Fascismo e forze borghesi tradizionali

[…] Per il contenuto delle tesi, voglio sentire il vostro parere, perché la mancanza di contatto diretto con gli avvenimenti italiani, che conosco solo per la lettura dei quotidiani piú importanti, mi fa sempre dubitare della fallacia delle mie conclusioni. Dirò in breve ciò che penso.

Dobbiamo insistere poco sul passato specialmente per ciò che riguarda il nostro partito Accenneremo all’estrema confusione che si è prodotta in Italia per il fenomeno fascista, determinato dalla mancanza di unità della nazione, dal dissolvimento dello Stato per l’entrata nella vita storica di enormi masse popolari che non sapevano contro chi lottare, per la debolezza di sviluppo del capitalismo che di fatto non ha sottomesso al suo controllo l’economia del paese, poiché esistono ancora in Italia un milione di artigiani e la stragrande maggioranza dell’agricoltura è precapitalistica. Inoltre la questione dei rapporti tra città e campagna si pone in Italia, per la questione meridionale, su una base territoriale netta, determinando la nascita di partiti autonomisti o di partiti come la democrazia sociale, di tipo originale. Questa confusione la facciamo servire per spiegare l’incertezza di molti atteggiamenti del partito e di un certo settarismo che aveva paralizzato il partito. La situazione si è chiarita, e ciò è indubbio. Il fascismo ha determinato il suo carattere. Le elezioni hanno dato modo di spingere la situazione dei partiti a una certa chiarezza. Esame dei partiti piccoli borghesi: popolare e repubblicano per l’Italia settentrionale e centrale, rappresentanti dei contadini e degli artigiani, della democrazia sociale nel Mezzogiorno, con le sue appendici di nittismo, amendolismo, ecc. — significato dell’entrata nel listone di Orlando e De Nicola, santoni meridionali che rappresentano il tentativo del capitalismo borghese di trovare una certa unificazione nel fascismo o di impedire che l’unità, anche per un istante, appaia infranta. Distinzione tra fascismo e forze borghesi tradizionali che non si lasciano «occupare»: Corriere, Stampa — le banche — lo stato maggiore — la Confederazione generale dell’industria. Queste forze, che hanno nel periodo 1921-22 assicurato la fortuna del fascismo per evitare il crollo dello Stato, che si sono create cioè col fascismo quelle forze di massa popolare che erano loro venute meno nel ’19-’20 con l’irrompere delle masse piú elementari e passive nella vita storica — queste forze oggi risentono della situazione internazionale, sono un aspetto italiano della situazione internazionale, che tende a sinistra, per il riconquistato dominio di sé della borghesia. Si verificano due correnti: una, quella della Stampa, che apertamente pone la questione della collaborazione coi socialisti, che non sarebbe neppure aliena da un esperimento Mac-Donald, in Italia, nelle forme e nei modi che la situazione italiana consente, — l’altra, quella del Corriere, che è piú attaccata al conservatorismo borghese e che farebbe l’alleanza coi socialisti, ma solo dopo il passaggio di costoro sotto molte forche caudine. La Stampa, in una parola, tende a conservare l’egemonia settentrionale-piemontese sull’Italia e non è contraria, pur di raggiungere lo scopo, a far entrare l’aristocrazia operaia nel sistema egemonico. Il Corriere ha una concezione piú italiana, piú unitaria, — piú commerciale e meno industriale — della situazione, e come ha appoggiato Salandra e Nitti, i due primi presidenti meridionali di governo (i siciliani sono meridionali per modo di dire), cosí appoggerebbe Amendola, cioè un governo in cui la piccola borghesia meridionale e non l’aristocrazia operaia del Nord, partecipi alle forze realmente dominanti. Come si svilupperà la situazione? Il solo fatto che il fascismo esiste come grande organizzazione armata, determina questo sviluppo. Arrivereranno al colpo di Stato le forze che ho descritto? Non credo. Esse non hanno fiducia che i riformisti, in caso di colpo di Stato, siano capaci, partecipando al governo, di infrenare il movimento di massa che si scatenerà ineluttabilmente. I riformisti non hanno avuto il coraggio di unirsi a queste forze, che volevano agire nei mesi di settembre-ottobre 1922 e che avevano affidato al generale Badoglio l’incarico di aprire il fuoco contro il fascismo. Certo i riformisti tentennano piú ancora oggi che i fascisti sono piú forti militarmente e hanno il governo nelle mani. Forse Modigliani praticamente e… Rigola teoricamente sono i due riformisti soli favorevoli a una tale situazione […].

Dalla lettera di Gramsci a Scoccimarro e Togliatti del 10 marzo 1924. Il titolo è del curatore.