Spagna

La crisi in cui si dibatte la vita politica spagnuola s’è iniziata il 1° giugno 1917 col pronunciamento pretoriano dei Comitati (Juntas) di difesa militare, che determinarono lo scoppio di uno sciopero generale rivoluzionario, soffocato con la strage nell’agosto successivo.

I rapporti di classe si sono profondamente modificati in Ispagna per effetto della guerra mondiale: si è formata una classe nuova di proprietari, per lo spostarsi della ricchezza nazionale nelle mani dei nuovi ricchi, che hanno trafficato sulla miseria e la morte dei concittadini; si è esasperata la tensione sociale per il formarsi di una moltitudine di poverissimi, che mancano della elementare sicurezza fisiologica del domani; si è costituito un proletariato organizzato rivoluzionario energico e disciplinato, che risorge piú potente e piú audace da ogni lotta.

Dall’agosto 1917 la Spagna è controllata e oppressa dai Comitati militari, consigli irresponsabili di pretoriani che operano localmente, pensosi solo di mantenere intatti e accrescere privilegi e immunità ottenuti in un momento di paura.

Lo Stato non ha piú alcun potere e alcuna funzione; il dominio della legge è soppiantato dall’arbitrio di rozzi e crudeli uomini che si credono competenti in ogni scibile per virtù della sciabola e dei galloni. I generali minacciano, approvano, biasimano l’opera dei governi che non riescono a reggersi e ad esplicare una attività sistematica per questa ingerenza continua e provocatrice che toglie ogni prestigio alle istituzioni ed ha abolito di fatto lo Stato: il parlamento, la magistratura, la pubblica amministrazione sono state incorporate nell’attività generale del militarismo.

La vita collettiva della nazione è cosí uscita fuori, anche formalmente, da ogni legalità costituzionale e attraversa una fase sussultoria, che rende impossibile ogni previsione del futuro prossimo, che è distruzione di ricchezza e di vite umane, che è disordine crudele e caos barbarico. La Spagna è un paese senza Stato; [essa è entrata in modo definitivo, in quella fase oscura e catastrofica, caratterizzata dallo sciogliersi di ogni vincolo sociale omogeneo e dal disfacimento di ogni disciplina politica unitaria, verso la quale si avviano tutti gli aggregati capitalistici].

Le reazioni sociali a una tale «sistemazione» degli affari pubblici sono state diverse e di varia natura. I ceti regionali della classe proprietaria iniziarono movimenti antidinastici, per l’autonomia della Guascogna e della Catalogna, che mascheravano malamente il desiderio degli armatori, dei proprietari di miniere e di aziende industriali (la Catalogna e la Guascogna sono le due zone piú ricche della Spagna) di sottrarre al fisco dello Stato accentrato a Madrid lo scellerato frutto delle forniture di guerra all’Intesa, di esonerarsi da ogni tributo allo Stato, proprio quando lo Stato maggiormente aveva bisogno di cespiti per l’amministrazione generale, di risanare, con provvidenze e lavori pubblici, le ferite mortali inferte alla società spagnuola dalla speculazione sfrenata degli avventurieri dell’industria e del commercio.

Cosí la classe proprietaria si decompone per lo stimolo dei fermenti particolaristici ed egoistici disgregando e sgretolando la produzione e la vita politica mentre il proletariato, sul quale ricadono pesantemente le conseguenze economiche del disordine, si compone come personalità distinta, consapevolmente e energicamente fattiva.

Lo spirito di classe si educa, il movimento sindacale attinge una ampiezza e una pienezza spirituale sbalorditive, diventando la prima e la piú potente forza sociale organizzata e disciplinata nazionalmente della Spagna.

La «plebe» spagnuola, individualista come tutti gli aggregati umani che non hanno subito le esperienze dolorose dello sfruttamento intensivo dell’industrialismo, s’assoggetta nei sindacati operai a una disciplina che stupisce e addolora gli ammiratori letterati della Spagna romantica tradizionale gitani-mandole-tauromachie. In pochi mesi il proletariato spagnuolo ha realizzato uno sforzo rude, la cui efficacia è rivelata dai recentissimi avvenimenti: lo sciopero generale è stato proclamato e attuato a Barcellona con una fulminea unanimità che ha sorpreso e interrorito la classe proprietaria. Ma il fatto piú esemplare è stata l’istituzione della censura rossa operaia come pegno di fraterna solidarietà fra i lavoratori. Appena il governo sospese le garanzie costituzionali e comunicò il catalogo delle quistioni che i giornali non potevano trattare, il sindacato dei tipografi decretò una contro censura e interdisse ai giornali di pubblicare notizie e giudizi che potevano spezzare la disciplina rivoluzionaria degli operai; i tipografi si rifiutarono di comporre le informazioni riguardanti riprese parziali di lavoro, atti di sabotaggio, di intimidazione governativa o padronale, repressioni poliziesche o militaresche ecc.; il decreto sindacale sulla censura rossa fu scrupolosamente rispettato anche dai tipografi disorganizzati dei giornali clericali.

Il movimento operaio, sviluppatosi per contraccolpi sociali cosí repentini e anormali, si è organizzato e ha preso forma all’infuori dei tradizionali partiti sovversivi di Spagna: [esso è orientato decisamente verso il comunismo dei Consigli degli operai e contadini e ha fatto proprio il linguaggio dei bolscevichi russi (oltre Nuestra palabra, i comunisti spagnuoli pubblicano El soviet e El maximalista).]

Questa formidabile spinta proletaria ha determinato nuove reazioni e nuovi orientamenti nella mentalità della classe possidente e nei ristretti gruppi politici che si succedono ininterrottamente al governo.

Pochi mesi fa la Catalogna borghese pareva tutta fieramente unita contro il governo centrale, che si appoggiava sull’esercito contro la minaccia separatista. Gli operai rimanevano indifferenti sulla quistione dell’autonomia e il governo lusingò gli operai con leggi sociali e cercò di punire quegl’imprenditori che, abusando e approfittando del disordine pubblico, contravvenivano ai decreti sul contratto di lavoro e licenziavano chi osasse protestare.

[L’alta borghesia e gli industriali, interroriti dal montare dell’onda proletaria, si allearono perciò ai Comitati di difesa militare contro gli operai e il governo centrale.] La borghesia stessa si armò. Già nell’agosto 1917 i membri del circolo piú aristocratico di Madrid avevano domandato al ministro dell’interno la patente di «poliziotti onorari». Oggi la borghesia si è armata regolarmente, costituendo i corpi di milizia dei Somaten («Stiamo attenti!») che, [in unione ai Comitati militari,] esercitano sul paese un potere arbitrario e terroristico che inceppa la produzione economica e svuota e paralizza l’azione dello Stato.

Il Parlamento era un fantasma; esso è rimasto chiuso quasi sempre durante la guerra; nessun governo vitale poteva nascere da un Parlamento i cui 400 deputati si dividono in 22 cricche personali. L’azione parlamentare è stata sostituita dal regime dei decreti a getto continuo, che rimangono lettera morta per il marasma amministrativo [e il prevalere dei gruppi pretoriani e dei Somaten.

La mentalità del militarismo spagnolo è tutta dipinta da questo episodio: il governatore militare di Madrid, generale Aguilera, chiamato dal presidente Romanones, quando la minaccia dello sciopero generale incombeva sulla capitale, pose queste condizioni per ubbidire al capo dello Stato: «Ogni cartuccia sparata deve significare un morto. Si batterà duramente, senza distinzione di sesso. Si dovrà essere implacabili contro tutti i manifestanti, uomini e donne».] Il potere arbitrario concesso ai privati «difensori della proprietà» ha significato nel mese [di febbraio l’uccisione a revolverate di tre piccoli contadini saliti in ferrovia senza biglietto.]

L’insanabile conflitto tra lo Stato regolare e lo Stato dei comitati militari e dei Somaten si è rivelato in tutta la sua gravità nella caduta del ministero Romanones e l’assunzione al governo del ministero Maura-La Cierva. Il governatore civile di Barcellona, signor Montanes, aveva fatto scarcerare gli organizzatori dei sindacati operai arrestati per lo sciopero generale. I comitati militari minacciarono di morte il Montanes se non si dimetteva dalla sua carica dopo aver rimesso in prigione gli scarcerati. I comitati militari erano spalleggiati dal generale Milan Del Bosch, governatore militare, che inviò una intimazione a Romanones, rimproverandolo di non avergli concesso i pieni poteri assoluti per mobilizzare gli operai e costringerli ai lavori forzati. Il ministero Romanones si dimette: i pretoriani delle Juntas pongono il veto alla formazione di un ministero di cui facciano parte il riformista Melquiades Alvarez e il liberale Alba; solo il ministero del sangue Maura-La Cierva è di loro gradimento.

[Esso non può vivere nell’orbita costituzionale. Gode la «fiducia» delle forze irresponsabili, non gode la fiducia del parlamento. Cosí il re ha concesso l’autorizzazione allo scioglimento delle Cortes: i comizi elettorali dovrebbero essere convocati immediatamente. Ma non si può dire ancora se le elezioni avranno luogo; i rivoluzionari si asterranno e non sarà un’astensione pacifica.]

Testo largamente censurato nell’Ordine Nuovo del 1° maggio1919; ripubblicato col titolo: Un paese senza Stato, e con alcune integrazioni al posto dei brani censurati, sull’Avanti!, ed. piemontese del 6 maggio 1919. Tra parentesi quadre riportiamo i brani censurati. Firmato A. G.