Capitolo VII

Mezzi preventivi del delitto politico.

Molte delle misure economiche (pag. 320, 340) preventive dell’influenza parlamentare sul delitto e degli eccessi della ricchezza e della povertà (pag. 358) sono anche indicate a prevenire il delitto politico ch’esprime ed addita il malessere delle masse come il delitto comune quello degli individui.

Quanto a prevenire le altre cause di malcontento suggeriamo:

Affinità di razza.—Se, osserva il Lanessan[1], si sapesse badare all’esperienza storica, che mostra come, allorchè il popolo dominante è inferiore in potenza e coltura, il dominato finisce per liberarsene completamente, prova ne siano gli Stati Uniti, la Grecia e l’Olanda, la buona politica consisterebbe nell’abbandono spontaneo; ma la vanità e gl’interessi immediati accecano e non lasciano prendere questa risoluzione se non rare volte, come fece l’Inghilterra con le isole Ionie. Più facile è quel distacco relativo, di cui diedero esempio l’Austria coll’Ungheria e in parte l’Inghilterra colle sue colonie, che diminuisce la dipendenza, i contatti e gli attriti, togliendo una delle grandi cause delle ribellioni e dei delitti politici; tanto più che i popoli, amministrandosi, vedono, da sè, i mali più salienti e sanno porvi il rimedio.

Questa politica del distacco e dell’autonomia conviene, talora, anche in una stessa nazione, quando, per le condizioni di razza, vi sia una enorme disuguaglianza, com’è da noi tra il nord ed il sud. Allora una legge uniforme, civile, penale, politica, come un vestito uguale applicato a membra disuguali, provoca dolore e danno e quel continuo malessere che si esplica colla rivolta.

Viceversa, a torre certi danni della disaffinità etnica, come l’anti-semitismo, gioveranno i matrimoni misti, nuove occasioni di rapporti reciproci nell’armata, nelle elezioni, nei tribunali, negli stessi cimiteri, e quanto valga a scemare le differenze nei riti, negli usi, nelle professioni, ecc.

Oltre a ciò, dove sia possibile, gioverebbe la creazione di tribunali misti, composti di rappresentanti le razze che sono restie all’assimilazione.

Nelle razze regredite con disaffinità poco assimilabili, come nelle caste indiane, nelle popolazioni fanatiche mussulmane, l’unica politica conciliativa sta nel declinare, invece, ogni tentativo di conciliazione, di progresso religioso e civile e nell’osservare scrupolosamente lo statu quo, e fin nei minimi dettagli, fino al rispetto per la cenere di carta scritta nel Tonkino (Lanessan), e pel grasso di porco e pei roghi delle vedove nell’India, del che ci furono e sono maestri Romani ed Inglesi.

Discentramento.—Spencer trova già nel discentramento l’avvenire della società politica.

In Francia la legge provvede agli sbagli dei testamenti, al mantenimento dei letterati, all’allevamento dei bimbi, quasi quasi alla forma letteraria.[2] Al popolo che si tratta come un bambino, si toglie la spontaneità, l’abitudine di lottare contro le difficoltà: quindi succede che quanto gli Inglesi chiedono alle mutue associazioni, i Francesi reclamino solo dal Governo; nè possano avere dei Governi liberi, stabili, perchè quando sono liberi, anarcheggiando, perdono ogni stabilità, e il Governo che perdurerebbe di più, il Cesareo e sarebbe perciò forse il più adatto, non vi è naturalmente mai libero.

E concentrando in pochi molti poteri si dà adito alle massime corruzioni tanto più coll’immunità parlamentare che ne coprono gli autori.

Fate invece che le città amministrino liberamente i loro affari secondo la loro importanza, eleggendo il proprio capo, assumendo per sè la giustizia di prima istanza, l’insegnamento secondario, la polizia, le prigioni, le grandi vie di comunicazioni, ed avrete tolto una gran fonte di ingiustizie, d’abusi e quindi, per reazione contro queste, di delitti politici.

Associazioni.—E conviene, con mano di ferro, torre di mezzo tutte le associazioni, dalle infantili alle politiche, quando appaia abbiano mostrato tendenza a porgere fermento ai delitti, in ispecie a quelli associati (vedi Vol. I).

Lotta per la supremazia politica.—Per impedire che una classe, nel maneggio esclusivo del potere pubblico, esorbiti a danno delle altre, devesi dare al popolo tale rappresentanza che lo raffiguri secondo la moltiplicità dei suoi elementi costitutivi storici e l’unità dei suoi elementi costitutivi nazionali. Perciò il Tribunato in Roma prolungò per tanti secoli la vita della Repubblica e prevenne le reazioni popolari.

Parlamentarismo.—Il parlamentarismo, giustamente detto la più grande delle superstizioni moderne, da noi ed in Francia[3], porta al buon metodo di governo ostacoli sempre maggiori; perchè, non essendo il prodotto del carattere del popolo, è falsato dalle passioni degli elettori e degli eletti; e mentre fa loro perdere di vista gli alti ideali dello Stato, li spinge a fare molte leggi d’importanza affatto secondaria e a coprire dell’irresponsabilità persino innanzi al delitto pochi eletti che diventano perciò criminali per occasione, se nol sono per nascita.

E poi il parlamentarismo, come è oggidì, non è se non il trionfo della casta degli avvocati e della burocrazia.

Mentre (come fu provato e dimostrato in più modi nel mio Delitto politico e le rivoluzioni) il prevalere esagerato di una casta sull’altra è una delle prime cause di perturbamento dello Stato, siamo noi Latini che per prevenire i perturbamenti politici abbiamo provveduto così che quelle caste, che hanno il minimo del numero, i professionisti, abbiano il massimo della rappresentanza e dell’influenza, mentre quelle che hanno il massimo numero—come i contadini, operai—non ne hanno alcuna o quasi.

In linea politica una diminuzione dell’immunità parlamentare e dell’esagerata potenza concessa ai Deputati sarebbe molto maggiore salvaguardia contro i colpi anarchici che le grate e le guardie di cui cominciano a circondarsi.

Quando i Re erano despoti, è naturale che l’anarchia fosse regicida; adesso che i Deputati sono irresponsabili quanto quelli, e più dispotici ancora e più di loro colpevoli, è naturale che gli anarchici se la prendano con loro e che si sostituisca il deputaticidio al regicidio.

Abbiamo, perdio! lottato per secoli onde impedire i privilegi dei preti, dei guerrieri, dei re, ed ora manterremo, sotto la fisima di una pretesa libertà, i privilegi più straordinari, persin quelli di commettere i reati più comuni, a più di settecento re?

Suffragio universale.—Il suffragio universale pare, secondo la corrente dei tempi, destinato a quel livellamento nella rappresentanza delle classi, che sempre ci sfugge: ma abusato da mani incolte e corrotte potrebbe ritorcersi contro la libertà stessa.

Favoriamo dunque tutto quanto possa aumentare la felicità del popolo minuto, ma—quanto alla sua potenza—solo in quanto possa giovare a strappare alle classi più elevate le concessioni necessarie per il suo benessere.

L’aristocrazia della scienza, che Aristotele diceva impossibile, ma che pure domina da molti secoli in China, è la sola che possa star a petto della prepotenza della ricchezza (borghesia) e del numero (proletariato). Ammesso, quindi il suffragio universale, come uno di quei torrenti che non si possono più deviare, lo si corregga col voto razionale degli uomini di un valore superiore e che possono vedere più chiaro degli altri.

Magistratura.—La magistratura dovrebbe essere svincolata da quell’asservimento al potere legislativo, che da noi ne paralizza le forze e che ha fatto dire ad un illustre magistrato che essa non fa che rendere servigi ai potenti; non è così in America, dove l’elezione popolare dei giudici ha dato al potere giudiziario tale potenza ed indipendenza, da poter considerare come non avvenute le leggi non conformi alla Costituzione, ogni qualvolta vi sia reclamo di un cittadino che ne risenta lesione dei proprii diritti.

Noailles [4] dimostrava come questo sistema giudiziario, che discende direttamente dalla Common Law inglese, abbia protetto tanto i diritti degli Stati e delle persone contro la strapotenza del Congresso, come i privilegi del Governo nazionale ed i diritti individuali di fronte agli Stati particolari.

Manifestandosi antagonismo tra una clausola costituzionale ed un decreto parlamentare, il potere giudiziario intervenendo veglia a che le libertà costituzionali non sieno messe a repentaglio dalla debolezza o dalla tirannide delle assemblee. Si vide così la magistratura protestare di fronte al potere esecutivo, contro la sospensione dell’habeas corpus e contro il regime delle corti marziali.

Avvocatura dei deboli. Tribunato.—E qui si vede come essa possa prevenire i delitti politici che tengono dietro a grandi ingiustizie.[5] Sappiamo che la pace interna di Roma si dovette per molti secoli all’equilibrio portatovi dall’influenza del Tribunato come quella di Venezia alla relativamente imparziale giustizia: e certo è che se Governi tirannici, come l’Austria e il Piemonte antico, vissero tanti lustri non turbati, lo dovettero alla giustizia per tutti, che, salvo per quanto riguarda il re, vi si dominava, grazie all’avvocatura dei poveri, al Senato che avea diritto di cassar le leggi ed i decreti ministeriali non conformi alle leggi.—Ora il re è forse in seconda riga; ma in prima entrarono più violenti, più pericolosi, perchè più celati, almeno 700 re che fanno entrare l’ingiustizia per tutti i pori della nazione, fin nella valle più remota che abbia la fortuna di un rappresentante;—e la loro influenza è tanto temuta, che la stampa ne tace sempre gli abusi, e la magistratura spesso ne tace non solo, ma, pur dolendosene e fremendone, vi si sobbarca.

Gioverebbe, adunque, per prevenire i danni della loro prepotenza istituire o, meglio, restituire una specie di magistratura intermedia, una sorta di Tribunato od avvocatura dei poveri, indipendente dal Ministero di Grazia e Giustizia, i cui membri venissero nominati dai Consigli comunali e provinciali o dagli elettori di secondo grado con sede nei Consigli e Parlamenti, e a cui potessero ricorrere coloro che si credessero lesi da pressioni parlamentari, ministeriali o di corte con diritto ad essere uditi pei primi all’udienza, e all’inserzione nei giornali delle decisioni a loro relative: essa riprenderebbe quel santo e potente aiuto dei poveri e dei deboli, che fu sotto i sovrani despoti l’avvocato dei poveri, ed in parte l’ufficio del tribuno antico; io lo deduco dall’aver osservato che assai più dell’intera Camera servì finora a controllo degli errori governativi la voce di un solo tribuno fosse anche poco colto ma audace ed onesto. Così nei recenti delitti Bancari, senza i Tribuni boulangisti a Parigi, e senza quell’ardito campione che fu il Colaianni, tutti i partiti, tutti gli uomini serii si sarebbero messi d’accordo per far tacere il malfatto e per nascondere la piaga, finchè questa si fosse ridotta in cancrena. Perciò crediamo che un buon Governo dovrebbe non impedire, come fece, la elezione di questi, ma favorirla in tutti i modi, come un’arra della propria onestà, come una garanzia al pubblico che vi sarà uno, sempre, che dirà il vero, anche quando tutti lo taceranno.

Mutabilità delle leggi.—Se vi è possibilità che una forma politica perduri, essa sta nella flessibilità della sua costituzione, delle sue leggi, in modo che possano essere adattate ai tempi nuovi: ne è prova la Svizzera, che nel periodo dal 1830 al 1879 ebbe 115 revisioni di Costituzione cantonale e 3 di Costituzioni federali, e, malgrado tanta differenza di razze, di costumi, mantiene la propria unità.

Ma però ogni mutazione deve essere lieve, e mai bruscamente introdotta. Perchè le istituzioni di un popolo siano stabili, dice il Constant, esse devono essere al livello delle sue idee.

L’abolizione violenta della schiavitù, per esempio, in Russia, ed in Francia ed in Germania la soppressione degli antichi Stati retti a monarchia assoluta, erano diventate una necessità di giustizia storica: altrettanto dicasi della secolarizzazione dei beni della Chiesa, là dove il cumulo delle manomorte e le pretese del clero all’esenzione dell’imposta fondiaria, avevano reso impossibile ogni progresso economico e politico. Eppure quelle riforme non furono effettuate senza torbidi immediati e lontani, perchè si sconobbe la legge del misoneismo che non vuol l’introduzione, troppo rapida, nemmeno del bene.

Diritto d’iniziativa e «ad referendum».—E qui giova il diritto d’iniziativa, esteso a qualunque cittadino appoggiato da un certo numero di elettori, come esiste in Isvizzera.

A sua volta il referendum, o appello al popolo, pure vigente in Isvizzera, può mostrare se e fin quanto esista la necessaria comunanza di idee fra la nazione ed i suoi rappresentanti.

Si pretende, è vero, ch’esso difficulta le riforme, essendo in generale il popolo più reazionario dei legislatori. Ma, a parte l’osservazione già più volte ripetuta, che le riforme precoci mancando dell’appoggio dei più, a nulla approdano, quando non sono dannose, e che perciò il referendum servirebbe appunto ad ottenere soltanto quei mutamenti che il paese reclama, gli inconvenienti accennati scemerebbero quando il referendum fosse facultativo, o limitato ad alcune deliberazioni, finchè il popolo vi vedesse quell’importante guarentigia di autonomia locale che è veramente. Oltre che, come l’Hilty, esso può dirsi il più poderoso strumento d’educazione per un popolo libero, perchè lo costringe a studiare le leggi, che deve poscia osservare e nel mentre gli dà la coscienza di avere parte nella vita politica, gliene fa sentire tutta la responsabilità.[6]

Istruzione arcaica.—Vi sono altre e più opportune misure a cui ricorrere.

E prima di tutto bisogna mutare la base della nostra istruzione classica, la quale nell’ammirazione della bellezza, ma più ancora della violenza senza un indirizzo pratico, ci mena direttamente alla ribellione, all’indisciplina, fa della violenza un ideale.

È soprattutto per difenderci dai rivoluzionari d’occasione, che, per essere spostati e mattoidi, come vedemmo, hanno in mira sempre le riforme reazionarie, ataviche, che dobbiamo spogliarci di quel triste retaggio degli avi, ch’è l’arcadia rettorica (v. s.).

Chi ha studiato il 1848, l’89 e le indoli di molti mattoidi avrà visto che una gran causa di ribellioni e di errori fatali nell’educazione arcaica è in contrasto ai bisogni positivi: noi nutriamo le menti di effluvio di fiori, e fiori ricchi, invece che di pane e di carne; e vogliamo averle robuste. Diventeremo estetici, non lo neghiamo—per quanto pure molto dubitandone—ma non adatti alla lotta per la vita moderna.

E bisogna, solo rimedio contro gli anarchici rei per occasione, miseria e contagio, o per passione, curare il malessere economico dei paesi che dà all’anarchia la vera base d’azione: curare, come direbbe il medico, alle radici la discrasia generale, donde nasce la malattia locale: e a questo bisogna provvedere d’urgenza.

Abbiamo ora un fanatismo economico, come una volta avevamo il fanatismo politico.

È urgente che diamo a questo fanatismo una valvola di sicurezza con rimedi economici, come abbiamo dato a quelli politici i rimedi della costituzione, del parlamentarismo, ecc., al religioso la libertà dei culti, ecc.

Tutti i pensatori, si può dire, dall’antichità fino ad oggi, hanno rilevato l’intimo nesso che lega la vita politica alla vita economica: e primo Aristotile che notava, come da una parte nelle democrazie faccia d’uopo impedire che si spoglino i ricchi, lasciando che questi spendano in rappresentazioni teatrali, ecc.: e come dall’altra, nelle oligarchie, occorra sollevare il benessere del popolo, dandogli sopratutto impieghi retribuiti e vendicando più le offese ai poveri, che quelle dei ricchi fra loro.

Ora noi invece non facciamo nulla di ciò; e lasciamo che la ingiustizia, le tasse e le leve colpiscano il povero, a cui nulla diamo in compenso e conforto, salvo che delle bolle di sapone sotto nome di fasi di gloria nazionale, libertà, eguaglianza, che pel contrasto realtà rendono forse più dure le sofferenze.

Oggidì, lo sviluppo delle grandi industrie e la concorrenza eccessiva, rendendo meno fruttuoso l’impiego dei capitali, spingono il capitalista a rivalersi sul salario: le masse operaie più fiere della propria indipendenza, reclamano la dovuta parte nel profitto, come primo passo alla completa emancipazione del capitale.

L’antico servo, strumento più che uomo, è divenuto il prezioso collaboratore dell’oggi; al braccio docile ma inconscio, si è sostituita la mente che centuplica il lavoro, quando trovi il giusto compenso. L’impresa capitalistica deve schiudersi alle giuste aspirazioni della mano d’opera ed elevarne ed estenderne proporzionalmente il compenso colla partecipazione al profitto, e colle norme a tutela delle [448]donne, dei bambini, rendendo colla diminuzione delle ore di lavoro (v. s.), accessibile il lavoro a quanti più lo possono esercitare.

E devonsi prevenire i danni delle eccessive ricchezze colle tasse progressive e coll’affidare ai Comuni i servizi alimentari, scolastici ecc.


  1. L'extrême Orient, etc.—Revue scientifique, juin, 1888.
  2. È noto che lo Stato francese processò Goncourt, Flaubert, ecc., per immoralità letteraria.
  3. Donnat, La politique expérimentale. Paris, 1895
  4. Duc De Noailles, Il potere giudiziario agli Stati Uniti (Revue des Deux Mondes, 1º agosto 1888).
  5. Lombroso e Laschi, Delitto politico e rivoluzione, 1891.
  6. Vedi Brunialti A., La legge e la libertà nello Stato moderno, parte 1ª, Torino, 1888.