Giolitti e Croce

Nella commemorazione di Giolitti (morto il 17 luglio 1928) scritta per il Journal des débats, Maurice Pernot dice: «Egli prese come punto di partenza un’idea originale e forse giusta: nel momento in cui in Italia si delineavano due forze nuove, cioè una borghesia intraprendente e una classe operaia organizzata, bisognava sostituire ai vecchi governi di partito un governo di opinione pubblica e far partecipare queste due forze alla vita politica del paese». L’affermazione non è esatta né in generale né in alcuni particolari. Cosa vuoi dire «sostituire ai governi di partito un governo di opinione pubblica»? Significa sostituire al governo di «certi» partiti il governo di «altri» partiti. Nel caso concreto, in Italia, significava distruggere le vecchie consorterie e cricche particolaristiche, che vivevano parassitariamente sulla polizia statale che difendeva i loro privilegi e il loro parassitismo, e determinare una piú larga partecipazione di «certe» masse alla vita statale attraverso il Parlamento. Bisognava, per Giolitti, che rappresentava il Nord e l’industria del Nord, spezzare la forza retriva e asfissiante dei proprietari terrieri, per dare alla nuova borghesia piú largo spazio nello Stato, e anzi metterla alla direzione dello Stato. Giolitti ottenne questo colle leggi liberali sulla libertà di associazione e di sciopero, ed è da notare come nelle sue Memorie egli insista specialmente sulla miseria dei contadini e sulla grettezza dei proprietari. Ma Giolitti non creò nulla: egli «capì» che occorreva concedere a tempo per evitare guai peggiori e per controllare lo sviluppo politico del paese, e ci riuscì. In realtà, Giolitti fu un grande conservatore e un abile reazionario, che impedì la formazione di un’Italia democratica, consolidò la monarchia con tutte le sue prerogative e legò la monarchia piú strettamente alla borghesia attraverso il rafforzato potere esecutivo che permetteva di mettere al servizio degli industriali tutte le forze economiche del paese. È Giolitti che ha creato cosí la struttura contemporanea dello Stato italiano; e tutti i suoi successori non hanno fatto altro che continuare l’opera sua, accentuando questo o quell’elemento subordinato.

Che Giolitti abbia screditato il parlamentarismo è vero, ma non proprio nel senso che sostengono molti critici; Giolitti fu antiparlamentarista, e sistematicamente cercò di evitare che il governo diventasse di fatto e di diritto un’espressione dell’assemblea nazionale (che in Italia poi era imbelle per l’esistenza del Senato cosí come è organizzato); cosí si spiega che Giolitti fosse l’uomo delle «crisi extraparlamentari». Che il contrasto tra il Parlamento come si pretendeva fosse e come era realmente, cioè poco meno di nulla, abbia screditato il parlamentarismo, era inevitabile avvenisse: ma è la lotta contro il parlamentarismo da parte di Giolitti, e non l’essere egli parlamentarista, che ha screditato il parlamentarismo. (Un gesto «parlamentarista» di Giolitti fu quello fatto col discorso di Cuneo sull’articolo 5 dello Statuto, ma si trattò di una manovra per sgominare gli avversari politici: infatti Giolitti non ne fece nulla quando andò al potere).

Si può osservare, e bisognerà documentare cronologicamente, come Giolitti e Croce, uno nell’ordine della politica attuale, l’altro nell’ordine della politica culturale e intellettuale, abbiano commesso gli stessi e precisi errori. L’uno e l’altro non compresero dove andava la corrente storica, e praticamente aiutarono ciò che poi avrebbero voluto evitare e cercarono di combattere. In realtà, come Giolitti non comprese quale mutamento aveva portato nel meccanismo della vita politica italiana l’ingresso delle grandi masse popolari, cosí Croce non capì, praticamente, quale influsso culturale (nel senso di modificare i quadri direttivi intellettuali) avrebbero avuto le passioni immediate di queste masse. Da questo punto di vista è da vedere la collaborazione del Croce alla Politica di F. Coppola (anche il De Ruggiero vi collaborò nello stesso periodo): come mai il Croce, che aveva assunto un determinato atteggiamento verso Coppola e C. nel periodo 1914-15 con gli articoli dell’Italia nostra e della Critica (e il Coppola era specialmente preso di mira dalle noterelle di Italia nostra scritte, mi pare, dal De Lollis) potè nel 1919-20 dare a questo gruppo l’appoggio della sua collaborazione, proprio con articoli in cui il sistema liberale era criticato e limitato? ecc.

Da Passato e presente, pp. 45-47.