delle suddette direttive, a fondarsi su un’interpretazione di queste ultime tale da garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario. Inoltre, in sede di attuazione delle misure di recepimento di tali direttive, le autorità e i giudici degli Stati membri devono non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme alle dette direttive, ma anche provvedere a non fondarsi su un’interpretazione di esse che entri in conflitto con i summenzionati diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto comunitario, come, ad esempio, il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze Lindqvist, cit., punto 87, e 26 giugno 2007, causa C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., Racc. pag. I-5305, punto 28).

Per quanto concerne la Corte EDU, si può portare ad esempio Corte Europea dei Diritti dell’Uomo , 19 ottobre 2017, in Danno e resp., 2018, 149 [corsivi aggiunti; v. –> Capitolo 14 sul diritto all’oblio].

34. The Court has identified, in so far as relevant for the present case, the following relevant criteria in the context of balancing competing rights: the contribution to a debate of public interest; the degree to which the person affected is well-known; the subject of the news report; the prior conduct of the person concerned; the method of obtaining the information and its veracity; and the content, form and consequences of the publication (see Couderc and Hachette Filipacchi Associés, § 93; Axel Springer AG, §§ 90-95; and Von Hannover (no. 2), §§ 109-13, …).

3.2 Il bilanciamento caso per caso e il bilanciamento definitorio

Il dibattito sul bilanciamento è molto ampio. Ai fini di questo capitolo, è sufficiente presentare una delle classificazioni della tecnica argomentativa, in particolare la distinzione tra «bilanciamento caso per caso» e «bilanciamento definitorio» [Pino 2007].

Nel caso del bilanciamento «caso per caso», o bilanciamento ad hoc, il conflitto è risolto volta per volta, in base a una valutazione degli interessi e delle circostanze specificamente prospettati dalle parti nel caso concreto […].
Nel caso del bilanciamento definitorio o categoriale, il conflitto tra i diritti o principi viene risolto individuando una regola generale ed astratta, tendenzialmente applicabile anche ai futuri casi di conflitto. Un bilanciamento definitorio può essere ricostruito come una metodologia decisionale che, pur contenendo margini valutativi, non si traduce necessariamente in sfrenato soggettivismo, in valutazioni idiosincratiche e particolaristiche adottate caso per caso, ma è invece controllabile razionalmente, e dà luogo a margini sufficientemente affidabili di prevedibilità delle decisioni giudiziarie.

Giorgio Pino conclude il suo saggio evidenziando quanto segue [Pino 2007].

Pertanto, se non vuole diventare una formula magica o una foglia di fico destinata a coprire un arbitrio inconfessabile, il bilanciamento richiede agli interpreti un adeguato sforzo argomentativo per esplicitare e giustificare le varie scelte (sull’individuazione dei casi paradigmatici, sulla rilevanza di casi nuovi e imprevisti, sulle conseguenze della limitazione di un diritto a favore di un altro, sull’importanza dei diritti in competizione, ecc.) che esso implica. Ciò richiederebbe, credo, di delineare i requisiti minimi di una teoria dell’argomentazione razionale, e altresì di una teoria del contenuto essenziale dei diritti costituzionali […].

Ma vi è chi rimane scettico rispetto alla possibilità di classificare e distinguere tra differenti tipologie di bilanciamento [Pardolesi, Sassani 2019, riferimenti omessi].

La differenza di approccio [tra bilanciamento caso per caso e bilanciamento definitorio] è, però, largamente illusoria. Perché non si tarda a scoprire che non è dato esplicitare a priori tutte le proprietà rilevanti nei casi di conflitto tra diritti fondamentali, sì che un qualche adattamento al caso concreto si rende comunque necessario. Il che riconduce all’impossibilità di dettare una regola bonne à tout faire […].

In ogni caso, il bilanciamento rappresenta uno schema di discorso che, come tutte le tecniche argomentative, attiene alla distribuzione del potere di creare (o inventare) il diritto [cfr. Grossi 2017].

3.3 Bilanciamento, diritti e libertà costituzionali

A ridosso del potere di creare il diritto si pongono le scelte politiche di cui è permeato il sistema giuridico.

Le più importanti si trovano nelle costituzioni.

In proposito Cesare Salvi ha posto il problema del coordinamento tra principi del diritto dell’Unione Europea (di ispirazione liberista) e principi della Costituzione italiana (di matrice sociale).

Ecco cosa rileva a proposito, portando ad esempio la proprietà [Salvi 2020].

Nella nostra Costituzione la proprietà è de-fondamentalizzata: non un diritto di libertà, ma una situazione giuridica regolata dalla legge per assicurare la funzione sociale. Importanti fonti normative, che esprimono visioni del mondo che qualcuno ha deciso di tradurre in norme, come l’art. 17 della Carta dei diritti [fondamentali dell’Unione Europea], e la giurisprudenza della Corte EDU, la riconducono tra i diritti di libertà.
Per la Corte di giustizia UE le libertà economiche costituiscono diritti fondamentali (tesi affermata a partire dal 2007, e nella giurisprudenza più recente fondata sulla Carta dei diritti).

 

Il problema ovviamente non è solo terminologico.

La nostra giurisprudenza (Corte costituzionale e Cassazione) continua a dire che il principio generale in materia proprietaria rimane la funzione sociale. Possono convivere due principi diversi? Ne parleremo tra breve, a proposito del sistema delle fonti. […]
Com’è noto, a partire della sent. 183/1973 la Corte costituzionale ha affermato che gli organi della Cee non hanno il «potere di violare i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o diritti inalienabili della persona umana»: i «controlimiti», come li ha chiamati la dottrina, al primato del diritto europeo. […]
E il «bilanciamento» (oggi di moda), se non lo si vuole lasciare alla discrezionalità piena dei giudici (e quelli europei, come si è visto, lo operano a favore della libertà economica), richiede la scelta del principio da applicare. In caso di conflitto di principi, quindi, a quale fonte spetta «il primato»? […].

Dunque, a chi spetta garantire i diritti costituzionalmente rilevanti?

Il problema si è posto dopo l’entrata in vigore, con la ratifica del Trattato di Lisbona, della Carta dei diritti UE. La Corte costituzionale, nella sent. 269/2017, ha detto che il giudice ordinario, se rileva un contrasto tra una norma interna e la Carta, non può disapplicare la prima, secondo l’ordinario modo di operare del diritto europeo; deve invece sollevare la questione di legittimità costituzionale. In altri termini, le norme della Carta non hanno efficacia diretta [Salvi 2020].