Italia e Jugoslavia

Il trattato d’amicizia concluso tra l’Italia e la Jugoslavia, che liquida la questione di Fiume e apre una nuova era nei rapporti tra i due paesi, è stato determinato principalmente da tre cause:

1) L’avvicinarsi della campagna elettorale in Italia. Il governo fascista intende sottrarre una delle sue carte principali all’opposizione, la quale nei circoli borghesi non manca di sottolineare il fiasco completo della politica estera fascista, il cui unico risultato è l’isolamento dell’Italia.

2) La formazione del governo Venizelos in Grecia. Il governo Mussolini si è convinto di non poter prendere due piccioni con una fava. Venizelos è l’uomo politico che, dopo il trattato di Versailles, si è maggiormente opposto ai piani espansionistici dell’imperialismo italiano. Nel suo conflitto con la Jugoslavia l’Italia aveva contro di sé i trattati. Nel suo conflitto con la Grecia l’Italia ha i trattati dalla sua parte. L’intesa stabilitasi tra i governi di Roma e di Belgrado attesta la loro intenzione di voler rispettare lo statu quo vigente. A tutte queste cause si aggiunge la politica della Francia nei confronti della Piccola Intesa. Se, come lasciavano credere le apparenze alcune settimane fa, il conflitto per Fiume si fosse aggravato, la Francia affiancandosi alla Piccola Intesa avrebbe costituito un pericolo per l’Italia.

3) Il nuovo piano di politica estera che fino al 1922 era personale di Mussolini, diventa quello del governo italiano. A questo piano si collegano le trattative ispano-italiane, la politica di avvicinamento ai soviet, il conflitto tra l’Italia (lepidamente sostenuta dalla Spagna) e l’Inghilterra e la Francia a proposito di Tangeri. Il preludio di questa nuova politica è stata l’occupazione di Corfú, una reazione alquanto esagerata all’uccisione del generale Tellini.

La convinzione personale di Mussolini è sempre stata che l’Italia, anziché ipnotizzarsi su Fiume e la Dalmazia, compromettendo la sua sicurezza nell’Adriatico, deve acquistare questa sicurezza attraverso concessioni alla Jugoslavia, le quali le lascerebbero inoltre le mani libere nell’Oriente mediterraneo. (A questo riguardo si è avvicinato piú alla politica del Corriere della sera, della Stampa e della tendenza Nitti che a quella della grande maggioranza dei fascisti e soprattutto dei nazionalisti, ultimi venuti al fascismo.)

La questione dalmata era di fatto liquidata fin dal giorno in cui il trionfo dei partiti reazionari in Jugoslavia e la repressione del movimento contadino nei latifondi dei grandi proprietari italiani della regione, avevano dato a questi ultimi la certezza che i loro diritti non sarebbero stati sacrificati ai contadini croati.

La situazione in Dalmazia è abbastanza analoga a quella della Galizia e dei paesi baltici. I proprietari fondiari e la massa dei contadini appartengono a nazionalità diverse. Il primo discorso della Corona pronunciato a Belgrado dopo il ritorno della dinastia annunciò l’espropriazione dei latifondisti dalmati, la liberazione dei contadini dal giogo feudale e la spartizione delle terre. Tutto è oggi cambiato. L’anno scorso le truppe italiane d’occupazione si sono ritirate da certe zone del paese senza che nulla di spiacevole accadesse ai proprietari. La campagna di stampa cominciata contro di loro dagli agrari è cessata; il trattato italo-iugoslavo concluso recentemente ha cambiato la situazione.

Il trattato italo-jugoslavo è diretto contro gli interessi britannici o contro gli interessi francesi? A questa questione posta oggi da una parte della stampa risponderanno i fatti. Un esame obiettivo della situazione e la conoscenza delle opinioni sostenute da Mussolini nel corso della sua carriera di giornalista fascista ci autorizzano a credere che la politica italiana diventerà sempre piú anglofoba, pur mantenendo la parvenza di un equilibrio tra la Francia e la Gran Bretagna. Bisogna anche tener conto del fatto che il partito fascista, massa piccolo-borghese nazionalista, influenza la politica governativa. I fascisti vorrebbero instaurare una politica di completa indipendenza di fronte alle grandi potenze che pretendono dominare il mondo. La debolezza politica dell’Italia costringe nondimeno a dei compromessi tra le dichiarazioni di cui è prodiga la propaganda interna e l’azione pratica. Perciò la politica estera fascista continuerà a fondarsi sul bluff e a essere incline alle avventure.

 

La correspondance internationale, 30 gennaio 1924. Firmato Masci.