Le elezioni

In un recente articolo editoriale dell’Avanti! è stata pubblicata questa dichiarazione fatta dall’on. Mussolini a un organizzatore socialista: «Per strapparmi il potere occorrerà attraversare laghi di sangue». Questa dichiarazione e il discorso fatto dall’on. Mussolini all’assemblea plenaria degli innumerevoli mandarini fascisti hanno finito col convincere l’Avanti! (o almeno col fargli stampare) che proprio in Italia non c’è da sperare in un mutamento legale del governo. Naturalmente però l’Avanti non trae da questa constatazione tutte le conseguenze che invece un rivoluzionario deve trame: né ciò fa meraviglia. Ancora nel 1920, dopo le prime imprese terroristiche del fascismo, dopo che le prime sentenze dei tribunali ebbero mostrato la palese connivenza della magistratura col fascismo, dopo che fu evidente come almeno una parte dei funzionari statali addetti alla pubblica sicurezza era diventata fascista, aveva la tessera del fascio, partecipava alle spedizioni fasciste, giurava il falso dinanzi ai giudici per sorreggere il fascismo, — nell’Avanti! stesso (ma edizione torinese) noi traemmo la conseguenza che il fascismo avrebbe cercato di conquistare il potere governativo ad ogni costo, per legalizzare il suo passato criminoso, per assicurare l’impunità ai suoi inscritti e specialmente ai suoi complici che occupavano alte posizioni nella gerarchia statale. Un governo di sinistra era diventato impossibile in Italia fin da quel tempo. Ogni strategia riformista che avesse avuto lo scopo di organizzare un governo di sinistra, senza che simultaneamente non si fosse verificato un potenziamento organizzativo, militare e politico, della classe operaia, avrebbe accelerato il colpo di stato fascista o, in mancanza di un accordo tra il fascismo, gli industriali e la Corona avrebbe determinato un colpo di Stato militarista, con un Cadorna, un Caviglia, un Giardino alla testa. Un governo di sinistra avrebbe dovuto, per acquistarsi il favore popolare, liquidare il fascismo coi tribunali comuni: era risaputo, d’altronde, che le questure, le prefetture, le procure raccoglievano e archiviavano tutto il materiale necessario per questa futura azione penale, appena il fascismo, secondo la concezione poliziesca dell’on. Giolitti, si fosse esaurito in se stesso come il movimento rivoluzionario dopo l’occupazione delle fabbriche. È la cosa piú naturale di questo mondo, e la piú facilmente prevedibile, che un movimento come quello fascista, che non ha nessuna radice nell’economia, che è il risultato organizzato di una decomposizione sociale, si afferma solo con la violenza individuale e col terrorismo sistematico; che doveva perciò a tutti i costi prendere il potere e che, una volta issato, deve cercare di mantenersi in sella fino a quando il sangue non gli arrivi alla gola e lo soffochi. Nel 1920 bisognava liberarsi dai riformisti e lasciarli manovrare per proprio conto; bisognava che la maggioranza del partito socialista fosse rimasta unita intorno alla bandiera dell’Internazionale comunista, avesse riorganizzato il proletariato e la classe contadina, che anche dopo la fallita occupazione delle fabbriche e delle terre erano ancora molto forti oggettivamente, avesse lottato contro il fascismo, fosse passato alla controffensiva e avesse preso il potere.

Nel 1924 la situazione non è piú cosí semplice e facile come allora. Le masse sono disperse, una gran parte di esse è prigioniera del fascismo nelle corporazioni nazionali; la milizia nazionale, centralizzata, coi quadri selezionati, con un armamento piú abbondante e «piú pesante» è ben altrimenti forte delle squadre d’azione. I nostri compiti e i nostri doveri sono divenuti cento volte piú difficili e piú gravi di responsabilità. L‘Avanti! e il partito socialista hanno fatto un passo indietro anche dalle posizioni che occupavano nel 1921. Nel 1921 l’Avanti! e il partito socialista erano contrari all’azione generale proposta dai comunisti e la sabotarono in ogni modo fino alla catastrofe dello sciopero «legalitario» dell’agosto 1922, che ebbe solo il risultato di spingere gli industriali e la Corona verso il fascismo e di far decidere l’on. Mussolini al colpo di Stato; ma almeno l’Avanti! e il partito socialista accettavano l’azione caso per caso, ammettevano che almeno quando era presa direttamente alla gola dal fascismo la classe operaia dovesse fare qualcosa. Oggi invece pensano all’astensionismo dalle elezioni, si schierano coi riformisti contro i comunisti, perché i comunisti vogliono in ogni caso partecipare alla lotta elettorale accanto agli operai e ai contadini che dai fascisti saranno in ogni caso obbligati a votare.

Che conseguenza avrebbe l’astensione? Darebbe la possibilità teorica di fare una propaganda all’estero per inficiare il risultato delle elezioni, per «dimostrare» che il fascismo non è un governo di maggioranza. Ma se si ritiene che il fascismo non può essere sostituito legalmente, neppure da una democrazia liberale; se si ritiene che il governo dell’on. Mussolini ha aperto in Italia un processo attivo rivoluzionario; se si ritiene che il fascismo può essere rovesciato solo da una insurrezione popolare, cosa conviene di piú: fare propaganda all’estero, sicuri che ciò non eviterà per nulla di attraversare i laghi di sangue previsti dall’on. Mussolini, o far propaganda all’interno, fra le masse operaie e contadine, smuovendole dal loro torpore, dalla loro passività con l’esempio di un partito che si getta nella lotta, che affronta i pericoli, che non ha paura del fascismo, contribuendo cosí a disperdere questa atmosfera di panico indistinto, apocalittico, questo ebete stupore delle masse che il fascismo ha sostituito alle nebbie democratiche per opprimere e asservire il popolo lavoratore? È questo l’unico significato che può avere la partecipazione alle elezioni per ogni operaio che non abbia rinnegato i suoi ideali e la volontà di lotta tenace e implacabile per liberare la sua classe. I sepolcri tinti di rosso dell’Avanti! e del partito socialista hanno rinnegato tutto ciò fino dal 1920 e perciò hanno nuovamente fatto blocco coi riformisti contro i comunisti.

L’Ordine Nuovo, 1° marzo 1924. Non firmato.