Capitolo III

Influenza della razza. Selvaggi onesti.—Centri criminali.—Razze semitiche, greche in Italia e Francia.—Indice cefalico.—Color dei capelli. Ebrei.—Zingari.

Influenza delle razze.—Abbiamo già veduto, e vedremo ancor meglio più tardi, come la nozione del delitto sia assai poco distinta nell’uomo selvaggio, tanto da farci sospettare mancasse affatto nell’uomo primitivo (Vedi Vol. I, Parte I).

Però molte tribù selvaggie mostrano d’aver una morale, relativa, una morale tutta loro propria, che applicano a loro modo: e di qui allora comincia il delitto anche fra essi. Nei Yuris d’America il rispetto alla proprietà è così grande, che un filo basta per tener luogo di confine. I Coriacchi, i Mbaya puniscono l’omicidio commesso nelle proprie tribù, benchè non lo riguardino come delitto quando sia perpetrato nelle altre. Ognuno comprende, che senza una simil legge, la tribù non avrebbe coesione, verrebbe a disciogliersi.

Però, anche a questa relativa morale vi sono tribù che spiccatamente ripugnano; così, nella Caramansa, in Africa, accanto ai pacifici ed onesti selvaggi Bagnous che coltivano il riso, vi sono i Balanti che vivono solo di caccia e di rapina; uccidono chi ruba nel loro villaggio, ma non perciò si risparmiano il furto nelle altre tribù (Revue d’anthropologie, 1874). I buoni ladri sonvi i più estimati e pagati per educare al furto i ragazzi, e scelti a capi delle spedizioni.

Nel Marocco i Beni Hassan han con essi molta analogia: il latrocinio è il loro mestiere principale; sono disciplinati, han capi, diritti riconosciuti dal governo che se ne serve per riavere qualche volta gli oggetti rubati; si dividono in ladri di biade, di cavalli, da villaggi, da strada; ci son i ladri che van a rubare a cavallo e così rapidamente da esser impossibile il seguirli; s’introducono nudi, unguentati, nelle capanne; o nascosti da fronde onde non spaventare i cavalli; incominciano i furti ad 8 anni (De Amicis,Marocco, p. 205).

Nell’India v’è la tribù Zacka-Khail, che fa professione di rubare, e quando le nasce un fanciullo maschio, ve lo consacra, facendolo passare per una breccia praticata nel muro della sua casa, cantandogli tre volte: Sii un ladro.

Viceversa, i Kourubar sono famosi per sincerità; essi non mentono mai; piuttosto che rubare, si lasciano morire di fame, per cui sono scelti alla guardia dei raccolti (Taylor, Sociétés primitives, Paris, 1874).

Anche Spencer notava alcuni popoli portati all’onestà come i Todos, gli Aino, i Bodos, e sono per lo più quelli che meno hanno in onore la guerra, e più gli scambi.

In genere essi non rissano fra loro, lasciano regolare la questione dai capi, restituiscono metà di quello che loro offrite negli scambi quando lor pare sproporzionato. Non hanno la legge del taglione, rifuggono da ogni atrocità, rispettano le donne, eppure notisi non son religiosi.

Negli Arabi (Beduini), sonvi delle tribù oneste e laboriose, ma ve ne hanno molte di parassitiche, conosciute pel desiderio di avventure, pel coraggio imprevidente, per il bisogno di continua mobilità, per mancanza d’ogni occupazione, e per tendenza al furto.

Nell’Africa centrale Stanley trovò paesi leali, onesti ed altri, i quali con tendenza al ladroneccio, all’omicidio come Zeghe.

Negli stessi Ottentotti e nei Cafri esistono individui più selvaggi, incapaci d’ogni lavoro, che vivono sulle fatiche degli altri, vagabondi; son detti Fingas dai Cafri, Sonquas dagli Ottentotti (Mayhew, op. cit.).

Meno incerti sono i documenti che valgono a mostrar l’influenza etnica sui reati nel mondo incivilito. Noi sappiamo che gran parte dei ladri di Londra sono figli di Irlandesi o nativi del Lancashire. In Russia, scrive Anutschine, Bessarabia e Cherson dànno, toltane la capitale, il massimo di delitti: anzi, in confronto agli accusati, i condannati vi sono in numero maggiore; la criminalità vi si trasmette di famiglia in famiglia (Sitz. d. Geogr. Gesel., 1868, S. Petersburg).

In Germania i paesi con colonie zingariche si conoscono per la maggiore tendenza al furto nelle femmine.

In Italia sono tristamente celebri per brigantaggio la colonie albanesi.

Centri criminali.—In tutte le regioni d’Italia, e quasi in ogni provincia, si additano alcuni villaggi per avere somministrato una serie non interrotta di speciali delinquenti; così in Liguria, Lerici è proverbiale per le truffe, Campofreddo e Masson per gli omicidî; e sul Novese, Pozzolo per le grassazioni; nel Lucchese, Capannori per assassinî; in Piemonte, Cardè (su quel di Saluzzo) pei suoi ladri campestri e San Giorgio Canavese, Vische, Candia[1]; nel Lodigiano, Sant’Angelo pei furti, come una volta Guzzola sul Cremonese, Ponteterra sul Mantovano, Este, Cavarzere, S. Giovanni Ilarione e Montagnana sul Veneto; altrettanto Pergola nel Pistoiese, sicchè Pergolino vi è divenuto sinonimo di ladro; nel Pesarese, San Pietro in Calibano è famigerato per furti campestri, Sant’Andrea in Villis e Ferreto per l’assassinio negli uomini, e nelle donne per piccoli furti.

Nell’Italia del sud, Sora, Melfi, S. Fele diedero sempre briganti fin dal 1660, come Partinico e Monreale in Sicilia.

Questo predominio del delitto in alcuni paesi è certo dipendente dalla razza, come per alcuni ci è rivelato dalla storia. Così Pergola nel Pistoiese fu popolata da zingari, Masson da assassini portoghesi e Campofreddo da corsari côrsi, così che ancor il dialetto vi è misto di côrso e di ligure.

Più famigerato di tutti è il villaggio d’Artena nella provincia di Roma studiato così da Sighele (Arch. di Psich., XI, 1890):

«Situato in cima di una collina, fra una campagna verde e ridente, con un clima dolcissimo, questo paese ove è sconosciuta la miseria, dovrebbe essere uno dei più onesti e dei più felici. Invece esso ha una celebrità infame e i suoi abitanti sono considerati nei dintorni come dei ladri, dei briganti, degli assassini. Questa nomea non data da ieri: nelle cronache italiane del Medio-Evo si trova spesso il nome d’Artena, e la sua storia si può riassumere in una lunga serie di delitti.

«Si può giudicare della gravità del male dalla seguente tavola statistica:

Numero annuo dei delitti
(ogni 100.000 ab.).
DELITTI anni 1875-88 Anni 1852-88
ITALIA ARTENA
Omicidi, assassinii e furti con omicidio 9,38 57 —
Ferimenti 34,17 205 —
Grassazioni 3,67 113,75
Furti semplici e qualificati 47,36 177 —

«Da cui appare che si distingue per un numero di ferimenti, omicidi ed assassinii sei volte maggiore di quello della media dell’Italia e per un numero di grassazioni trenta volte maggiore di quello della media dell’Italia. E ancora queste cifre non danno un’idea della ferocia ed audacia dei delinquenti Artenesi. Per rendersene conto, bisognerebbe descrivere tutti i delitti, bisognerebbe vedere come si assassina di pieno giorno sulla pubblica piazza, come si strangolano i testimoni che osano dire la verità ai giudici!…

«Le cause, secondo il Sighele, sarebbero il carattere degli abitanti e l’influenza esercitata dai cessati Governi, che produssero altrove brigantaggio e camorra: l’impotenza dell’autorità a colpire i colpevoli pel silenzio dei testimoni, comprati o impauriti, ma sopratutto l’eredità. Studiando, infatti, i processi intentati contro gli Artenesi dal 1852, Sighele vi ha trovato sempre gli stessi nomi: il padre, il figlio, il nipote si seguivano a distanza come spinti da una legge fatale. Montefortino, che è il nome precedente d’Artena, era celebrato per delitti sino dal 1155. Paolo IV nel 1557 fu condotto a bandirne dalla vita tutti gli abitanti, e dar facoltà a chiunque d’ucciderli e distrugger il castello «acciocchè non abbia esser più nido et recepto di tristi ladroni».

Certo è all’influenza di razza che si deve il fatto del predominio di alcune specie di reati in alcune regioni; così nel Mantovano predomina il delitto dei furti di polli, e l’incendio.

Udine correrebbe a ferimenti con grassazione per un centesimo, ed è famigerata pare per le percosse e i ferimenti dei genitori (28 in un anno)—e così Cilento, provincia di Napoli, assassinii per arma da fuoco su 200 abitanti 30% in un anno.

Che la razza entri come fattore nella maggiore criminalità di questi paesi, io lo sospetterei, anco, dall’avere veduto in parecchi dei loro abitanti, come Sant’Angelo, Pozzolo, S. Pietro, una statura più alta, che non nei paesi circonvicini.

E giova, a questo proposito, notare, come questi paesi abbiano, anche, alcuni costumi particolari, superstiziosi in ispecie. Così a Sant’Angelo il prete è il padrone del paese; guai a chi non gli levi il cappello o anzi non gli baci le mani e perfino al tocco della campana non s’inginocchi: prima di ogni loro mala impresa, i Sant’Angelini vanno a messa e le donne pregano la Madonna perchè l’assassinio ed il furto vadano impuniti. Esse parlano ad alta voce fra loro dei crimini dei loro mariti: ma se questi sono imprigionati, per le prime, se ne maravigliano ed accompagnanli per miglia e miglia, coi bimbi in braccio, scarmigliate, gridando all’ingiustizia; e anche esse, per piccole cause, dànno mano ai coltelli; ma peggio fan gli uomini, inclini a vendetta per le più piccole cause; p. es., due passeggieri passando a caso dal villaggio rifiutarono di dare un mozzicone ad uno di loro, ed essi subito accordatisi li rinchiusero in una stanza e tentarono farveli morire di fame.

Quando si pensa che il malandrinaggio in Sicilia si concentra quasi tutto in quella famosa valle della Conca d’Oro, dove le rapaci tribù Berbere e Semite ebbero le prime e più tenaci dimore, e dove il tipo anatomico, i costumi, la politica e la morale conservano una impronta araba (e bastino a provarlo le descrizioni di Tommasi Crudeli [2], quando si pensi che ivi come nelle tribù Arabe l’abigeato è il delitto più prediletto, resta facile il persuadersi che il sangue di quel popolo conquistatore e rapace, ospitaliero e crudele, intelligente, ma superstizioso, mobile sempre ed irrequieto e sdegnoso di freno, deve avere la sua parte nel fomentare le subitanee ed implacate sedizioni, e nel perpetuare il malandrinaggio, che, appunto come nei primi Arabi, vi si confonde non rare volte colla politica, ed anche al di fuori di questa, non suscita il ribrezzo nè l’avversione che suole in popoli assai meno intelligenti, ma più ricchi di sangue ariano, anche della stessa Sicilia, p. es. di Catania, Messina.

Viceversa, va notato il paese di Larderello di Volterra, che da 60 anni a questa parte non contò un omicidio, nè un furto e nemmeno una contravvenzione.

Anche in Francia in una serie di borgate disposte sul confine delle foreste della Thierache, prolungamento di quelle delle Ardenne, Fauvelle (Bulletin de la Société d’anthropologie, 1891) ha indicato esistere una razza delinquente. Dovunque predomina questa razza non vi sono che risse violente di tutte le specie sulle quali l’autorità giudiziaria è il più delle volte obbligata di chiudere gli occhi per non ingombrare le prigioni. Il forestiero che s’arrischia in mezzo a queste popolazioni si espone agl’insulti tanto delle donne che degli uomini. Anche nella classe agiata, questa brutalità sovente si rivela sotto una certa vernice civile. L’alcoolismo frequente, esagera ancora questa specie di barbarie; vi si nota ripugnanza pei lavori dei campi; sfrutta le foreste o lavora nell’industria del ferro, ma preferisce il contrabbando. La statura è un po’ al disopra della media, ha forti muscoli, le mascelle larghe e robuste; naso dritto e gli archi sopraccigliari accentuati; il sistema pilifero è abbondante e molto pigmentato, ciò che li distingue subito da un’altra razza dai capelli biondi giallastri che occupa molti vicini villaggi, a cui non si associa che raramente.

Queste influenze non sempre si possono precisare colle cifre alla mano, anche per la ragione che quando ci appoggiamo alle statistiche criminali, troviamo una serie di cause complesse, che ci impediscono di cavare una conclusione sicura. Per esempio, la donna in Spagna, Lombardia, Dalmazia, Voivoidina, Gorizia, darebbe il minimo della criminalità; ed il massimo nella Slesia austriaca, e nelle provincie Baltiche della Russia (Messedaglia, op. cit.).

Ma qui, più che l’influenza di razza, può quella dei costumi; dove le donne sono istrutte al pari degli uomini, come nella Slesia, nel Baltico, e prendono parte alle lotte virili, ivi dànno una cifra di criminalità che più s’avvicina alla virile.

Lo stesso può dirsi della maggiore criminalità che si osservò negli adolescenti (e quindi nei celibi) dei paesi germanici dell’impero austriaco, specialmente Salisburgo, Austria, in confronto degli Slavi ed Italiani, Gorizia, Tirolo, Carinzia (Messedaglia, op. cit.).

Nell’impero d’Austria, osservava il Messedaglia, prevalere i crimini per cupidigia in Bukowina, Croazia, Boemia, Ungheria (68 a 76%) in confronto alla Dalmazia, Tirolo e Lombardia (32 a 45%).

Le grandi lesioni corporali diedero un massimo nella Carniola e Tirolo (28 a 21%), un minimo in Slesia e Moravia (1,36%).

In Baviera, secondo l’Oettingen, si avrebbe un massimo di furti (42%) nella Baviera Alta; un massimo di lesioni corporali nella Bassa (41%), mentre nella Svevia predominano le truffe e nel Pfalz le ribellioni.

In Francia, fra gli abitanti di razza pelasgica (Corsica, Marsiglia) predominerebbero i rei contro le persone; fra quelli della germanica (Alsazia) i delitti d’ogni specie, che scarseggerebbero nella celtica (Quetelet).

Dall’Omicidio di Ferri è nettamente dimostrata, nelle sue grandi linee, l’influenza etnica sulla distribuzione dell’omicidio in Europa: vi si vede che i Tedeschi ed i Latini si trovano agli estremi anche nella tendenza all’omicidio in genere, nella prevalenza degli omicidii qualificati, nella frequenza dell’infanticidio, come, in senso inverso, si trovano agli estremi nella tendenza al suicidio ed anche alla pazzia, più frequenti presso i Tedeschi che presso i Latini.

In Italia rilevando, pel 1880-83, gli omicidii semplici (insieme ai ferimenti con morte) e gli omicidi qualificati (insieme alla grassazione con omicidio), denunciati nelle varie provincie, secondo i dati raccolti nel Movimento della delinquenza dal 1873 al 1883, Roma, 1886, noi troviamo:

REGIONI D’ITALIA Omicidi denunciati per 1 milione di abitanti
(e popolazione presente al 31 dicembre 1881) Omicidi semplici e ferim. con m. Omicidi qualif. e grass. con. om.
Piemonte (3.070.250) 47 34
Liguria (892.373) 40 29
Lombardia (3.680.615) 22 21
Veneto (2.814.173) 34 25
Emilia (1.706.517) 27 24
Romagna (476.874) 103 76
Umbria (572.060) 102 70
Marche (939.279) 94 53
Toscana (2.208.869) 76 42
Lazio (903.472) 178 90
Abruzzi (951.781) 174 76
Molise (365.434) 286 104
Campania (2.896.577) 217 81
Puglie (1.589.054) 117 46
Basilicata (524.504) 214 86
Calabrie (1.257.883) 246 104
Sicilia (2.927.901) 205 122
Sardegna (682.002) 122 167

con predominio evidente fra le popolazioni a razza Semitica (Sicilia, Sardegna, Calabria) e Latina (Lazio, Abruzzi) in confronto a quelle di razze Germaniche, Liguri, Celte (Lombardia, Liguria, Piemonte) e Slave (Veneto).

Oltre, infatti, ai principali elementi etnici primitivi dei Liguri al Nord, degli Umbri ed Etruschi al centro, e degli Osci al Sud, oltre i Siculi, d’origine ligure, in Sicilia, le stirpi che più concorsero a determinare il carattere etnico delle varie regioni italiane, sono germaniche, celte e slave al Nord e fenicie, arabe, albanesi e greche al Sud e nelle isole (Ferri, op. cit.).

È agli elementi africani ed orientali (meno i Greci), che l’Italia deve, fondamentalmente, la maggior frequenza di omicidii in Calabria, Sicilia e Sardegna, mentre la minima è dove predominarono stirpi nordiche (Lombardia): il che riceve la più evidente riprova da talune oasi o di minore o di maggiore frequenza, che sono in troppo singolare coincidenza colle specialità etniche di quei paesi (Id.).

Altra prova: in Toscana alla frequenza minima di Siena (3.9 su 100.000 ab.), Firenze (4.3) e Pisa (6.0) fa contrasto l’intensità press’a poco doppia di Massa-Carrara (8.3), Grosseto (10.2), Lucca (11.9) e tripla di Arezzo (13.4) e sopratutto di Livorno (14.0).

Ora, oltre le speciali condizioni di vita che si hanno a Massa-Carrara per le miniere e a Grosseto per le maremme, è innegabile (scrive Ferri, op. cit.) l’influenza etnica[3] nella Lucchesia, cui la statura alta e la dolicocefalia (prevalente pure a Massa-Carrara) e la maggiore tendenza all’emigrazione distinguono dal resto della Toscana: ed aggiungo io l’influenza dei ribelli Liguri antichi che tante volte si sollevarono all’impero di Roma, ma sopratutto è evidente l’influenza etnica a Livorno, di cui è nota l’origine. Villaggio paludoso nel XVI secolo, con 749 abitanti nel 1551, fu popolato prima dai Liburni «popoli dell’Illirico, inventori delle Galeotte liburne, e insigni pirati, a cui si aggiunsero saraceni, ebrei, marsigliesi» poi da avventurieri e pirati, ivi chiamati dai Medici.

E Livorno, che nel 1879-83 diede la proporzione più alta per tutta Italia del totale dei reati denunciati, dà pure, in confronto alla Toscana, compreso Arezzo, cifre più alte di omicidii qualificati, e di ribellioni come di furti qualificati. Il che non può essere determinato, in prevalenza, dalla grande densità giacchè questa densità (355 abit. ogni chilom. q.) si ha eguale a Milano (355) e molto maggiore a Napoli (1149); e non è determinato neppure un maggiore agglomero della popolazione urbana, perchè questa a Napoli è il 94% della popolazione del comune, a Milano è il 92% e a Livorno è solo l’80%. E tuttavia le ribellioni ed i furti qualificati sono molto meno frequenti a Milano e Napoli, malgrado i climi diversissimi, che a Livorno (Ferri, o. c.).

Un altro contrasto spiccato si ha nella parte meridionale della penisola (Atlante) dove la distribuzione degli omicidii semplici segna delle oasi d’intensità maggiore nelle provincie di Campobasso, Avellino, Cosenza e Catanzaro, e delle oasi di minore frequenza in quelle di Benevento, Salerno, Bari e Lecce, in confronto alle provincie circostanti di Aquila, Caserta, Potenza, Reggio e sopratutto di Napoli, dove, al caso, la potenza criminogena dell’ambiente sociale dovrebbe essere molto più forte (Ferri, o. c.).

Ora è difficile non rilevare un rapporto di causalità tra la presenza delle colonie albanesi, come fattore etnico della maggiore criminalità di sangue nelle provincie di Cosenza, Catanzaro, Campobasso.

Viceversa la minore intensità degli omicidii semplici a Reggio e soprattutto nelle Puglie (Bari e Lecce) dipende, in gran parte, dall’elemento greco, se si pensa all’antica Magna Grecia (che concorre anche a spiegare la minore intensità di Napoli) e poi alle colonie venute durante la dominazione bizantina e dopo ed alle precedenti immigrazioni dei Japigi-Messapi e «anche oggi in quelle provincie le fisonomie della maggior parte dei nativi ricordano quel tipo, da cui traspare la pacata mitezza del carattere» (Nicolucci): a cui bisogna pure aggiungere l’influenza nordica dell’occupazione Normanna.

Quanto poi alla spiccatissima intensità minore di omicidii semplici a Benevento e Salerno non è possibile non ricordare l’elemento longobardo, che vi ebbe così lungo dominio (ducato di Benevento e Salerno), da «poter contrastare in alcuni luoghi colla potenza assimilatrice degli Italiani e conservare fino ad oggi alcune sue impronte—statura alta, capelli biondi, ecc.—, che ne rivelano ancora la potenza in mezzo ai tipi indigeni della Penisola» (Ferri).

E la diversa influenza del sangue albanese, ellenico e longobardo in queste oasi della criminalità si conferma colla distribuzione degli omicidii qualificati e nelle grassazioni con omicidio. Infatti, meno per Salerno e per Reggio, che danno cifre relativamente più alte, abbiamo Napoli, che per il sangue greco, malgrado il grande agglomero di popolazione e di miseria, dà cifre molto basse, pari a quelle di Bari e Lecce; permane la minore intensità di Benevento come la maggiore di Campobasso e Avellino.

La Sicilia offre pure un esempio evidente dell’influenza etnica sull’omicidio.

Le provincie orientali di Messina, Catania e Siracusa hanno una intensità di omicidii semplici e qualificati (Atlante) molto inferiore a quella delle provincie di Caltanisetta, Girgenti, Trapani e Palermo.

Ora è noto che la Sicilia, così diversa pel carattere delle sue popolazioni dalla vicina penisola meridionale, in gran parte anche per i molti elementi nordici (Vandali, Normanni, Francesi, Fiamminghi) che l’hanno invasa e dominata, presenta nelle sue coste orientali una prevalenza di elementi ellenici, dai Magno-greci in poi, che è impossibile non mettere in relazione colla minore intensità di omicidii di quel versante (come per le Puglie); ed una prevalenza nella parte meridionale e settentrionale, invece di elementi saraceni ed albanesi, che certamente concorrono a determinare maggiore intensità di omicidi in quelle provincie.

Il Reclus scrive: «All’assedio di Palermo dai Normanni (1071) si parlavano cinque lingue in Sicilia; arabo, ebraico, greco, latino, siciliano volgare. L’arabo rimase la lingua prevalente anche sotto i Normanni. Più tardi Francesi, Tedeschi, Spagnuoli, Aragonesi contribuirono a fare dei Siciliani un popolo diverso dai vicini d’Italia per l’assetto, i costumi, le abitudini, il sentimento nazionale…. La differenza fra le popolazioni siciliane è grandissima, secondo la prevalenza di questa o quella razza nell’incrociamento. Così gli abitanti delle provincie etnee, che sono forse d’origine ellenica più pura degli stessi greci, perchè non sono mescolati cogli Slavi, hanno un’eccellente rinomanza di buona grazia e di mitezza. I Palermitani al contrario, presso i quali l’elemento arabo ebbe maggiore influenza che in qualunque altra parte, hanno in generale i lineamenti gravi e diversi costumi» (Ferri, o. c.).

Nè varrebbe il dire che queste contraddizioni potrebbero dipendere dall’influenza delle grandi città, perchè vediamo la provincia di Palermo inferiore nei furti qualificati (150 per 100.000 ab.) a quella di Trapani (168) e Catania (173) e negli altri reati in genere contro le proprietà la provincia di Palermo (243) inferiore a quelle di Catania (248) e Caltanisetta (272).

Gli è, invece, che il sangue saraceno e albanese com’è più proclive ai reati di sangue, meno propende invece ai reati contro la proprietà.

La criminalità della Sardegna è pure caratteristica, sia nel confronto con quella del continente e soprattutto di Sicilia, sia nel contrasto quasi costante fra il Nord (provincia di Sassari) ed il Sud (provincia di Cagliari) nell’isola stessa.

Etnicamente la Sardegna si differenzia dalla Sicilia, perchè fino dall’antichità remotissima e poi ai tempi di Cartagine, «i Fenici ebbero in Sardegna più vasto imperio e più lunga dominazione che in Sicilia», talchè «anche il cranio degli odierni Sardi conserva in parte l’antico tipo del cranio fenicio (dolicocefalo); ed in Sardegna ebbero molto minore prevalenza gli elementi saraceni, di cui si hanno le due colonie dei Barbaricini nelle Barbagie (prov. di Sassari) e dei Maureddi presso Iglesias (prov. di Cagliari)[4].

Questa differenza etnica, certo concorre a determinare la più intensa criminalità media contro le persone in Sicilia (malgrado l’inferiorità delle provincie orientali) e viceversa la maggiore delinquenza media contro le proprietà in Sardegna. Confrontando, per es., la Sardegna colla Sicilia, nell’Atlante, si vede lo spiccato contrasto delle due isole nella intensità degli omicidi semplici che si conferma anche più per i ferimenti volontari. E se per gli omicidii qualificati la Sicilia in totale dà una quota alquanto minore, per le basse cifre delle provincie orientali, la quota totale però di tutti i reati contro le persone, compresi gli omicidii semplici e qualificati e le grassazioni con omicidio, è molto superiore nella Sicilia (vedi pag. 29).

Viceversa nei reati contro la proprietà la Sardegna (per la prevalenza del sangue semita) è molto superiore alla Sicilia, specie per i furti qualificati, come per i reati contro la fede pubblica, mentre nei reati violenti contro la proprietà, come grassazioni, estorsioni e ricatti senza omicidio, la Sicilia riprende una certa prevalenza.

Nella Sardegna poi vi è nella criminalità delle due provincie di Sassari e Cagliari quel contrasto che già si nota nel tipo degli abitanti come nelle manifestazioni della loro vita economico-sociale. Il nord ha l’agricoltura e l’industria più sviluppate, il sud ha le miniere presso Cagliari, Iglesias, ecc.

Etnicamente si sa che la provincia di Cagliari è più decisamente fenicia e che in quella di Sassari è pure notevole l’elemento spagnuolo (colonia d’Alghero); e ciò forse concorre colle condizioni economiche a determinare la maggior frequenza di furti qualificati e reati contro la fede pubblica nella provincia di Cagliari e la maggior intensità di omicidii semplici e qualificati e di grassazioni con omicidio in quella di Sassari (Ferri, o. c.).

Viceversa l’infanticidio tutto affatto occasionale dà cifre inferiori o poco diverse dalla media del Regno (11 reati denunciati per 1 milione d’abitanti) nelle Corti d’appello di Palermo (8,9) e di Napoli (12), che negli assassini invece dànno cifre (147 e 61) molto superiori alla media italiana (36): nelle Corti di Aquila (19) e Torino (15) l’infanticidio è relativamente molto più frequente che l’assassinio (36 e 7).

Così il parricidio dà, in contraddizione all’assassinio ed al rapporto etnico, una più alta frequenza nelle Corti di Aquila, Casale, Venezia ed una minore frequenza in quelle di Palermo e Cagliari.

Un altro esempio spiccato dell’influenza etnica è offerto dalla criminalità della Corsica, che, com’è noto, segna il massimo in Francia dei reati di sangue (eccettuati il veneficio e l’infanticidio), mentre nei furti, per esempio, dà cifre molto più basse.

Confrontando il numero delle persone giudicate nel 1880-83 per omicidii in Corsica e di quelle giudicate nelle regioni d’Italia che ne dànno l’intensità maggiore, si ottengono questi dati:

REATI PERSONE GIUDICATE NEL 1880-1888
dalle Corti d’Assise e Tribunali Correzionali
Media annua per 100.000 abitanti
Corsica Sardegna Sicilia Calabrie Molise
(Campobasso)
Omicidi semplici e ferim. seguiti da morte: 11,2 8,6 14,3 21,5 19,1
Omicidi qualificati e grassazioni con omicidio: 9,5 19,8 9,6 9,0 5,2

Vale a dire, che la Corsica è italiana così per la razza come per la criminalità, per quanto politicamente francese; ed anzi, nota il Reclus «della Sardegna e Corsica, isole gemelle, un tempo unite, è precisamente la Corsica, ora francese, che è la più italiana per la posizione geografica come per le tradizioni storiche».

Talchè le spiccate differenze fra la criminalità côrsa e la sarda si spiegano in gran parte per ragioni etniche, che si riconfermano poi colla grande somiglianza fra la criminalità della Corsica e della Sicilia. Infatti, come abbiamo già ricordato, parlando della Sardegna, questa è in prevalenza di sangue fenicio, e perciò dà una più alta delinquenza contro la proprietà (comprese le grassazioni con omicidio) mentre la Sicilia (occidentale e meridionale) subì molto più gli elementi saraceni, i quali appunto ebbero grande influenza nella Corsica «che non fu popolata di razze semitiche». Di questa infatti si sa, che «agli antichi abitatori (Liguri, Iberi o Sicani secondo altri) succedettero i Focesi ed i Romani, ma soprattutto i Saraceni fino all’XI secolo, dopo dei quali vennero gl’Italiani ed i Francesi». È dunque al sangue saraceno che Corsica e Sicilia (ed in parte le Calabrie) debbono la loro intensa criminalità di sangue congiunta ad una minore delinquenza contro la proprietà.

Razze Francesi.—Un colpo d’occhio alla tavola dell’Atlante, che ci dà la Francia per razze e per delitti ci apprende che alla distribuzione delle razze Ligure e Gallica corrisponde il massimo dei reati di sangue.

Più precisamente si colsero le prove dall’influenza della razza franca studiando nei citati documenti, i dipartimenti che passano la media di assassini, ecc., secondo le razze. Troviamo allora che la tendenza all’assassinio cresce dai dipartimenti con popolazioni di razza Cimbrica (1 su 18 = 5,5%), a quelli di razza Gallica (8 su 32 = 25%), razza Iberica (3 su 8 = 35%), razza Belgica (6 su 15 = 40%), e razza Ligure dove raggiunge il suo massimo assoluto (100%).

Quanto agli stupri, essi van crescendo dai dipartimenti con popolazione di razza Iberica (2 su 8 ss 25%), a quelli di razza Cimbrica (6 su 18 = 35%), razza Belgica (6 su 15 = 40%), razza Gallica (13 su 32 = 41%) e razza Ligure (6 su 9 = 66%) dove raggiunge il suo massimo.

Invece nei reati contro la proprietà non vediamo se non la prevalenza della razza Belgica (la più industriale del resto) 67% e della Ligure e Iberica 60% e 61%, mentre la Cimbrica e la Gallica danno solo il 30% e 39%.

La maggiore influenza dei Liguri e Gallici dipende dalla loro maggiore attività come vidimo nel delitto politico; e i popoli Liguri in Francia diedero il massimo dei ribelli e rivoluzionari, il 100% e il massimo dei geni il 66%; i Gallici l’82% ed il 19% di geni; i Belgi il 62% e 33% di geni; mentre i Cimbri diedero il 38% e appena il 5% di geni; gl’Iberici il minimo, il 14% di ribelli e di geni il 5%.

Doligocefalia e brachicefalia.—Abbiamo voluto vedere che risultati dessero i rapporti tra la criminalità e l’indice cefalico, e il colore dei capelli; persuasi di avere così i documenti più sicuri della influenza della razza.

In Italia studiando l’Indice cefalico sulle tavole di Livi (o. c.) abbiam veduto che nelle 21 provincie con prevalenza doligocefalica (da 77 a 80 inclusi) la media degli omicidi, ferimenti è di 31‰ mentre la media generale è di 17; in tutte, poi, eccettuate Lucca e Lecce, in 19 cioè su 21 le quote degli omicidi sono superiori alla media.

Le provincie più mesocefaliche (81-82) sono in proporzione inferiori per omicidi alla media dei doligocefali dando 25‰.

Invece nelle più brachicefaliche (cominciando dall’indice di 83 fino all’88) la media è di 8‰ dunque di molto inferiore alla media generale.

Però dobbiamo notare come i doligocefali si raggruppano tutti nelle provincie meridionali, salvo Lucca, che appunto fa eccezione.

Viceversa i brachicefali, salvo gli Abruzzi, sono tutti nell’Alta Italia, e gli ultrabrachicefali nelle sue regioni montane, che tutte danno meno reati di sangue.

Quanto ai mesocefali si distribuiscono con prevalenza nell’Italia meridionale o nelle regioni più calde dell’Alta Italia come Livorno, Genova, sicchè non si può escludere che l’influenza etnica sul reato qui si confonda o fonda colla climatica.

Quanto ai furti la differenza è assai minore.

Prevalgono ancora, ma molto meno:

  • i doligocefali con 460 per 1 milione d’abitanti
  • i brachicefali con 360 per 1 milione d’abitanti
  • i mesocefali con 400 per 1 milione d’abitanti

In Francia (Vedi La Justice en France), i reati contro le persone darebbero una media di 18 per 100.000 nei brachicefali e di 36 nei doligocefali (Collignon, o. c.) contando la Corsica e di 24 senza—pari quindi alla media del paese che è appunto da 24 a 33 per 100.000.

Una differenza minore, anzi inversa, abbiamo secondo i dati del Ferri, dal 1880 al 1884, secondo il quale i delitti di sangue darebbero il 13 per 100.000 (senza la Corsica) nei doligocefali e 19 nei brachicefali.

E questo dimostra quanto sia maggiore pei reati di sangue l’influenza del clima che della razza, perchè nell’Italia dove i doligocefali erano radunati nelle provincie meridionali ci davano una enorme differenza in più pei brachicefali; invece qui che sono tutti sparsi al Sud e al Nord (Pas de Calais, Nord, Aisne) o al centro H. Vienne e Charente, non ci dànno alcun dato chiaro, anzi cifre minori.

Quanto ai delitti contro la proprietà (Justice en France), e qui [38]la Corsica non influisce punto, la differenza invece è molto spiccata: dando i doligocefali 44 per 100.000, mentre i brachicefali dànno 23. In complesso però è chiara dovunque una certa prevalenza pei reati nelle provincie più doligocefaliche. E la doligocefalia in Francia dà maggior numero di rivoluzionari e di geni, e fra i doligocefali Galli e Liguri trovaronvi i dominatori i popoli più ribelli alla conquista.

Ciò è in perfetta opposizione con quanto abbiam trovato nell’antropologia del crimine; il che ci è prezioso aiuto a dimostrare essere la brachicefalia esagerata nei criminali uno spiccato carattere degenerativo.

Biondi e neri.—Volendo vedere le proporzioni dei rei francesi biondi e neri (Topinard) abbiamo trovato che gli assassini nei dipartimenti con prevalenti capelli neri diedero 12,6% colla Corsica; 9,2% senza la Corsica; mentre i biondi danno una cifra notevolmente inferiore, 6,3%.

Però i neri abbondano in modo speciale nei paesi caldi—Vandea, Hérault, Var, Gers, Lande, Corsica, Bocche del Reno, Basse Alpi, Gironda ecc. Per cui l’influenza del clima non è esclusa.—E altrettanto dicasi dei biondi più frequenti di tutti (meno in Vaucluse) dove predomina il clima nordico: Pas de Calais, Nord, Ardenne, Manica, Eure et Loire, e che perciò tendono ad avere un minore numero di delitti di sangue.

In Italia la proporzione del tipo biondo in tutta l’Italia meridionale e insulare è inferiore alla media del regno (V. Livi,Archivio d’antrop., 1894), salvo in Benevento dove tocca la media, e nelle Puglie, Napoli, Campania, Trapani e parte orientale di Sicilia dove è inferiore di pochissimo. Ora in tutta l’Italia meridionale i delitti di sangue sono superiori alla media; e nella provincia di Benevento dànno una cifra che pur essendo forte, 27,1%, è però inferiore alle provincie vicine; e così dicasi delle Puglie e della parte orientale della Sicilia, Siracusa, Catania, che presenta una cifra meno intensa di criminalità (Siracusa 15, Catania 26, Lecce 10).

Qui il biondo è in rapporto diretto colla razza Longobarda (Benevento) e Greca (Sicilia), e dà una minore criminalità.

Nessun rapporto trovo però coll’oasi bionda di Perugia, e nè coll’oasi bruna di Forlì, nell’Italia centrale.

La massa bionda che circonda le Alpi è in rapporto stretto colla montagna e coincide colla minore criminalità, ma la ragione può qui essere orografica. Viceversa l’oasi intensamente bruna di Livorno e di Lucca coincide colla maggiore criminalità di Livorno in tutti i reati e anche in quelli di sangue; e colla relativa maggiore criminalità di Lucca in confronto ai vicini paesi toscani: e siccome concorda colla doligocefalia e non ha rapporti con fenomeni orografici mi pare che dia una nuova prova dell’influenza etnica spiccata sulla criminalità di sangue dei due paesi.

Quanto ai reati contro la proprietà non si ha corrispondenza chiara: la provincia di Treviso, biondissima, dà il più grande massimo di criminalità, e quasi come essa Ferrara, che è viceversa bruna.

Ebrei.—Chiare spiccano le influenze della razza sulla criminalità, nello studio degli Ebrei e degli Zingari, e ciò nel senso precisamente opposto.

La statistica avrebbe dimostrato negli Ebrei di alcuni paesi la criminalità inferiore a quella dei loro concittadini, il che riesce tanto più notevole inquantochè in grazia alla professione da loro più esercìta, essi dovrebbero paragonarsi, piuttosto che a tutta la popolazione in genere, ai commercianti ed ai piccoli industrianti, che dànno, come vedremo, cifre forti di criminalità.

In Baviera vi sarebbe 1 condannato ebreo ogni 315 abitanti, ed 1 cattolico ogni 265.—Nel Baden, per 100 cristiani, 63,6 ebrei (Oettingen, p. 844).

In Lombardia, sotto l’Austria, si ebbe in 7 anni 1 condannato ebreo ogni 2568 abitanti (Messedaglia).—Nel 1865 in Italia contavansi solo 7 ebrei carcerati, 5 maschi e 2 femmine; proporzione inferiore di molto alla popolazione criminale cattolica.—Nuove indagini del Servi, nel 1869, avrebbero dato su una popolazione di 17800 ebrei solo 8 condannati.

Però in Prussia si sarebbe notato dall’Hausner una leggiera differenza in favore degli accusati ebrei, 1 ogni 2600, mentre i [40]cristiani davano 1 ogni 2800, che viene in parte confermata dal Kolb.

Secondo il Kolb, si notò nel 1859 in Prussia:

  • 1 accusato ebreo per ogni 2793 abitanti
  • 1 accusato cattolico per ogni 2645 abitanti
  • 1 accusato evangelico per ogni 2821 abitanti

nel 1862-5:

  • 1 accusato ebreo per ogni 2800 abitanti
  • 1 accusato evangelico per ogni 3400 abitanti

in Baviera si notò:

  • 1 accusato ebreo per ogni 315 abitanti
  • 1 accusato cattolico per ogni 265 abitanti

(Handb. der vergleich. Statistik, 1875, p. 130).

In Francia dal 1850-60 diedero:

  • accusati ebrei in media di 0,0776% abitanti maggiorenni
  • accusati cattolici in media di 0,0584% abitanti maggiorenni
  • accusati ebrei in media di 0,0111% per abitante in genere
  • accusati cattolici in media di 0,0122% per abitante in genere

Erano 166 i rei ebrei nel 1854—118 nel 1855—163 nel 1856—142 nel 1858—123 nel 1860—118 nel 1861, con leggero regresso dunque, negli ultimi anni (Servi, Gli Israeliti in Europa, Torino, 1872).

In Austria i maschi ebrei condannati diedero il 3,74% nel 1872; nel 1873 il 4,13, cifra di qualche frazione superiore ai rapporti della popolazione (Stat. Uebers. der k. k. österr. Strafanst., 1875).

Più sicuro della maggiore o minore proporzione dei delinquenti ebrei è il fatto della loro criminalità specifica; in essi, come negli zingari, predomina la forma ereditaria del delitto, contandosi in Francia intere generazioni di traffatori e di ladri nei Cerfbeer, Salomon, Levi, Blum, Klei; pochissimi sono i condannati per assassinio, e sono, allora, capi di bande organizzate con abilità non comune, come Graft, Cerfbeer, Meyer, Dechamp che hanno veri commessi viaggiatori, libri di commercio e che dispiegano una secretezza, pazienza e tenacia spaventevole, per il che sfuggirono molti anni alle indagini della giustizia; i più, almeno in Francia, sono autori di truffe speciali; come quella dell’anello, in cui fingono di avere trovato un oggetto prezioso, o quella all’augurio mattutino, col cui pretesto spogliano le stanze di chi dorme colle porte aperte, o quelle di commercio (Vidocq, Op. cit,—Du Camp, Paris, 1874).

Gli ebrei di Russia sono specialmente usurai, falsi monetari, contrabbandieri fin di donne che spediscono in Turchia.

Il contrabbando vi è organizzato come un mezzo governo. Intere città di confine, come Berdrereff sono popolate quasi tutte da ebrei contrabbandieri. Spesso il governo fece circondare da un cordone militare la città, e perquisendola trovava immensi depositi di merce contrabbandata. Il contrabbando giungeva al punto di ostacolare i trattati commerciali colla Prussia.

In Prussia erano frequenti, un tempo, le condanne degli ebrei per falso, per calunnie, ma più ancora quelle per bancarotta, manutengolismo; il qual reato molte volte si cela alle indagini giudiziarie, e ci spiega la grande copia di vocaboli ebrei nei gerghi di Germania e d’Inghilterra, essendo noto che il ladro si ispira come ad un maestro e ad una guida, al manutengolo: e quindi più facilmente fa tesoro dei suoi vocaboli.

Ogni grossa impresa della celebre banda di Magonza (Tonnerre) era preparata da un kochener o manutengolo ebreo. In Francia, un tempo, quasi tutti i capi delle grosse bande avean per complici ed amasie delle ebree.

Troppe cause spingevano, un tempo, gli ebrei in braccio a questo delitto, come ai torbidi lucri dell’usura: l’avidità dell’oro, il disperato avvilimento, l’esclusione da ogni impiego e da ogni pubblica assistenza, la reazione contro le razze persecutrici ed armate, contro le quali nessun altro mezzo d’offesa era loro possibile; fors’anche loro accadde, più volte, scaraventati dalle violenze delle masnade a quelle dei feudatari, di essere costretti a farsi complici per non essere vittime, sicché, se anche di poco la loro criminalità fosse riuscita superiore, non dovrebbe recare meraviglia, mentre è bello il notare, che appena all’ebreo si apriva uno spiraglio di vita politica, scemò la tendenza a questa specifica criminalità.

Se fosse provata negli ebrei la minore criminalità in confronto cogli altri, sorgerebbe qui una divergenza colla diffusione della pazzia, la quale è spiccatamente in loro più frequente.[5]

Se non che qui assai meno deve essere questione di razza, che non di occupazioni intellettuali, le quali moltiplicano le cause di emozioni morali; poiché nelle razze semitiche (Arabi, Beduini) è tutt’altro che frequente l’alienazione.

E qui si scorge di nuovo quanto difficile torni il concludere sulle nude cifre nelle quistioni morali e complesse.

Zingari.—Non così può dirsi degli Zingari, che sono l’imagine viva di una razza intera di delinquenti, e ne riproducono tutte le passioni ed i vizi. Hanno in orrore, dice Grelmann[6], tutto ciò che richiede il minimo grado di applicazione; sopportano la fame e la miseria piuttosto che sottoporsi ad un piccolo lavoro continuato; vi attendono solo quanto basti per poter vivere; sono spergiuri anche tra loro; ingrati, vili, e nello stesso tempo crudeli, per cui in Transilvania corre il proverbio, che cinquanta zingari possono esser fugati da un cencio bagnato; incorporati nell’esercito austriaco, vi fecero pessima prova. Sono vendicativi all’estremo grado: uno di questi, battuto dal padrone, per vendicarsene, lo trasportò in una grotta, ne cucì il corpo in una pelle, alimentandolo colle sostanze più schifose, finché morì di gangrena. Per poter saccheggiare Lograno avvelenarono le fonti del Drao: e quando li credettero morti i cittadini entrarono in massa nel paese che fu salvato da uno che l’aveva saputo.

Dediti all’ira, nell’impeto della collera, furono veduti gettare i loro figli, quasi una pietra da fionda, contro l’avversario; e sono, appunto come i delinquenti, vanitosi, eppure senza alcuna paura dell’infamia. Consumano in alcool ed in vestiti quanto guadagnano; sicché se ne vedono camminare a piedi nudi, ma con abito gallonato od a colori, e senza calze, ma con stivaletti gialli.

Hanno l’imprevidenza del selvaggio e del delinquente. Si racconta, come una volta, avendo respinto da una trincea gl’Imperiali, gridassero loro dietro: «Fuggite, fuggite, chè se non scarseggiassimo in piombo, avremmo fatto di voi carnificina». E così ne resero edotti i nemici, che ritornando sulla loro via, ne menarono strage.

Senza morale eppure superstiziosi (Borrow) si crederebbero dannati e disonorati se mangiassero anguille o scojattoli, eppure mangiano… carogne quasi putrefatte.

Amanti dell’orgia, del rumore, nei mercati fanno grandi schiamazzi; feroci, assassinano senza rimorso, a scopo di lucro; si sospettarono, anni sono, di cannibalismo. Le donne sono più abili al furto, e vi addestrano i loro bambini; avvelenano con polveri il bestiame, per darsi poi merito di guarirlo, o per averne a poco prezzo le carni; in Turchia si danno anche alla prostituzione. Tutte eccellono in certe truffe speciali, quali il cambio di monete buone contro le false, e nello spaccio di cavalli malati, raffazzonati per sani, sicché come fra noi ebreo era, un tempo, sinonimo di usurajo, così, in Spagna, gitano è sinonimo di truffatore nel commercio di bestiame.

Lo zingaro in qualunque stato o condizione si trovi, conserva la sua abituale e costante impassibilità, senza sembrar preoccupato dell’avvenire, vivendo giorno per giorno in una immobilità di pensiero assoluta, ed abdicando ad ogni previdenza.

«Autorità, leggi, regola, principio, precetto, dovere», sono nozioni e cose insopportabili a codesta razza stranissima (Colocci).

Obbedire e comandare gli è egualmente odioso, come un peso ed un fastidio. Avere gli è estraneo quanto dovere[7], il seguito, la conseguenza, la previsione, il legame del passato all’avvenire, gli sono sconosciuti (Id.).

Colocci crede che essi possedono degli itinerari speciali comuni agli evasi, ai ladri, ai contrabbandieri internazionali, che si segnalano con speciali segni simili agli Zink dei Tedeschi (Vedi Vol. I).

Uno dei segni più abituali per tali indicazioni, è il patterau di cui esistono due tipi: l’antico a tridente; il nuovo a croce latina.

Questi segni, fatti lungo il percorso della strada maestra, e tracciati col carbone sui muri delle case o incisi con il coltello sulla corteccia degli alberi, divengono mezzi convenzionali per dire alle future comitive di confratelli: Questa è strada da zingaro. Nel primo patterau la direzione è data dalle linee laterali, nel secondo dal braccio più lungo della croce.

I punti di fermata, o stazioni, li indicano collo Svastika misterioso, forse ricordo di antico simbolo indiano, forse embrione della nostra croce.

Quando vogliono partire dal luogo ove stanno—scriveva Pechon de Ruby nel XVI secolo—s’incamminano verso il lato opposto e fanno una mezza lega all’inverso, poi ritornano sulla loro strada.

E come i criminali, e come i Paria (vedi vol. 1) da cui derivano, essi hanno una letteratura popolare criminale che vanta il delitto, come nel dialogo seguente fra padre e figlio (Colocci, o. c.).

Padre—«Olà, mio Basilio, se tu divieni grande, per la croce di tuo padre! devi rubare.»

Figlio—«E poi, padre, se sono scoperto?»

Padre—«Allora raccomandati alla pianta dei piedi, gioia di tuo padre.»

Figlio—«Al diavolo la tua croce, padre! Non m’insegni bene.»

E nelle seguenti poesie:

Da che, cavalluccio,

Non rubi più,

Non bevi più acquavite;

Sì, finché tu rubavi

Grazioso cavalluccio,

Buona acquavite bevevi,

E all’ombra sedevi.

La tua perdita è certa (Zingari rumeni).

I ragazzi zingari montanari

Come piccoli cani

Quando veggono uno zingaro (di pianura)

Lo spogliano (Zingari slavi).

Simili argomenti danno tema a brevi narrazioni in versi, soprattutto fra gli zingari inglesi e spagnuoli. Per esempio:

Due giovani zingari furono deportati,

Furono deportati al di là dell’Oceano;

Platone per ribellione,

Luigi per aver rubato

La borsa d’una gran dama.

E, quando giunsero in paese straniero,

Platone fu impiccato

Subito: ma Luigi

Fu preso per marito da una gran dama,

Voi vorreste sapere chi fosse questa gran dama?

Era la dama, cui esso aveva rubato la borsa;

Il giovane aveva un nero

Ed ammaliatore occhio

Ed essa l’aveva seguito al di là dell’Oceano (gipso).

Un frate

Stava facendo una predica;

Ed era stato rubato un presciutto

Al macellaio di quel paese;

E quegli sapeva che gli Zingari

Lo avevano derubato.

Il frate esclamò: figliolo!

Vai a casa tua

E dalla pentola

Leva fuori il prosciutto

E mettici invece dentro

Una pezza del tuo marmocchio,

Marmocchio,

Una pezza del tuo marmocchio (gitano).

È importante poi il notare che questa razza così inferiore nella morale ed anche nella evoluzione civile ed intellettuale, non avendo mai potuto toccar lo stadio industriale nè, come vedesi, in poesia passare la lirica più povera, è in Ungheria creatrice d’una vera arte musicale, sua propria, meravigliosa—nuova prova della neofilia e genialità che si può trovare mista agli strati atavici nel criminale.[8]


  1. «Candia, Orco, Baron e Vische sun tuti lader e sassin.—Da Vische 'n là a'n'ajè un pêr cà» è proverbio canavesano.
  2. «Sono sobrii, pazienti, perseveranti; sentono l'amicizia; hanno l'istinto di pervenire per vie coperte e taciturne allo scopo; ospitali e rapaci; superstiziosi nelle classi basse, ed altieri nelle alte. La parola malandrino perde, in Sicilia, il suo significato: si dice, sono malandrino, come per dire: io ho sangue nelle vene. Denunciare un omicidio è mancare al codice dell'omertà» (La Sicilia, ecc., Firenze, 1871).
  3. Lombroso, Sull'antropometria della Lucchesia e Garfagnana, Roma, 1895.
  4. Nicolucci, Etnografia dell'Italia.
  5. In Baviera si ha 1 pazzo ogni 908 cattolici, 967 protestanti, 514 ebrei In Annover si ha 1 pazzo ogni 527 cattolici, 641 protestanti, 337 ebrei In Slesia si ha 1 pazzo ogni 1355 cattolici, 1264 protestanti, 604 ebrei In Danimarca si notano 5,8 pazzi ogni 1000 ebrei In Danimarca si notano 3,4 pazzi ogni 1000 cristiani (Osttingen).
  6. Histoire des Bohémiens. Paris, 1887.—Predari, Sugli Zingari. Milano, 1871.—Pott, Zigeuner. Halle, 1844.—Vidocq, op. cit., id., pag. 330.—Borrow (Gli Zingari in Spagna. Traduz. di Hudson, 1818).—Colocci, Gli Zingari, 1889.
  7. Il verbo dovere non esiste in lingua tzigana. Il verbo avere (terava) è quasi dimenticato dagli Zingari europei ed è sconosciuto agli Zingari d'Asia.
  8. V. Lombroso, Atavism and Evolution in Contemporary Review, 1895, July.