Dichiarazioni al Tribunale speciale

Gramsci. «Confermo le mie dichiarazioni rese alla polizia e al giudice istruttore. Sono stato arrestato malgrado fossi deputato in carica. Sono comunista e la mia attività politica è nota per averla esplicata pubblicamente come deputato e come scrittore dell’Unità. Non ho svolto attività clandestina di sorta perché, ove avessi voluto, questo mi sarebbe stato impossibile. Già da anni ho sempre avuto vicino sei agenti, con il compito dichiarato di accompagnarmi fuori o di sostare in casa mia. Non fui, cosí, mai lasciato solo; e, con il pretesto della protezione, fu esercitata nei confronti una vigilanza che diviene oggi la mia migliore difesa. Chiedo che vengano sentiti come testi per deporre su questa circostanza il prefetto e il questore di Torino. Se d’altronde l’essere comunista importa responsabilità, l’accetto».

Replica del presidente: «Tra gli scritti sequestrati si parla di guerra e di impossessamento di potere da parte del proletariato. Cosa vogliono significare questi scritti?».

Gramsci: «Penso, signor generale, che tutte le dittature di tipo militare finiscano prima o poi per essere travolte dalla guerra. Sembra a me evidente, in tal caso, che tocchi al proletariato sostituire le classi dirigenti, pigliando le redini del paese per sollevare le sorti della nazione».

Solo ad alcune interruzioni del pubblico ministero Gramsci rispose con vivacità polemica, non risparmiandogli una lezioncina a causa di certe domande codine e accademiche. Alla fine dell’interrogatorio, rispondendo ancora al presidente, Gramsci, come a conclusione, si volse con veemenza ai giudici: «Voi condurrete l’Italia alla rovina e a noi comunisti spetterà di salvarla!».

Testo della dichiarazione resa da Gramsci il 30 maggio 1928 secondo la ricostruzione di Domenico Zucàro: cfr. Il processone, Roma, 1961, pp. 182-183.